Fioriere sulla strada senza autorizzazione se la strada è ad uso pubblico, il verbale è inevitabile.
Il caso. Un uomo aveva occupato, senza autorizzazione, una sede stradale con fioriere e materiali edili, vedendosi elevare un verbale dalla polizia municipale. Se in primo grado il giudice di pace riteneva insussistente l’addebito perché la strada in questione era da ritenersi privata, il giudice di secondo grado abbracciava la tesi opposta, affermando che tale strada era da considerarsi ad uso pubblico. Fatto, questo, desunto dalla presenza di numerazione civica e della pubblica illuminazione, e, nondimeno, dalla libera accessibilità della stessa collegata alla rete viaria pubblica per l’assenza di alcun tipo di chiusura della strada. Non rileva la proprietà della strada ma la sua eventuale destinazione ad uso pubblico. Tutte le censure del ricorrente vengono rigettate, ma la S.C. ha avuto modo di chiarire – con la sentenza numero 23733/2012 depositata il 21 dicembre – che «ai fini dell’applicabilità della disciplina stradale non rileva tanto la proprietà della strada, bensì la destinazione di essa ad uso pubblico» Cass., nnumero 13217/2003, 16529/2005 . In conclusione, il ricorrente, oltre a togliere le fioriere, dovrà rimborsare le spese di giudizio al Comune controricorrente.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 23 novembre – 21 dicembre 2012, numero 23733 Presidente Goldoni – Relatore Piccitalli Fatto e diritto Si riporta di seguito il contenuto della relazione preliminare ex articolo 380 bis c.p.c M C. ricorre con due motivi avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Pisa/Pontedera, in riforma di quella in data 12.3.07 del Giudice di Pace di Volterra, accogliendo l'appello del Comune di Montecatini Val di Cecina, ha respinto la sua opposizione ex articolo 204 bis C.d.S. in rel. 22 L. 689781, avverso un verbale elevatogli dalla polizia municipale, da quel Comune dipendente, contestante la violazione dell’articolo 20 co. 1 e 6 cit. Cod. così rettificata rispetto a quella originaria, di cui all'articolo 21 co. 1 e 4, a seguito di un successivo verbale correttivo notificato in termini , per avere, senza autorizzazione, occupato una sede stradale con fioriere e materiali edili. Il giudice di appello, disattendendo la tesi oppositiva recepita da quello di primo grado, dell’insussistenza dell'addebito in considerazione della natura privata della strada in questionerà motivato la reiezione in ragione dell'assoggettamento ad uso pubblico della strada in questione, desunto da una serie di indici, costituiti dalla libera accessibilità della stessa, collegata alla rete viaria pubblica, per assenza di alcun tipo di chiusura o di cartelli inibitori indicanti la proprietà privata, dall'inserimento della medesima, con una propria denominazione, nella toponomastica comunale, dal la presenza di numerazione civica e di pubblica illuminazione, nonché di un cartello pubblico indicante l'assenza di sbocco. I motivi del ricorso, puntualmente contraddetti dall'ente controricorrente, ad avviso del relatore si palesano non meritevoli di accoglimento. Il primo, pur deducendo erronea interpretazione ed applicazione dell'articolo 2 D.Lgs 285/92 e vizi di motivazione, si risolve, in realtà, nella rivisitazione delle risultanze processuali, insistendo sulla natura privata dell'area in questione e sostenendo che la stessa non sarebbe neppure qualificabile, per le sue oggettive caratteristiche di intransitabilità o quanto meno precaria transitabilità, una strada. Si propone, in tal modo, un inammissibile giudizio di merito di terzo grado, confutando una valutazione di fatto, di cui il giudice ha dato ampiamente conto evidenziando i menzionati indici di assoggettamento ad uso pubblico, i più significativi tra quelli valorizzati dalla giurisprudenza in materia, che hanno condotto ad una soluzione, in diritto, palesemente in linea con il consolidato principio giurisprudenziale di legittimità, secondo cui ai fini dell'applicabilità della disciplina stradale non rileva tanto la proprietà della strada, bensì la destinazione di essa ad uso pubblico v. fra le altre, Cass. nnumero 13217/03, 164/05, 16529/05 . Il secondo motivo, con il quale si lamenta violazione degli articolo 20 e 21 C.d.S. e contraddittorietà della motivazione, sostenendo che la polizia municipale non avrebbe potuto apportare la modifica al verbale originario, con conseguente nullità della contestazione, è inammissibile, proponendo una censura che, non accolta o assorbita dalla sentenza di primo grado, non risulta essere stata ribaditaci sensi dell'articolo 346 c.p.c., nel giudizio di appello. Si propone, conclusivamente, la reiezione del ricorso. Roma 8 maggio 2102 . Premesso quanto precede, esaminata la memoria depositata per il ricorrente e sentito il difensore dello stesso, il collegio non ravvisa motivi per doversi discostare dalla proposta del relatore, cui ha aderito il P.G., condividendone integralmente le ragioni. Le ulteriori osservazioni di parte ricorrente, infatti, in si stono nel voler introdurre un riesame di merito, non consentito in questa sede, senza evidenziare effettivi vizi o carenze del procedimento logico seguito dal giudice di appello, ma continuando a formulare doglianze basate su assunte circostanze di fatto, che comunque, quand'anche provate, non risulterebbero idonee ad escludere l'accertato asservimento desunto dai convergenti indici menzionati dalla corte territoriale ad uso pubblico della strada in questione, ancorché non acquisita al patrimonio comunale, evidenziando soltanto deficienze di interventi manutentivi che, non incompatibili con la sussistenza o persistenza del transito da parte della generalità indiscriminata di cittadini, sarebbero solo sintomatiche di disinteresse amministrativo o carenze dei servizi pubblici correlati agli interessi collettivi in questione. Inammissibile, infine, perché deducente una questione processuale che non ha formato oggetto dei motivi di ricorso, ancor prima che manifestamente infondata non tenendo conto dell'attuale assetto dei rapporti tra i processi penali e civili, non più improntati, come nel vigore del precedente codice di procedura penale, alla necessaria pregiudizialità dei primi , si palesa la richiesta di sospensione ex articolo 295 c.p.c. del presente giudizio a seguito di una denunzia - querela, che sarebbe stata proposta con non precisati sviluppi, segnatamente in punto di conseguente esercizio dell'azione penale, in presenza soltanto del quale potrebbe teoricamente ravvisarsi pregiudizialità nei confronti degli amministratori locali. Il ricorso va, conclusivamente, respinto. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente Comune di Montecatini Val di Cecina, in misura di Euro 1.200, 00 di cui 200, 00 per esborsi.