La richiesta avanzata da un cliente dovrà essere ripresa in esame. E non potrà essere sufficiente il parere dell'Isvap per alleggerire la posizione dell'assicurazione.
'Caro assicurazione', non l'incipit di una lettera ma la definizione, a mo' di slogan, di un fenomeno che tocca da vicino tutti gli automobilisti italiani. Con l'aggiunta, peraltro, della sensazione che i prezzi sempre più elevati siano frutto di un accordo - non legittimo - tra le diverse compagnie.Non è un caso, quindi, che molti automobilisti abbiano deciso di adire le vie legali. Per ottenere un risarcimento danni dalla propria compagnia.Di fronte a una simile domanda, però, citare un parere dell'Isvap - l'istituto di vigilanza del settore -, con cui si attesta che nel ramo RC auto le compagnie registrano forti perdite , non può essere elemento sufficiente per rigettare la richiesta dell'automobilista. Sono necessari - chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 19262, terza sezione civile, depositata ieri - ben altri elementi Premio alto? Rivolgersi altrove A luglio 2000 viene sanzionato un 'cartello' tra le compagnie assicurative che 'congela' il mercato delle polizze automobilistiche, ovviamente a danno dei clienti. Eppure, la richiesta di danni avanzata da un automobilista, per il premio troppo alto pagato, viene respinta dalla Corte d'Appello. Per due ragioni primo, l'Isvap, con un parere ad hoc, ha stabilito che nell'esercizio del ramo RC auto le compagnie di assicurazione registrano forti perdite secondo, l'assicurato avrebbe potuto rivolgersi ad altra compagnia di assicurazione .Così, la posizione dell'automobilista - protagonista, suo malgrado, come tanti altri 'simili' - viene considerata assolutamente inattendibile.Aggiunte possibili. Questione chiusa? Non per l'automobilista, che opta per il ricorso in Cassazione, rivendicando il proprio diritto a vedere riconosciuti i danni subiti da un'intesa certificata come anti-concorrenziale.In premessa, peraltro, viene ricordato che il periodo in esame si colloca temporalmente prima del provvedimento che sanzionava il 'cartello' delle compagnie. Come avrebbe potuto, l'automobilista, non essendo a conoscenza di quella situazione - emersa due anni dopo - rivolgersi ad un'altra compagnia?Tornando a bomba, viene anche annotato che la compagnia di assicurazioni 'incriminata' non può limitarsi a produrre un elemento meramente indiziario , ovvero il parere dell'Isvap, potendo invece fornire la prova relativa alla esistenza in concreto di tali perdite, mediante la produzione dei propri bilanci .Volendo sintetizzare, sono possibili aggiunte che servano a fare chiarezza Tocca alla compagnia. Alla luce di questa visione, che i giudici di piazza Cavour considerano accettabile - tanto da accogliere il ricorso -, la decisione assunta in Appello è da rivedere. Perché addossa erroneamente all'assicurato l'onere di provare che l'intesa anti-concorrenziale si sia tradotta in un illecito aumento dei premi, essendo viceversa onere della compagnia provare - eventualmente producendo i propri bilanci - che ciò non è avvenuto .Valutando la specifica vicenda, la partecipazione della compagnia all'intesa anti-concorrenziale è acclarata, e, di conseguenza, è logico presumere che l'aumento del premio - pagato dall'automobilista - ne sia stato un effetto previsto.A modificare questa visione dovrà essere la compagnia Sullo stesso argomento leggi anche Gli automobilisti vanno risarciti se l'aumento dei premi è conseguenza del cartello tra assicurazioni, DirittoeGiustizi@ 24 giugno 2011
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 luglio - 22 settembre 2011, numero 19262Presidente Trifone - Relatore D'AlessandroSvolgimento del processoP. A. propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli che ha respinto la domanda proposta nei confronti della Axa Ass.ni S.p.A. per risarcimento danni da intesa anticoncorrenziale.L'Axa Assicurazioni S.p.A. resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.Motivi della decisione1.- Il tema principale dedotto dal ricorrente con i motivi primo, terzo, quinto, sesto e settimo riguarda la ripartizione dell'onere probatorio nel caso di azione per il risarcimento dei danni derivanti da intesa anticoncorrenziale, lamentandosi l'erroneità della sentenza impugnata che ha rigettato la domanda dell'assicurato sulla stregua, essenzialmente, del parere dell'ISVAP secondo cui, mediamente, nell'esercizio del ramo RCA le compagnie dì assicurazione registrano forti perdite, e della considerazione secondo cui l'assicurato avrebbe potuto rivolgersi ad altra compagnia di assicurazioni.Premesso che non può certo rimproverarsi all'assicurato di non avere contrattato con compagnie non facenti parte di un cartello di cui egli non aveva notizia all'epoca della stipula della polizza il provvedimento sanzionatorio è del 28 luglio 2000 ed in questa sede si discute del premio versato per il periodo dal 30/10/97 al 30/4/98 , va osservato che., decidendo analoghe questioni, ancora di recente questa Corte Cass. 7 febbraio 2011, nnumero 5941 e S942 ha innanzitutto ribadito che, nel giudizio instaurato, ai sensi dell'articolo 33, comma 2, della legge numero 287 del 1990, per il risarcimento dei danni derivanti da intese restrittive della libertà di concorrenza, pratiche concordate o abuso di posizione dominante, sebbene le conclusioni assunte dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonché le decisioni del Giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscano una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, ciò non esclude che sia possibile per le parti offrire prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie Cass. 3640/09 .Ciò posto ha tuttavia osservato che la Compagnia di assicurazioni non può limitarsi a produrre un elemento meramente indiziario - rappresentato dal parere dell'ISVAP, reso su richiesta dell'AGCOM, nel quale si enuncia il dato statistico che, mediamente, nell'esercizio del ramo RCA le compagnie registrano forti perdite ben potendo essa fornire la prova relativa alla esistenza in concreto di tali perdite, mediante la produzione dei propri bilanci.Il ricorso coglie dunque nel segno ove lamenta che la decisione della Corte d'appello di Napoli presenta un vizio di motivazione, fondandosi essenzialmente su quel parere, ed addossa erroneamente all'assicurato l'onere di provare che l'intesa anticoncorrenziale si sia tradotta in un illecito aumento dei premi, essendo viceversa onere della Compagnia provare - eventualmente producendo i propri bilanci - che ciò non è avvenuto.Sussiste, in altre parole, un principio di diritto per cui l'avere l'impresa assicuratrice partecipato all'intesa e l'essersi verificato un aumento del premio determinano una situazione per cui si deve presumere che l'aumento sia ricollegato totalmente o parzialmente alla partecipazione all'intesa e tale presunzione può essere superata dall'assicurazione attraverso la dimostrazione, con qualsiasi mezzo probatorio, ivi comprese le presunzioni ove sussista impossibilità di prova diretta , che in realtà nel caso concreto ciò non è accaduto.2.- Restano assorbiti i motivi secondo e quarto, relativi a profili istruttori della decisione.3.- Il ricorso va dunque accolto, nei sensi che precedono. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.P.Q.M.la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.