Il giudizio di colpevolezza, che superi ogni ragionevole dubbio, ben può essere sostenuto da un compendio probatorio di natura indiziaria, intendendosi per tale un complesso di prove esclusivamente indirette, purché queste possano essere significative al pari della prova rappresentativa, non essendo qualificativo dell’indizio né la fonte né l’oggetto della prova, ma il suo contenuto ed il suo grado di persuasività.
A ribadire questo principio è la Prima sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 25834 depositata il 12 giugno 2013. Metodologia corretta. In buona sostanza, secondo gli Ermellini , il libero convincimento del giudice, che si estrinseca nel momento della valutazione della prova, nel processo indiziario è il corretto risultato di un’operazione logico-induttiva attraverso la quale la massima di esperienza nel sillogismo normativamente imposto dall’articolo 192, comma 2 cod. proc. penumero si pone come premessa maggiore, l’indizio è la premessa minore e la conclusione è costituita, nel suo divenire per cristallizzarsi definitivamente, dalla prova del fatto in esame, cui si giunge se gli indizi stessi siano gravi, cioè resistenti alle obiezioni e perciò convincenti, precisi e dunque non suscettibili di diversa interpretazione, e concordanti, vale a dire non contrastanti tra loro o con altri elementi certi. L’occasione del pronunciamento da parte di Piazza Cavour è costituito dal ricorso presentato dai difensori dell’imputato condannato in primo grado, riconosciute le attenuanti generiche e l’attenuante della provocazione, alla pena di anni 12 di reclusione per il delitto di cui all’articolo 575 cod. penumero , per aver cagionato la morte del vicino di casa con un colpo di fucile da caccia all’addome. La Corte di assise di appello successivamente riduceva la pena ad anni 10 di reclusione, confermando nel resto la sentenza del giudice di primo grado. Le doglianze della difesa in sede di ricorso per cassazione si fondano sulla mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza per aver disatteso la versione resa fin dall’inizio in modo coerente dall’imputato, versione che risultava confermata da elementi certi e decisivi che i giudici del merito avevano travisato o non avevano preso in considerazione. L’imputato, infatti, sosteneva sin dall’inizio la tesi di essersi trovato improvvisamente davanti il vicino, il quale prima l’aveva minacciato e poi l’aveva colpito con una spranga, tentando nel contempo di sottrargli il fucile da lui portato a tracolla. Dopo una specie di “tiro alla fune” con il fucile, tenuto dalla vittima per la canna e dall’altra parte dell’arma dall’imputato e, a seguito di uno strattone per impossessarsi o per mantenere il possesso del fucile, era partito accidentalmente un colpo. I giudici di merito non hanno creduto alla versione dell’imputato, ricostruendo il fatto in modo diverso, basandosi sulla intenzionalità dello sparo da parte dell’omicida. Congetture e non indizi. I giudici della Cassazione, tuttavia, ritengono fondato il ricorso dell’imputato. Infatti, i punti essenziali per la ricostruzione della vicenda sono stati effettuati – così si legge nella sentenza – più che su dati obiettivi e su indizi gravi, precisi e concordanti, su mere ipotesi e congetture, alcune delle quali –decisive ai fini della suddetta ricostruzione – anche manifestamente illogiche perché smentite da dati obiettivi o da massime di esperienza. In definitiva, secondo il Palazzaccio , la sentenza impugnata ha ricostruito la dinamica del fatto sulla base di alcuni indizi incerti e di ipotesi e di congetture che non sono certo idonee a raggiungere il grado di certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, necessario per affermare la responsabilità dell’imputato. Ne consegue che, non avendo compiuto i giudici di merito una ricostruzione del fatto con metodologia corretta sotto l’aspetto logico giuridico, non è possibile prendere in esame le censure mosse dal ricorrente ai motivi per i quali è stata respinta la tesi dell’accidentalità dello sparo o altre circostanze escluse nel giudizio di merito. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli atti per un nuovo giudizio davanti alla Corte di assise d’appello territoriale per un necessari approfondimento delle risultanze probatorie.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 febbraio - 12 giugno 2013, numero 25834 Presidente Giordano – Relatore Caiazzo Rilevato in fatto Con sentenza in data 22.6.2010 la Corte di assise di Messina ha condannato D.F.A. , riconosciute le attenuanti generiche e l'attenuante della provocazione, alla pena di anni 12 di reclusione per il delitto di cui all'articolo 575 c.p., per aver cagionato la morte di F.G. , attingendolo con un colpo di fucile da caccia all'addome in omissis . La Corte di assise d'appello di Messina, con sentenza in data 27 ottobre 2011, riduceva la pena ad anni 10 di reclusione, confermando nel resto la sentenza dei giudice di primo grado. L'antefatto è sostanzialmente pacifico. Tra il D.F. e il F. , vicini di casa, non correvano buoni rapporti il giorno prima del fatto il F. era venuto a conoscenza di essere stato convocato come imputato davanti al Giudice di pace a seguito di una querela sporta dal D.F. per il reato di minacce nel pomeriggio del omissis il F. era andato a caccia, come era solito fare da pensionato, nella zona circostante la sua abitazione, portando con sé il suo fucile calibro 12 regolarmente denunciato il F. , mentre stava tagliando la legna, aveva sentito sparare e, immaginando che il colpo fosse stato esploso dal D.F. , era andato a cercarlo portando con sé una spranga di ferro, cava ma robusta, con tutta probabilità per fare le sue rimostranze per la citazione ricevuta e indurre il D.F. a ritirare la querela. Il fatto si è svolto senza la presenza di testimoni. È certo che il F. è stato colpito da un colpo di fucile al ventre, sparato da brevissima distanza, che ne ha provocato la morte, e che al D.F. sono state fratturate, con uno o più colpi di spranga di ferro, le ossa dell'avambraccio sinistro. Il D.F. , subito dopo il fatto, è tornato a casa ed ha chiamato i Carabinieri. Fin dall'inizio ha sostenuto la tesi di essersi trovato improvvisamente davanti il F. il quale, prima l'aveva minacciato la prossima settimana abbiamo la causa noi se non ritiri la querela ti faccio fare la fine che hanno fatto i tuoi cani e poi l'aveva colpito con una spranga, tentando nel contempo di sottrargli il fucile da lui portato a tracolla vi era stato una sorta di tiro alla fune con il fucile, tenuto dalla vittima per la canna e dall'altra parte dell'arma dall'imputato e, a seguito di uno strattone per impossessarsi o per mantenere il possesso del fucile, era partito accidentalmente un colpo l'imputato ha sostenuto di non aver premuto il grilletto . I giudici di merito non hanno creduto alla versione dell'imputato e hanno ricostruito il fatto nel modo seguente il F. è andato incontro all'imputato dopo essersi munito di una sbarra di ferro il D.F. , alla vista del medesimo gli ha puntato il fucile contro, tenendo il dito sul grilletto allo scopo di dissuaderlo dai suoi propositi aggressivi il F. , personalità iraconda, lo ha colpito al braccio sinistro procurandogli la frattura delle ossa dell'avambraccio il D.F. , che teneva ancora puntato il fucile all'indirizzo del suo antagonista, colto dall'ira, ha sparato ed ha attinto il F. , da distanza ravvicinata, all'addome. La Corte di assise d'appello riteneva illogica, inverosimile e in contrasto con le risultanze processuali la tesi dell'accidentalità del colpo. Non era logico e verosimile che il F. avesse tentato di disarmare l'imputato con una sola mano non era credibile che l'imputato non avesse tenuto il dito sul grilletto e che il colpo fosse partito perché il fucile si sarebbe impigliato nella cartucciera, che peraltro l'imputato neppure aveva portato con sé quel giorno nella canna del fucile non erano state rinvenute impronte della vittima e le mani della stessa non avevano segni di bruciature, che vi sarebbero stati se al momento del colpo la vittima avesse tenuto la mano nei pressi dell'imboccatura della canna contrastava con l'accidentalità del colpo anche il comportamento tenuto dall'imputato dopo l'esplosione del colpo. L'infondatezza della tesi sostenuta dall'imputato conduceva, secondo i giudici di merito, alla logica conclusione dell'intenzionalità dello sparo. La Corte di secondo grado riteneva insussistente la causa di giustificazione della legittima difesa reale o putativa. L'imputato, avendo visto il F. avvicinarsi munito di una spranga, pur potendo allontanarsi aveva preferito restare sul posto, accettando volontariamente la situazione di pericolo da entrambi determinata. Ma anche se la situazione di pericolo fosse