Giudizio sospeso dal GdP, ma bisogna assicurare la ragionevole durata del processo

Il provvedimento di sospensione del processo adottato dal giudice di pace è impugnabile dalla parte con l’istanza di regolamento. È necessario, infatti, assicurare la sollecita ripresa delle attività processuali.

È quanto emerge dall’ordinanza n. 25536/13 della Corte di Cassazione, depositata il 13 novembre scorso. Il caso. Una donna conveniva in giudizio un Comune del sud Italia e il suo responsabile UTC, chiedendo al competente giudice di pace di riconoscergli il risarcimento dei danni morali patiti per una caduta in un fosso sul manto stradale. I convenuti eccepivano la litispendenza con altra domanda dispiegata da controparte per lo stesso sinistro, pure chiedendo, in subordine, la riunione del giudizio al precedente e, nel merito, il rigetto della domanda, nonché l’autorizzazione a chiamare in causa l’assicuratrice per la responsabilità civile. Il GdP, esclusa la litispendenza, riteneva pregiudiziale la decisione del giudizio che pendeva in grado di appello e decideva di sospendere il giudizio innanzi a lui pendente. L’attrice propone quindi istanza di regolamento, a cui resistono il Comune e il responsabile dell’ufficio tecnico. Impedire la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo. La Cassazione, ritenendo il ricorso ammissibile, afferma di voler assicurare continuità all’orientamento delle proprie Sezioni Unite ord. n. 21931/2008 , secondo cui il provvedimento di sospensione del processo adottato dal giudice di pace è impugnabile dalla parte con il regolamento necessario di competenza e, inoltre, l’art. 46 c.p.c. deve essere interpretato nel senso, costituzionalmente orientato, di limitare l’inammissibilità del regolamento ai soli provvedimenti del giudice di pace che decidono sulla competenza, consentendo invece alla parte di avvalersi dell’unico strumento di tutela che, attraverso un’immediata verifica della sussistenza dei presupposti giuridici del provvedimento di sospensione, assicuri la sollecita ripresa delle attività processuali, impedendo la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 9 ottobre – 13 novembre 2013, n. 25536 Presidente Finocchiaro – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1. - A R. adì il giudice di pace di Avellino per conseguire, nei confronti del Comune di Serino e del suo responsabile UTC, il risarcimento dei danni morali patiti per una caduta in un fosso sul manto stradale in data 4.6.08 i convenuti eccepirono la litispendenza con altra domanda dispiegata da controparte per lo stesso sinistro, pure chiedendo, in subordine, la riunione del giudizio iscritto al n. 599/12 r.g. di quell'ufficio al precedente e, nel merito, il rigetto della domanda e, comunque, l'autorizzazione a chiamare in causa l'assicuratrice per la responsabilità civile, UGF spa. Costituitasi anche quest'ultima ed addotta la pronuncia di sentenza in primo grado sulla domanda per prima proposta, il giudice di pace di Avellino, con ordinanza del 26.10.12, escluse la litispendenza, ma ritenne pregiudiziale la decisione del giudizio che pendeva in grado di appello dinanzi al tribunale di Avellino col n. 2999/12 r.g. e sospese quindi il giudizio dinanzi a lui pendente, fino alla definizione della controversia per prima intrapresa. 2. - Avverso tale ordinanza - pur ammettendo trattarsi di cause relative allo stesso sinistro, ma con le quali è stato richiesto il risarcimento di tipologie di danno indicate come diverse ed indipendenti - ha proposto istanza di regolamento la R. , adducendone l'ammissibilità alla stregua di Cass. Sez. Un. 21931 del 2008 e sostenendo l'inapplicabilità dell'art. 295 cod. proc. civ., in luogo - a tutto concedere - dell'art. 337, comma secondo, cod. proc. civ Resistono con memoria il Comune di Serino ed il responsabile del suo ufficio tecnico, sostenendo l'inammissibilità del regolamento e, comunque, la semplice erroneità del richiamo all'art. 295, anziché all'art. 337 cod. proc. civ., nonché l'assoluta necessità di sospendere il giudizio, dinanzi al moltiplicarsi delle iniziative giudiziarie della R. per l'unitario evento assunto come lesivo. Il Procuratore Generale, con le sue conclusioni scritte, formulate ai sensi dell'art. 380-ter cod. proc. civ. e trasmesse ai difensori, ha ritenuto sussistente la pregiudizialità, indipendentemente dalla norma citata dal Giudice di Pace 295 o 337 c.p.c. e ha concluso per il rigetto. La ricorrente, con la memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380-ter cod. proc. civ., lamenta non avere ricevuto comunicazioni al suo indirizzo di posta elettronica, nonché l'omesso mandato a lite - nel giudizio originario - al responsabile UTC del Comune di Serino in proprio e l'inestensibilità a lui del mandato conferito dal Sindaco. Motivi della decisione 3. - Il ricorso è ammissibile nonostante i richiami degli intimati alla giurisprudenza precedente, piena continuità va assicurata all'orientamento espresso da Cass. Sez. Un., ord. 29 agosto 2008, n. 21931, secondo cui il provvedimento di sospensione del processo adottato dal giudice di pace è impugnabile dalla parte con il regolamento necessario di competenza, non ostandovi l'art. 46 cod. proc. civ. che - pur sancendo l'inapplicabilità nei giudizi davanti al giudice di pace dell'art. 42 cod. proc. civ. il quale, nel testo risultante dall'art. 6 della legge n. 353 del 1990, prevede la generale proponibilità del regolamento avverso i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo, dev'essere interpretato nel senso, costituzionalmente orientato, di limitare l'inammissibilità del regolamento ai soli provvedimenti del giudice di pace che decidono sulla competenza, consentendo invece alla parte di avvalersi dell'unico strumento di tutela che, attraverso un'immediata verifica della sussistenza dei presupposti giuridici del provvedimento di sospensione, assicuri la sollecita ripresa delle attività processuali, impedendo la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo. 4. - Il ricorso è, poi, anche fondato. È pacifico che, sia pure per diverse tipologie di danno derivante dall'unitario fatto storico dedotto e quindi con ogni riserva sulla correttezza o sull'utilità dell'azionamento in diverse sedi dei diritti al risarcimento delle une o delle altre , il processo che si assume pregiudicante di quello pendente in primo grado ed oggi sospeso pende in grado di appello. Ma allora va applicato alla fattispecie il principio per il quale, salvi i soli casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 cod. proc. civ Tanto si ricava dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 cod. proc. civ. il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado Cass. Sez. Un., 19 giugno 2012, n. 10027 Cass., ord. 9 dicembre 2011, n. 26471 Cass., ord. 5 novembre 2012, n. 18968 Cass. Sez. Un., 30 novembre 2012, n. 21348 Cass., ord. 9 gennaio 2013, n. 375 Cass., ord. 24 maggio 2013, n. 13035 . Pertanto, se il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., il relativo provvedimento è di per sé illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità in tale espresso senso, v. già Cass., ord. 16 dicembre 2009, n. 26435 . 5. - Per la diversità dei presupposti tra le due tipologie di sospensione non può ridursi ad un errore materiale l'indicazione dell'art. 295 cod. proc. civ. in luogo dell'art. 337 e, quindi, erra l'ordinanza nel disporre la sospensione ai sensi della prima di tali norme. Il ricorso va perciò accolto e va disposta la prosecuzione del processo, impregiudicata peraltro la valutazione della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 337 cod. proc. civ., anche in presenza di evidenti peculiarità della fattispecie e, segnatamente, dell'identità del fatto generatore del danno preteso nelle due domande. Le spese del presente giudizio conseguono alla soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso annulla il provvedimento impugnato e dispone che il processo prosegua condanna il Comune di Serino, in pers. del Sindaco p.t., al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di R.A. , liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.