L'Anas deve impedire la caduta massi ma non deve «sigillare» la scarpata sottostante

Doppia vicenda al 'Palazzaccio' conclusioni diverse sulla responsabilità. Nel primo caso l'ente è sotto esame, nel secondo caso è la condotta del conducente ad avere più peso.

In macchina lungo una strada statale. Situazione assolutamente normale. Ma gli imprevisti possono capovolgere il mondo e portare a situazioni estreme, anche mortali. E la responsabilità? Da stabilire a seconda delle situazioni. Così, la valutazione del ruolo dell'Azienda nazionale autonoma delle strade statali, messo in primo piano, diventa lo snodo principale. E se in un caso l'Anas deve soccombere, nell'altro caso può vedersi sollevata da ogni responsabilità.Le due vicende. Protagonisti due sfortunati automobilisti. Il primo viene colpito da alcuni grossi massi, staccatisi dalla zona soprastante la strada, e chiede il risarcimento dei danni subiti. Il secondo, purtroppo, esce di strada con la propria autovettura, che finisce nella sottostante scarpata, non protetta da guard-rail. Conseguenze mortali, e gli eredi ricorrono per vedere riconosciuta la responsabilità dell'Anas.Per la prima storia, il ricorso in Cassazione è l'ultima opzione dopo i niet arrivati dal Tribunale e dalla Corte d'Appello. Per i giudici di secondo grado, in particolare, i massi sono franati da terreni di proprietà di terzi, a monte per qualche centinaio di metri rispetto alla strada statale. Tra la strada e i suddetti terreni corre una linea ferroviaria con il relativo muro di contenimento, innalzato dalle Ferrovie, rispetto all'originario muro, dopo la caduta di massi che , anni addietro, avevano spostato i binari e danneggiato il muro di contenimento , e peraltro la circostanza che la frana abbia avuto origine in luogo diverso da quello in custodia dell'Anas rende l'evento imprevedibile . Di conseguenza, da escludere la responsabilità dell'Anas, che non avrebbe dovuto adottare un comportamento diverso, atteso che le frane, di modesta entità, si erano verificate circa 8 anni prima e che le Ferrovie avevano provveduto a predisporre opere in grado di evitarne altre, con conseguente imprevedibilità di episodi più gravi .Anche per la seconda storia, il ricorso in Cassazione è l'extrema ratio. Anche in questo caso, difatti, la richiesta di risarcimento era stata bocciata in primo come in secondo grado. La ragione? L'incidente si sarebbe verificato per la condotta del conducente, compreso mancato uso delle cinture di sicurezza , velocità ben superiore al limite di 50 chilometri orari e assunzione di alcolici. Senza nessuna responsabilità dell'Anas. Anche perché, alla luce delle caratteristiche della strada, la fuoriuscita del veicolo non era evento ipotizzabile , quindi non appariva configurabile un obbligo dell'Anas di provvedere alla sigillatura della strada a mezzo di guard-rail , e il sinistro era stato determinato dalla condotta anomala e imprevedibile della conducente, tale da integrare causa esclusiva del danno . Più in dettaglio, secondo la ricostruzione dei fatti, l'autovettura era andata a collidere contro il cartello che segnalava la curva aveva percorso oltre 17 metri sulle strisce delimitanti l'area sottratta alla circolazione e altri 17 metri di scarpata , fino a ribaltarsi . Secondo i giudici di secondo grado, un eventuale guard-rail sarebbe stato travolto dal veicolo e quindi si sarebbe rivelato inutile.Responsabilità sì Di fronte a quadri così delineati, però, le decisioni della Corte di Cassazione si diversificano in merito alla responsabilità dell'Anas rispetto alle strade statali scenario dei due sinistri.Per quanto concerne il danno provocato dalla caduta di grossi massi, la responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia viene attribuita all'Anas, almeno parzialmente.I giudici di piazza Cavour prendono in esame attentamente la pronuncia di secondo grado, ovvero la definizione della responsabilità e l'ipotesi del caso fortuito. Quest'ultimo consiste, secondo la Corte d'Appello, nel fatto del terzo frane provenienti da terreni di terzi , ravvisando il carattere dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità . Ancora più in dettaglio, i giudici di secondo grado hanno ritenuto imprevedibile una frana di maggiore consistenza, che ha determinato l'alterazione dello stato della cosa in custodia , però, sottolineano i giudici di Cassazione, hanno riconosciuto che negli anni precedenti si erano verificate frane, proprio provenienti da terreni a monte che dalla relazione tecnica risulta che la stessa Anas, negli anni precedenti, aveva predisposto opere per far fronte allo stesso problema che nella zona intermedia a monte, di spettanza delle Ferrovie, erano già