Processo eccessivamente lungo = equo indennizzo. Non può essere negato per il comportamento delle parti

La CEDU ribadisce il suo orientamento sulla Legge Pinto l’eccesiva durata dei processi deve essere sempre risarcita, anche quando l’equo indennizzo è stato negato per il comportamento delle parti. Questo procedimento, compresa l’opposizione in Cassazione e le relative fasi esecutive, deve ragionevolmente concludersi entro 2 anni e mezzo. Fattispecie relativa al diritto all’indennizzo maturato prima della vigenza della l. numero 89/01.

È quanto chiarito dalla sentenza Salvatore ed altri v. Italia emessa dalla CEDU, sez. II, il 3 giugno 2014 che approfondisce ulteriormente i criteri di liquidazione dell’equo indennizzo. Il caso. I 6 ricorrenti lamentavano di non aver ricevuto alcun risarcimento ex L. numero 89/2001 per l’eccessiva durata delle cause principali durate in media dai 4 anni ed 11 mesi ad oltre 13 anni e dei relativi procedimenti per l’equo indennizzo. La CEDU ha condannato la lentezza della giustizia, liquidando i danni morali ai ricorrenti. Rigettate le altre doglianze. Quadro normativo e giurisprudenziale. Si rinvia a quanto già esplicato nelle note alle sentenze Bencivenga ed altri v. Italia, Ascierto e Buffolino v. Italia del 5/11/13, Quattrone v. Italia, Maffeis e De Nigris v. Italia del 26/11/13 e Limata ed altri v. Italia del 10/12/13 evidenziano che la Legge Pinto è adeguata a raggiungere i suoi fini, ma il risarcimento è insufficiente, chiarendo i parametri per calcolarlo, i termini entro i quali deve essere indefettibilmente saldato 6 mesi da quando la sentenza di accertamento è diventata esecutiva . Deve essere applicata alla luce del principio della immediata e diretta rilevanza nell’ordinamento giuridico italiano della Cedu, della Convenzione di Nizza e della giurisprudenza della Corte stessa che ne costituisce parte integrante. La CEDU, poi, è tenuta a verificare la loro applicazione. Lo Stato ha l’obbligo di decidere le liti in tempi ragionevoli, così come individuati da queste norme e dalla giurisprudenza, attivandosi al fine di evitare che questa lentezza pregiudichi gli interessi delle parti. Questi principi sono stati confermati dai casi Di Salute v. Italia del 24/6/04, Cocchiarella v. Italia del 2006 e Della Grotta e Corrado v. Italia del 5/6/07. Infine la CEDU e la S.C. hanno rilevato che l’indennizzo spetta anche se i ritardi sono imputabili alle parti Di.Sa Fortore s.numero c. Diagnostica Medica v. Italia del 27/9/11 . Processo concluso prima della vigenza della legge Pinto spetta il risarcimento? Sì. Infatti la CEDU ha respinto le eccezioni del nostro Governo tutte le procedure si erano concluse ben prima dell’approvazione e della vigenza della L. numero 89/01 era impossibile, perciò, proporre l’istanza di refusione entro i termini previsti dalla stessa. In ogni caso i ricorsi, come detto e come si evince dalla tabella allegata, erano stati tutti respinti, in entrambi i gradi di giudizio, perché infondati o per carenza del nesso causale col procedimento d’urgenza o «perché le persone giuridiche non possono subire danni non patrimoniali» ed i ricorrenti sono stati spesso condannati alle spese di lite. La L.432/01 ha prolungato i termini della norma transitoria dell’articolo 6 L. numero 89/01 sino al 18/4/02, perciò le loro richieste erano legittime. Ritardi nel decidere sull’equo indennizzo? Sono stati esclusi, anzi è stato evidenziato come la peculiare natura di questo rimedio, ritenuto efficacie, impedisca di fissare una durata standard come per il processo ordinario. Gli articolo 3 e 5 ter L. numero 89/01 prevedono che il ricorso deve essere definito entro 30 gg dal suo deposito, mentre l’opposizione al rifiuto in 4 mesi, stante la possibilità d’impugnare in Cassazione la relativa sentenza. Orbene le durate di 4 mesi, 9 mesi per un solo grado di giudizio e 14 mesi per due enunciate nel citato Cocchiarella e nei casi Riccardi Pizzati e Giuseppe Mostacciuolo v. Italia, entrambi del 26/3/06, sono state considerate rispettose del principio della tempestività al fine dell’efficacia del rimedio. Più recentemente nel caso Belperio e Ciarmoli v. Italia del 21/12/10 «ha ritenuto che il procedimento Pinto innanzi alla CDA, inclusa la fase esecutiva, in linea di principio, salvo casi eccezionali, non dovrebbe superare la durata di 1 anno e 6 mesi». Con tale giudizio, però, estende questo lasso di tempo a 2 anni e 6 mesi, comprensivi anche del gravame in Cassazione e della fase esecutiva. Nella fattispecie i giudizi, nel complesso, si erano conclusi in poco meno di 2 anni, perciò, rientrando in questo termine, non è stato derogato l’articolo 6 § .1. Rimedio efficace anche se negato. Il diniego dell’indennizzo o la sua liquidazione inadeguata non lo privano della sua efficacia. Lo Stato, però, ha violato il menzionato onere di celerità e quindi l’articolo 6 § . 1, legittimando così il diritto all’equo indennizzo del cittadino. Nella nostra ipotesi la CEDU ha riconosciuto danni morali per importi da €.1575 ad €.9000 che dovranno essere refusi entro tre mesi, scaduti i quali, sino all’effettivo pagamento, dovranno essere saldati anche gli interessi secondo i tassi della BCE aumentati del 3%. Rimborsati anche «le spese ed i costi sostenuti» per questo procedimento.

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