Non può dubitarsi che il bagno riservato all’utenza maschile costituisca un luogo aperto al pubblico, anche perché sussiste la concreta possibilità che gli estranei vi accedano sia rispettando la prescritta disciplina ovvero violandola e senza chiedere permesso e che, comunque, vi si possa accedere per ragioni di controllo o per eseguire le pulizie al suo interno, prescindendo dal genere, maschile o femminile, a cui è abitualmente riservato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 7769 del 19 febbraio 2014. Uno spettacolo indecente. Un uomo ricorre in Cassazione avverso la sentenza della corte d’Appello di Salerno che lo condannava per il reato di atti osceni in luogo pubblico e, in particolare, perché, nei locali dei servizi igienici antistanti il bar di un autogrill, si abbassava i pantaloni, mostrando i propri genitali e masturbandosi davanti a una ragazza. L’imputato lamenta che la sua penale responsabilità sia stata affermata sulla base delle sole dichiarazioni della p.o., unica testimone dell’accaduto, senza considerare l’offensività del gesto “in concreto”, avvenuto all’interno di una toilette riservata ai soli uomini la quale, in quanto tale, rendeva la presenza della ragazza non prevedibile ex ante. La motivazione della Corte territoriale viene, quindi, tacciata di apoditticità, fondandosi su elementi che non assurgerebbero nemmeno al rango di indizi che non permettono di accertare la rilevanza penale della sua condotta oltre ogni ragionevole dubbio. Nessun dubbio sull’attendibilità della p.o. Per quanto concerne la pretesa inattendibilità della p.o., la Suprema Corte respinge tale censura in quanto la ragazza, non conoscendo l’imputato, non solo non poteva avere alcun intento calunniatorio ma, una volta accortasi che l’uomo era entrato in bagno, non avrebbe avuto nemmeno il tempo di organizzare le false accuse. Tra l’altro, non erano riscontrabili contraddizioni nelle sue dichiarazioni, cedimenti o salti logici. Le sole dichiarazioni della p.o. possono fondare un giudizio di colpevolezza. Occorre ricordare che le dichiarazioni della p.o. possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica della credibilità soggettiva del dichiarante. Se, poi, la p.o. si sia costituita parte civile, è necessario procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. I giudici di merito hanno proceduto a tali verifiche, richiamando non solo quanto affermato dalla madre della p.o. e dagli occasionali avventori del locale, ma anche i contenuti dei VHS e dei CD acquisiti in sede di indagine. In tal modo sono stati scongiurati dubbi interni ed esterni sull’ipotesi accusatoria. Nozione di luogo pubblico. Nessun dubbio, inoltre, sulla configurabilità del reato ipotizzato lo spazio antistante del bagno pubblico di un’area di servizio autostradale è da qualificarsi sicuramente come luogo pubblico, dato che chiunque, a prescindere dal sesso, può legittimamente trovarsi. Non si può sostenere, perciò, che la presenza della ragazza non avrebbe potuto essere ipotizzata ex ante da parte del ricorrente, «sentendosi “al sicuro” per aver compiuto il suo gesto in una zona sostanzialmente “off limits” costituita dai servizi igienici per gli uomini», tanto più che essi erano visibili dallo spazio antistante, con conseguente compiuta integrazione della fattispecie ipotizzata. Del resto, il fatto sarebbe stato comunque punibile anche nel caso in cui fosse avvenuto all’interno dei bagni maschili. Ora, occorre premettere che deve intendersi come luogo aperto al pubblico, ai sensi dell’articolo 527 c.p., quello al quale ciascuno può accedere in determinati momenti, oppure osservando determinate condizioni, poste da chi esercita un diritto sul luogo stesso, ovvero quello al quale può accedere una categoria di persone che abbia determinati requisiti posto ciò, i bagni maschili possono essere definiti tali. Ma non si può escludere la possibilità concreta che gli estranei vi