state predisposte delle opere .Tutte queste circostanze avrebbero dovuto spingere a domandarsi se l'alterazione della cosa per via della frana fosse, piuttosto, prevedibile e se da parte dell'Anas erano state poste in essere le idonee misure di sicurezza sulla strada . Volendo sintetizzare responsabilità sì. Almeno potenzialmente. E da valutare nuovamente nel contesto della Corte d'Appello .responsabilità no. Altrettanto complessa la situazione per la seconda, tragica storia. Gli eredi del conducente morto nell'incidente insistono, dinanzi ai giudici della Cassazione, per vedere riconosciuta la responsabilità dell'Anas, escludendo che il sinistro sia ascrivibile solo alle azioni del conducente e richiamando la pericolosità della strada. Su quest'ultimo punto, in particolare, richiamano a più riprese la presenza della scarpata, una fonte di pericolo che, a loro avviso, doveva essere delimitata da un guard-rail ad hoc anche alla luce delle disposizioni datate febbraio 1992.E, di rimando, i giudici di piazza Cavour si soffermano sul punto centrale il rapporto di custodia, che avrebbe dovuto imporre l'apposizione di rete di recinzione, e segnatamente di un guard-rail , almeno secondo gli eredi del conducente rimasto vittima dell'incidente. Ma, alla luce delle regole di comune prudenza e delle disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche, non è ragionevole ipotizzare una foderatura dell'intera rete viaria, anche nei tratti non oggettivamente pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli automobilisti. Volendo sintetizzare, il comportamento del conducente 'supera' la presunta pericolosità della strada, che, comunque, non richiedeva le protezioni ipotizzate dagli eredi ricorrenti in Cassazione. Quindi, responsabilità no.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 maggio 18 luglio 2011, numero 15723Presidente Chiarini Relatore AmendolaSvolgimento del processoI fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.Con citazione notificata il 24 aprile 2004 G. e D. C. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Verbania l' ANAS, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni da essi subiti per la morte della madre R. S. la quale, in data 17 settembre 2000, mentre alla guida della propria autovettura percorreva la statale biellese, era uscita di strada, rovinando nella sottostante scarpata. Nell'urto la donna era rimasta uccisa sul colpo.Costituitasi in giudizio, l'ANAS contestò l'avversa pretesa, chiedendone il rigetto. Sostenne che l'incidente si era verificato per negligente condotta di guida della defunta nonché in conseguenza del mancato uso delle cinture di sicurezza.Con sentenza del 17 maggio 2006 il giudice adito rigettò la domanda.Proposto dai soccombenti gravame, la Corte d'appello lo ha respinto in data 27 marzo 2008.Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte D. e G. C., formulando dodici motivi.Resiste con controricorso l'ANAS s.p.a.Entrambe le parti hanno depositato memoria.Motivi della decisione1.1 Col primo motivo gli impugnanti denunciano mancanza, insufficienza e contradditorietà della motivazione, con riferimento alla ritenuta ascrivibilità, in via esclusiva, alla irregolare condotta di guida della S. della eziologia del sinistro. Secondo i ricorrenti tale affermazione sarebbe frutto di malgoverno del materiale probatorio acquisito dal quale emergerebbe in maniera inequivocabile la pericolosità del tratto di strada in cui era avvenuto l'incidente.1.2 Col secondo mezzo i ricorrenti tornano a lamentare mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.Le critiche si appuntano contro l'affermazione secondo cui, essendosi l'evento verificato 1n rettilineo, non vi era situazione di pericolo preventivabile ex ante. Sostengono per contro i deducenti che la presenza della scarpata costituiva essa stessa fonte di pericolo di talché, considerato che eventi come un guasto dell'autovettura o un malore del conducete non possono considerarsi assolutamente imprevedibili, la scarpata andava protetta.1.3 Con il terzo mezzo segnalano vizi motivazionali in relazione alla ricostruzione della condotta di guida della S., artificiosamente prospettata come volontaria, laddove l' incidente si sarebbe verificato perché la guidatrice aveva perso il controllo del mezzo.1.4 Col quarto erroneamente individuato come quinto deducono vizi motivazionali con riferimento all'assunto della mancanza di normativa dalla quale potesse desumersi l'obb1igo per l'ANAS di recintare l'intera rete viaria, sia per i costi che per l'inutilità di tale presidio. Il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno del d.m. 18 febbraio 1992, numero 223, o ve era invece contenuta l'indicazione