Stragi di mafia: il processo rimane a Palermo

E’ da escludere un pericolo attuale per la sicurezza pubblica e non altrimenti eliminabile nei casi in cui le disposizioni di maggiore sicurezza siano state adottate e risultino adeguate.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 25809/2014, depositata lo scorso 16 giugno. Il caso. Alcuni imputati – e, nello specifico, gli appartenenti al ROS dei Carabinieri, in servizio all’epoca delle stragi – hanno chiesto alla Corte di Cassazione la rimessione del processo, con spostamento dalla Corte d’appello di Palermo alla Corte di Caltanissetta, evidenziando motivi a sostegno della rimessione. Rischio di attentati? Secondo i ricorrenti, a celebrare il processo a Palermo vi sarebbe rischio per la pubblica incolumità stante la possibilità di attentati con mezzi esplosivi o comunque micidiali. È stata infatti prospettata la possibilità di attentati nei confronti dei pubblici ministeri durante il trasferimento verso l’aula del processo e di attentati nell’area di svolgimento del processo con esposizione a rischio dei partecipanti. Uno degli imputati è il noto Totò Riina, già capo di Cosa Nostra, almeno quando era in libertà, il quale, secondo quanto addotto dai ricorrenti, avrebbe progettato attentati contro la magistratura oggi inquirente nel processo celebrando. Tracce di tale programma criminoso, secondo gli istanti, si rinverrebbero nelle intercettazioni ambientali relative a un dialogo in carcere effettuato tra Riina e un altro esponente della criminalità. Giudice di fatto in materia di rimessione . La Corte di Cassazione è giudice di fatto chiamato a decidere di una questione di rimessione del processo, perciò legittimata dal codice di rito a richiedere informazioni ed a valutare – anche nel merito – le prove prodotte dalle parti. Pericolo per la sicurezza pubblica? Il primo requisito che consente la rimessione del processo e, quindi, l’allontanamento dal foro che sarebbe pregiudicato dallo svolgimento in loco del processo , è quello del pericolo per la sicurezza o incolumità pubblica. Si tratta, però, di situazioni che riguardano l’ufficio giudiziario interessato dal procedimento e che la situazione ipotizzata sia evidente, vale a dire emerga in modo ragionevolmente certo, non essendo, invece, sufficiente, che la richiesta di rimessione sia sostenuta da mere preoccupazioni o timori idonei a prevedere reali ostacoli al corretto svolgimento del processo. Turbamento dell’ordine pubblico. Chi ha sostenuto la necessità di rimessione ha altresì prospettato l’ipotesi che la celebrazione del processo avrebbe determinato turbamento dell’ordine pubblico con condizionamento delle persone che partecipano al processo. Il collegamento con il territorio. La rimessione richiede che la questione abbia carattere “locale”, escludendo così che possano rilevare situazioni che possano corrispondere a situazioni su scala nazionale. In questo senso va letta la scelta del legislatore di determinare normativamente il distretto competente a procedere nel caso di accoglimento dell’istanza di rimessione. In altra prospettiva, ciò significa che i fatti che condizionano il processo – e che legittimano la rimessione altrove – devono essere tali da essere circoscritti nel territorio del distretto di origine, perché altrimenti lo spostamento non avrebbe ragione di essere, in quanto se i fatti condizionanti esercitassero tale potere anche al di fuori del territorio – quale ad esempio un attentato terroristico da parte di un’organizzazione nazionale – allora non avrebbe senso spostare altrove il processo perché tale “rischio” condizionerebbe tutti gli uffici giudiziari. Carenza di rischio concreto. Secondo i giudici di Cassazione, i materiali offerti a sostegno della richiesta di rimessione non depongono in senso favorevole e convincente. Si trattava, in larga parte, di una rassegna stampa in cui sono state esaltate interpretazioni ed estratti