accedano sia rispettando la prescritta disciplina ovvero violandola e senza chiedere permesso e che, comunque, vi si possa accedere per ragioni di controllo o per eseguire le pulizie al suo interno, prescindendo dal genere, maschile o femminile, a cui è abitualmente riservato. Atti osceni. Non vale, dunque, sostenere, come fatto dal ricorrente, che il comportamento non suscitò alcuna reazione negli utenti maschili del servizio ai sensi dell’articolo 529 c.p., è osceno ciò che, avendo connotazione sessuale – tenuto conto della sensibilità dei consociati nell’attuale momento storico – suscita nell’osservatore rappresentazioni e desideri erotici ovvero provoca una reazione emotiva immediata di disagio, turbamento e repulsione in ordine a organi del corpo o comportamenti sessuali. Si comprende che la condotta incriminata può provocare nei confronti di soggetti estranei che, per errore o volutamente, accedono ai bagni riservati all’altro sesso reazioni di disagio, turbamento e repulsione, come avvenuto nel caso di specie. Decisivo, infatti, è il contesto in cui avviene il contatto fisico, accertandone, caso per caso, la potenziale lesione del pudore. Conseguentemente, non ci possono essere dubbi sul fatto che l’esibizione del membro maschile, il suo ripetuto toccamento e la masturbazione siano idonei ad integrare la fattispecie penale di cui all’articolo 527 c.p. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 dicembre 2013 – 19 febbraio 2014, numero 7769 Presidente Fiale – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. M.A. ha proposto, a mezzo del difensore fiduciario - procuratore speciale cassazionista, tempestivo ricorso avverso la sentenza della Corte d'Appello di SALERNO in data 21/05/2012, depositata in data 24/09/2012, confermativa della sentenza 13/10/2008 emessa dal Tribunale di SALA CONSILINA, con cui il medesimo imputato è stato condannato, in esito al giudizio abbreviato richiesto, alla pena di mesi quattro di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche e con la diminuente di rito, per il reato di atti osceni in luogo pubblico, ed in particolare, perché il omissis , nei locali dei servizi igienici antistanti il bar dell'autogrill di omissis , si abbassava i pantaloni, mostrando i propri genitali e masturbandosi dinanzi alla p.o. fatti commessi in omissis . 2. Ricorre avverso la predetta sentenza l'imputato, a mezzo del difensore fiduciario - procuratore speciale cassazionista, deducendo tre motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero . 2.1. Deduce, con un primo motivo, violazione della legge penale ex articolo 606, lett. B , per erronea applicazione dell'articolo 527 c.p. in sintesi, si duole il ricorrente per aver la Corte territoriale riconosciuto sussistente la sua penale responsabilità nonostante le riconosciute contraddizioni rinvenibili nelle dichiarazioni rese dalla p.o., unica testimone dell'accaduto, inerenti le modalità ed il luogo di svolgimento dell'azione riferita all'imputato si aggiunge, in particolare, che la Corte d'appello avrebbe commesso un errore di diritto consistente nel non valutare l'offensività del gesto in concreto , riferendolo alle particolari circostanze di luogo in cui esso si è svolto denudamento all'interno di un servizio igienico riservato ai soli uomini con iniziale masturbazione cui avrebbe assistito la p.o. conclusivamente, il ricorrente, pur rilevando che è vero che il bagno di un'area di sosta autostradale sia da considerarsi come luogo pubblico, tuttavia la limitazione all'accesso, determinata dal fatto che il servizio igienico fosse riservato ai soli uomini, escludeva che il fatto potesse essere considerato lesivo del pudore degli uomini presenti nel bagno, laddove, invece, solo la presenza sul posto della p.o., una ragazza, non ragionevolmente prevedibile ex ante, avrebbe caricato il gesto di una portata offensiva che sarebbe stata riferita al ricorrente dalla Corte territoriale decontestualizzando il gesto e trascurando le contraddizioni in cui sarebbe incorsa la p.o 2.2. Deduce, con un secondo motivo, l'inosservanza della legge processuale ex articolo 606, lett. C e lett. E , c.p.p., per illogica valutazione degli elementi indiziari a carico dell'imputato e conseguente illogicità della motivazione in sintesi, si duole il ricorrente per avere la Corte d'appello ritenuto provato il fatto sulla base di elementi che non assurgerebbero nemmeno al rango di indizi, ascrivendolo alla persona del ricorrente in violazione dell'articolo 192 c.p.p. il riferimento è, in particolare, alle dichiarazioni delle persone informate sui fatti, le cui dichiarazioni sono state utilizzate ex articolo 438 c.p.p., e, segnatamente a quanto riferito, peraltro contraddittoriamente rispetto alle risultanze delle registrazioni delle telecamere dell'area di servizio, dalla teste GINEFRA analogamente, il riferimento, nel ricorso, è alle dichiarazioni rese da altre due persone informate sui fatti, tali L. e P. , intervenute successivamente all'episodio contestato, ma le cui dichiarazioni sarebbero state utilizzate a sostegno dell'accusa di atti osceni in luogo pubblico le dichiarazioni di costoro risulterebbero peraltro in contrasto con quanto emerge dalla videoregistrazione si duole, ancora, per aver la Corte territoriale motivato in maniera apodittica in ordine all'attendibilità della p.o., unica testimone dell'accaduto, rilevando anche una possibile contraddittorietà della stessa motivazione, donde non risulterebbe provata la responsabilità del ricorrente al di là di ogni ragionevole dubbio, come imposto dall'articolo 533 c.p.p., in quanto le incertezze nella ricostruzione offerta dalla p.o. dovrebbero essere valutate a favore del reo. 2.3. Deduce, infine, con un terzo motivo, l'inosservanza della legge processuale ex articolo 606, lett. C , c.p.p., per omessa estromissione della parte civile si duole, in particolare, il ricorrente per aver la Corte territoriale errato nell'applicazione dell'articolo 82, comma 2, c.p.p., non essendo stata estromessa la parte civile a causa della mancata presentazione delle conclusioni scritte, né essendosi la stessa richiamata alle conclusioni presentate all'atto della costituzione né verbalizzato le richieste relative al risarcimento del danno, alla concessione di provvisionale o alla rifusione delle spese si rileva, inoltre, l'errore in cui sarebbe incorso il giudice d'appello non estromettendo la parte civile che non aveva presenziato al giudizio d'appello, a tal proposito evocando il disposto dell'articolo 602 c.p.p. che, richiamando per la discussione del giudizio di appello quanto disposto dall'articolo 523 c.p.p., impone l'onere della formulazione delle conclusioni scritte alla parte civile l'articolo 83 c.p.p. stabilisce, infatti, che la revoca della costituzione di parte civile può avvenire in forma espressa con dichiarazione personale della parte, ovvero tacita, non presentando la parte civile le proprie conclusioni ex articolo 523 c.p.p. infine, sostiene che l'articolo 82 c.p.p., in quanto norma di carattere generale, dev'essere applicata in ogni grado del processo, sicché la parte civile avrebbe dovuto essere estromessa dal processo de quo. Considerato in diritto 3. Il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza e comunque, per le ragioni che si esporranno, anche per la sua genericità. 