Tifosi, attenti! I tafferugli in trasferta possono legittimare il MAE

La consegna richiesta dall'autorità giudiziaria di uno stato membro dell'Unione Europea non è consentita soltanto nel caso in cui il mandato di arresto europeo o la documentazione trasmessa non permettano l'indicazione precisa del provvedimento restrittivo su cui si fonda l'istanza.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con la sentenza numero 3640/19, depositata il 24 gennaio. Roma-Liverpool 34 anni dopo. Al centro della sentenza oggi in commento vi è uno scontro calcistico turbolento non è la prima volta che la squadra della Capitale e quella inglese si affrontano, fornendo alle cronache di che scrivere. Nel 1984, in Italia, si giocò una memorabile partita allo stadio Olimpico. E al di là delle gesta atletiche, la carta stampata dovette rassegnare anche quelle dei facinorosi che si affrontarono all'arma bianca nel dopo partita. Nel 2018 il fenomeno, questa volta in terra d'oltremare, si è ripetuto. Tafferugli, tifosi incappucciati pronti a menare le mani, disordini e cariche della polizia. Un cittadino romano si è reso protagonista di un'aggressione a cazzotti, debitamente filmata dalle telecamere di sicurezza e osservata anche dalla locale polizia. L'autorità inglese ha spiccato un MAE “processuale” per i reati di lesioni personali e per “disordini”. La Corte d'Appello della Capitale lo ha concesso per la prima imputazione, e lo ha, invece, negato per la seconda, sul presupposto del difetto del requisito della doppia incriminazione. Avverso la decisione ricorrono tutti l'indagato e il P.G., che sostiene, invece, la punibilità interna anche della seconda contestazione. Il provvedimento cautelare deve essere “controllabile”. Una delle doglianze sollevate dall'indagato è quella della carenza, nel mandato d'arresto europeo che lo ha raggiunto, del requisito della presenza del provvedimento restrittivo della libertà personale. La Corte di Cassazione, sul punto, si riporta ad un proprio precedente arresto del 2015, col quale spiega che l'unico caso nel quale è preclusa la consegna è quello della assoluta impossibilità di rintracciare il provvedimento privativo della libertà personale su cui si basa l'istanza. Ciò significa – in linea con altro indirizzo interpretativo sostenuto dagli Ermellini nel 2016 – che la carenza del provvedimento cautelare può essere rimpiazzata dalla presenza, negli atti, di altra documentazione idonea a ricostruire fatti e contestazioni. Nè, in ultimo, possono considerarsi dirimenti eventuali dissonanze tra la motivazione della richiesta di consegna ed i canoni che guidano la nostra autorità giudiziaria nel confezionare la motivazione di un provvedimento cautelare. I disordini negli stadi rispettano il principio di “doppia incriminabilità”. Se la censura sollevata dall'indagato non ha fortuna, altra sorte è, invece, riservata a quella del P.G Quest'ultimo si era concentrato sul diniego di consegna per la seconda contestazione violent disorder . Questo addebito, secondo la corte d'appello, non troverebbe un suo omologo nell'ordinamento italiano. La Cassazione, però, la pensa diversamente ed aderisce – senza troppi funambolismi interpretativi – alla tesi della Procura Generale. Esiste, infatti, una norma incriminatrice forse non troppo coltivata nella giurisprudenza d'ogni giorno che punisce le c.d. “radunate sediziose”. Il reato, appartenente a pieno titolo alla categoria degli illeciti necessariamente plurisoggettivi, punisce la condotta di colui che partecipa – per il solo fatto di farlo – ad un assembramento finalizzato a minacciare condotte violente. La giurisprudenza di legittimità, a tal riguardo, ha posto l'accento sullo spirito che deve animare i partecipanti a questo genere di assembramenti la ribellione e l'ostilità nei confronti di chi rappresenta l'autorità e “la forza della legge”, nonché il conseguente pericolo per la creazione di uno stato di turbamento dell'ordine pubblico. Raffrontando la norma incriminatrice interna a quella che viene, secondo l'ordinamento anglosassone, contestata al ricorrente rimane in effetti davvero poco spazio per sostenere la tesi della carenza del requisito della “doppia incriminabilità”. Accolta la censura, al tifoso turbolento non resta che affrontare una seconda, e meno entusiasmante, trasferta.