stata determinata esclusivamente dall'intervento aggressivo e provocatorio della vittima, l'esimente era insussistente poiché l'imputato avrebbe potuto e dovuto scegliere diverse opzioni, quali la fuga dal luogo dell'incontro l'utilizzazione del fucile a mò di clava sparare in alto o, nella peggiore delle ipotesi, in direzione degli arti inferiori. Neppure poteva ravvisarsi la legittima difesa putativa, ipotizzabile nel caso in cui l'imputato avesse ritenuto di essere in pericolo di vita, poiché non emergeva con certezza la prova che fosse stato colpito da più colpi di sbarra o che il colpo sferrato dal F. fosse diretto alla testa e che fosse stato parato con il braccio sinistro. L'imputato, aspettando il F. , aveva consapevolmente scelto di difendersi nel modo più pregiudizievole per il suo avversario, pur avendo a disposizione altre forme di difesa, e quindi si era posto nella condizione di non poter invocare neppure l'esimente putativa. Non era applicabile la disciplina dell'eccesso colposo in legittima difesa, in quanto l'imputato, avendo tempestivamente avvistato il F. , aveva potuto valutare adeguatamente il pericolo rappresentato dalla vittima con in mano la sbarra e non aveva esitato a puntare da subito il fucile in direzione del predetto, ponendo in essere quindi una scelta reattiva volontaria e ponderata che non rientra nello schema dell'eccesso colposo. Avverso la sentenza hanno proposto, con unico atto, ricorso per cassazione i difensori dell'imputato, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi. Con un primo motivo la difesa ha sostenuto la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza per aver disatteso la versione resa fin dall'inizio in modo coerente dall'imputato, versione che invece era confermata da elementi certi e decisivi che i giudici del merito avevano travisato o non avevano preso in considerazione. In base a una mera ipotesi - se il F. avesse tentato di disarmare l'imputato l'avrebbe fatto usando entrambe le mani - era stata ritenuta illogica e inverosimile la versione dell'imputato, senza però tener conto del fatto che il F. aveva una mano impegnata dalla spranga né della notevole differenza di età e di corporatura tra i due. Non vi era alcun elemento che smentisse la dichiarazione dell'imputato di essersi trovato davanti all'improvviso il F. , mentre era solo una congettura che il D.F. , vedendo avvicinarsi il predetto armato di una spranga, gli avrebbe puntato il fucile tenendo il dito sul grilletto. Peraltro, secondo il ricorrente, la congettura sarebbe illogica, perché se l'imputato avesse tenuto il fucile puntato non avrebbe consentito al F. di avvicinarsi e di aggredirlo con la spranga, né avrebbe riportato la frattura delle ossa dell'avambraccio, procurata dalla parata con il braccio del colpo di spranga, perché l'arto sarebbe stato impegnato a tenere l'arma puntata in direzione del F. . Il consulente P. , del RIS di XXXXXXX, non aveva escluso l'accidentalità del colpo, essendosi limitato a dire che non erano state effettuate prove sulla funzionalità del fucile in sequestro. La Corte di merito aveva ritenuto che la versione dell'imputato fosse contraddetta dall'assenza di impronte del F. sulla canna del fucile e di bruciature sulle mani dello stesso, senza tener conto che la superficie della canna del fucile - come era risultato dalle dichiarazioni del D.S. , del RIS di XXXXXXX - è scarsamente ricettiva e che, data la brevissima distanza tra i due al momento dello sparo, il F. avrebbe potuto impugnare la canna all'interno del vivo di volata senza procurarsi alcuna ustione. Secondo il ricorrente, vi erano elementi, non valutati dai giudici di merito, che escludevano l'intenzione di uccidere l'unicità del colpo esploso l'anomalia della traiettoria del colpo, dall'alto verso il basso, indicativa di uno sparo conseguente al c.d. tiro alla fune il tragitto percorso dalla vittima prima di accasciarsi, che aveva ingenerato nell'imputato la convinzione di non aver colpito il F. la colluttazione e la distanza molta ravvicinata di sparo le lesioni riportate dall'imputato prima dello sparo, che gli avrebbero impedito di prendere la mira e sparare. Con un secondo motivo ha denunciato la mancata assunzione di una prova decisiva, poiché la Corte di assise d'appello si era rifiutata di visionare in aula il DVD allegato alla consulenza tecnica del perito balistico della difesa