Questione coperta dal giudicato? Nessun rilievo d’ufficio della nullità del contratto

Il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è precluso quando sulla validità dell’accordo si sia formato giudicato, anche implicito. Ciò avviene ad esempio quando il giudice di primo grado, accogliendo la domanda, abbia dimostrato di ritenere valido il contratto, e le parti, in sede di appello, non abbiano mosso alcuna censura inerente la sua validità.

Il caso. Una società chiedeva la condanna del Comune di Roma al risarcimento dei danni conseguenti alla locazione di alcuni locali situati all’interno di uno stabile adibito a plesso scolastico che erano stati restituiti dall’ente conduttore gravemente deteriorati e mancanti degli arredi. In primo grado il Tribunale accoglieva la richiesta di risarcimento danni, mentre rigettava quella relativa agli arredi. In appello, la Corte territoriale rigettava tutte le domande delle parti rilevando d’ufficio la nullità del contratto di locazione per difetto della forma scritta dell’accordo stesso. La vicenda veniva così sottoposta al giudizio della Suprema Corte. Rilevabilità d’ufficio della nullità di un contratto. Il punto fondamentale su cui si basa la sentenza degli Ermellini è relativo alla possibilità o meno per il giudice di rilevare d’ufficio la nullità di un contratto, senza che le parti si siano mai “accorte” del vizio e senza che quindi ne abbiano fatto richiesta. In primo luogo è bene ricordare che i contratti di locazione di beni immobili di durata ultranovennale debbono essere stipulati necessariamente per iscritto a i sensi dell’articolo 1350 c.c. Trattasi di forma scritta ad substantiam non meramente ad probationem il cui difetto determina la nullità radicale dell’accordo. Simile difetto è “assoluto” e non può essere sanato dall’esecuzione del contratto o da atti ricognitivi, né da dichiarazioni confessorie o giuramenti in tal senso Cass. 1598 del 1965, Cass. 2568 del 1966 e Cass. 7274 del 2005 . Si ritiene tuttavia sufficiente che la forma scritta riguardi solo gli elementi essenziali del contratto così Cass. 3048 del 1992 e Cass. 5290 del 1982 . Detto questo si osserva che la giurisprudenza ha a lungo riflettuto sulla declaratoria d’ufficio della nullità di un contratto. Secondo l’orientamento tradizionale si suole operare la seguente distinzione. Se la domanda è diretta a contestare l’applicabilità o l’esecuzione del contratto, allora il giudice potrà rilevare d’ufficio la nullità dell’accordo stesso in qualunque grado e indipendentemente da quanto dedotto dalle parti. Ciò sarebbe consentito perché la validità del contratto è il presupposto dell’azione svolta in giudizio la regolarità e la stabilità del contratto sarebbero in altre parole pregiudiziali rispetto alle domande svolte dalle parti. Se invece la controversia ha per oggetto l’annullamento del contratto o la risoluzione o la rescissione, allora il giudice non potrebbe indagare aspetti diversi da quelli portati dalla parte a fondamento della propria richiesta. divieto di pronunciarsi su domande non proposte. Pertanto, quando in giudizio non si chiede l’applicazione del contratto, ma la “eliminazione” dello stesso, il giudice non può dichiararne d’ufficio la nullità, stante il divieto di pronunciarsi su domande non proposte. In caso contrario, la sentenza sarebbe affetta da un vizio di extrapetizione. Proprio per evitare simili conseguenze, la giurisprudenza, con la recente sentenza delle Sezioni Unite numero 14828/2012, è oggi arrivata ad affermare che il giudice, in omaggio al principio di collaborazione con le parti, deve sempre indicare le questioni rilevabili d’ufficio - tra cui appunto la nullità del contratto - al fine di provocare il contraddittorio delle medesime sul punto ed evitare le cosiddette “sentenze a sorpresa”. Addirittura la mancata segnalazione comporta la nullità delle intera sentenza per violazione del principio di difesa delle parti. Nel caso di specie, i Giudici della Suprema Corte hanno svolto però un’indagine ulteriore, affermando che la validità del contratto di locazione era ormai passata in giudicato. Infatti, avendo il giudice di prime cure ritenuto seppur implicitamente valido il contratto e non avendo le parti sollevato alcuna obiezione in merito nel giudizio di appello, su tale questione è inevitabilmente calata l’incontrovertibilità del giudicato. Certo, si tratta di un giudicato interno e implicito – formatosi cioè nell’ambito dello stesso processo per effetto dell’impugnazione parziale a differenza