4. Al fine di meglio comprendere la soluzione cui è addivenuta questa Corte di legittimità, alla luce delle censure - soprattutto motivazionali - prospettate dalla difesa del ricorrente - è opportuno, seppure sinteticamente, richiamare quanto oggetto di esame da parte dei giudici di merito. Al ricorrente è contestato il delitto di atti osceni in luogo pubblico, in particolare, come dedotto nell'imputazione, per essersi abbassato i pantaloni, mostrando i propri genitali e masturbandosi, dinanzi ad una ragazza B. M. , nei locali del servizi igienici antistanti il bar dell'autogrill di OMISSIS , sito sull'autostrada OMISSIS . Come emerge dall'impugnata decisione, confermativa della sentenza del giudice di prime cure le cui motivazioni, pertanto, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, con la conseguenza che la motivazione adottata dal primo giudice vale a colmare le eventuali lacune di quella d'appello Sez. 2, numero 5112 del 02/03/1994 - dep. 04/05/1994, Palazzotto, Rv. 198487 , il ricorrente, dopo aver compiuto il gesto, veniva avvicinato dalla madre della ragazza, C. G., addetta alle pulizie dei bagni del bar, negando l'accaduto e dirigendosi rapidamente all'interno dell'autogrill dove sopraggiungeva poco dopo una pattuglia della Polstrada, intervenuta a seguito di una chiamata al 113 che segnalava una rissa in atto nell'area di servizio. Gli agenti della pattuglia identificavano il ricorrente, indicato dalla p.o. come autore dei fatti commessi ai suoi danni, nonché due avventori occasionali L. C. e P. A. , acquisendo successivamente una videocassetta VHS contenente le immagini videoregistrate all'interno dell'autogrill ed un CD con le immagini registrate all'esterno dell'area dove si erano svolti i fatti. Così sinteticamente illustrati fatti, può quindi passarsi all'esame dei motivi di censura proposti. 5. Quanto al primo motivo, con cui il ricorrente si duole per l'asserita erronea applicazione dell'articolo 527 c.p., la stesse costituiscono in realtà espressione del tentativo, non consentito, di imporre a questa Corte una rilettura del quadro probatorio emerso nel corso dei due gradi di giudizio peraltro, si ricordi, svoltosi nelle forme del giudizio abbreviato, sulla base degli atti del fascicolo del PM , qualificando come violazione di legge una doglianza che esplica, in effetti, un dissenso sulla valutazione da parte dei giudici di merito delle risultanze probatorie. Ed invero, quanto al primo profilo dell'eccepito vizio, costituito dalla pretesa contraddittorietà delle dichiarazioni della p.o. che non avrebbero consentito di ritenere provata la sussistenza del reato di cui all'articolo 527 cod. penumero , è sufficiente in questa sede richiamare - al fine di evidenziarne la manifesta infondatezza, rilevandosene anche la genericità, riproponendo sostanzialmente il motivo di ricorso i medesimi profili di censura già sollevati con l'atto di appello, senza tener conto delle ragioni argomentative esposte dalla Corte salernitana per disattenderli Sez. 4, numero 18826 del 09/02/2012 - dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849 - quanto evidenziato dalla Corte territoriale a proposito dell'eccepita contraddittorietà delle dichiarazioni della p.o. e, per converso, della sua piena attendibilità , che, non conoscendo l'imputato, non solo non poteva avere alcun intento calunniatorio, ma una volta accortisi dell'uomo che era entrato in bagno, non avrebbe avuto nemmeno il tempo di organizzare false accuse, ricostruendo dettagliatamente, nel giro di pochi minuti, un episodio che si assume mai accaduto, come nella prospettazione difensiva. Sul punto, in particolare, questa Corte condivide quanto evidenziato dalla Corte territoriale circa l'assenza di contraddizioni nel narrato della p.o., nel cui narrato non sono ravvisabili cedimenti o salti logici, evidenziandosi nell'impugnata sentenza come non attenga al nucleo centrale della narrazione dei fatti il motivo per il quale la p.o. sarebbe rimasta da sola ad attendere il fidanzato come se avesse voluto sostare, interessata dalla scena che stava svolgendosi davanti ai suoi occhi o fosse stata per tutto il tempo in compagnia della madre in attesa dell'arrivo del fidanzato o che quest'ultimo fosse in ritardo analogamente, la Corte ha, correttamente, ritenuto non significative nel senso di destituire di fondamento il narrato della p.o. in quanto incidenti su particolari marginali, le presunte contraddizioni in cui la ragazza