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 – 24 gennaio 2019, numero 3640 Presidente Fidelbo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27.11.2018 la Corte d’appello di Roma disponeva la consegna all’istante Autorità Giudiziaria britannica di M.S. , colpito da m.a.e. processuale emesso da quell’A.G. in data 04.10.2018, limitatamente al delitto corrispondente a quello previsto dagli articolo 582 e 583 c.p. italiano, con riferimento alle gravi lesioni cagionate al cittadino del Regno Unito C.S. , nel corso degli incidenti che avevano contrassegnato la partita di omissis fra le squadre del omissis e della , svoltasi nella città inglese il omissis tanto con obbligo di riconsegna allo Stato italiano, una volta concluso il procedimento in cui lo stesso è imputato. Era per contro disattesa l’istanza medesima, quanto alla parimenti contestatagli violazione della normativa a tutela della correttezza delle manifestazioni sportive , verificatasi sempre nel medesimo contesto di tempo e luogo, in ragione della ritenuta insussistenza del requisito della c.d. doppia incriminabilità . 2. Avverso detta pronuncia hanno proposto tempestiva impugnazione tanto il Procuratore generale presso la Corte d’appello capitolina, quanto il difensore di fiducia del consegnando. 3. In particolare, denuncia la parte pubblica, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lett. b , inosservanza o erronea applicazione di legge, relativamente al succitato requisito della doppia punibilità, quale previsto dalla L. numero 69 del 2005, articolo 7 ciò in quanto il fatto per cui procede l’A.G. britannica, quale emerge dalla cronaca delle manifestazioni violente di omissis agevolmente reperibile sulle fonti d’informazione e, soprattutto, dalla relazione sui fatti pervenuta in data 13.11.2018 dall’Autorità istante, integra il reato di adunanza sediziosa, disciplinato dall’articolo 655 c.p., in conformità alla lettura che di detta norma è stata compiuta dalla giurisprudenza di legittimità, a tal fine espressamente richiamata. Detto assunto è stato ribadito con memoria depositata il 10 dicembre u.s., con cui il Proc. Genumero presso la Corte d’appello di Roma, a maggior supporto del proprio assunto, ha riprodotto il testo della norma straniera - trattasi dello articolo 2 della Legge del 1986 in materia di ordine pubblico disturbo violento alla quiete pubblica - viepiù evidenziando la sua sovrapponibilità all’ipotesi criminosa di cui al richiamato articolo 655 c.p 4. Per converso, il legale del M. , sulla scorta di un unico motivo di doglianza, deduce insufficienza di motivazione . L. numero 69 del 2005, ex articolo 18, lett. t , nonché mancanza di motivazione con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza L. numero 69 del 2005, ex articolo 17, comma 4 . La Corte territoriale - si assume dalla difesa - avrebbe malamente disatteso la richiesta di ulteriori informazioni allo Stato britannico, nonostante fosse stata evidenziata, in sede di discussione, l’assenza in atti dell’ordinanza cautelare, sostituita da una relazione descrittiva dei fatti, che giungerebbe confusamente all’identificazione del M. donde la rilevata inidoneità della stessa a consentire alla Corte distrettuale quel controllo che rende non ostativa la riscontrata mancanza del provvedimento restrittivo cautelare e, ad un tempo, il difetto dei gravi indizi di colpevolezza del pari richiesti dalla legge italiana, in considerazione del fatto che il soggetto identificato per il consegnando aveva agito totalmente travisato e che l’individuazione dell’aggressore, resosi autore dell’accoltellamento del summenzionato cittadino britannico, fu operato non da personale delle forze dell’ordine italiane , con approfondita conoscenza dei soggetti gravitanti nel panorama dei sostenitori giallorossi , ma da un appartenente alla Polizia britannica che già aveva errato nell’attribuire a tale L.F. , correo dell’aggressore, la responsabilità del ferimento del sostenitore del omissis . Considerato in diritto 1. Preliminarmente va dato atto dell’istanza di differimento del processo, formalizzata dal difensore del M. il 18 gennaio u.s., in relazione ad un possibile deficit di garanzie legate alla c.d. Brexit e, segnatamente, alla bocciatura, da parte del Parlamento britannico, del piano di accordo di ritiro con la U.E. concorcordato dal premier del governo del Regno Unito, che prevedeva per quanto qui interessa - la permanenza in vigore, per il periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020, tanto della decisione quadro sul mandato Europeo, quanto di quella relativa alle conseguenti procedure di consegna fra gli Stati membri. L’istanza non riveste fondamento e va pertanto disattesa. Assorbente in proposito è la constatazione che, allo stato, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord fa parte a pieno titolo dell’Unione Europa, onde le garanzie previste dalle succitate decisioni quadro sono pienamente operanti. Quanto, poi, alla prossima fuoriuscita dello Stato britannico dall’Unione, la Corte di Giustizia di Bruxelles, richiesta di pronunciarisi, in sede di rinvio pregiudiziale ex articolo 267 TFUE da parte dell’A.G. irlandese, giusto con riferimento agli effetti connessi alla notifica, ai sensi dell’articolo 50 del TUE, dell’intenzione dello Stato britannico di recedere dall’Unione, con sentenza del 19 settembre 2018 prima sezione ha puntualizzato che l’anzidetta notifica non implica in nessun caso il venir meno del principio fondamentale della reciproca fiducia fra gli Stati membri, segnatamente in relazione allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia , ad essi comune, non potendo pertanto integrare, ai sensi della giurisprudenza ivi richiamata, la circostanza eccezionale , atta a giustificare il rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto Europeo emesso da uno Stato membro. È vero, peraltro, che la sentenza medesima riconosce comunque spetta re ancora all’autorità giudiziaria dell’esecuzione esaminare, in esito a una valutazione concreta e precisa del caso di specie, se sussistano ragioni serie e comprovate di ritenere che, dopo il recesso dall’Unione dello Stato membro emittente, la persona oggetto di tale mandato rischi di essere privata dei diritti fondamentali e dei diritti derivati, in sostanza, dagli articoli da 26 a 28 della decisione quadro , nella fattispecie richiamati dalla difesa del consegnando. Sennonché nella concreta vicenda processuale, la difesa del M. si è limitata a rappresentare in termini meramente possibilistici un unico profilo - il secondo essendo superato, alla stregua del disposto accoglimento del ricorso del Procuratore generale - inerente al riconoscimento del presofferto cautelare, del tutto intempestivo alla luce del disposto obbligo di riconsegna del prevenuto allo Stato italiano, al termine del processo a suo carico. Soprattutto, rimangono fermi gli impegni che ha assunto lo Stato britannico - peraltro parte della CEDU, con il correlato e generale apparato di tutele, non avendo a tal fine alcuna incidenza la sua fuoriuscita dall’Unione - impegni che, pertanto, rimangono pienamente operanti nella fattispecie, quali che siano le vicissitudini susseguenti. 2. Il ricorso della difesa, quale sopra illustrato, non ha il benché minimo fondamento e va pertanto dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni di legge, nella misura di giustizia specificata in dispositivo. 3. È principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte in materia, che la consegna richiesta dall’A.G. dello Stato membro è preclusa solo allorché il mandato, ovvero la documentazione trasmessa non consentano l’indicazione precisa del provvedimento restrittivo della libertà personale su cui si basa l’istanza, dovendosi in questo senso interpretare la disposizione dettata dalla L. numero 69 del 2005, articolo 6, comma terzo, che richiede l’allegazione al mandato di quel provvedimento così Sez. 6, sent. numero 49612 dell’11.12.2015, Rv. 265470 . Mentre, per altro e correlato verso - che è quello che qui in particolare rileva - non è ostativa neppure l’assenza del provvedimento restrittivo interno, posto a fondamento del m.a.e., purché il controllo dell’A.G. italiana possa essere effettuato sulla base della documentazione trasmessa dallo Stato membro richiedente cfr. Sez. F., sent. numero 33219 del 28.0.2016, Rv. 267452 , fermo restando che, ai fini della sussistenza del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, quale richiesto dall’evocato la L. numero 69 del 2005, articolo 17, comma 4, detta verifica deve consistere unicamente nell’accertamento che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente riferibile ad un fatto-reato attribuibile alla persona di cui si chiede la consegna, e che di ciò abbia fornito ragioni nel provvedimento adottato così, da ultimo, Sez. 6, sent. numero 28281 del 06.06.2017, Rv. 270415 . A detti principi si è correttamente uniformata la Corte d’appello di Roma, che ha dato conto degli elementi indiziari valorizzati dall’A.G. britannica a carico del M. , giusta le indicazioni fornite dal m.a.e. e dalla relazione successivamente trasmessa, costituiti dalle videoriprese dell’aggressione effettuate dalle telecamere presenti in loco, nonché dalle dichiarazioni rese da un ufficiale di p.g., che, nonostante il volto travisato, identificava il M. come autore materiale delle lesioni mediante pugni alla persona offesa, tenendo anche conto del successivo scambio degli indumenti e delle scarpe effettuato dal M. dopo il delitto e degli accertamenti relativi ai suoi spostamenti . Il che vale ampiamente a dar conto delle ragioni che giustificano il provvedimento adottato, non potendo che ribadirsi - in linea con l’insegnamento del più alto Consesso di questa Corte v. Sez. U., sent. numero 4614 del 30.01.2007, Ramoci, Rv. 235349 - che il requisito della motivazione del provvedimento interno, alla cui stregua è stato adottato il m.a.e., non può essere apprezzato alla luce dei parametri che sono propri dell’ordinamento italiano, così come per contro intende fare il ricorso proposto nell’interesse del M. , peraltro sulla base di un confronto parziale rispetto al novero degli elementi sopra indicati e di soggettive valutazioni d’inaffidabilità. 4. Merita accoglimento il ricorso proposto dal P.G. distrettuale. 4.1 I reato di violent disorder , per il quale l’A.G. britannica procede - tra l’altro - a carico del M. , ricorre, secondo il testo del comma 1 della relativa norma incriminatrice, Qualora tre o più persone radunate ricorrono o minacciano di ricorrere ad atti di violenza illecita e la loro condotta considerata complessivamente è tale da suscitare in una persona di ragionevole fermezza presente sul luogo timore per la sua incolumità personale . , precisandosi nei commi successivi non essere necessaria l’effettiva presenza sul posto di una persona di ragionevole fermezza ed essere indiferente che la condotta sopra descritta sia commessa in luogo privato o pubblico. L’articolo 655 c.p. recita Chiunque fa parte di una radunata sediziosa di dieci o più persone è punito, per il solo fatto della partecipazione, con l’arresto fino ad un anno , prevedendo una pena più severa ove l’agente sia armato e la non punibilità di colui che, prima dell’ingiunzione dell’Autorità, o per obbedire ad essa , si ritira dall’adunata. La Corte costituzionale, con sentenza numero 15 del 1973, nel dichiarare non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 655 c.p., ha chiarito che la norma anzidetta, al pari di quella contenuta nel precedente articolo 654 c.p., è contraddistinta da due essenziali requisiti consistenti in una condotta obiettivamente sediziosa e nella sua pericolosità per l’ordine pubblico . Ed ha di seguito puntualizzato che, pur dovendo essere rimessa all’accertamento di fatto del giudice di merito la valutazione in ordine al carattere oggettivamente sedizioso dell’adunata, nondimeno al termine sedizione , che il legislatore