La corrente è sottratta con un allaccio abusivo: ne rispondere il beneficiario delle erogazioni

L’Enel, per ottenere il pagamento di quanto dovuto ex articolo 2043 e dunque al di fuori di un rapporto contrattuale, non deve agire contro l’intestatario del contratto di fornitura, ma può chiamare in causa l’autore materiale dell’illecito.

Il caso. In un negozio di calzature l’impianto elettrico viene manomesso e viene predisposto un riattacco abusivo in modo tale da poter sottrarre energia elettrica. L’Enel provvede ad effettuare dei controlli e verificare che, in realtà, questa situazione si trascina da anni. Il danno per la società di fornitura dell’energia ammonta ad alcune decine di migliaia di euro. In giudizio, viene chiamata a rispondere la donna individuata come utente di fatto, colei che gestisce il negozio essendone la proprietaria. Quest’ultima però si costituisce negando alcuna propria legittimazione, sostenendo che essendo il contratto intestato alla C. V. & amp C. S.a.s. dovesse essere quest’ultima a rispondere. Il Tribunale accoglie l’eccezione proposta e in appello l’Enel non ha maggior fortuna. Si arriva dunque in Cassazione, dove la Suprema Corte con la sentenza numero 5633 depositata il 6 aprile scorso, cassa con rinvio l’impugnata sentenza. Deve rispondere l’autore materiale dell’illecito. Secondo i giudici di legittimità la donna può essere chiamata in causa in proprio in quanto «la pretesa dell’Enel non è infatti stata dispiegata nell’ambito di un rapporto contrattuale ma – come ben denunziato nei motivi – ai sensi dell’articolo 2043 c.c. per l’illecita sottrazione di energia e quindi di legittimazione passiva rispetto a tale domanda non è di altri che dell’autore materiale dell’illecita continuativa captazione, le indicazioni societarie e la sua eventuale intestazione dell’esercizio apparendo al proposito come meri indizi di una gestione effettiva e quindi della veste di autore dell’illecito».