di intercettazioni – che, peraltro, non dovevano essere divulgate – in chiave spiccatamente giornalistica, ma che, invece, dovevano essere approfondite solo da parte degli inquirenti con il corretto metodo interpretativo che ne valorizzasse il contesto e la portata. Secondo la Corte, le fonti giornalistiche non possono essere di per sé determinanti a segnalare il rischio, anche perché, nel caso di specie, non si era proceduto all’accertamento di un fatto di cronaca, di immediata e personale percezione, ma si erano esaltati stralci di intercettazione illegittimamente divulgati da pubblici ufficiali infedeli che avevano accesso agli atti di indagine. Decisive le informazioni degli uffici giudiziari interessati. La Corte definisce tranquillizzanti le notizie pervenute dalla Corte territoriale interessata, sia in ordine al possibile condizionamento dei giudici che in ordine all’ordine pubblico. Secondo il Presidente della Corte territoriale, l’attività si starebbe svolgendo in clima di serenità, senza manifestazioni di ostilità. Dello stesso tono rassicurante era anche la risposta pervenuta dalla Procura Generale che dava atto delle misure di cautela poste a protezione dei magistrati delegati all’istruzione dibattimentale, unitamente al costante controllo dell’area in cui si trova l’aula blindata usata per il processo, misure che, peraltro, erano state rafforzate a seguito dell’acquisizione delle intercettazioni. Non integrate le condizioni per la rimessione. Valutate le informazioni raccolte, la Suprema Corte, quale organo al vertice della giurisdizione con competenze quale giudice del fatto sulle questioni di rimessione del processo, ha ritenuto non sussistenti le condizioni di pericolo attuale e non altrimenti eliminabile tale da integrare le condizioni per lo spostamento del procedimento che, dunque, si svolgerà a Palermo.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 aprile – 16 giugno 2014, numero 25809 Presidente Agrò – Relatore Di Stefano Ritenuto in fatto 1 Innanzi alla Corte di Assise di Palermo è in corso un processo nel quale è imputato P.B. , capobanda mafioso, per l'omicidio del politico L.S. commesso in omissis . Tra i reati collegati, giudicati nel medesimo processo, riguardanti più direttamente le odierne parti ricorrenti, vi è il reato di cui agli articolo 338 e 339 cod. penumero , aggravato ai sensi dell'articolo 7 legge 203/91, consistente nell'avere gli imputati R. , P. , B. , Ba. , Ci. , S. , M. , D.D. , Ma. , D. , alcuni quali esponenti del gruppo mafioso cosa nostra , altri quali pubblici ufficiali ovvero esponenti politici, prospettato l'organizzazione ed esecuzione di stragi, omicidi ed altri gravi delitti ai danni di esponenti politici e delle istituzioni per turbare la regolare attività del Governo. Fatti commessi in omissis . 2 Tre degli imputati, S.A. , M.M. e D.D.G. , in servizio all'epoca dei fatti contestati nel Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri nelle rispettive qualità di comandante, vice comandante operativo ed ufficiale addetto, con tre distinti ricorsi di identico contenuto hanno presentato in data 4 marzo 2014 una richiesta di rimessione del processo ai sensi dell'articolo 45 cod. proc. penumero . 3 Per sostenere la necessità dello spostamento del processo, i ricorrenti affermano che vi è un concreto rischio per la pubblica incolumità per la possibilità di attentati con esplosivi od altri mezzi altamente micidiali. 4 Imputato nel processo per il reato in questione è, tra gli altri, R.S. , detenuto in regime di sicurezza per reati di mafia e notoriamente soggetto già al vertice della banda mafiosa cosa nostra , quantomeno nel periodo in cui era in libertà. 5 I ricorrenti ritengono che sia un dato sostanzialmente certo che il predetto R. , avendo tuttora capacità di gestione della citata associazione a delinquere mafiosa, abbia progettato attentati contro soggetti partecipanti al processo, in particolare magistrati della procura di Palermo e, tra questi, il PM D.M. . 6 Tali notizie sono state acquisite dai ricorrenti inizialmente al di fuori del processo, sulla scorta di articoli di giornale che, a decorrere dal omissis , riferivano di progetti omicidiari e, forse, stragistici e, poi, nell'ambito del processo nel quale sono state successivamente prodotte quelle stesse intercettazioni ambientali che avevano rappresentato la fonte di informazioni riservate per i citati articoli. 2. Espongono, quindi, con ampi particolari, depositando i documenti corrispondenti, tali preoccupanti notizie valutando la affidabilità delle relative fonti 2.1. Richiamano innanzitutto una serie di articoli di giornali cartacei, on line e televisivi che, a partire come già detto dal omissis , riferivano di come il R. stesse presumibilmente organizzando un attentato nei confronti, in particolare, del procuratore d.M. . Tali articoli erano inizialmente basati su fonti non meglio precisate ma, dopo alcuni giorni, si comprendeva che le informazioni sui possibili attentati erano tratte dalla lettura di trascrizioni di intercettazioni ambientali, oggetto di una incontrollata fuga di notizie, svolte nei confronti del R. e di tale Lo. , esponente della criminalità organizzata pugliese, che si incontravano in occasione della cosiddetta socialità consentita ai soggetti sottoposti al regime penitenziario di cui all'articolo 41 bis O.P. Le frammentarie notizie provenienti dalle intercettazioni ricevevano utili chiarimenti grazie a numerose interviste rilasciate da rappresentanti degli uffici di procura di Palermo nonché da autorevoli pubblici ministeri di altre città ritenuti esperti nel settore della criminalità mafiosa. 2.2. Altri articoli di giornale riferivano della serietà con la quale tali minacce venivano prese sia a livello di Ministero degli Interni che di Consiglio Superiore della Magistratura. Confermavano, in particolare, la predisposizione di mezzi di specifica protezione contro attentati dinamitardi in favore del procuratore D.M. ovvero di altri pubblici ministeri nel corso di un'intervista, un giornalista comunicava il progetto delle Autorità di utilizzare una autoblindo di uso militare. 3. Solo successivamente il PM depositava nel processo le trascrizioni delle intercettazioni del R. da cui si sono tratte le conclusioni di cui sopra le trascrizioni parziali sono state allegate ai ricorsi. 4. Da tali vicende, secondo i ricorrenti, conseguono varie possibili situazioni che, in diverso modo, inciderebbero sul processo creando le condizioni per lo spostamento in altra sede 4.1. vi sarebbe un rischio di attentato giustificato dalla volontà del capomafia R. di evitare il disvelamento di scenari collegati alle note vicende di omicidi e stragi mafiose negli anni 1992/3 tali attentati potrebbero consistere, secondo quanto sembrerebbe emergere dalle intercettazioni e dalla valutazione che ne hanno fatto i vari organismi pubblici o di stampa in - attentati con mezzi adeguati e micidiali nei confronti dei pubblici ministeri, soprattutto D.M. , durante il trasferimento verso l'aula del processo - un attentato dinamitardo proprio nell'area di svolgimento del processo con ancor maggiore esposizione al rischio dei soggetti ad esso partecipanti 5. in via alternativa ed opposta, sulla scorta di altre notizie riservate, asseritamente provenienti dalle Procure e valorizzate da alcuni giornalisti, i ricorrenti ipotizzano che sia stato volutamente esasperato il tema dei possibili attentati per dare una legittimazione al processo in corso, proprio in riferimento alla particolare imputazione a carico dei ricorrenti, processo che sarebbe stato fortemente condizionato dalla piena assoluzione del ricorrente M. all'esito di un dibattimento che ha affrontato lo stesso contesto dei fatti del 1992/1993 ed ha perciò svalutato anche la attuale tesi di accusa. 