di quello “esterno” formatosi in un giudizio diverso – ma non per questo è meno vincolante almeno nel medesimo giudizio, seppure in gradi diversi . Esso infatti concerne tutte le questioni astrattamente idonee a definire il procedimento, di rito o di merito, rilevabili d'ufficio o solo su istanza di parte, che possono insorgere in corso di causa e che possono dare luogo a sentenze non definitive ovvero possono costituire oggetto di esame preliminare da parte della sentenza che definisce il giudizio Poiché però il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità, anche in grado di appello, si scontra pur sempre con il limite tassativo del giudicato, i Giudici della Corte d’Appello non avrebbero più potuto eccepire nulla in tema di validità. La Suprema Corte ha così ribaltato la decisione di secondo grado cassando con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 febbraio – 3 aprile 2014, numero 7784 Presidente Chiarini – Relatore Sestini Svolgimento del processo La società D. a r.l. chiedeva la condanna del Comune di Roma al risarcimento dei danni conseguiti alla locazione di alcuni locali - posti all'interno di uno stabile adibito a plesso scolastico e detenuti dal predetto Comune per oltre un ventennio - che erano stati restituiti gravemente deteriorati e mancanti degli arredi. Costituitosi in giudizio il convenuto che resisteva e proponeva una domanda riconvenzionale , il Tribunale di Roma pronunciava sentenza con cui accoglieva la domanda di risarcimento dei danni provocati all'immobile, mentre rigettava quella concernente i danni relativi agli arredi, condannando altresì la D. s.r.l. al risarcimento dei danni per mancata fornitura degli arredi scolastici. Sull'appello principale del Comune e su quello incidentale della società D., la Corte di Appello di Roma provvedeva rilevando - d'ufficio - la nullità, per difetto di forma scritta, del contratto di locazione, rigettando pertanto tutte le domande e compensando integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione la soc. D. s.r.l., affidandosi a due motivi illustrati da memoria il Comune di Roma resiste a mezzo di controricorso. Motivi della decisione 1. Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 1350 e 1421 c.c., nonché degli articoli 16 e 17 della legge 18 novembre 1923 numero 2440, in relazione all'articolo 360 numero 3 e censura la sentenza impugnata per aver rilevato d'ufficio la nullità del contratto benché il Tribunale di Roma ne avesse ritenuto la validità e nonostante che la questione non avesse costituito oggetto di specifici motivi di gravame. Il secondo motivo deduce, invece, violazione dell'articolo 112 C.P.C. e 2043 c.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 C.P.C. , censurando la Corte territoriale per non avere - comunque - valutato la domanda di risarcimento danni ex articolo 2043 c.c., atteso che la D. aveva prospettato come fatto fondante la detenzione e l'utilizzo che il Comune aveva avuto dei beni . 2. Il primo motivo che è assistito dal seguente quesito di diritto se al giudice di secondo grado sia precluso rilevare la nullità del contratto, per difetto di forma scritta richiesta ad substantiam, quando la validità sia stata pronunciata dal giudice di primo grado e la pronuncia non sia stata investita da specifico motivo di gravame è fondato e merita accoglimento. 3. E' noto, infatti, che - secondo il consolidato orientamento di questa Corte, cui deve darsi continuità - il rilievo d'ufficio della nullità del contratto è precluso quando sulla validità del contratto si sia formato giudicato, anche implicito, come allorché il giudice di primo grado, accogliendo la domanda, abbia mostrato di ritenere valido il contratto, e le parti, in sede di appello, non abbiano mosso alcuna censura inerente la sua validità Cass. numero 23235/2013 cfr. anche Cass. numero 23674/2008 Cass. numero 18540/2009 Cass. numero 1535/2012 , mentre il principio della rilevabilità d'ufficio della nullità anche in grado di appello affermato, fra le altre, da Cass. 11847/2003 citata dalla controricorrente e, più recentemente, da Cass., S.U. numero 14828/2012 presuppone che non sussista preclusione derivante da giudicato. 4. Accolto – pertanto - il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo, deve disporsi il rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà attenersi al sopra richiamato principio di diritto e dovrà provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa in relazione e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.