La cessione di un capannone ad uso commerciale, che genera una plusvalenza, se posta in essere dal sopravvenuto infermo non può essere considerata un'operazione speculativa. Atteso che la stessa non ricada nelle ipotesi per cui opera la presunzione assoluta di cui all'articolo 76, comma 3, d.P.R. numero 597/73.
Se non c'è fine speculativo, la plusvalenza non rientra tra i redditi diversi ex articolo 76, d.P.R. 597/73 vigente ratione temporis che concorrono alla formazione del reddito. E quando c'è la sopravvenuta infermità di colui che ha posto in essere l'operazione che ha generato la plusvalenza, il fine speculativo è escluso. Questo quanto merita di sottolineare dell'ordinanza numero 6909 della Corte di Cassazione depositata il 24 marzo 2014. Non computabilità della plusvalenza? Nei fatti di causa, l'Agenzia delle Entrate ricorreva avverso la decisione della CTC che aveva, appunto, ritenuto la «non computabilità» della plusvalenza, relativa alla cessione di un capannone ad uso commerciale, realizzata dal sopravvenuto infermo. Sulle stesse posizioni del Giudice di terzo grado rimasto ormai a operare per i soli giudizi pendenti in arretrato resta anche la Suprema Corte, la quale, esclude che la fattispecie in esame possa ricadere negli atti su cui grava la presunzione assoluta di fine speculativo di cui all'articolo 76, comma 3, numero 1, d.P.R. numero 597/1973. Il menzionato articolo, infatti, considera operazioni speculative, fonti di plusvalenze, senza possibilità di prova contraria, «la lottizzazione o l'esecuzione di opere intese a rendere edificabili terreni inclusi in piani regolatori o in programmi di fabbricazione e la successiva vendita anche parziale dei terreni stessi». La lettura della sentenza sembrerebbe far presumere che l’infermità in oggetto, quando abbia condotto alla decisione di procedere alla cessione del bene, costituisca una causa di forza maggiore in grado di escludere il fine di lucro. Fatte queste considerazioni, gli Ermellini rigettano il ricorso dell'Amministrazione e la condannano alla rifusione delle spese di giudizio. fonte www.fiscopiu.it
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 6 – 24 marzo 2014, numero 6909 Presidente Cicala – Relatore Iacobellis Svolgimento del processo La controversia ha ad oggetto l'avviso di accertamento notificato il 18/12/1990 con il quale l'ufficio contestava a S. R. una plusvalenza in ordine alla cessione di un capannone ad uso commerciale registrata il 17/4/1988. Il ricorso è fondato su unico motivo. Resiste C. V., avente causa dello S. R. Il relatore ha depositato relazione ex articolo 380 bis c.p.c. chiedendo il rigetto del ricorso. Il presidente ha fissato l’udienza del 6/3/2014 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. La C V ha depositato memoria. Motivi della decisione Assume la ricorrente la violazione dell’articolo 76 del DPR 597 del 1973 laddove la CTC ha escluso la sussistenza dell'intento speculativo. La censura è infondata. L'articolo in esame prevede che concorrono alla formazione del reddito le plusvalenze conseguite mediante operazioni poste in essere a fini speculativi. L’ esclusione del fine speculativo, ritenuta dalla CTC in considerazione della sopravvenuta infermità dello S R comporta la non computabilità della plusvalenza in esame. Né a ciò osta il 3 comma dell’articolo in esame, laddove si prevede una presunzione assoluta non essendo ravvisabile nel caso in esame la fattispecie di cui al numero 1 del predetto comma 3 - lottizzazione o esecuzione di opere intese a rendere edificabili terreni inclusi in piani regolatori o in programmi di fabbricazione e successiva vendita anche parziale dei terreni stessi. Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della C V , delle spese del grado che si liquidano in complessivi € 2.100,00, di cui € 100,00 per spese, oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della C.V. delle spese del grado che si liquidano in complessivi 6 2.100,00, di cui € 100,00 per spese, oltre accessori di legge.