6. Nell'uno e nell'altro caso, si tratterebbe di gravi situazioni locali tali da pregiudicare la sicurezza o l'incolumità pubblica e/o pregiudicare la libera determinazione dei giudici. 7. Questa Corte, ricevuti i ricorsi ed in vista della fase di contraddittorio e decisione, ha richiesto ai sensi dell'articolo 48 cod. proc. penumero informazioni al presidente della Corte di Appello di Palermo ed al procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo. In risposta 7.1. il procuratore generale ha inoltrato la risposta a sua volta ricevuta dalla Procura della Repubblica che confermava la effettuazione delle intercettazioni fra il 3 agosto 2013 ed il 30 novembre 2013 e che dava conto della disposizione di adeguati strumenti di cautela posti a protezione dei magistrati delegati all'istruzione dibattimentale nonché della effettuazione di controlli adeguati e costanti della area in cui si trova l'aula blindata utilizzata per il processo. - Il pg riferiva anche del rafforzamento delle disposizioni di protezione personale dei pubblici ministeri interessati nonché dell'area in cui si svolge il processo. 7.2. il presidente della Corte di Appello di Palermo riferiva che, per quanto a propria conoscenza, non si sono verificate nel corso del dibattimento, né appaiono allo stato ipotizzabili, situazioni tali da pregiudicare la libera determinazione delle persone che partecipano al processo o da porre in pericolo la sicurezza o l'incolumità pubblica o da determinare motivi di legittimo sospetto . L'attività processuale si sta svolgendo in un clima di assoluta serenità, in assenza di manifestazioni pubbliche o private di ostilità o favore nei confronti della vicenda processuale, essendovi solo state manifestazioni di sostegno e solidarietà nei confronti del pubblico ministero d.M. per le gravi minacce profferite nei suoi confronti dal boss R.S. , inopinatamente divulgate dalla stampa . Conferma la adozione di adeguate misure di tutela nei confronti dei magistrati minacciati, misure che, di contro, non ha ritenuto di chiedere il procuratore generale a favore del presidente del collegio e del giudice a latere, non destinatari di minacce o intimidazione di sorta ma di attestazione di sincera stima e ammirazione . 8. Nelle risposte sono anche presenti valutazioni in fatto e diritto al fine di replica ai ricorsi, tutte nel senso di escludere la ricorrenza delle condizioni fattuali che possano giustificare la rimessione. 9. Il difensore di M. , avv. Musco, ha presentato una ampia memoria aggiuntiva con ulteriori documenti sopraggiunti. 9.1. Il difensore fa riferimento a quanto comunicato tramite organi di stampa da un procuratore aggiunto sul tema della rimessione del processo il predetto procuratore ha riferito della avversione del R. per il processo in corso e della sostanziale impossibilità di risolvere il tema della sicurezza con lo spostamento del processo in quanto il rischio non verrebbe meno in una diversa sede. 9.2. Nella memoria il difensore rimarca innanzitutto che parte dei problemi per la sicurezza sono la conseguenza dell'eccesso di notizie circolate a causa della incapacità degli uffici procedenti di mantenere la segretezza delle intercettazioni. 9.3. Inoltre, dalla lettura delle intercettazioni, non risulta affatto che il R. manifesti preoccupazione od avversione per il processo in sé ma rivolge il suo odio e le sue minacce nei confronti dei PM di Palermo. Ciò vuole dire che lo spostamento del processo a Caltanissetta, con la conseguente competenza della locale Procura, risolverebbe gli attuali rischi locali. Sarebbe ben possibile per tale diversa Procura un'ulteriore attività di controllo, anche disponendo ulteriori intercettazioni evitando stavolta la indebita diffusione all’esterno. 9.4. La difesa tiene ancora a rappresentare, in risposta alla posizione della Procura resa pubblica a mezzo degli organi di stampa, che la rimessione del processo non avrebbe affatto il grave effetto di una sostanziale vittoria della mafia dovendosi escludere che solo gli uffici giudiziari di Palermo siano gli unici adeguati allo svolgimento di processi di mafia. 