Anche quando il professionista viene assolto dal giudice penale per accadimenti relativi la sua condotta professionale , per le stesse contestazioni, ove ne ricorrano i presupposti, può essere destinatario di sanzioni disciplinari.
L'efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione, nel giudizio disciplinare, non è più limitata alla sentenza dibattimentale e si estende, oltre alle ipotesi di assoluzione «perché il fatto non sussiste» e «l'imputato non lo ha commesso», a quella disposta «perché il fatto non costituisce reato». Ex articolo 653 c.p.p. come modificato dall'articolo 1, L. 97/2001 e dall’articolo 295 c.p.c., nei casi in cui l'addebito disciplinare attenga gli stessi fatti contestati nel processo penale, «il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa». Il caso. Alcuni clienti e colleghi, contestavano ad un avvocato condotte professionali illecite consistite nella mancata-ritardata consegna nonché illecita utilizzazione di somme detenute dal professionista a titolo di rapporto fiduciario, oltre che la mancata consegna di documenti in favore dei clienti, anche a seguito della revoca del mandato. Il COA, riunite le varie contestazioni, irrogava la sanzione della cancellazione dall'albo professionale. Nel giudizio di secondo grado, il CNF, pur ribadendo l'illiceità della condotta, diffusamente e ripetutamente contestata a carico del legale, riformava la sentenza del COA sostituendo la sanzione della cancellazione con quella della sospensione dall'albo professionale per la durata di un anno. Detta ultima decisione, veniva impugnata con articolazione di due motivi attinenti questioni procedurali ed un ulteriore motivo, l'unico che analizzeremo nell'analisi che segue, finalizzato a contestare la mancata sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del procedimento penale. Illeciti contestati. Il CNF ha affermato e chiarito che gli addebiti contestati al professionista devono intendersi correttamente provati nel giudizio celebrato e concluso innanzi al COA In particolare, a carico del professionista, rilevano tardivi adempimenti di obbligazioni solutorie, tardive informazioni ai mandanti, gestione del deposito fiduciario eseguita in assenza di istruzioni ed autorizzazioni da parte del mandante, conflitto di interesse costituito nell'aver rappresentato una parte già assistita nel processo di separazione. Il CNF, pur modificando in melius il trattamento sanzionatorio, ha sottolineato l'illecita condotta professionale per essere plurima, ripetuta e continuata. Mancata sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di un giudizio penale. Il professionista ricorrente, in terzo grado, lamenta l'eccesso di potere, commesso dal CNF, per aver assunto una decisione in pendenza di un giudizio penale pur attinente soltanto una parte degli addebiti contestati. La S.C., sul punto, ha chiarito che è certamente vero che « la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso » 653 c.p.p. . Detto principio vale anche per i giudizi innanzi al COA ed è posto a salvaguardia della immutabilità dei fatti che possono essere definitivamente accertati nella loro materialità soltanto dal giudice penale. Semplificando, ove non si operasse la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, si correrebbe il rischio che il primo accerti e sanzioni un fatto che il giudice penale, successivamente, potrebbe ritenere lecito e non sanzionare. La Cassazione, nel caso di specie, ha definitivamente chiarito che il CNF non ha violato il principio appena richiamato, anzi, ne ha dato piena e completa attuazione nella misura in cui, prendendo atto della assoluzione, ha riformando in melius la sanzione del COA da cancellazione a sospensione e legittimamente esercitato il suo potere disciplinare materialmente consistito nella libera valutazione dei fatti che, pur non costituendo illecito penale, sono stati ritenuti deontologicamente rilevanti e, solo in ragione di quest'ultima considerazione, sanzionati nei termini già esposti. In ultimo, al fine di cogliere la distinzione tra sanzione penale e sanzione disciplinare, merita menzione, pur in estratto, la sentenza numero 23778/2010, dove viene affermato «nel procedimento disciplinare a carico di magistrato ordinario la valutazione della gravità dell'illecito e la determinazione della relativa sanzione rientrano tra gli apprezzamenti di merito riservati alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, il cui giudizio non è perciò sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici» . In definitiva, la S.C., per tutte i motivi e le ragioni sin qui esposte, ha confermato la decisione del CNF.