Obbligo di conciliazione … e senza perdite di tempo

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare numero 3 del 16 gennaio 2013, ha fornito i primi chiarimenti operativi circa la procedura obbligatoria di conciliazione per i licenziamenti dettati da giustificato motivo oggettivo tempistiche, fasi della controversia e modalità di soluzione. Da sottolineare che la conciliazione deve essere fissata nel rispetto del termine perentorio dei 7 giorni dalla richiesta e, ancora, il datore e il lavoratore possono farsi assistere da un avvocato o da un consulente del lavoro.

Quali sono i datori di lavoro interessati. La norma di riferimento è l’articolo 1, comma 40, della Legge numero 92/2012. E, al rispetto della stessa, sono tenuti imprenditori e non imprenditori con più di 15 dipendenti 5 nel caso di azienda agricola . Allo stesso modo la disciplina si applica per i datori che occupano più di 60 dipendenti su scala nazionale, a prescindere dal quorum nei singoli stabilimenti. Il calcolo della base numerica va effettuato, non già nel momento in cui avviene il licenziamento, ma tenendo come parametro di riferimento la c.d. «normale occupazione» nel periodo antecedente – gli ultimi 6 mesi – senza conteggiare temporanee contrazioni di personale. Giustificato motivo oggettivo, è una scelta personale del datore Se il licenziamento è determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, non può essere sindacabile dal giudice sui profili di congruità ed opportunità è correlata alla gestione dell’azienda. La procedura obbligatoria di conciliazione si rende necessaria allorquando il datore voglia effettuare più licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni articolo 24 L. numero 223/1991 siamo infatti di fronte a «recessi plurimi». Ruolo della Direzione territoriale del lavoro e data di riferimento. Il datore deve indicare nell’apposita comunicazione di apertura della procedura l’indirizzo PEC. Dalla data di ricezione dell’informazione trasmessa si intende avviata la procedura in esame va infatti ricordato che la stessa è trasmessa «per conoscenza» al lavoratore articolo 7, comma 1, L. numero 604/1996 per stabilire il dies a quo assume valore preponderante la data di ricezione della DTL. La comunicazione del licenziamento deve presentare caratteristiche precise, poiché l’imprenditore deve aver individuato il soggetto, secondo i canoni di correttezza e di buona fede, il soggetto nei confronti del quale esercitare l’azione di recesso. L’apertura dell’istruttoria massima celerità. L’organo conciliativo fissa la conciliazione delle parti, nel rispetto del termine perentorio dei 7 giorni dalla richiesta, entro un limite temporale che non va oltre i 20 giorni dalla convocazione è necessario rispettare la cadenza serrata della Dtl per non vanificare i tentativi. Il termine dei 20 giorni potrà essere superato – anche su richiesta della commissione – solo se reputato necessario dalle parti per il raggiungimento di un accordo. Accordo mancato. Se la commissione di conciliazione non riesce ad addivenire a una composizione della controversia, è tenuta a redigere un verbale di mancato accordo che, ex comma 8 del nuovo articolo 7 L. numero 604/1966, non può essere generico o privo di contenuti. Il licenziamento avrà effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento è stato avviato. Tentativo di conciliazione esperito positivamente. Se non si giunge alla risoluzione del rapporto, basterà la semplice verbalizzazione. In caso di risoluzione consensuale, la sottoscrizione dinnanzi alla commissione è sufficiente a non imporre al lavoratore un ulteriore passaggio avanti agli organi preposti. Datore di lavoro e lavoratore possono farsi assistere dalle organizzazioni di rappresentanza cui abbiano conferito mandato o da un componente Rsa o Rsu o, ancora da un avvocato o un consulente del lavoro.

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