con il quale era stato ricostruito l'episodio. Con un terzo motivo è stata criticata la motivazione della sentenza con la quale era stata rigettata la richiesta di riconoscere l'esimente della legittima difesa reale o putativa. Anche mettendo da parte la tesi del colpo partito accidentalmente, l'imputato comunque avrebbe sparato in stato di legittima difesa sulla base della stessa ricostruzione del fatto ad opera dei giudici di merito, perché avrebbe sparato dopo essere stato colpito con una spranga di ferro, con un colpo diretto alla testa che l'imputato aveva parato con l'avambraccio sinistro, al fine di difendersi dall'aggressione posta in essere dal F. . La tesi che l'imputato aveva contribuito a determinare la situazione di pericolo, accettando lo scontro, perché anche lui sarebbe stato animato da spirito di rivalsa nei confronti del F. , era stata solo enunciata dalla Corte di merito, che poi aveva ritenuto non esservi le condizioni della legittima difesa, perché l'imputato avrebbe potuto evitare la situazione di pericolo, fuggendo, e comunque avrebbe potuto difendersi in altro modo, senza cagionare una lesione mortale al F. . Secondo il ricorrente, non era stato considerato che la fuga, in quella situazione, non era possibile, poiché l'imputato aveva il doppio dell'età del F. , il quale aveva una corporatura ben più robusta e anche fama di essere un violento era stato per primo gravemente ferito si era trovato davanti all'improvviso il F. , che era passato immediatamente a vie di fatto colpendolo con la spranga. Neppure avrebbe potuto utilizzare il fucile a mò di clava, perché era stato gravemente ferito dal F. , né poteva essere in grado di dosare gli effetti della reazione, data la concitazione del momento. La reazione era stata proporzionata all'offesa, perché il colpo di spranga era stato diretto alla testa, che non era stata colpita solo perché l'imputato aveva alzato il braccio sinistro per ripararsi. La Corte di assise d'appello non aveva inoltre considerato che l'imputato era stato già vittima, da parte del F. , di alcuni gravi episodi, quali l'impiccagione dei propri cuccioli di cane e il danneggiamento di una motoape, scaraventata in un dirupo. Con un quarto motivo ha dedotto la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione sotto il profilo della mancata applicazione dell'eccesso colposo in legittima difesa reale o putativa. Risultava evidente, anche in base alla ricostruzione del fatto da parte dei giudici di merito, che la situazione di pericolo era stata determinata solo ed esclusivamente dal F. che se anche l'imputato avesse puntato l'arma, l'avrebbe fatto al solo scopo di difendersi dal temuto attacco del F. , che veniva verso di lui brandendo una spranga di ferro che solo dopo essere stato colpito e ferito gravemente con detta spranga era avvenuta l'esplosione di un colpo al più, in questa situazione, gli si sarebbe potuto contestare l'eccesso colposo nella reazione. Con un ultimo motivo il ricorrente ha contestato la motivazione della sentenza nella parte in cui aveva respinto la richiesta di apportare la riduzione massima di pena per effetto delle riconosciute attenuanti generiche. Considerato in diritto Il ricorso dell'imputato è fondato. La ricostruzione del fatto da parte dei giudici di merito poggia sui seguenti punti fondamentali - l'imputato non si è trovato all'improvviso davanti F.G. l'ha avvistato ad una certa distanza e, vedendo che brandiva una sbarra di ferro, l'ha aspettato puntandogli contro il fucile e tenendo il dito sul grilletto - il F. , soggetto di carattere aggressivo, ha continuato ad avanzare verso l'imputato, nonostante la minaccia del fucile puntato, e l'ha colpito con la sbarra di ferro con uno o più colpi, che hanno attinto il D.F. al braccio sinistro - l'imputato, in stato d'ira per il colpo o i colpi ricevuti, ha reagito premendo il grilletto del fucile e attingendo all'addome il F. da distanza molto ravvicinata. I suddetti punti, però, sono stati ricostruiti più che sui dati obiettivi e su indizi gravi, precisi e concordanti, su mere ipotesi e congetture, alcune delle quali - decisive ai fini della suddetta ricostruzione - anche manifestamente illogiche perché smentite da dati obiettivi o da massime d'esperienza. Con riguardo al primo punto della suddetta ricostruzione, i giudici di merito hanno ipotizzato che l'imputato abbia avvistato con un certo