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 13 marzo – 5 aprile 2012, numero 5448 Presidente Vittoria – Relatore Macioce Svolgimento del processo L'avv. T.L. venne colpito dalla sanzione disciplinare della cancellazione dall'Albo con decisione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bolzano dei 27.12.2007 che aveva ravvisato la sua responsabilità per i numerosi addebiti contestatigli, commessi in OMISSIS , tutti integranti plurime violazioni delle disposizioni del Codice Deontologico Forense. Era stato contestato il tardivo versamento di somme a creditori, la inadempienza all'obbligo di tempestiva informazione dei clienti, la accettazione di un incarico in conflitto di interessi con una delle parti precedentemente rappresentata, il ritardato pagamento di somme dovute a cliente, la indebita utilizzazione di un consistente deposito fiduciario di denaro, la omessa immediata consegna di documenti a clienti che avevano revocato il mandato, la omessa risposta a richieste di chiarimenti inoltrate dal COA, la mancata fornitura dei necessari chiarimenti sollecitati in relazione alle lamentate omesse informazioni ai clienti. Le incolpazioni, originanti distinte procedure, erano state quindi trattate unitariamente dal COA che aveva riuniti i procedimenti e che, assunte deposizioni testimoniali ed acquisiti documenti, con la decisione del 27.12.2007, ha applicato la rammentata sanzione. Il Consiglio Nazionale Forense, adito su ricorso dell'avv. T.L. , con decisione depositata il 25.2.2011, ha modificato in melius il trattamento sanzionatorio irrogando la sospensione per anni uno, ma ha confermato l'impianto accusatorio afferente le molteplici gravi scorrettezze verso i clienti e verso i colleghi contestate. In motivazione il CNF ha osservato che le contestazioni di cui al procedimento 4/06, afferenti tardivi adempimenti di obbligazioni solutorie e tardive informazioni ai mandanti nonché conflitto di interesse nel rappresentare una delle parti già assistita in procedimento di separazione, erano provate ed ammesse, così come quelle afferenti il procomma 10/06 che per la loro gravità, notorietà e reiterazione assumevano profili di rilevante gravità, che del pari per i fatti di cui ai proccomma 19 e 21/06 e 4/07 emergeva anche che le mancate informative o il ritardo nella restituzione o nella consegna di documenti delineavano una scorrettezza assai grave anche perché reiterata e mantenuta nonostante l'intervento del COA o di un notaio, tutti sollecitanti le informazioni, che ancor più grave era la assistenza legale ad un coniuge in sede contenziosa quando il professionista lo aveva precedentemente assistito in sede di separazione consensuale, che, con riguardo alla questione della abusiva utilizzazione di somme avute in deposito fiduciario era da considerarsi che il proscioglimento irrevocabile dalla imputazione con la formula il fatto non sussiste non inibiva al CNF di valutare la scorrettezza disciplinare residua consistita nella mancata richiesta di istruzioni al cliente sulla gestione del deposito fiduciario ma imponeva al contempo di ridurre la sanzione irroganda proprio perché la sentenza penale aveva escluso l'appropriazione indebita e sol lasciato la valutazione della scorrettezza residua del comportamento. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l'interessato con atto 23.11.2011 deducendo due motivi di rito mancata decisione sulla istanza di rimessione in termini e tardiva notifica della decisione del 25.2.2011 ed un motivo afferente la violazione dell'obbligo di sospendere la decisione in pendenza di processo penale per gli stessi fatti. Motivi della decisione Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, essendo non condivisibili o non ammissibili le proposte censure. Primo motivo esso si duole della mancata comunicazione della udienza nella quale la causa venne trattenuta in decisione e del mancato accoglimento della formulata istanza di rifissazione. La censura è inconsistente posto che la ritualità della comunicazione della udienza di discussione è indiscutibile, essa essendo stata effettuata su istanza di differimento dell'interessato mediante comunicazione al domicilio eletto S.U. 10959 del 2001, 22889 e 23000 del 2004 ed è lo