9.5. Rileva, inoltre, che vi sono le condizioni per la rimessione anche sotto altro profilo. L'eccesso di comunicazione delle minacce a mezzo di mass media con la indicazione di un concreto pericolo di attentati non può non avere inciso sulla serenità di giudici popolari e giudici. Inoltre la situazione sarebbe aggravata dal fatto che, secondo la difesa, non sarebbe stata disposta alcuna protezione in favore dei giudici, diversamente dai PM. 10. Una ulteriore anomalia è rappresentata dal fatto che, dopo la richiesta di rimessione, la Procura avrebbe mutato le proprie conclusioni sulla vicenda sostenendo che, in realtà, il pericolo non è affatto attuale poiché il R. non sapeva di essere intercettato, è da escludere che intendesse approfittare della esecuzione delle operazioni di ascolto per trovare modo di comunicare con l'esterno. La manifestazione di un rilevante rischio, a parere della difesa, avrebbe comunque sortito l'effetto di turbare i giudicanti così giustificando comunque la rimessione. Considerato in diritto 11. La richiesta di remissione deve essere rigettata. 12. Va premesso che, come correttamente deducono i ricorrenti, in materia di rimessione la Corte di Cassazione, chiamata a decidere quale organo al vertice della giurisdizione, è anche giudice del fatto. Ciò si desume testualmente dall'articolo 48 cod. proc. penumero laddove prevede che la Corte, se necessario, proceda a richiedere informazioni e, se del caso, valuti le eventuali prove prodotte dalle parti, anche nel merito. 13. È anche necessario precisare quale possa essere l'oggetto di valutazione di questa Corte, ovvero quale debba essere l'ambito della grave situazione locale che possa mettere in pericolo la sicurezza pubblica ovvero la libera determinazione dei partecipanti al processo. 14. L'articolo 45 cod. proc. penumero fa riferimento alla sicurezza o l'incolumità pubblica . Ma l'ordine pubblico in tale ipotesi non è certo l'ordine pubblico generale si tratta comunque di situazioni che involgono l'ufficio giudiziario ed il dato processo non è sufficiente la mera possibilità di tensioni e turbamenti dell'ordine pubblico cui, di regola, devono far fronte le forze di polizia, nell'ambito dei compiti di prevenzione loro assegnati , ma è necessario che la situazione paventata e addotta a sostegno della richiesta di rimessione emerga in modo ragionevolmente certo e non costituisca invece la proiezione di preoccupazioni e timori che, pur se ancorati a dati di fatto, non consentano tuttavia di prevedere reali ostacoli al corretto svolgimento del giudizio Sez. 1, Sentenza numero 773 del 23/02/1993 Cc. dep. 14/04/1993 Rv. 193663 Goddi ed altro. Conf. . 15. Quindi, correttamente, i ricorrenti, laddove paventano la possibilità di un attentato non collegato al processo in sé ma nei confronti della Procura palermitana, si preoccupano di precisare che il rischio comunque si estende al processo ed ai suoi attori prospettando la commissione di un attentato proprio nell'ambito spaziale di esercizio di attività della Corte procedente. Sempre correttamente prospettano l'ipotesi, diversa ed ulteriore, che il turbamento dell'ordine pubblico possa condizionare le persone che partecipano al processo. Sul punto va rammentata della giurisprudenza più risalente, relativa al codice di procedura penale previgente che definiva, però, in modo identico l'ipotesi di rimessione in questione Sez. 1, Ordinanza numero 795 del 10/05/1968 Cc. dep. 15/05/1968 Rv. 107940. Il concetto di ordine pubblico processuale, ricava bile dall'articolo 55 cod.proc.penumero , trascende le esigenze della sicurezza pubblica e della pubblica tranquillità e risale alle condizioni essenziali estrinseche agli organi giurisdizionali, concernenti quei normali ed armonici rapporti tra l'ambiente e la causa, a cui è subordinato il sereno ed obiettivo svolgimento del processo. Conf. 102100, anno 1966 . 