non ha inteso definire espressamente, si ricollega pur sempre un tradizionale e generale significato nel senso che atteggiamento sedizioso penalmente rilevante è quello - e solo quello - che implica ribellione, ostilità, eccitazione al sovvertimento delle pubbliche istituzioni e che risulti in concreto idoneo a produrre un evento pericoloso per l’ordine pubblico . Coerentemente con siffatta impostazione, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che Integra il reato di adunata sediziosa la condotta di chi prenda parte ad una riunione o ad un assembramento di dieci o più persone con uno scopo prestabilito e manifesti comportamenti di ribellione e di ostilità nei confronti di chi rappresenta l’autorità e la forza della legge, con conseguente pericolo di creazione o di protrazione di uno stato di turbamento per l’ordine pubblico così Sez. 6, sent. numero 6347 del 09.11.2012 - dep. 2013, Rv. 254890, in relazione a fatti verificatisi nel corso di una manifestazione, che aveva visto il lancio di artifici pirotecnici accesi, sassi e corpi contundenti di ogni genere all’indirizzo delle Forze dell’Ordine, con interruzione e turbamento dei pubblici servizi di circolazione, trasporto, ordine e sicurezza pubblica . Essendo appena il caso di osservare, alla stregua della vicenda che ha dato origine alla massima appena riprodotta, che il reato di cui trattasi è perfettamente compatibile con la integrazione, sulla base della medesima condotta, dl altri fatti di reato v. altresì, in conformità, Sez. 1, sent. numero 12229 del 25.10.1994, Rv. 199681 . 4.2 Poste tali premesse e dato atto altresì che non è in discussione l’esistenza qui di tafferugli di gruppo , sì da far ritenere integrato il requisito del numero delle persone anche alla luce della più restrittiva disposizione codicistica dell’ordinamento nazionale, non può che condividersi l’assunto dell’impugnante Procuratore generale, là dove afferma che una collettiva aggressione violenta portata a persone e cose che si trovavano nelle immediate adiacenze dello stadio di omissis , con volto travisato tra questi vi era proprio il M. , utilizzando corpi contundenti vari cinte, addirittura un martello e rivolgendosi altresì alle Forze dell’Ordine, costrette ad operare cariche di alleggerimento della pressione esercitata dai facinorosi, deve ritenersi pienamente sussumibile nella fattispecie prevista dall’articolo 655 c.p. , risultando così soddisfatto il requisito della doppia punibilità , di cui alla L. numero 69 del 2005, articolo 7. In ordine al quale non è inutile osservare che, così come questa Corte ha avuto ripetutamente modo di puntualizzare, affinché il requisito in questione possa dirsi soddisfatto, non si richiede l’esatta corrispondenza della norma incriminatrice dello Stato di emissione in una fattispecie dello Stato richiesto, essendo sufficiente che il fatto, nella sua concretezza, sia punibile come reato in ambedue gli ordinamenti cfr., da ultimo, Sez. 6 sent. numero 22249 del 03.05.2017, Rv. 269918 e numero 27483 del 29.05.2017, Rv. 270405 . S’impone pertanto, in coerenza con i poteri di merito che la L. numero 69 del 2005, articolo 22 assegna alla Corte di cassazione, la riforma, in parte qua, della sentenza impugnata, fermo l’obbligo di riconsegna del M. a procedimento ultimato. P.Q.M. In accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma avverso la sentenza emessa da detta Corte il 27 novembre 2018 Dispone la consegna all’Autorità Giudiziaria del Regno Unito di Gran Bretagna ed irlanda del Nord di M.S. anche in relazione alla contestazione di cui al punto 2. del mandato di arresto Europeo del 4 ottobre 2018 nel procedimento a suo carico, al termine del quale, in caso di condanna, il M. dovrà essere rinviato in Italia, ai sensi della L. numero 69 del 2005, articolo 19, comma 1, lett. c . Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal M. avverso la sentenza medesima e lo condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 alla cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. numero 69 del 2005, articolo 22, comma 5.