stesso odierno ricorrente ad imputare a disguido del domiciliatario la mancata informazione nei suoi confronti. Quindi l'udienza del 18.3.2010 si tenne regolarmente e la remissione in termini successivamente invocata non avrebbe potuto in alcun caso essere accordata come non fu essendo stata la decisione già riservata e non essendo stato prospettato alcun motivo per far ritenere tale riserva indebitamente assunta per lesione del diritto dell'avv. T. alla illustrazione delle già proposte ragioni. Secondo motivo esso si duole della violazione del termine di deposito della sentenza posto che la decisione assunta il 18.3.2010 e depositata il 25.2.2011 venne comunicata solo il 21.10.2011. Non si scorge quale lesione del diritto sia derivata dalla tardività nella pubblicazione della decisione e nella susseguente comunicazione, potendosi solo - astrattamente - ipotizzare danni ricollegabili al ritardo nella definizione del ricorso ma non certo invalidità della pronuncia tardivamente depositata e tardivamente comunicata. E pertanto il motivo è inammissibile. Terzo motivo esso lamenta l'eccesso di potere commesso con la decisione assunta senza aver previamente sospeso il procedimento per pendenza penale anche se la pregiudizialità riguardava il solo rapporto tra processo penale e incolpazione di cui al proced. 21/06 la mancata sospensione del procedimento - d'obbligo alla luce dell'articolo 653 C.P.P. - avrebbe inficiato di nullità l'intera sentenza. Sul punto il ricorrente ricorda S.U. 2223 del 2010 che ha statuito principio ribadito con le successive decisioni 10071 e 16169 del 2011 come, per effetto della modifica dell'articolo 653 C.P.P. disposta dall'articolo 1 della legge 97 del 2001 - per la quale l'efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione, nel giudizio disciplinare, non è più limitata alla sentenza dibattimentale e si estende, oltre alle ipotesi di assoluzione perché il fatto non sussiste e l'imputato non lo ha commesso , a quella disposta perché il fatto non costituisce reato - le volte in cui l'addebito disciplinare abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, è obbligatoria la sospensione del giudizio disciplinare ai sensi dell'articolo 295 c.p.c E si è anche affermato che, riferendosi l'articolo 653 C.P.P. come modificato ai procedimenti disciplinari davanti alle pubbliche autorità , la pregiudizialità opera anche nella fase amministrativa del procedimento, quale è quella innanzi al COA. Orbene, la censura - che del tutto omette di contestare il fatto che il CNF abbia considerato una potenzialità residuale della contestazione disciplinare, sottoponendola anche ad una riqualificazione officiosa, e pervenendo proprio sulla base della detta assoluzione dalla imputazione penale alla applicazione di una ben più mite e conservativa sanzione - è da ritenersi affatto inammissibile per evidente difetto di interesse ad impugnare la mancata sospensione. Questa Corte ha rammentato S.U. 23778 del 2010 che il giudicato penale non preclude in sede disciplinare una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, posto che sono diversi i presupposti delle rispettive responsabilità deve invero restare fermo il solo limite dell'immutabilità dell'accertamento dei fatti nella loro materialità, operato dal giudice penale cosicché, se è inibito al giudice disciplinare di ricostruire l'episodio posto a fondamento dell'incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale dibattimentale passata in giudicato, sussiste tuttavia piena libertà di valutare i medesimi accadimenti nell'ottica dell'illecito disciplinare, con la conseguenza per la quale il giudice disciplinare non è vincolato dalle valutazioni contenute nella sentenza penale là dove esse esprimano determinazioni riconducibili a finalità del tutto distinte rispetto a quelle del giudizio disciplinare. E poiché il CNF ha preso atto del proscioglimento pieno dall' imputazione la cui condotta era anche alla base del procedimento 21/06, incolpazione numero 2, e, pur considerata una diversa rilevanza disciplinare della condotta una disinvolta e non informata gestione di denaro del cliente , ha proprio da tal assoluzione ricavato la conseguenza della obbligatoria drastica rideterminazione della sanzione applicata, non si scorge alcun interesse dell'avv. T. a proporre doglianza. Si respinge il ricorso senza che sia luogo a regolare le spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso.