Il giudizio di opposizione ha natura impugnatoria?

La questione di legittimità costituzionale sollevata al fine di chiarire se il giudizio di opposizione introdotto dalla riforma Fornero faccia parte di un procedimento unitario bifasico o se abbia carattere impugnatorio è manifestamente inammissibile nel momento in cui lo stesso rimettente riconosce l’esistenza di un contesto normativo suscettibile di duplice lettura.

Lo ha affermato la Corte costituzionale con l’ordinanza numero 205, depositata il 16 luglio 2014. Il giudizio di opposizione introdotto dalla Riforma Fornero è incostituzionale? La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice del lavoro in relazione all’articolo 1, comma 51, l. numero 92/2012 c.d. legge Fornero ed all’articolo 51, comma 1, numero 4 , c.p.c A seguito dell’adozione di un provvedimento di reintegrazione nel posto di lavoro adottato al termine della fase sommaria del giudizio di primo grado, il giudice a quo ha censurato la disciplina del 2012 nella parte in cui non prevede che il giudizio di opposizione debba svolgersi davanti al medesimo giudice persona fisica della fase sommaria censura estesa alla norma del codice di rito in tema di astensione obbligatoria del giudice nella parte in cui non esclude dalla sua operatività la fattispecie in parola. L’opposizione fa parte di un procedimento unitario o è un’impugnazione autonoma? Come è noto, la riforma Fornero ha introdotto un nuovo rito speciale per le controversie di impugnazione dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dal novellato articolo 18 St. Lav Il nuovo rito – caratterizzato da una particolare snellezza, attesa l’eliminazione delle formalità non essenziali all’instaurazione di un pieno contraddittorio – si propone di fornire una tutela rapida ed efficace. A tal fine, il giudizio di primo grado è diviso in due fasi una prima fase necessaria, di natura urgente, che si conclude con un’ordinanza di accoglimento o di rigetto delle domande del ricorrente , ed una seconda fase eventuale, che consegue all’opposizione contro la predetta ordinanza e che è assimilabile al giudizio di merito di primo grado davanti al giudice del lavoro. L’opposizione deve essere presentata, entro 30 giorni dalla relativa notifica, «innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto». A fronte di questo quadro normativo, il giudice rimettente ha rilevato che, in assenza di un diritto vivente, il giudizio di opposizione può essere inteso sia come il momento di un unitario procedimento bifasico, sia come autonomo giudizio di impugnazione avente ad oggetto il provvedimento emesso all’esito della fase sommaria . Nel propendere per la prima tesi, il giudice a quo ha evidenziato l’incostituzionalità della disciplina sopra ricordata nella parte in cui non prevede che il giudice persona fisica sia lo stesso in entrambe le fasi del giudizio. Inammissibili le questioni di legittimità costituzionale formulate in maniera dubitativa. La Consulta ritiene che la questione di legittimità, per come formulata dal giudice rimettente, sia manifestamente inammissibile, dal momento che la stessa si risolve nell’improprio tentativo di ottenere dal Giudice delle leggi, con uso distorto dell’incidente di costituzionalità, l’avallo dell’interpretazione proposta dal medesimo giudice a quo in ordine ad un contesto normativo che egli pur riconosce suscettibile di duplice lettura cfr., ad es., Corte cost., ord. numero 196/2013 . Tale pronuncia si inserisce nel consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale che ritiene inammissibili le questioni di legittimità contraddittorie, generiche, perplesse, ipotetiche, alternative o ancipiti. In questo modo, la Corte sembra pretendere che il giudice a quo esterni il suo pieno convincimento circa l'illegittimità della norma di legge impugnata. Pertanto, di fronte a più possibili interpretazioni, allorché su nessuna di esse si sia formato un diritto vivente, il giudice ha l'obbligo di scegliere quella conforme a Costituzione, evitando, se un'interpretazione adeguatrice è possibile, di sollevare l'eccezione di incostituzionalità.