16. In entrambi i casi paventati, il fondamentale criterio è che il motivo di ordine pubblico deve avere carattere locale . Ciò che condiziona il processo, ai sensi dell'articolo 45 cod. proc. penumero , è esterno al processo stesso e deve caratterizzarsi quale problematica del territorio in cui è posto l'ufficio e non deve essere altrimenti risolvibile quindi deve trattarsi di una situazione che non può essere tenuta sotto controllo laddove il processo venga proseguito nella sede originaria . 17. È opportuno far riferimento alla casistica per comprendere la portata del concetto di sicurezza pubblica e di situazione di tipo locale . Si segnala, quindi, il caso in cui la S.C. ha disposto la rimessione ad altra sede di un processo per omicidio colposo a carico di soggetto in servizio di scorta a un magistrato della D.D.A. di Reggio Calabria, a causa delle gravi reazioni manifestatesi nel luogo del delitto e sfociate in atti di intimidazione verso il magistrato e l'imputato, in blocchi stradali e in atti di vandalismo, per la contiguità della vittima ad ambienti della criminalità organizzata Sez. 1, Sentenza numero 344 del 13/01/1999 Cc. dep. 12/04/1999 Rv. 212958 P.G.in proc.Parrillo 18. La richiesta merita accoglimento sia per considerazioni relative alla tutela della sicurezza ed incolumità pubblica che di tutela della libertà di determinazione delle persone partecipanti al processo, e segnatamente dell'imputato e del suo difensore, alla luce della situazione locale già manifestatasi all'indomani del fatto per cui è processo e della concreta possibilità che iniziative processuali delle parti od un esito s'on gradito del processo possano nuovamente innescare le gravi, incivili e criminali reazioni verificatesi dopo l'incidente che cagionò la morte del Pa. 19. Il carattere locale è un punto fondante dell'istituto della rimessione perché esclude che possano avere rilievo ai fini in esame delle situazioni che, per quanto condizionanti, possono corrispondere a situazioni nazionali. Ne è segno la scelta normativa di predeterminare il distretto di affidamento del processo in caso di accoglimento della rimessione in base ai criteri di cui all'articolo 11 cod. proc. penumero che sostanzialmente prevede che il processo passi ad un distretto vicino, avendo però cura, nella più recente versione della norma, di impedire la competenza reciproca, problema evidentemente strettamente relativo all'oggetto diretto di disciplina dell'articolo 11 - competenza per processi in cui sia parte un magistrato - e non al caso della rimessione . 20. Se, quindi, di norma il processo va spostato in un distretto contiguo, vuoi dire che la disposizione in esame prevede che i fatti rilevanti per la rimessione non siano tali da condizionare al di fuori dello stretto territorio in cui si svolge il processo. 21. In conseguenza, per un fenomeno su scala nazionale, quale può essere il rischio di un attentato terroristico da parte di un'organizzazione nazionale, non è previsto lo spostamento del processo. 22. Questo vale anche nel caso in esame ed anche qui la difesa ne tiene conto, evidentemente anticipando la risposta alla facile osservazione che, se la mafia intende compiere un attentato a Palermo, non avrebbe particolari difficoltà logistiche a compierlo a Caltanissetta. 23. Difatti, osserva la difesa, se il destinatario dell'attentato deve essere un pubblico ministero di Palermo mentre va in Tribunale per il dato processo, cambiata sede e, quindi, cambiato pubblico ministero, l'attentato, se commesso ai danni del pubblico ministero di Palermo, non sarebbe comunque in occasione del processo. Ovvero, ferme restando le altre conseguenze dell'attentato lasciate alla gestione dell'ordine pubblico generale , questo non inciderebbe più sulla libera determinazione dei soggetti del processo in oggetto. 24. Passando all'esame concreto delle richieste, si nota che il materiale offerto dai ricorrenti per dimostrare la situazione di pericolo appare in larga parte alquanto peculiare consiste, difatti, in una serie di articoli di stampa che esaltano i risultati di uno scoop giornalistico - reso possibile dall'acquisizione di stralci di intercettazioni evidentemente ad opera di pubblici ufficiali infedeli che avevano accesso agli atti di indagine. 25. Tali articoli, quindi, interpretano o riportano l'altrui interpretazione di pezzi di tali intercettazioni per ricostruire un'ipotesi di volontà del R. di commettere un attentato nei confronti di esponenti della Procura di Palermo. 26. Tali notizie di stampa, ovviamente, non sono in grado da fungere da prova. 26.1. Queste non riportano fatti in quanto tali, come sarebbe nel caso, ad esempio, in cui riportassero cronaca locale, utile a dimostrare dei moti di piazza l'ipotesi di attentato che paventano tali articoli deriva innanzitutto dalla propria interpretazione dei contenuti delle intercettazioni, da una serie di valutazioni sulle condotte di organi pubblici nonché da interviste brevi e lunghe, estemporanee e non, a soggetti collegati in vario modo - ma non necessariamente a conoscenza diretta - alle vicende de quibus. 27. Inoltre, trattandosi di fonti giornalistiche, non è la insistenza della ripetizione della notizia la chiara dimostrazione della sua fondatezza e del suo rilievo in concreto atteso che l'atteggiamento concreto della stampa è spesso non il procedere all'accertamento ponderato di un fatto ma, solitamente, la esaltazione di ciò che fa notizia . 27.1. Quindi gli articoli di stampa in un caso quale quello in questione non possono certo fungere da soli da prova della situazione denunciata, potendo risultare fuorvianti. 28. Sicuramente tali articoli possono, invece, essere spunto per ipotizzare la serietà della situazione segnalata e, quindi, per promuovere, se del caso, nuovi accertamenti. 29. In conseguenza di quel che si è detto ai fini in oggetto, non possono essere in sé determinanti le fonti giornalistiche e, tantomeno, gli articoli di politica giudiziaria che esprimono perplessità sul merito del processo in questione il deposito di tali ultimi atti con la ultima memoria difensiva, per quanto apparentemente fuori tema, sembra dimostrare come in realtà si sia in presenza di un tentativo di uso alternativo della rimessione . Tali fonti non sono in grado di provare la situazione di fatto che dovrebbe giustificare lo spostamento del processo, laddove si deve trattare di una situazione di fatto di immediata percezione. 30. D'altronde, poiché la richiesta di rimessione prevede un mero onere di allegazione ma non, invece, che il richiedente debba offrire piena prova del fatto, il materiale prodotto serve ad escludere la manifesta inammissibilità in quando denota la serietà della vicenda così stimolando la richiesta di informazioni agli enti competenti. 31. In tale limitato modo, quindi, potrà valutarsi la rassegna stampa sullo scoop della acquisizione illegale di parte delle trascrizioni di intercettazioni del R. . 32. Degli altri documenti allegati, gli unici utilizzabili in concreto quali prove dirette sono le trascrizioni di intercettazioni che, però, possono valere solo per le informazioni che emergono direttamente o a seguito della chiave di lettura fornita dalle autorità competenti. 32.1. Difatti, tenendo conto del contenuto specifico delle intercettazioni, non è possibile che questa Corte ne tragga direttamente la prova, positiva o negativa, delle situazioni denunciate in quanto le stesse possono risultare comprensibili e significative solo se collocate in più ampio contesto di conoscenze che né questa Corte ha né può acquisire con i documenti allegati. 