Nessuna ‘via d’uscita’ per il dipendente di una società di trasporti. Fatale l’aver provocato, alla guida di un autoarticolato, un sinistro, a causa della velocità non adeguata ai luoghi. Nessun dubbio sulla dinamica dell’episodio, e, soprattutto, sul fatto che esso ha azzerato il legame con l’azienda.
Fatale il piede troppo ‘pesante’ sull’acceleratore! Perché è l’eccesso di velocità, addebitato al conducente – dipendente di una società di trasporti – dell’autoarticolato, ad aver dato il ‘la’ all’incidente stradale. E, di conseguenza, esso è motivo sufficiente per consentire all’azienda di licenziare il dipendente Cass., sent. numero 9597/2014, Sezione Lavoro, depositata oggi . Azzardo. Decisiva, almeno per i giudici di merito, la ricostruzione dell’episodio contestato al conducente, ricostruzione da cui emerge la sua «colpa» nella «causazione dell’incidente» stradale, non essendo riuscito, egli, «nel condurre l’autoarticolato, di proprietà della società datrice di lavoro, a mantenere il controllo del mezzo, a causa dell’alta velocità, del tutto inadeguata allo stato dei luoghi». Lapalissiano l’azzardo compiuto dall’uomo, che, secondo i giudici, col proprio «comportamento» ha violato i «doveri di cautela e di attenzione», ledendo in maniera decisiva il «rapporto fiduciario» con la società datrice di lavoro. Di conseguenza, concludono i giudici, è «legittimo il licenziamento» deciso dall’azienda nei confronti del dipendente. Sfiducia. E ora, in ultima battuta, le valutazioni compiute in Corte d’Appello – valutazioni favorevoli, come detto, alla drastica misura del licenziamento – vengono ‘cristallizzate’ dai giudici del ‘Palazzaccio’, che respingono, in maniera netta, le obiezioni mosse dall’uomo, oramai ex dipendente della società. Rilevanti, materiale probatorio alla mano, le «risultanze emergenti dal crono tachimetro – che riporta una velocità pari ad 80 chilometri orari, a fronte di un limite di velocità di 40 chilometri orari» – e quelle evidenziate nel «‘prontuario’ della Polstrada», accorsa sul luogo dell’incidente stradale. Alla luce di un quadro così delineato, è evidente la «negligenza» dimostrata dall’uomo «in occasione del sinistro stradale» durante l’«adempimento della prestazione lavorativa». Ciò, concludono i giudici del ‘Palazzaccio’, rappresenta un «grave inadempimento ai propri obblighi» e quindi può «costituire giustificato motivo di licenziamento», soprattutto perché il comportamento tenuto dall’uomo è valutabile come «valida ragione per il venir meno, da parte del datore di lavoro, della fiducia sull’esattezza delle future prestazioni lavorative» del dipendente.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 marzo – 5 maggio 2014, numero 9597 Presidente Roselli – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello dell'Aquila, con la sentenza di cui si chiede la cassazione, ritiene, per quello che interessa in questa sede, legittimo il licenziamento per giustificato motivo soggettivo intimato a G.O. dalla società Tir Express per aver, nel condurre un autoarticolato di proprietà della predetta società, causato un sinistro stradale con conseguenti danni anche al carico trasportato. La Corte del merito pone a base del decisum il rilievo fondante secondo il quale le emergenze istruttorie dimostrano la colpa dell'O. nella causazione dell'incidente non riuscendo egli, nel condurre l'autoarticolato di proprietà della società datrice di lavoro, a mantenere, a causa dell'alta velocità del tutto inadeguata allo stato dei luoghi, il controllo del mezzo. Siffatto comportamento, secondo la Corte territoriale, rivelando una violazione dei doveri di cautela e di attenzione pregiudizievole del rapporto fiduciario, rende legittimo l'intimato licenziamento. G.O. chiede l'annullamento di questa sentenza sulla base di tre censure. Resiste con controricorso la società Abruzzese autotrasporti che propone impugnazione incidentale condizionata assistita da un'unica censura, cui resiste l'O. con controricorso. Le altre parti intimate non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione Preliminarmente rileva la Corte che non può darsi seguito alla richiesta, presentata dall'avv.to G.D., di rinvio dell'udienza di discussione della presente causa, già proveniente da precedente rinvio per dar modo agli eredi dell'O., deceduto nelle more del presente giudizio, di apprestare idonea difesa. La richiesta non risulta accompagnata da idonea certificazione medica atta a provare un legittimo impedimento alla partecipazione all'udienza odierna. Né, comunque, l'istanza di rinvio dell'udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell'articolo 115 disp. att. cpc, fa riferimento all'impossibilità di sostituzione mediante delega conferita ad un collega facoltà generalmente consentita dall'articolo 9 del r.d.l. 27 novembre 1933, numero 1578 e tale da rendere riconducibile all'esercizio professionale del sostituito l'attività processuale svolta dal sostituto . Pertanto viene a prospettarsi soltanto un problema attinente all'organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell'udienza Cfr. Cass S.U. 26 marzo 2012 numero 4773 . Tanto precisato, rileva il Collegio che i ricorsi vanno pregiudizialmente riuniti, riguardando l'impugnazione della stessa sentenza. Con il primo motivo del ricorso principale G.O., deducendo violazione e falsa applicazione delle norme sui licenziamenti individuali e di contratti collettivi, sostiene l'inattendibilità della sentenza impugnata in punto di colpa del lavoratore, non emergendo dall'istruttoria la prova che l'incidente è da ascriversi ad esso ricorrente, e di configurazione di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, trattandosi di fatto esterno al rapporto di lavoro e, comunque, non integrante un grave inadempimento degli obblighi contrattuali. Prospetta, inoltre, il ricorrente che la Corte del merito non si è pronunciata sul mancato rispetto dell'iter procedimentale di cui all'articolo 7 della legge numero 300 del 1970 e del CCNL e non ha valutato la tardività del licenziamento. Con la seconda censura del ricorso principale G.O., denunciando vizio di motivazione, allega che la Corte del merito non ha motivato in ordine al licenziamento per giustificato motivo soggettivo mascherato da licenziamento disciplinare, nella parte in cui non affronta le censure mosse in merito alla violazione di cui all'articolo 7 St. Lav. relative all'intimato atto, soprattutto in merito al mancato rispetto del principio di immediatezza nonché al preordinamento e alla pubblicità del codice disciplinare e per non aver motivato il c.d. inadempimento contrattuale così come richiesto dalla fattispecie del giustificato motivo soggettivo, oltre che per non aver pronunciato in merito al richiesto danno biologico e per nulla aver disposto in merito alla compensazione dei crediti tra le parti e le spese di lite . I motivi, che in quanto strettamente connessi dal punto vista logico-giuridico vanno trattati unitariamente, sono infondati. Preliminarmente va rilevato che la dedotta violazione di norme collettive è inammissibile in quanto non è indicato, ai sensi dell'articolo 366 numero 6 del cpc in quale atto processuale è stato prodotto il CCNL e tanto anche ai fini dell'articolo 369 numero 4 del cpc Cass. S.U. 2 dicembre 2008 numero 28547, Cass. 23 settembre 2009 numero 20535, Cass. S.U. 25 marzo 2010 numero 7161 e Cass. S.U. 3 novembre 2011 numero 22726 . Peraltro non risulta nemmeno trascritta nel ricorso, in violazione del principio di autosufficienza, la clausola del CCNL di cui si deduce la mancata applicazione. Sempre in via pregiudiziale va osservato che il denunciato omesso esame delle censure svolte in appello si sostanzia nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Orbene, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività Cass. S.U. 28 luglio 2005, numero 15781 . Nella specie, invece, il ricorrente principale omette del tutto di precisare in quali termini le questioni in parola sono state devolute al giudice di appello. Tanto rilevato e così delimitato l'ambito del corretto devolutum a questa Corte, va osservato che per quanto concerne la statuizione relativa alla responsabilità dell'O. nella causazione dell'evento, si tratta, all'evidenza, di un accertamento di fatto chef in quanto sorretto da congrua e non illogica motivazione e basato su di un coerente apprezzamento delle emergenze istruttorie, è sottratto al sindacato di legittimità. Né con la censura di cui all'articolo 360 numero 5 cpc, può chiedersi a questa Corte, come nella specie, un accertamento di fatto, atteso che nel nostro ordinamento processuale la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in tal senso per tutte Cass. 12 febbraio 2008 numero 3267 e 27 luglio 2008 numero 2049 . D'altro canto, e vale la pena di sottolinearlo, la Corte del merito fonda la propria decisione sulle risultanze così come emergenti dal cronotachimetro - che riporta una velocità pari ad 80 Km/orari a fronte di un limite di velocità di 40 Km/orari - e dal prontuario della Polstrada. Relativamente, poi, alla ritenuta sussistenza di un giustificato motivo soggettivo va rimarcato che il fatto posto a base del licenziamento non è estraneo al rapporto di lavoro, essendo questo verificatosi nel pieno svolgimento delle mansioni di autista espletate dal ricorrente principale e che la negligenza, dimostrata in occasione del sinistro stradale, nell'esatto adempimento della prestazione lavorativa, in quanto costituente grave inadempimento ai propri obblighi, ben può costituire giustificato motivo soggettivo di licenziamento, rappresentando, come accertato in fatto dalla Corte territoriale, una valida ragione per il venir meno da parte del datore di lavoro della fiducia sull'esattezza delle future prestazioni lavorative dell'O Con la terza critica del ricorso principale G.O., assumendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto dei contratti ed accordi collettivi nazionali in ordine alle spese di lite, rileva che esso ricorrente è stato condannato ingiustamente e per una eccessiva somma di danaro, alle spese di lite. La critica è infondata in quanto la condanna alle spese risponde al principio della soccombenza e la denuncia di eccessività è generica si da non consentire alcun sindacato di legittimità. In conclusione il ricorso principale va rigettato e quello incidentale condizionato, relativo al mancata declaratoria del difetto di legittimazione, rimane assorbito. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste in favore della società resistente a carico del ricorrente principale sostanzialmente soccombente. Nulla deve disporsi nei confronti delle altre parti intimate non avendo costoro svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte riuniti i ricorsi rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato. Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore della società resistente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 100,00 per esborsi, oltre € 3.000,00 per compensi ed oltre accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti delle parti rimaste intimate.