Corte Costituzionale, sentenza 9 - 16 luglio 2014, numero 205 Presidente Cassese – Redattore Morelli Ordinanza Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, numero 92 Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita , e dell’articolo 51, comma 1, numero 4 , del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Siena − sezione lavoro, nel procedimento civile vertente tra Borsini Luciana e la Novartis Vaccines and Diagnostics srl, con ordinanza del 16 agosto 2013, iscritta al numero 20 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 10, prima serie speciale, dell’anno 2014. Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri udito nella camera di consiglio del 23 giugno 2014 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli. Ritenuto che − nel corso di un giudizio di opposizione, instaurato ai sensi dell’articolo 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, numero 92 Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita , sia dalla lavoratrice che aveva ottenuto, nella forma dell’ordinanza all’esito della fase sommaria di cui al comma 49 dello stesso articolo 1 della citata legge, il provvedimento di reintegrazione nel suo posto di lavoro che dalla società datrice di lavoro − il Tribunale ordinario di Siena − sezione lavoro, ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale del predetto articolo 1, comma 51, della legge numero 92 del 2012 e dell’articolo 51, comma 1, numero 4 , cod. proc. civ., nella parte in cui la prima disposizione non prevede che il giudizio di opposizione abbia svolgimento davanti al medesimo giudice persona fisica della fase sommaria e la seconda non esclude dalla sua operatività la fattispecie in parola, prospettandone il contrasto con gli articolo 3, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 97 e 111, primo comma, della Costituzione che, in ordine al censurato comma 51 dell’articolo 1 della legge numero 92 del 2012 il quale testualmente dispone che l’opposizione di che trattasi va proposta «innanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto» , il rimettente premette che non si è ancora formato un «diritto vivente», in presenza di decisioni di segno diverso dei giudici di merito e in assenza di una pronunzia della Corte di cassazione e, quindi, argomenta che l’istanza di sollecitazione ad astenersi, proposta nei suoi confronti in quanto rivestente la qualità di giudice che ha trattato e definito anche la prima fase sommaria , sarebbe accoglibile nel caso in cui − con riferimento alla struttura ed alla natura del procedimento previsto, nel suo contesto complessivo, dai commi da 47 a 68 del medesimo articolo 1 della legge numero 92 del 2012 − la fase eventuale di opposizione instaurata avverso l’ordinanza conclusiva della fase sommaria fosse ricondotta ad un giudizio di carattere impugnatorio che preferibile, e costituzionalmente più compatibile, sarebbe, però, a suo avviso, l’interpretazione, secondo cui andrebbe, invece, escluso un tale contenuto impugnatorio della opposizione in esame, sul presupposto di una «natura bifasica» del giudizio di primo grado disciplinato dal predetto articolo 1 della legge numero 92 del 2012 che, a conforto di tale seconda opzione ermeneutica, deporrebbe, sempre secondo il rimettente, la considerazione della sua idoneità ad assolvere allo scopo di velocizzare il rimedio dell’impugnativa del licenziamento ed a quello di evitare la configurazione di inconvenienti pratici nell’organizzazione anche tabellare degli uffici giudiziari soprattutto di quelli di piccole dimensioni , mentre la soluzione opposta implicante l’attribuzione a due distinti giudici – persone fisiche delle due differenti fasi, sommaria e di opposizione − comporterebbe un aggravio del sistema di organizzazione giudiziaria lesivo del criterio di ragionevole proporzionalità e un potenziale rallentamento dell’inerente giudizio che è intervenuto in questa sede il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per la non fondatezza della questione. Considerato che – a prescindere dai profili di inadeguatezza della motivazione, quanto alla prospettazione di inconvenienti fattuali, come tali non rilevanti ai fini del sindacato di legittimità costituzionale da ultimo, ordinanze numero 166 e numero 112 del 2013 ed alla evocazione di plurimi parametri costituzionali in modo cumulativo e sostanzialmente generico – la questione in esame è, comunque, manifestamente inammissibile per il motivo, assorbente, che essa si risolve nell’improprio tentativo di ottenere da questa Corte, con uso distorto dell’incidente di costituzionalità, l’avallo dell’interpretazione proposta dal rimettente in ordine ad un contesto normativo che egli pur riconosce suscettibile di duplice lettura ex multis, ordinanze numero 196 del 2013, numero 304 e numero 185 del 2012, e numero 139 del 2011 Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per Questi Motivi la Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, numero 92 Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita e dell’articolo 51, primo comma, numero 4 , del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articolo 3, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 97 e 111, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Siena − sezione lavoro, con l’ordinanza in epigrafe.