33. Per potere allora giungere alle necessarie determinazioni nel caso di specie, in ragione del problema posto e del materiale che dovrebbe dimostrarlo, sono fondamentali le informazioni richieste ai vertici degli uffici giudiziari palermitani, tali da fare comprendere se si sia in presenza di generici sfoghi di sentimenti rabbiosi e vendicativi di un vecchio criminale in galera come pur potrebbe sembrare per la tendenza del R. a parlare di sé, delle sue attività criminali del remoto periodo di libertà, della sua emersione criminale da giovane, del suo successo negli attentati a F. e Bo. etc o di tracce di un attuale programma di attentati finalizzati a impedire lo svolgimento di un processo imbarazzante . 33.1. Si tratta, però, di una valutazione che non è rilevante in sé - come sembrano chiedere i ricorsi il cui obiettivo non sempre sembra quello di fare valere le situazioni rilevanti ex articolo 45 cod. proc. penumero - ma è rilevante in questa specifica sede solo al fine di comprendere se e come ne risulti turbata la regolare prosecuzione del processo in questione nella sua sede attuale. 33.2. Se, poi, si dovesse ipotizzare una volontà di attentato nei confronti di dati organi inquirenti senza diretta ragione nei processo in corso non potrebbe discutersi di situazione locale bensì di un rischio nazionale . 34. A tal punto, si deve passare alla valutazione delle informazioni fornite dagli organi sopra indicati che, conoscendo anche il contesto in cui si inseriscono le parole del R. , possono offrire una corretta ricostruzione della situazione, anche e non solo considerando le intercettazioni gestite proprio dagli uffici di procura palermitani senza subire il condizionamento dovuto alla lunga catena di reazioni seguiti all’indebita pubblicazione ed al risalto che si accompagna ad uno scoop giornalistico. 35. La risposta della Corte di Appello è sostanzialmente tranquillizzante innanzitutto per quanto riguarda il possibile condizionamento personale dei giudici, condizionamento che, peraltro, gli stessi ricorrenti deducevano solo genericamente affermando che i giudicanti non possono non essere condizionati dagli articoli di stampa. È poi tranquillizzante anche per quanto riguarda l'ordine pubblico nel contesto spaziale del Tribunale dove osserva che, nell'ambito delle valutazioni di competenza nella misurazione del rischio per gli appartenenti all'ordine giudiziario, vada esclusa la necessità di particolari protezioni per il giudice. Del resto la presidenza della Corte da atto di come gli enti più propriamente competenti alla tutela fisica dei magistrati abbiano ritenuto, allo stato, superfluo disporre protezione per i giudicanti. 36. Quanto alla Procura Generale 36.1 il procuratore generale inoltrava la risposta a sua volta ricevuta dalla procura della Repubblica che confermava la effettuazione delle intercettazioni fra il 3 agosto 2013 ed il 30 novembre 2013 e che dava conto della disposizione di adeguati strumenti di cautela posti a protezione dei magistrati delegati all'istruzione dibattimentale nonché della effettuazione d. adeguato e costante controllo della area in cui si trova l'aula blindata utilizzata per il processo. - Il pg riferiva anche del rafforzamento delle disposizioni di protezione personale dei pubblici ministeri interessati nonché dell'area in cui si svolge il processo. 36.2 La risposta è, insomma, nel senso che, pur nella consapevolezza delle intercettazioni in questione del resto effettuate nell'ambito di indagini svolte dalla procura della Repubblica di Palermo che ha riferito alla procura generale , le disposizioni di maggiore sicurezza adottate sono adeguate. 37 In definitiva, sulla scorta di quanto acquisito dagli enti indicati, è da escludere la ricorrenza di un pencolo attuale e non altrimenti eliminabile che integri le condizioni di legge per la rimessione del processo. Tale conclusione rende irrilevante l'approfondire se si tratti, se del caso, di situazione locale o ripetibile ovunque. P.Q.M. Rigetta le richieste e condanna i richiedenti al pagamento delle spese processuali.