dei siti per i quali la protezione con guardrail era Opportuna ovvero obbligatoria.1.5 Col quinto sesto in ricorso denunciano violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Oggetto delle critiche è l'assunto del giudice di merito secondo cui l'adozione della recinzione non era imposta neppure dal rapporto tra larghezza della sede stradale e profondità della scarpata, alla stregua delle previsioni del d.m. l8 febbraio 1992, numero 223. Segnatamente il giudice di merito non aveva considerato che, in base all'articolo 3 delle Istruzioni allegate alla predetta fonte, anche nei casi di pendenza della scarpata inferiore ai due terzi, la combinazione tra pendenza e altezza della stessa ben poteva rendere necessaria una protezione.1.6 Col sesto mezzo rubricato come settimo} lamentano violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all'asserita tardività della produzione del d.m. numero 223 del 1992, trattandosi di allegazione soggetta al principio iuri novit curia.1.7 Con il settimo motivo rubricato come ottavo censurano, sotto il profilo motivazionale, l'affermazione della Corte secondo cui i tecnici dell'ANAS non avrebbero potuto individuare ex ante il punto in cui posizionare il guardrail, non potendo prevedere dove la S. sarebbe uscita di strada, senza considerare che, in realtà, andava evidentemente protetta l'intera scarpata.1.8 Con l'ottavo rubricato come nono deducono vizi motivazionali con riferimento all'assunto che un eventuale guardrail posizionato in curva avrebbe addirittura aggravato danni, perché in tal caso l' autovettura, della quale la guidatrice aveva perso il controllo sul rettilineo, avrebbe urtato la protezione nella parte iniziale della stessa di talché questa, penetrata nell'abitacolo,, avrebbe funzionato da lama. Tali argomentazioni non consideravano che, in realtà, il guardrail avrebbe dovuto proteggere anche la parte rettilinea della strada teatro del sinistro.1.9 Con il nono mezzo rubricato come decimo prospettano violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Riportati ampi stralci di pronunce di questa Corte, sostengono che il rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada e di quelle regolamentari avrebbe evitato situazioni di pericolo, opportunamente evidenziate nel verbale della Polizia Stradale. Nel quesito di diritto richiamano quindi l'articolo l4 C.d.S., l'articolo 2, del d.lqs. 26 febbraio 1994, numero 143, gli articolo 2051 e 2043 cod. civ.1.10 Con il decimo motivo in rubrica undicesimo lamentano vizi motivazionali con riferimento alle prescrizioni di cui all'articolo 14 d.lgs. 30 aprile 1992, numero 285 Nuovo Codice della Strada , e dell'articolo 2 d.lgs. 26 febbraio 1994, numero 143, relativo alla Istituzione dell'Ente nazionale delle motivato con riferimento alla dedotta inosservanza degli specifici obblighi nascenti da tali norme.1.11 Con l'undicesimo motivo in rubrica dodicesimo denunciano violazione o falsa applicazione degli art- . 14 d.lgs. 30 aprile 1992, numero 285 e 2 d.lgs. 26 febbraio 1994, numero 143, la cui inosservanza rendeva palese la sussistenza dei presupposti per l'affermazione della responsabilità del convenuto sia ex articolo 2051 cod. civ. che ex articolo 2043 cod. civ.2. I motivi, che, malgrado il numero, si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione, sono infondati.L'esposizione delle ragioni di tale valutazione esige una sia pur sintetica ricognizione delle argomentazioni con le quali il giudice di merito ha motivato il suo convincimento.Secondo la Corte territoriale, considerate le caratteristiche del luogo teatro del sinistro, la fuoriuscita del veicolo dalla sede stradale n 0n era evento ipotizzabile se non per un comportamento suicidario, per un guasto tecnico, per una gravissima pertubazione fisica o psichica. Conseguentemente non appariva seriamente configurabile un obbligo dell' ANAS di provvedere alla sigillatura della strada a mezzo di guardrail, né in base alla normativa vigente, né in base a una valutazione di oggettiva pericolosità del luogo. In ogni caso il sinistro era stato determinato dalla condotta anomala e imprevedibile della conducente, tale da integrare causa esclusiva del danno. E invero la S., totalmente ignorando la segnaletica orizzontale e verticale, abbandonata la sede stradale alla guida della sua autovettura, era andata a collidere contro il cartello che segnalava la curva aveva percorso oltre 17 metri sulle strisce delimitanti l'area sottratta alla circolazione e altri 17 metri di scarpata, finché il veicolo non si era ribaltato sullo sterrato sottostante. Ha anche aggiunto che, con tutta probabilità, stando ai rilievi degli esperti, al momento del fatto la conducente non indossava