Il provvedimento di revoca dell’indulto è affetto da nullità assoluta se adottato d’ufficio dal giudice. Tale provvedimento, infatti, richiede l’impulso di parte.
La revoca dell’indulto. Il provvedimento di revoca dell’indulto, che sia adottato d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, è affetto da nullità assoluta, ai sensi dell’articolo 178, comma primo, lett. b , c.p.p., perché il procedimento di esecuzione, salvo che per l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto, richiede l’impulso di parte, la cui necessità è immanente nell’ordinamento giuridico e, definitivamente consacrata dalla affermazione del carattere della terzietà del giudice, che esclude la possibilità della iniziativa officiosa del giudicante nella promozione del procedimento sul quale deliberi. È questo il principio riaffermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 8180 depositata il 2 marzo 2012 con cui è stata risolta un’applicazione illogica di diverso principio della Cassazione da parte del giudice dell’esecuzione in tema di indulto. Il caso l’opposizione presentata tardivamente. Nel caso di specie il Tribunale territoriale aveva disposto la riduzione dell’indulto, concesso con ordinanza dello stesso organo giudicante, motivando la propria decisione sia in merito all’opposizione del P.M. avverso l’ordinanza che concedeva l’indulto, in quanto giunta tardivamente rispetto al termine perentorio dei quindici giorni, sia in considerazione del fatto che il giudicato si era formato solo sul diritto al beneficio e non sulla misura. In buona sostanza, secondo il Tribunale, la riduzione dell’indulto nei termini fissati dal provvedimento di clemenza era doveroso avendo il condannato già fruito del condono in altra misura. L’errata interpretazione del principio di diritto. Il ricorrente contesta l’ordinanza con il ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento. Le doglianze della difesa si incentrano principalmente sull’errata applicazione di un principio di diritto della Cassazione, richiamato nella stessa ordinanza, in base al quale nel caso in cui più giudici con diverse sentenze abbiano applicato l’indulto in misura complessivamente superiore ai limiti di legge, l’intervento del giudice dell’esecuzione è finalizzato a ricondurre nei termini di legge il beneficio concesso ai sensi dell’articolo 174, comma 2, c.p Nel caso in questione, al contrario, considerato che l’indulto è stato concesso in sede esecutiva e che il P.M. ha proposto opposizione tardivamente, il giudice dell’esecuzione – secondo il ricorrente – non può rideterminare l’indulto d’ufficio, in quanto già da lui stesso applicato in eccesso per l’ostacolo derivante dalla formazione del giudicato. Non esiste un potere officioso di revoca dell’indulto. I giudici di Piazza Cavour non possono far altro che riconoscere la fondatezza del ricorso data la non corretta interpretazione ed applicazione del principio richiamato dal Tribunale nel provvedimento impugnato. Infatti, - la Cassazione non potendo fare a meno di ribadirlo – il principio richiamato si applica al diverso caso in cui l’indulto sia stato applicato in misura eccedente ai limiti di legge con più sentenze di condanna e la sua riduzione è coerente – si legge nella sentenza –con la regola generale contenuta nell’articolo 174 comma 2, c.p., in base alla quale, il provvedimento applicativo dell’indulto adottato in relazione a singole condanne ha carattere provvisorio ed è destinato a essere assorbito e superato dall’applicazione unitaria dei beneficio in sede di cumulo ex articolo 174 c.p Diversamente, come si è visto, il provvedimento di revoca dell’indulto, adottato d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, non può che essere affetto da nullità assoluta. Da qui l’accoglimento del ricorso, anche in considerazione del necessario raccordo con la regola preclusiva derivante dalla irrevocabilità dell’ordinanza applicativa del condono erroneamente adottata, che sarebbe posto nel nulla ove fosse ravvisato un potere officioso di revoca. Il giudizio si è concluso con l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza il 20 ottobre 2011 – 2 marzo 2012, numero 8180 Presidente Bardovagni – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 14 febbraio 2011 il Tribunale di Fori], in funzione di giudice dell'esecuzione, ha disposto la riduzione, nella misura di anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 826,33 di multa, dell'indulto concesso con ordinanza dello stesso Tribunale del 20 settembre 2010 sulla pena di anni due di reclusione ed Euro 826,33 di multa, che il condannato C.G. doveva ancora espiare in relazione alla sentenza di condanna emessa in data 8 febbraio 1999 dal Tribunale di Forlì, confermata dalla Corte d'appello di Bologna con sentenza del 12 giugno 2007, irrevocabile il 7 maggio 2008. 1.2. Il Tribunale motivava la decisione rilevando che - l'opposizione, proposta dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza predetta del 20 settembre 2010, che - applicando l'indulto - aveva dichiarato estinta interamente la pena, era tardiva perché depositata oltre il termine perentorio di quindici giorni fissato dal l’articolo 667, comma 4, cod. proc. penumero - tuttavia, poiché il giudicato si era formato solo sul diritto al beneficio e non sulla misura Sez. 1, numero 31697 del 2010 , era doverosa la riduzione dell'indulto nei termini fissati dal provvedimento di clemenza, avendo il condannato già fruito del condono nella misura di anni uno, mesi nove e giorni tredici di reclusione ed Euro 1915,32 di multa. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con il ministero del suo difensore, C.G. , che ne chiede l'annullamento sulla base di unico motivo con il quale deduce inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, ex articolo 606, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero , e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento, impugnato ex articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero . Secondo il ricorrente, il principio di diritto richiamato nell'ordinanza riguarda il caso in cui più giudici con diverse sentenze abbiano applicato l'indulto in misura complessivamente superiore ai limiti di legge, ponendosi l'intervento del giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, cod. penumero , come finalizzato a ricondurre nei termini di legge il beneficio concesso. Nel caso, invece, in cui, come nella specie, l'indulto sia stato concesso in sede esecutiva e il Pubblico Ministero abbia proposto opposizione oltre i termini di legge, il giudice dell'esecuzione, ad avviso del ricorrente, non può d'ufficio rideterminare l'indulto già da lui stesso applicato in eccesso per l'ostacolo derivante dalla formazione del giudicato Sez. 5 numero 14893 del 2010 . 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata per la fondatezza del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Questa Corte ha più volte affermato che il principio della preclusione processuale, derivante dal divieto del ne bis in idem sancito dall'articolo 649 cod. proc. penumero , è operante anche in sede esecutiva, siccome principio di carattere generale dell'ordinamento processuale tra le altre, Sez. 1, numero 3736 del 15/01/2009, dep. 27/01/2009, P.M. in proc. Anello, Rv. 242533 Sez. 1, numero 5613 del 21/12/1993, dep. 22/02/1994, Lo Casto, Rv. 196544 . L'operatività del principio postula che per il provvedimento che ambisca all'irrevocabilità, seppur relativa, sia previsto un meccanismo di impugnazione, definito il quale - ovvero decorso, inutilmente, il termine per l'impugnativa - possa dispiegarsi l'indicata regola preclusiva tra le altre, Sez. 5, numero 14893 del 29/01/2010, dep. 19/04/2010, De Battisti, Rv. 246867 . 2.1. È coerente con tali affermazioni, peraltro riferite a un caso analogo a quello in esame, che il Collegio condivide e riafferma, rilevare che, prevedendo l'articolo 667, comma 4, cod. proc. penumero , espressamente richiamato - ai fini dell'applicazione dell'indulto - dall'articolo 672 cod. proc. penumero , il termine di decadenza di quindici giorni per proporre opposizione, all'inutile decorso del termine consegue la irrevocabilità dell'ordinanza applicativa di indulto, non opposta o tardivamente opposta. 3. Il Tribunale, che, con richiamo ai dati fattuali, ha rilevato la tardività dell’opposizione proposta il 13 dicembre 2010 dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza del 20 settembre 2010, comunicata il 25 novembre 2010, con la quale la pena inflitta al C. era stata dichiarata interamente estinta per indulto, condividendo il predetto principio, ha, tuttavia, ritenuto di ravvisare la sussistenza di un dovere di intervento del giudice della esecuzione volto alla riduzione dell'indulto applicato in misura eccedente ai limiti consentiti, individuandone il fondamento nella limitazione del giudicato al diritto al beneficio e non alla sua misura. 3.1. Il principio di diritto affermato da questa Corte, e richiamato nella ordinanza Sez. 1, numero 31697 del 15/04/2010, dep. 11/08/2010, P.M. in proc. Marchio, Rv. 248024 , alla stregua del quale il giudice dell'esecuzione ha il dovere di ridurre entro i limiti di legge l'indulto applicato in misura eccedente quella fissata dal provvedimento di clemenza, perché il giudicato si forma solo sul diritto al beneficio e non sulla sua misura, non è stato esattamente interpretato e correttamente applicato con il provvedimento impugnato. Esso, infatti, attiene, come rilevato anche dal ricorrente, e rilevabile dalla stessa massima, oltre che dalla lettura della motivazione della sentenza, al diverso caso in cui l'indulto sia stato applicato in misura eccedente ai limiti di legge con più sentenze di condanna, e la sua riduzione, che non comporta la revoca dei condoni concessi in eccesso in quanto concessi in modo ineccepibile dal giudice del merito, è coerente con la regola generale contenuta nell'articolo 1747 comma 2, cod. penumero , secondo la quale, il provvedimento applicativo dell'indulto adottato in relazione a singole condanne ha carattere provvisorio ed è destinato a essere assorbito e superato dall'applicazione unitaria del beneficio in sede di cumulo ex articolo 174 cod. penumero Sez. 1, numero 40028 del 30/09/200C, dep. 14/10/2009, Secolo, Rv. 245326 Sez. 1, numero 5978 dei 21/01/2009, dep. 11/02/2009, Di Silvio, Rv. 243353 Sez. 2, numero 1985 del 20/10/1981, dep. 27/02/1982, Marchignoli, Rv. 152489 . 3.2. Questa Corte ha, invece, affermato il condiviso principio che il provvedimento di revoca dell'indulto, che sia adottato d'ufficio dal giudice dell'esecuzione, è affetto da nullità assoluta, ai sensi dell'articolo 178, comma primo, lett. b , cod. proc. penumero , perché il procedimento di esecuzione, salvo che per l'applicazione dell'amnistia o dell'indulto, richiede l'impulso di parte, la cui necessità è immanente nell'ordinamento giuridico e, definitivamente, consacrata dalla affermazione contenuta nell'articolo 111, comma 2, Cost. del carattere dalla terzietà del giudice, che esclude la possibilità della iniziativa officiosa del giudicante nella promozione del procedimento sul quale deliberi tra le altre, Sez. 1, numero 42308 del 11/11/2010, dep. 30/11/2010, Ratini, Rv. 249024 Sez. 1, numero 1839 del 28/11/2006, dep. 22/01/2007, Fortini, Rv. 235794 Sez. 1, numero 3934 del 12/11/1990, dep. 16/01/1991, Contreras de Castelblanco, Rv. 186186 . 4. Alla stregua dell'indicato principio, raccordato con la regola preclusiva derivante dalla irrevocabilità della ordinanza applicativa del condono erroneamente adottata, che sarebbe posto nel nulla ove un potere officioso di revoca fosse ravvisato, il ricorso merita accoglimento. L'ordinanza impugnata, che ha revocato l'ordinanza applicativa di indulto in esito a tardiva richiesta del Pubblico Ministero, deve essere, quindi, annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.