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 marzo – 6 aprile 2012, numero 5633 Presidente Carnevale – Relatore Macioce Svolgimento del processo Enel Distribuzione s.p.a. sull'assunto che verifiche condotte nel 1999 avevano evidenziato la manomissione e il riattacco abusivo di una fornitura elettrica in omissis convenne innanzi al Tribunale la pretesa beneficiarla delle erogazioni, V.M.R. , per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 31.936,52 oltre accessori e spese. La V. si costituì negando alcuna propria legittimazione, essendo il contratto intestato a Calzature Volpicelli di M. R. V. & amp c. s.a.s Il Tribunale accolse l'eccezione della V. e rigettò la domanda. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza 28.12.2009 ha rigettato l'appello di Enel Distribuzione, che sosteneva come la V. sempre dichiaratasi utente di fatto fosse la reale beneficiaria delle erogazioni, affermando che la V. era stata evocata in giudizio in proprio, che la s.a.s. aveva attivato il punto vendita dal xxxxxxxx e regolarmente pagato i consumi, che non sussisteva prova dei consumi presunti dal 93 al 99, che la V. avrebbe potuto essere convenuta come legale rappresentante e non mai in proprio come socio in tal guisa essendo impedita l'eccezione di previa escussione del patrimonio sociale . Per la cassazione di tale sentenza Enel Distribuzione e la cessionaria del servizio ex D.L. 73 del 2007 convertito nella legge 125 del 2007, hanno proposto ricorso con quattro motivi in data 3.2.2011 a.r. del 9.2.2011 cui l'intimata non ha opposto difese. Motivi della decisione Il ricorso, all'esito della congiunta disamina dei connessi motivi, deve ritenersi meritevole di accoglimento per la piena fondatezza delle censure esposte nei motivi primo, secondo e quarto assorbito il terzo . Primo motivo esso lamenta che la Corte abbia risolto, negativamente, una questione di titolarità passiva del rapporto con la formula della carenza di legittimazione, in tal guisa mancando di considerare che la domanda evocava la responsabilità della V. come utente e fruitrice di fatto della fornitura. Se, come ricorda il ricorso, il distacco dell'utenza era avvenuto nel 1993 e se erano continuati consumi abusivi seguiti ad un abusivo riallaccio, e se la stessa V. aveva ammesso di aver rilevato l'esercizio ad inizio del 1997 conducendolo in prima persona, sì che, se solo il OMISSIS la s.a.s. aveva stipulato il contratto di somministrazione, restava chiaro che dal 1997 al 1999 l'utilizzatrice di fatto era stata proprio e solo la V. . Secondo motivo esso si duole pertanto della violazione dell'articolo 2043 c.c. commessa affermando che, prima della conclusione del contratto, la V. mai avrebbe potuto essere evocata in proprio. Terzo motivo esso lamenta il vizio di motivazione afferente la pretesa assenza di contestazioni sulle gravi irregolarità, affatto trascurate dalla Corte, nonché la violazione dell'articolo 2055 c.c. attinente la possibilità che anche il debito pregresso gravasse sulla V. , pur subentrata come utente di fatto solo a febbraio 1997. Quarto motivo esso si duole che sia stata considerata questione nuova la pura e semplice scelta di Enel di ridurre il petitum in appello limitandolo al solo periodo 1/97 5/99 nel quale la V. aveva riconosciuto la sua utenza di fatto . Ritiene il Collegio che i motivi appena esposti siano indiscutibilmente fondati nei termini di cui appresso, avendo la sentenza impugnata commesso i denunziati gravi errori di ricostruzione della vicenda e di errata applicazione alla stessa delle norme di diritto. La Corte di Napoli ha in primo luogo errato in diritto nell'escludere che fosse percorribile una chiamata di V. quale utente di fatto, limitatamente al periodo nel quale ella aveva gestito in proprio, sol perché la società fosse preesistente all'inizio di sua gestione. Ad avviso della Corte di merito, il fatto stesso che in un certo momento storico 1996 la s.a.s. Calzature Volpicelli di V. M. R. & amp c. si fosse costituita e che in altro momento successivo xxxxxxxx avesse attivato il punto di vendita di C.so Secondigliano 362, faceva riportare a tal società in via esclusiva la responsabilità per i segnalati consumi abusivi di elettricità. L'errore appare evidente nel presumere che dalla costituzione della società o anche dalla sua attivazione documentale del punto di vendita discendesse una sua gestione effettiva dell'esercizio nel quale sin dal 1994 il controllo ispettivo aveva accertato essere stata operata una continuativa captazione abusiva di energia. La pretesa dell'Enel non è infatti stata dispiegata nell'ambito di un rapporto contrattuale ma come ben denunziato nei motivi ai sensi dell'articolo 2043 c.c. per l'illecita sottrazione di energia e quindi la legittimazione passiva rispetto a tale domanda non è di altri che dell'autore materiale dell'illecita continuativa captazione, le indicazioni societarie e la sua eventuale intestazione dell'esercizio apparendo al proposito come meri indizi di una gestione effettiva e quindi della veste di autore dell'illecito. Ma l'errore, in secondo luogo, è anche rettamente individuabile, come denunziato, in un mancato argomentare sulle circostanze emergenti ex actis e riproposte in appello dall'Enel quelle per le quali risultava dalle precise ammissioni della V. che ella aveva gestito l'azienda in quei locali circa due anni innanzi alla data del controllo 12.5.1999 ed emergeva documentalmente che la società, della quale è ignota la veste nella conduzione dell'esercizio calzaturiero, solo il 13.10.1999 aveva stipulato con Enel il contratto di somministrazione. Coglie anche nel segno la censura avverso la statuizione della sentenza a mente della quale sarebbe stata non consentita mutatio libelli la riduzione subordinata della pretesa al semiperiodo 1.1.1997-12.5.1999 rispetto alla originaria unica richiesta di condanna per tutto il periodo 8.5.1994 12.5.1999 la Corte territoriale ha adottato tale soluzione di rigetto sull'assunto che fosse mutata la causa petendi della domanda con il passaggio da quella originaria a quella ridotta ma, se non emerge quale possa essere il fondamento di tale assunto dato che è la stessa decisione a dar atto che la domanda aveva sempre predicato una diretta e personale responsabilità della V. , deve concludersi nel senso che sussiste la lamentata clamorosa contraddizione argomentativa. Ed infatti, la contestata decisione non mostra alcuna attenzione per la chiarezza della subordinata quale emergente dalla trascrizione della domanda in appello riportata alle pagine 2 e 3 della sentenza stessa dalla stessa emergeva che tanto la principale quanto la subordinata conclamavano l'addebito alla V. quale utilizzatrice di fatto dell'indebita somministrazione e che la subordinata si fondava solo sulla indiscutibilità del ruolo di utilizzatrice per il minor periodo nel quale vi era stata ammissione o riconoscimento. La sentenza va quindi cassata sulla base delle considerazioni svolte, in accoglimento dei motivi di ricorso. Il Giudice del rinvio dovrà quindi sottoporre a nuovo esame l'atto di appello e la domanda di Enel Distribuzione s.p.a. facendo applicazione dei principii di diritto sopra cennati ed astenendosi dal cadere nelle gravi carenze argomentative sopra esposte. All'esito regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa l'impugnata sentenza e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.