anticipo il F. che veniva verso di lui brandendo una sbarra di ferro e che l'abbia aspettato con il fucile puntato e tenendo il dito sul grilletto ma non si comprende dalla motivazione della sentenza da quali elementi oggettivi o anche in base a quali sicuri indizi i giudici di merito abbiano tratto la convinzione che il D.F. abbia scelto di aspettare il F. nella suddetta posizione. La quale, peraltro, contrasta - come logicamente ha osservato la difesa dell'imputato - con il fatto che il D.F. , pur essendosi messo con un certo anticipo in posizione di difesa pronto a sparare, avrebbe poi consentito al F. di avvicinarsi tanto da poterlo colpire, una o più volte, con la sbarra di ferro che impugnava. La Corte di merito ha optato intuitivamente per la suddetta ricostruzione, in quanto ha ritenuto del tutto inattendibile la versione resa dall'imputato. Ma le motivazioni per le quali ha ritenuto inattendibile questa versione appaiono viziate da errori logici. Secondo la Corte territoriale, era illogico il racconto dell'imputato nella parte in cui aveva sostenuto che il F. , nel colpirlo con la sbarra di ferro, aveva nel contempo afferrato con la mano sinistra la canna del fucile e aveva quindi cercato di levargli l'arma usando una sola mano. L'illogicità sarebbe ravvisabile nel fatto che il F. , se avesse avuto l'intenzione di impossessarsi dell'arma, avrebbe usato le due mani per afferrare la canna del fucile, e non una sola mano. I giudici di merito non hanno però considerato che - secondo gli stessi dati riportati nella sentenza impugnata - non risulta in alcun modo che il F. , subito dopo aver colpito il D.F. , abbia buttato via la sbarra con la quale aveva sferrato il colpo o i colpi contro il predetto, e quindi, se ha continuato a impugnare la sbarra con la mano destra, è evidente che non poteva usare questa stessa mano per disarmare l'imputato, potendo peraltro contare – per vincere la resistenza dell'imputato - sulla sua maggiore prestanza fisica e sulla menomazione del D.F. al braccio con il quale lo stesso aveva parato o stava parando i colpi di sbarra. È stato escluso che, dopo aver sferrato il colpo al braccio - che ha provocato tipiche lesioni da parata di un colpo diretto alla parte superiore del corpo – il F. abbia cercato di disarmare l'imputato, poiché non sono state trovate sulla canna del fucile impronte del F. né segni di bruciature sulle mani dello stesso, che avrebbero dovuto rinvenirsi se il predetto, al momento dello sparo, avesse tenuta stretta con la mano l'imboccatura della canna del fucile. I giudici di merito sono giunti alla suddetta conclusione basandosi su indizi incerti e senza considerare alcune circostanze che, secondo la motivazione della stessa sentenza impugnata, risultano pacifiche. È stato accertato nell'istruttoria dibattimentale che la superficie della canna del fucile in sequestro, per come conformata, trattiene difficilmente eventuali impronte, e quindi il mancato rinvenimento sulla stessa di impronte non può logicamente essere considerato un indizio certo che il F. non abbia afferrato con una mano la canna del fucile. Dalla stessa ricostruzione dei giudici di merito risulta, inoltre, che, al momento dello sparo, tra i due vi era pochissima distanza, tant'è che lo sparo era avvenuto alla distanza di circa cinquanta centimetri, come dichiarato dal consulente tecnico del P.M. nell'esame del 26.4.2010, sulla base dei segni di ustione e affumicatura rinvenuti sugli indumenti della vittima cfr. sentenza di primo grado pag. 12 . Essendosi posto il F. a brevissima distanza dall'imboccatura della canna - in una fase convulsa perché aveva colpito o stava ancora colpendo il D.F. con la sbarra - vi era la possibilità per lo stesso F. di afferrare la canna del fucile non all'imboccatura ma in altra parte della canna, e quindi la mancanza di segni di bruciatura sulla mano sinistra non possono essere considerati un indizio sicuro che il F. non abbia afferrato il fucile con l'intenzione di sottrarlo al D.F. . Si deve, pertanto, riconsiderare tutta la dinamica del fatto, perché quella ricostruita nella sentenza impugnata presenta gravi carenze almeno nei punti sopra indicati, ai quali è stato poi collegato tutto l'impianto motivazionale della sentenza. La ricostruzione della dinamica del fatto deve essere effettuata enucleando e valutando innanzi tutto i dati obiettivi, poi confrontando questi dati