sarebbe incorsa nella descrizione del luogo in cui i fatti si sarebbero verificati ossia, lo spazio antistante in cui la stessa si trovava al momento dei fatti né l'esatta indicazione del bagno da cui l'imputato era uscito o l'esatta espressione della p.o. circa le ragioni richiamanti la sua attenzione. Non v'è dubbio, invero, della configurabilità del reato ipotizzato, posto che, attesa la natura di reato di pericolo presunto degli atti osceni in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico , la loro visibilità - valutata ex ante, in relazione al luogo frequentato, quale i servizi di un'area di sosta autostradale durante il periodo estivo, all'orario del primo pomeriggio ed alle modalità del fatto, posto in essere non all'interno del bagno ma all'esterno di esso, in posizione visibile a coloro che si trovavano nello spazio antistante - nel caso di specie non può essere messa in dubbio. Lo spazio antistante del bagno pubblico di un'area di servizio autostradale è da qualificarsi sicuramente un luogo pubblico, in quanto chiunque - a prescindere dal sesso come invece vorrebbe la difesa del ricorrente - può legittimamente trovarsi, non rilevando infatti la circostanza, dedotta dalla difesa, che la ragazza non avrebbe dovuto trovarsi in quel luogo la sua presenza non avrebbe potuto essere ipotizzata ex ante da parte del ricorrente, sentendosi al sicuro per aver compiuto il suo gesto in una zona sostanzialmente off limits costituita dai servizi igienici per gli uomini. Rileva, infatti, la circostanza che il gesto venne compiuto dall'uomo in una zona dei servizi igienici visibili dallo spazio antistante, con conseguente compiuta integrazione della fattispecie ipotizzata, non essendo infatti limitato l'accesso a quell'area. Si noti, del resto, che il fatto sarebbe comunque punibile anche nel caso in cui fosse avvenuto all'interno dell'area dei servizi igienici riservata ad una sola categoria di utenti gli uomini , ossia in un luogo qualificabile come aperto al pubblico. Ed invero - premesso che deve intendersi come tale, agli effetti dell'articolo 527 cod. penumero , quel luogo al quale ciascuno può accedere in determinati momenti, oppure osservando determinate condizioni, poste da chi esercita un diritto sul luogo stesso, ovvero quello al quale può accedere una categoria di persone che abbia determinati requisiti v., in termini Sez. 6, numero 1418 del 06/07/1967 - dep. 18/10/1967, Zingo, Rv. 105724 - se non può dubitarsi che il bagno riservato all'utenza maschile costituisca un luogo aperto al pubblico, è altrettanto indubbio però che sussiste comunque la concreta possibilità che gli estranei vi accedano sia rispettando la prescritta disciplina ovvero violando tale prescrizione e senza chiedere permesso e che comunque vi possa accedere il personale preposto al rispetto di quella disciplina per ragioni di controllo o per eseguire la pulizie al suo interno quindi, personale non esclusivamente dello stesso sesso , con conseguente integrazione della fattispecie penale, prescindendo dal genere, maschile o femminile, che abitualmente vi acceda. Ciò vale, quindi, ad escludere l'obiezione per la quale il comportamento non ebbe a suscitare alcuna reazione negli utenti maschi del servizio, posto che, secondo la nozione di cui all'articolo 529 cod. penumero , è osceno ciò che, avendo connotazione sessuale - tenuto conto della sensibilità dei consociati di normale levatura morale, intellettuale e sociale nell'attuale momento storico - suscita nell'osservatore rappresentazioni e desideri erotici ovvero cagiona una reazione emotiva immediata di disagio, turbamento e repulsione in ordine ad organi del corpo o comportamenti sessuali, i quali, per ancestrale istintività, continuità pedagogica e stratificazione di costumi ed esigenze morali, tendono a svolgersi nell'intimità e nel riserbo v., sul punto Sez. 3, numero 37395 del 02/07/2004 - dep. 23/09/2004, Annunziata, Rv. 230042 . In relazione a quanto sopra, la condotta posta in essere dal ricorrente, se può non suscitare alcuna particolare reazione nei confronti di persone dello stesso sesso, diversamente può provocare nei confronti dei soggetti estranei che, per errore o anche volutamente frequenti, infatti, sono i casi di accesso non autorizzato del gentil sesso o viceversa ai servizi riservati all'utenza maschile o, rispettivamente, femminile, in caso di necessità impellenti che non consentono il rispetto del turno accedono ai bagni riservati all'altro sesso, così suscitando reazioni di disagio, turbamento e repulsione, come avvenuto nel caso di specie. Il carattere osceno del gesto dipende, infatti, dal contesto in cui avviene il contatto fisico e ne va accertata caso per caso la potenziale lesione per il pudore, tenendo conto della situazione complessiva e delle modalità con le quali il comportamento si sia estrinsecato. Ed è indubbio che l'esibizione del membro maschile, il ripetuto toccamento dei genitali v. pag. 6 sentenza impugnata e la masturbazione, a prescindere dalla circostanza che la stessa fosse effettiva o solo ostentata v., Sez. 3, numero 8159 del 31/05/1985 - dep. 25/09/1985, Stuffo, Rv. 170459 , siano idonei ad integrare la fattispecie penale di cui all'articolo 527 cod. penumero , attesa la già ricordata natura di reato di pericolo presunto e tenuto conto della chiara percepibilità e visibilità del gesto posto in essere dal ricorrente. 6. Quanto, poi, al secondo motivo, l'inammissibilità per manifesta infondatezza ove ad essere censurata è l'asserita illogica valutazione degli elementi indiziari a carico dell'imputato e la conseguente illogicità della motivazione , emerge dalle già esposte considerazioni svolte da questa Corte nel paragrafo che precede, avendo in realtà la Corte territoriale operato una rigorosa valutazione degli elementi già valutati in senso sfavorevole al ricorrente da parte del primo giudice. Come già esposto in precedenza, infatti, la Corte salernitana, a fronte delle censure motivazionali già sollevate in sede di appello, non si è limitata a recepire acriticamente le valutazioni espresse dal primo giudice, ma ha sottoposto a motivata critica argomentativa le doglianze difensive, rapportandole alle risultanze probatorie espresse dal giudice di prime cure, pervenendo a giudizio confermativo della responsabilità penale. Quanto, poi, al profilo di censura con cui il ricorrente si duole per la pretesa violazione dell'articolo 192 cod. proc. penumero , per evidenziarne l'inammissibilità, è sufficiente ricordare quanto già affermato da questa stessa Sezione, nel senso che, poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall'articolo 606, comma primo, lett. c cod. proc. penumero , non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell'articolo 192 cod. proc. penumero , con riferimento all'attendibilità dei testimoni dell'accusa, la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata, atteso che il vizio di motivazione non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione o errore che concerna l'analisi di determinati e specifici elementi probatori Sez. 3, numero 44901 del 17/10/2012 - dep. 16/11/2012, F., Rv. 253567 . Quanto, poi, alla censura d'inattendibilità della p.o., valgano le considerazioni già espresse da questo Collegio nel paragrafo che precede in ordine alla rigorosa valutazione operata dal primo giudice e dalla Corte territoriale in ordine alla complessiva attendibilità della dichiarante, unica effettiva testimone dell'accaduto. Le regole dettate dall'articolo 192, comma terzo, cod. proc. penumero , come già autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, numero 41461 del 19/07/2012 - dep. 24/10/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214 , non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Le stesse Sezioni Unite, peraltro, hanno chiarito come sia opportuno benché non necessario , nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. Orbene, la sentenza impugnata si prende carico non solo di valutare la credibilità intrinseca della p.o., ma anche di evidenziare l'esistenza di elementi di riscontro alle dichiarazioni di quest'ultima, richiamando non solo quanto affermato dalla madre della p.o., ma anche di quanto dichiarato dagli occasionali avventori del locale L. e P. circa il comportamento in loro presenza tenuto dall'uomo di fronte alle accuse mossegli dalla madre della p.o., nonché la rilevanza, in chiave cronologico ricostruttiva dei fatti, di quanto emerso dalla visione dei documenti videocassetta VHS e CD acquisiti in sede di indagine. Si tratta, certamente, di riscontri non sul fatto illecito in sé avendo solo la ragazza assistito alla scena oscena ma sul contesto in cui lo stesso era avvenuto e sul comportamento del ricorrente, elementi che confortano la linearità e congruità logico - fattuale di quanto dichiarato dalla p.o. medesima, convincendo dell'attendibilità della stessa. I giudici di primo grado e d'appello hanno, dunque, a tal fine fatto ricorso all'utilizzazione ed all'analisi di quegli elementi di riscontro o di controllo ricavabili dagli atti non si dimentichi, infatti, che si trattava di giudizio abbreviato , giungendo a ritenere attendibile il narrato della p.o., sicché il convincimento trattone, in quanto sostenuto da congrua e logica motivazione, non può soffrire censure di legittimità. Né, infine, il giudice d'appello e quello di prime cure hanno violato la regula iuris di cui all'articolo 533 cod. proc. penumero Sez. 1, numero 41110 del 24/10/2011 - dep. 11/11/2011, Pg in proc. Javad, Rv. 251507 , avendo gli stessi dialetticamente verificato l'ipotesi accusatoria secondo il criterio del “dubbio”, scongiurando la sussistenza di dubbi interni ovvero la autocontraddittorietà o la sua incapacità esplicativa e/o esterni alla stessa ovvero l'esistenza di una ipotesi alternativa dotata di razionalità e plausibilità pratica . 7. Inammissibile per manifesta infondatezza e, comunque, per genericità avendo il ricorrente riproposto acriticamente lo stesso motivo d'appello senza tener conto dell'argomentata reiezione del medesimo da parte della Corte territoriale è, infine, l'ultimo motivo inosservanza della legge processuale ex articolo 606, lett. C , c.p.p., per omessa estromissione della parte civile . Ed invero, emerge dall'impugnata decisione che pur non comparendo in sede d'appello, all'udienza di discussione del giudizio abbreviato del 13 ottobre 2008, il difensore della parte civile si era associato alle richieste del P.M., chiedendo affermarsi la penale responsabilità dell'imputato, rimettendosi al giudice per la nota spese la relativa costituzione di p.c., era diretta ad ottenere, previa affermazione della responsabilità penale del reo, la sua condanna al risarcimento del danno morale. I giudici d'appello, nel disattendere l'omologo motivo di impugnazione, si sono scrupolosamente attenuti ai principi più volte affermati da questa Corte, nel senso che qualora la parte civile non compaia nel giudizio di appello e non presenti le conclusioni come avvenuto nel caso in esame , la sua costituzione non può intendersi revocata ai sensi dell'articolo 82, comma secondo, Cod. Proc. Penumero , valendo tale disposizione solo per il processo di primo grado. Ed infatti, se la parte civile non formula le proprie richieste almeno una prima volta non si forma un petitum sul quale il giudice possa pronunciarsi, con la conseguenza che opera la regola della revoca implicita, mentre invece, le conclusioni rassegnate in primo grado restano valide in ogni stato e grado del processo v., in termini Sez. 4, numero 11783 del 08/11/1995 - dep. 30/11/1995, Polo e altro, Rv. 203535 . 8. Il ricorso dev'essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima equo fissare, in Euro 1000,00 mille/00 . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.