cintura di sicurezza, viaggiava a velocità ben superiore al limite di cinquanta chilometri orari, aveva bevuto alcolici. In tale contesto era agevole ipotizzare che un eventuale guardrail presente sul posto sarebbe stato travolto dal veicolo. Siffatto convincimento ha precisato il decidente non era infirmato dal contenuto delle norme tecniche regolamentari , relative al1e protezioni del tipo guardrail, prodotte insieme alla comparsa conclusionale, perché, a prescindere da ogni considerazione sulla tempestività della nuova allegazione difensiva, la stessa parte appellante aveva finito per ammettere che l'adozione del guardrail non era imposta dal rapporto tra larghezza della sede stradale e profondità della scarpata, a meno di non volere del tutto illogicamente calcolare il predetto rapporto prendendo come parametro di riferimento il punto in cui la S. aveva perso il controllo dell'autovettura.3.1 A fronte di tale percorso argomentativo, che non tralascia alcuno dei rilievi difensivi di parte attrice, i motivi sono palesemente volti a prospettare censure di merito, precluse in sede di legittimità.Essi ruotano i torno a un unico punto il rapporto di custodia, o comunque il principio del neminem laedere, avrebbero imposto l'apposizione di rete di recinzione, e segnatamente di un guardrail. Peraltro, considerato che la Corte ha ragionato dando per scontato che la pretesa violazione della cautela si riferiva al solo tratto in curva, gli impugnanti vengono qui a sostenere, cumulativamente deducendo l'erronea ricognizione delle fattispecie astratte previste dalle norme richiamate, ovvero della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, che la recinzione doveva riguardare, in realtà, anche il tratto rettilineo, dove la S. ebbe a perdere il controllo dell'autovettura.E tuttavia siffatta lettura delle regole di comune prudenza e delle stesse disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche è chiaramente eccedente, rispetto alle misure concretamente esigibili dal gestore, non essendo ragionevolmente ipotizzabile una foderatura dell'intera rete viaria, anche nei tratti oggettivamente non pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli utenti.A ciò aggiungasi che le deduzioni degli impugnanti partono dal rilievo che la protezione della scarpata a mezzo di guardrail avrebbe impedito l'incidente o ne avrebbe di gran lunga attutito le conseguenze. Trattasi tuttavia di assunto affatto ipotetico, alla luce della ricostruzione delle modalità del sinistro accolta da giudice di merito.Non può invero sfuggire che l'assoluta eccezionalità del comportamento della S. perciò stesso elevato a ruolo di causa esclusiva del danno è stata dalla Corte argomentata sulla base di dati di fatto inoppugnabili, come la collisione tra il veicolo e il cartello segnaletico, ovvero l'ampiezza dell'area sottratta alla circolazione, sulla quale ebbe a transitare il veicolo prima di finire nella scarpata, il che rende estremamente plausibile la riconducibilità dell'evento a un fatto straordinario, perciò stesso estraneo al convenuto e da questo non governabile.In tale contesto, mentre le critiche concernenti la ritenuta ascrivibilità alla stessa vittima della eziologia del sinistro, segnatamente svolte nel primo e nel terzo motivo di ricorso, mirano chiaramente a sollecitare una rilettura del fatti e delle prove preclusa in sede di legittimità, le deduzioni relative alla omessa protezione del dirupo, di cui al secondo, al quinto e al settimo motivo di ricorso, al pari di quelle sulla mancata osservanza degli obblighi di manutenzione, oggetto, in particolare, del quarto, dell'ottavo, del nono, del decimo e dell'undicesimo mezzo, appaiono avulse dal contesto fattuale di riferimento e dalla plausibile valutazione fattane dalla Corte territoriale.3.2 In realtà, tutte le argomentazioni svolte in ordine alla intrinseca pericolosità dei luoghi e le connesse considerazioni relative alla necessità di proteggere l'utente attengono a valutazioni non prospettabili in questa sede, perché nel procedimento civile il controllo di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito non si configura come terzo grado di giudizio, bensì come uno strumento preordinato all'annullamento delle pronunzie viziate da violazione di norme, ovvero da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione, vulnera che le parti devono denunciare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento a una o più delle ipotesi previste dall'articolo 360 cod. proc. civ., e nelle forme e con i contenuti prescritti dall'articolo 366 cod. proc. civ.4 Non è superfluo aggiungere che i rilievi in ordine alla asserita tardività della produzione del d.m. numero 223 del 1992, svolti nel sesto motivo, sono assorbiti dalla circostanza che, in ogni caso, malgrado siffatta enunciazione, le prescrizioni contenute nella fonte regolamentare citata sono state vagliate da giudice a quo, sicché i ricorrenti non hanno, in sostanza, interesse all'esame della censura.5 In definitiva il ricorso deve esse integralmente rigettato. Le peculiarità della vicenda, in ragione anche della interferenza delle fonti regolamentari sulla sicurezza delle strade, di lettura non sempre agevole, consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 maggio - 18 luglio 2011, numero 15720Presidente Filadoro - Relatore CarluccioSvolgimento del processo1. R. A. vedeva respinta dal Tribunale di Varese, sez. distaccata di Gavirate, la domanda, nei confronti dell'ANAS, per il risarcimento dei danni subiti in esito al distacco di grossi massi che avevano travolto l'autovettura da lui guidata lungo una strada statale. Nel corso del giudizio interveniva volontariamente l'ente S.U.V.A., che si surrogava all'attore per le prestazioni erogate allo stesso in conseguenza del sinistro.La Corte di appello di Milano, adita dall'A., nella contumacia del S.U.V.A., respingeva l'impugnazione sentenza del 4 giugno 2008 .2. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione I'Augello, con sette motivi corredati da quesiti.L'ANAS resiste con controricorso, esplicato da memoria il S.U.V.A., ritualmente intimato, non si è difeso.Motivi della decisione1. La Corte di appello così motiva, essenzialmente, il rigetto dell'impugnazione. I massi sono franati da terreni di proprietà di terzi, a monte per qualche centinaio di metri rispetto alla strada statale. Tra la strada e i suddetti terreni, sempre a monte, corre la linea ferroviaria con il relativo muro di contenimento, innalzato dalle ferrovie, rispetto all'originario muro, dopo la caduta di massi i quali, provenienti dai terreni dei terzi suddetti, avevano spostato i binari e danneggiato il muro di contenimento.La circostanza che la frana abbia avuto origine in luogo diverso da quello in custodia dell'ANAS rende l'evento imprevedibile.Inoltre, la responsabilità dell'ANAS deve escludersi perché non avrebbe dovuto adottare un comportamento diverso da quello tenuto, come ponendo un cartello di avvertimento, atteso che le frane, di modesta entità, si erano verificate circa otto anni prima e le Ferrovie avevano provveduto a predisporre opere in grado di evitarne altre, con conseguente imprevedibilità di episodi più gravi, come quello che ha determinato il sinistro.2. E' applicabile ratione temporis l'articolo 366-bis cod. proc. civ.2.1 Con il primo motivo si deduce, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione rispetto alla premessa argomentativa della decisione impugnata, laddove la Corte di merito afferma che il rigetto dell'appello necessita di precisazioni ulteriori rispetto alla decisione di prime cure nella parte in cui, per %& lt %& lt mero errore materiale& gt & gt vengono richiamate norme del codice della strada estranee alla fattispecie.Il motivo è inammissibile per l'assenza del momento di sintesi in grado di evidenziare la decisività della censura, atteso che la censura della motivazione della sentenza non si concretizza in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione principio consolidato, Cass. 30 dicembre 2009, numero 27680 . Peraltro, nella specie,. appare dedotto un vizio motivazionale su profili giuridici e non di fatto.2.2. Il secondo e il settimo motivo si concludono con quesiti che chiedono alla Corte, rispettivamente, di verificare la mancata applicazione dell'articolo 2051 cod. civ. all'ANAS, quale custode secondo e, subordinatamente, la mancata applicazione dell'articolo 2043 cod. civ. alla stessa ANAS, quale responsabile per colpa individuabile nella mancata messa in sicurezza della strada.All'evidenza, si tratta di quesiti astratti e generici conseguente è l'inammissibilità per mancato rispetto dell'articolo 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis.2.3. Con il sesto motivo si deducono vizi motivazionali in riferimento alla mancata ammissione di prove testimoniali.In base al principio, secondo cui %& lt %& lt Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un'istanza di ammissione di un mezzo istruttorio [o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ] ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova [o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito], provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della dec1sività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.& gt & gt , affermato ai sensi dell'articolo 360 bis, comma 1, cod. proc. civ., Cass. 30 luglio 2010 numero 17915 , il motivo è inammissibile.Infatti, i capitolati della prova testimoniale sono solo parzialmente riprodotti, in sintesi.3. I motivi terzo, quarto e quinto muovono alla sentenza censure per difetti motivazionali. Pur non contenendo un formale momento formale di sintesi, sono ammissibili, e da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, perché dalla esplicazione si comprende la decisività della censura rispetto alla decisione della controversia.In particolare, con il terzo, si deduce, sostanzialmente, l'omessa considerazione che dalla relazione tecnica allegata dall'attore risultava la presenza di opere di contenimento sulla strada realizzate in periodi precedenti dall'ANAS. Con il quarto, il ricorrente evidenzia l'insufficiente motivazione della sentenza laddove ritiene non necessario il cartello che avvisi gli utenti della possibilità di caduta di massi perché l'origine della frana si trova in terreni di terzi proprietari, senza considerare che dalla suddetta relazione tecnica risultava che la stessa ANAS aveva predisposto delle opere per lo stesso problema. Con il quinto, si censura !a sentenza nella parte in cui ha ritenuto l'evento imprevedibile nonostante avesse dato atto che anni prima si erano verificati episodi simili, anche se più lievi ed erano state predisposte opere per evitarli.Le censure mosse alla sentenza sono meritevoli di accoglimento.3.1. La Corte di merito, sia pure senza farvi mai espresso riferimento, ha ritenuto astrattamente applicabile la responsabilità ex articolo 2051 cod. civ., rispetto a un tratto di strada statale %& lt %& lt di pertinenza e di spettanza dell'ANAS& gt & gt . In concreto, ha poi escluso la responsabilità, valutando come imprevedibile l'evento perché la frana proveniva da terreno di proprietà di terzi e, quindi, non dalla strada soggetta a custodia ma, anzi, si legge %& lt %& lt il franamento si limita a incombere sulla e coinvolge la sede stradale& gt & gt . Imprevedibile perché le frane precedenti erano state di minore entità e le Ferrovie avevano provveduto a predisporre opere necessarie ad evitarle così che non era esigibile neanche un segnale che segnalasse il pericolo di frane.3.2. E' costante nella giurisprudenza della Corte il principio secondo cui la responsabilità ex articolo 2051 cod. civ. sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno da ultimo Cass. 7 aprile 2010 n 8229 .Rispetto alle strade aperte al pubblico transito la Corte ha ritenuto che la disciplina di cui all'articolo 2051 cod. civ. è applicabile in riferimento alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, essendo configurabile il caso fortuito in relazione a quelle situazioni provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere. Ai fini del giudizio sulla prevedibilità o meno della repentina alterazione della cosa, occorre, secondo la Corte, aver riguardo, per quanto concerne pericoli derivanti da situazioni strutturali e dalle caratteristiche della cosa, al tipo di pericolosità che ha provocato l'evento di danno e che, ove si tratti di una strada, può atteggiarsi diversamente, in relazione ai caratteri specifici di ciascun tratto ed agli eventi analoghi che lo abbiano in precedenza interessato. Cass. 3 aprile 2009, numero 8157 .3.3. Nella specie, la Corte di merito ha individuato la sussistenza del fortuito nel fatto del terzo frane provenienti da terreni di terzi , ravvisando il carattere dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità con motivazione insufficiente e contraddittoria.Infatti, ha ritenuto imprevedibile una frana di maggiore consistenza, che ha determinato l'alterazione dello stato della cosa in custodia, pur riconoscendo che negli anni precedenti si erano verificate frane, proprio provenienti dai terreni a monte dando rilievo, invece, alla diversa consistenza della frana che dalla relazione tecnica risulta che la stessa ANAS, negli anni precedenti, aveva predisposto opere per far fronte allo stesso problema che nella zona intermedia a monte, di spettanza delle Ferrovie, erano già state predisposte delle opere. Circostanze, tutte, che avrebbero dovuto condurre ad interrogarsi sul se l'alterazione della cosa per via della frana fosse, piuttosto, prevedibile e se da parte dell'ANAS erano state poste in essere le idonee misure di sicurezza sulla strada.4. Pertanto, la sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, prospettata con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso. La causa è rinviata alla Corte di appello di Milano, che deciderà anche le spese processuali del presente giudizio.P.Q.M.LA CORTE DI CASSAZIONEAccoglie i motivi terzo, quarto e quinto del ricorso e dichiara inammissibili gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.