con le dichiarazioni rese dall'imputato, e infine integrando i suddetti elementi mediante gli opportuni nessi anche di natura logica, vale a dire gli indizi che devono però essere, come prescritto dalla legge, gravi, precisi e concordanti. Il libero convincimento del giudice, che si estrinseca nel momento della valutazione della prova, nel processo indiziario è il corretto risultato di un'operazione logica-induttiva attraverso la quale la massima di esperienza nel sillogismo normativamente imposto dall'articolo 192/2 c.p.p. si pone come premessa maggiore, l'indizio è la premessa minore e la conclusione è costituita, nel suo divenire per cristallizzarsi definitivamente, dalla prova del fatto in esame, cui si giunge stante la naturale inadeguatezza degli indizi se questi siano gravi, vale a dire resistenti alle obiezioni e perciò convincenti, precisi e cioè non suscettibili di diversa interpretazione, per lo meno altrettanto verosimile, e concordanti vale a dire non contrastanti tra loro o con altri elementi certi V. Sez. 1 sentenza numero 4503 del 14.3.1995, Rv. 201133 . La giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente precisato che il giudizio di colpevolezza, che superi ogni ragionevole dubbio, ben può essere sostenuto da un compendio probatorio di natura indiziaria, intendendosi per tale un complesso di prove esclusivamente indirette, purché queste possano essere significative al pari della prova rappresentativa, e ciò che qualifica l'indizio non è né la fonte né l'oggetto della prova ma il suo contenuto ed il suo grado di persuasività V. Sez. 1 sentenza numero 47250 del 9.11.2011, Rv. 251502 . Per le ragioni già esposte, la sentenza impugnata ha ricostruito la dinamica del fatto sulla base di alcuni indizi incerti e di ipotesi e congetture che non sono certo idonee a raggiungere il grado di certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, necessario per affermare la responsabilità penale dell'imputato. Senza una ricostruzione del fatto con metodologia corretta sotto l'aspetto logico giuridico, non è possibile prendere in esame altre censure mosse dal ricorrente alla motivazione della sentenza impugnata, con riguardo ai motivi per i quali è stata respinta la tesi dell'accidentalità dello sparo è stato negato che l'imputato abbia agito in stato di difesa legittima, reale o putativa, ed anche che possa trovare applicazione la norma che prevede l'eccesso colposo in legittima difesa. Presupposto per la corretta applicazione delle norme penali è una precisa ricostruzione del fatto che si deve basare su elementi di prova certi. Solo dopo aver accertato i fatti, potrà stabilirsi se sussistono profili di colpa nel comportamento dell'imputato, nel caso in cui il colpo fosse partito accidentalmente, ovvero se sussistono le condizioni per riconoscere l'esimente della difesa legittima, nel caso in cui l'imputato avesse premuto volontariamente il grilletto. Il necessario approfondimento delle risultanze potrebbe far emergere anche problematiche relative alla legittima difesa putativa o all'eccesso colposo in legittima difesa. Tra gli elementi che devono essere approfonditi nel giudizio di merito vi sono il momento dell'avvistamento del F. da parte dell'imputato è possibile, sulla base dello stato dei luoghi e delle altre condizioni, che il F. gli fosse comparso davanti all'improvviso? la funzionalità del fucile è possibile che da quel tipo di arma, tenuto conto delle sue condizioni d'uso, potesse partire un colpo, se sottoposta alle manovre descritte dall'imputato? il momento in cui è partito il colpo di fucile era ancora in atto l'aggressione del F. nei confronti dell'imputato, oppure la stessa si era già conclusa? . La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata, con rinvio degli atti per un nuovo giudizio davanti alla Corte di assise d'appello di Reggio Calabria, la quale valuterà liberamente come compiere tutti i necessari approfondimenti per ricostruire - tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati - la dinamica del fatto. Questa Corte non provvede a liquidare le spese e gli onorari richiesti dal difensore delle costituite parti civili poiché non risulta accertata la responsabilità dell'imputato. Spese che saranno liquidate dal giudice di rinvio, nel caso in cui dovesse accertarla. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di assise d'appello di Reggio Calabria.