Posto che elemento essenziale dell’autenticazione della copia di un titolo esecutivo è l’attestazione della sua conformità all’originale, la mancanza dell’abbreviazione “f.to” non può incidere su quell’elemento, con la conseguenza che la mancanza stessa si traduce in una semplice irregolarità inidonea a rendere invalido l’atto quando non venga in discussione che esso sia conforme all’originale e che tale originale contenga la sottoscrizione autografa del magistrato.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 22077/18 depositata l’11 settembre. Il caso. La pronuncia in commento trae origine da un giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dal creditore escluso dal passivo fallimentare in ragione del fatto che la copia del decreto ingiuntivo allegata alla domanda di insinuazione risultava priva della sottoscrizione del giudice, essendo presente, sotto le parole “il Pretore”, il solo nominativo del magistrato. All’esito del giudizio di merito, il decreto ingiuntivo è stato ritenuto inesistente e, conseguentemente, la domanda di ammissione allo stato passivo è stata respinta. Il creditore ha, quindi, presentato ricorso per cassazione, evidenziando l’erroneità della decisione impugnata laddove ha ritenuto non operante la presunzione di conformità all’originale della copia del decreto ingiuntivo originale depositato presso la cancelleria del tribunale e contenente, sotto l’indicazione “il Pretore”, una sottoscrizione mai contestata. Esistenza del titolo esecutivo ammissibile il ricorso per cassazione. La Suprema Corte, preliminarmente, ritiene ammissibile il ricorso presentato dal creditore, essendo stato chiesto ai giudici di legittimità di verificare l’esattezza della riconduzione del decreto ingiuntivo, per come emesso, sotto il paradigma normativo dell’articolo 643 c.p.c. il vizio denunciato dal ricorrente attiene, quindi, non alla ricostruzione di una questione in fatto esaminata dal giudice fallimentare in sede di opposizione allo stato passivo nell’ambito della cognizione tipicamente oggetto di tale tipologia di processo , bensì alla riconduzione della questione in fatto esattamente ricostruita sotto la disciplina delle norme di cui si denuncia la violazione, cioè lo stesso articolo 643 c.p.c., da interpretarsi anche in considerazione dell’articolo 153 disp. att. c.p.c., stante l’apposizione della formula esecutiva sul decreto una volta emesso. La mancanza della firma del giudice sulla copia autentica non determina la nullità del titolo esecutivo. L’articolo 643 c.p.c., dopo avere stabilito, nel primo comma, che l’originale del ricorso e del decreto rimane depositato in cancelleria, aggiunge, nel secondo comma, che «il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma degli articolo 137 e seguenti» dello stesso codice. Tale notificazione, come chiarisce il terzo comma della citata norma, determina la pendenza della lite. Il rilascio della copia autentica rientra tra le attribuzioni del cancelliere. Copia autentica è quella che il pubblico ufficiale dichiara essere conforme al proprio originale l’autenticazione della copia è l’attestazione che essa è conforme all’originale, rilasciata dal pubblico ufficiale autorizzato. Da tale normativa non si evince in alcun modo che la mancanza della sigla abbreviata “f.to” apposta alla riproduzione del nominativo del magistrato che sottoscrive il decreto ingiuntivo si traduca in un vizio idoneo a dimostrare l’inesistenza, nell’originale del decreto, di qualsiasi sottoscrizione. È vero che l’articolo 14 l. numero 15/1968 norma abrogata dall’articolo 77 del d.P.R. numero 445/2000, ma in vigore all’epoca di emissione del decreto ingiuntivo in esame , nel disciplinare l’autenticazione di copie, stabiliva che “Essa consiste nell’attestazione di conformità con l’originale scritta alla fine della copia, dopo le eventuali chiamate in calce, a cura del pubblico ufficiale autorizzato, il quale deve altresì indicare la data e il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la qualifica rivestita, nonché apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell’ufficio”. Tale norma, tuttavia, non prevedeva sanzioni di nullità e, trattandosi, nella specie, di atto del processo, essa va coordinata con il disposto dell’articolo 156 c.p.c., alla stregua del quale non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge, salvo il caso in cui l’atto manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Se l’originale del titolo esecutivo è firmato, la mancanza della firma sulla copia autentica è una mera irregolarità. Posto che elemento essenziale dell’autenticazione della copia è l’attestazione della sua conformità all’originale, la