Recesso dal contratto: i gravi motivi devono riguardare la specifica attività svolta nei locali per cui avviene il recesso

Ove il conduttore svolga la propria attività in diversi rami di azienda per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi di cui all’articolo 2, ultimo comma, l. numero 392/1978 debbono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tali attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali.

Tale principio viene affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza numero 7217, depositata il 27 marzo 2014. In particolare, la predetta sentenza afferma che allorquando il conduttore svolga la propria attività in settori di produzione diversi nella specie in quello delle sedute in legno e in quello delle sedie in metallo ed in distinti stabilimenti, la gravità dei motivi addotti dal conduttore medesimo a giustificazione del recesso dal contratto di locazione relativo ad uno di tali stabilimenti ex articolo 2, ultimo comma l. numero 392/1978 – gravità che legittima, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, il recesso ad nutum - debba essere apprezzata con riferimento non già in relazione al complesso delle attività aziendali, bensì, alla specifica attività ivi svolta. Il fatto. La controversia trae origine dalla domanda spiegata da parte di una società, titolare del diritto di proprietà su di un capannone locato – il contratto di locazione prevedeva, peraltro, almeno sessanta mesi di affitto garantito – nei confronti di una fabbrica produttrice di sedute in legno e sedie in metallo, e volta ad ottenere dal Tribunale, previo accertamento dell’insussistenza dei gravi motivi ex articolo 27, l. numero 392/1978 ed in applicazione degli accordi contrattuali, la condanna della conduttrice al pagamento dei canoni dovuti fino alla naturale scadenza del rapporto, o in subordine, al pagamento della penale di cui all’articolo 17 del contratto. Il Tribunale, previo accertamento dell’insussistenza dei gravi motivi ed in accoglimento delle spiegate domande, condannava la resistente al pagamento di una penale corrispondente agli ultimi undici canoni di locazione. Seguiva appello proposto dalla soccombente a seguito del quale la Corte territoriale rigettava il gravame. Veniva infine proposto ricorso per Cassazione. L’aumento complessivo del volume di affari non esclude la sussistenza dei gravi motivi. Nelle specie, la Corte territoriale aveva escluso la sussistenza dei gravi motivi addotti dalla conduttrice a fondamento del proprio recesso anticipato sulla scorta della circostanza che la chiusura del ramo di azienda per cui veniva utilizzato il capannone non si presentava come una decisione dell’imprenditore presa per motivi di necessità, bensì, come una scelta di mera opportunità. Ciò, in quanto, nonostante un’indubbia riduzione del fatturato relativa allo specifico ramo di azienda della produzione di sedute in legno – ramo di azienda operante all’interno del capannone locato, la fabbrica aveva comunque registrato nel complesso un aumento del suo volume di affari. Gli Ermellini, invece, sono di avviso contrario rispetto a quanto affermato dai giudici di appello. In particolare, sulla scorta del consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, essi rilevano che i gravi motivi di recesso debbono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravoso, sotto il profilo economico per il conduttore medesimo, la prosecuzione del rapporto locativo. Ne consegue che, l’accertamento della ricorrenza dei suddetti requisiti non può che essere condotto in riferimento allo specifico contratto di locazione per cui viene esercitato il recesso e che, ove venga addotta la non rimuneratività dell’attività, o addirittura, come nella specie, la chiusura del ramo di azienda che utilizzava l’immobile interessato dal recesso, non debba tenersi conto dell’aumentata redditività di altre attività, tale da assorbire le perdite o anche da determinare un miglioramento complessivo delle condizioni economiche della conduttrice. Pertanto, nell’ottica, di un bilanciamento fra l’interesse del locatore alla prosecuzione del rapporto fino alla sua naturale scadenza e quello del conduttore a non essere vincolato dal contratto qualora l’attività per cui l’immobile è stato locato divenga addirittura antieconomica, la valutazione imposta dall’articolo 27 ultimo comma cit. al fine di accertare se vi siano elementi sulla scorta dei quali possa ritenersi ammissibile da parte dell’imprenditore un recesso ad nutum dagli obblighi contrattuali non può che concernere la predetta specifica attività. Concludendo. Le considerazioni dei giudici di legittimità muovono, infatti, dal presupposto che i richiamati requisiti della involontarietà, sopravvenienza ed imprevedibilità sono volti ad impedire che lo scioglimento del rapporto contrattuale sia rimesso alla mera volontà del conduttore e pertanto, apprestano sicuramente già un’adeguata e sufficiente tutela agli interessi dello stesso locatore. Invece una lettura interpretativa volta – a fronte di una complessiva floridità aziendale – a tenere vincolato il conduttore ad un contratto rivelatosi antieconomico ne comprimerebbe le sue ragioni sicuramente oltre i limiti in quanto essa comporterebbe una paralisi delle sue scelte imprenditoriali fino al punto da veder ridotti – o addirittura azzerati – i risultati positivi conseguiti in altri rami dell’attività aziendale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 febbraio – 27 marzo 2014, numero 7217 Presidente Segreto – Relatore Sestini Svolgimento del processo La SIPTA s.r.l. - proprietaria di un capannone locato alla Linea Fabbrica s.r.l. - chiedeva al Tribunale di Udine di accertare che il recesso comunicato dalla conduttrice ai sensi dell'ult. co. dell'articolo 27 L. numero 392/78 non era fondato su gravi motivi e, per l’effetto, di condannare la predetta conduttrice al pagamento dei canoni dovuti fino alla naturale scadenza del rapporto o, in subordine, al pagamento della penale di cui all'articolo 17 del contratto. La Linea Fabbrica resisteva alla domanda chiedendone l'integrale rigetto in subordine, ove fosse stata ritenuta dovuta la penale, ne chiedeva la riduzione. Il Tribunale di Udine escludeva la sussistenza dei gravi motivi di recesso e condannava la resistente al pagamento della somma di Euro 68.071,30. A seguito dell'impugnazione proposta dalla Linea Fabbrica, la Corte di Appello di Trieste rigettava il gravame, compensando le spese di lite. Avverso tale sentenza numero 153/10 del 20.4.2010 ricorre per cassazione la Linea Fabbrica s.r.l., affidandosi a due motivi resiste la SIPTA s.r.l. con controricorso illustrato da memoria. Motivi della decisione 1. A fronte di un contratto che prevedeva all'articolo 2 almeno sessanta mesi di affitto garantito e all'articolo 17 che, in caso di recesso unilaterale da parte della conduttrice, prima del termine come sopra convenuto sessanta mesi , per qualunque motivo , fosse dovuta una penale di 12 mensilità dell'ultimo canone in vigore , la Corte d'Appello ha escluso che sussistessero i gravi motivi addotti dalla conduttrice a fondamento del recesso anticipato e ha ritenuto dovuto l'intero importo della penale in particolare, ha osservato che la chiusura del ramo di azienda per cui veniva utilizzato il capannone non era stata una scelta necessitata dell'imprenditore, bensì una scelta di opportunità , determinata da motivi strategici e non gravi visto che, pur a fronte di un'indubbia riduzione del fatturato relativo allo specifico ramo d'azienda della produzione di sedute in legno, la società aveva registrato - nel complesso - un aumento del volume di affari ha precisato che la somma liquidata dal primo giudice pari ad undici mensilità doveva intendersi dovuta a titolo di penale escludendo, peraltro, la possibilità di liquidare tutte le dodici mensilità previste dall'articolo 17 del contratto, non essendo sul punto stato proposto appello incidentale da parte della SIPTA s.r.l. . 2. Col primo motivo che deduce genericamente violazione dell'articolo 27 L 392/78 motivazione contraddittoria e/o insufficiente , la ricorrente lamenta che la Corte d'Appello di Trieste ha errato nel ritenere che i motivi per i quali Linea Fabbrica s.r.l. - è receduta dal contratto di locazione non integrino gli estremi dei gravi motivi di cui all'articolo 27 della legge numero 392/1978 . La doglianza non concerne specifici vizi motivazionali, quanto piuttosto la valutazione di “non gravità” dei motivi di recesso addotti dalla conduttrice e investe, dunque, l'interpretazione della clausola dei gravi motivi prevista dall'articolo 27, ult. co., L. numero 392/78 e la possibilità esclusa dalla Corte territoriale di sussumere in essa le ragioni addotte dalla recedente. La censura richiede, in buona sostanza, di valutare se, allorquando il conduttore svolga la propria attività in settori diversi nel caso di specie, in quello delle sedute in legno e in quello delle sedie in metallo ed in distinti stabilimenti, la gravità dei motivi addotti a giustificazione del recesso dal contratto di locazione relativo ad uno di tali stabilimenti debba essere apprezzata con riferimento alla specifica attività ivi svolta o, invece, in relazione al complesso delle attività aziendali. 3. Richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui i gravi motivi di recesso devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo Cass. numero 9443/2010 , ritiene il Collegio che l'accertamento della ricorrenza dei suddetti requisiti non possa che essere condotto in riferimento allo specifico contratto di locazione per cui viene esercitato il recesso e che, ove venga addotta la non remuneratività dell'attività o addirittura la chiusura del ramo di azienda che utilizzava l'immobile interessato dal recesso, non possa tenersi conto dell'aumentata redditività di altre attività, tale da assorbire le perdite o anche da determinare un miglioramento complessivo delle condizioni economiche del conduttore. 4. Nell'ottica di un bilanciamento fra l'interesse del locatore alla prosecuzione del rapporto fino alla sua naturale scadenza e quello del conduttore a non essere vincolato dal contratto ove l'attività per cui l'immobile è stato locato divenga antieconomica, la valutazione imposta dall'articolo 27 ult. co. non può che concernere la specifica attività per cui l'immobile è stato locato, al fine di accertare se persista - oggettivamente - quell'interesse che aveva determinato l'assunzione degli obblighi contrattuali. Considerato, infatti, che i richiamati requisiti della involontarietà, sopravvenienza ed imprevedibilità forniscono adeguata tutela agli interessi del locatore, impedendo che lo scioglimento del rapporto sia rimesso alla mera volontà del conduttore, l'opzione interpretativa che - a fronte di una situazione di complessiva floridità aziendale - richiedesse al conduttore di restare vincolato ad un contratto rivelatosi antieconomico ne comprimerebbe le ragioni oltre la misura necessaria a garantire la posizione del locatore, finendo col penalizzare il conduttore sino al punto di veder ridotti - o addirittura azzerati - i risultati positivi conseguiti in altri rami dell'attività aziendale. 5. L'accoglimento - nei termini di cui sopra - del primo motivo di ricorso comporta l'assorbimento delle altre doglianze. 6. Cassata la sentenza impugnata, deve disporsi il rinvio alla Corte triestina che dovrà rivalutare se le ragioni addotte dalla conduttrice costituiscano o meno gravi motivi di recesso, attenendosi al seguente principio di diritto ove il conduttore svolga la propria attività in diversi rami di azienda per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi di cui all'articolo 27, ult. co. L. numero 392/78 debbono essere accertati in relazione all'attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali . 7. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio. P.Q.M. la Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione.