Detenuto muore d’overdose, ma l’Italia non è imputabile: non ha violato i suoi doveri di protezione verso i carcerati

La CEDU ha assolto il nostro Paese per la morte per overdose morfina od eroina di un detenuto, già gravemente e da un lungo periodo tossicomane è facile far entrare di nascosto le droghe in carcere. La presenza di metal detector all’ingresso, le perquisizioni e l’ispezione dei pacchi per i carcerati assolvono agli oneri di garantire la loro salute ed il loro benessere.

Sono queste le principali ragioni, rese note nel comunicato stampa del 30 aprile 2014 sul caso Marro ed altri contro Italia ricorso 29100/07 . Il caso. Ernestina Marro non è chiaro se è un errore della CEDU od un caso di quasi omonimia ed i suoi figli denunciavano il Ministero di Giustizia innanzi al Tribunale di Milano per essere risarciti a loro avviso la presunta negligenza della PA, dovuta agli omessi od ai carenti controlli all’ingresso, ha contribuito alla morte del loro congiunto, Sergio Marra, già tossicomane da molti anni, avvenuta un mese dopo l’arresto, mentre era detenuto nel penitenziario di Voghera. Sostenevano, infatti, che l’introduzione di droghe era possibile anche per la volontà del personale del carcere incaricato alla sorveglianza, soprattutto all’ingresso dello stesso. In tutti i gradi di giudizio questa tesi è stata smentita, sia perché non l’avevano comprovata, sia perché «se l’introduzione delle droghe era prevedibile, non poteva essere evitata dal momento che molte sostanze sono facili da nascondere». Ricorrevano, quindi, alla CEDU denunciando una violazione dell’articolo 2 diritto alla vita Cedu, ma la Corte ha ritenuto irricevibile la loro istanza. Lo spaccio di droga in carcere viola l’onere di tutelare i detenuti? No, perché lo Stato deve adottare le dovute misure per garantire la salute ed il benessere dei carcerati, specie quelli più vulnerabili, come nella fattispecie. I pacchi erano ispezionati, tutti visitatori, personale e ristretti erano obbligati a passare sotto il metal detector, posto all’ingresso e si effettuavano perquisizioni sono tutte misure atte ad assolvere a questo dovere, perciò nulla poteva esser imputato all’Italia per l’overdose del loro congiunto. Infine «è rimessa alla discrezione dello Stato di ricorrere ai cani antidroga in tutti i posti come può essere un penitenziario suscettibili di essere un luogo di transito delle sostanze stupefacenti». Onere della prova. Come per ogni giudizio spetta ai ricorrenti provare le proprie asserzioni e critiche, cosa che non è stata fatta in questo caso. Conclusioni della CEDU. L’Italia ha adottato tutte le adeguate misure volte a proteggere i detenuti e la morte d’overdose è imputabile esclusivamente al detenuto che si era procurato ed iniettato la dose fatale. Ergo non c’è stata nessuna violazione dell’articolo 2 Cedu ed il ricorso è stato respinto anche per infondatezza. La sentenza è definitiva.

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