pronuncia in commento esclude che la mancanza dell’abbreviazione “f.to” possa incidere su quell’elemento, con la conseguenza che la mancanza si traduce in una semplice irregolarità inidonea a rendere invalido l’atto, quando – come nella specie – non venga in discussione che esso fosse conforme all’originale e che tale originale – come è possibile evincere dagli atti prodotti anche in sede di legittimità – contenesse la sottoscrizione autografa del magistrato. Peraltro, la Suprema Corte ha già affermato il principio secondo cui, in tema di prova documentale, l’apposizione della formula esecutiva sulla copia della sentenza o, in questo caso, del decreto ingiuntivo, contiene necessariamente, anche implicitamente, l’attestazione di conformità all’originale che ne costituisce il presupposto. Ne consegue che il rilascio di copia in cui sia apposta l’attestazione di conformità ad altra copia in forma esecutiva assume lo stesso valore della copia conforme all’originale in virtù dell’articolo 2714, co. 2, cod. civ. così Cass. Civ., numero 12241/2003 . La decisione del giudice di merito è, quindi, illegittima, avendo eluso la necessità di dare rilievo preminente all’effettiva esistenza della sottoscrizione sull’originale del decreto ingiuntivo ed avendo attribuito alla mera irregolarità dell’assenza dell’abbreviazione “f.to” addirittura lo stesso effetto della radicale inesistenza del decreto ingiuntivo.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 maggio – 11 settembre2018, numero 22077 Presidente D’Antonio – Relatore Calafiore Fatti di causa 1 La Corte d’appello di Palermo, con sentenza numero 199/2013, ha respinto il gravame proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che, in sede di opposizione allo stato passivo del fallimento R. , aveva respinto la domanda di insinuazione al passivo proposta dall’Istituto in ragione del fatto che la copia del decreto ingiuntivo prodotto dall’Istituto, portante il numero 1138 del 1997, risultava priva della sottoscrizione del giudice, essendo presente sotto le parole “Il Pretore” la sola dicitura Dr. A. quindi, anche l’originale di tale decreto, data l’autenticità della copia, era giuridicamente inesistente e non poteva considerarsi valido titolo ai fini dell’ammissione al passivo fallimentare. 2 Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’Inps sulla base di un motivo illustrato da memoria. Resiste con controricorso il Fallimento R. . Ragioni della decisione 1 Con l’unico motivo di ricorso l’Inps, in relazione all’articolo 360, primo comma numero 3, deduce la violazione e o falsa applicazione dell’articolo 2697 cod. civ., degli arti. 474, 475 e 643 cod. proc. civ., nonché dell’articolo 153 disp. att. cod. proc. civ. In particolare, il ricorrente evidenzia l’erroneità della sentenza impugnata laddove la medesima ha ritenuto non operante la presunzione di conformità all’originale della copia del decreto ingiuntivo numero 1138/1997, depositato presso la cancelleria del Tribunale di Palermo e contenente una sottoscrizione mai contestata sotto la indicazione “Il Pretore” ciò sebbene l’Istituto avesse - nel corso dell’udienza del 13.11.2009 ed unitamente ad apposite note depositato la copia di tale originale dalla quale si evinceva la effettiva sottoscrizione corrispondente alla dicitura “Pretore dr. A. . 2 Il motivo è fondato. Lo stesso afferisce alla questione di diritto rappresentata dalla esattezza o meno della sussunzione del decreto ingiuntivo a suo tempo emesso dal Pretore g.l. di Palermo, in ragione della sua regolare formazione e sottoscrizione, sotto l’ambito della fattispecie di cui all’articolo 643 cod. proc. civ. 3 Trattandosi della denuncia di un vizio di sussunzione, cioè dell’esattezza della riconduzione della fattispecie di decreto ingiuntivo, per come emesso, sotto il paradigma normativo dell’articolo 643 cod. proc. civ., che fissa la regola relativa, la denuncia risulta esattamente riferita all’articolo 360 cod. proc. civ., numero 3, giacché essa attiene non alla ricostruzione di una questione in fatto esaminata dal giudice fallimentare in sede di opposizione allo stato passivo, nell’ambito della cognizione tipicamente oggetto di tale tipologia di processo, bensì alla riconduzione della questione in fatto esattamente ricostruita, cioè relativa al valore formale del decreto ingiuntivo, sotto l’ambito di disciplina delle norme di cui si denuncia la violazione, cioè lo stesso articolo 643 cod. proc. civ. da interpretarsi anche in considerazione del contenuto dell’articolo 153 disp. att. cod. proc. civ., stante l’apposizione della formula esecutiva sul decreto una volta emesso. 4 La riconduzione all’articolo 360 cod. proc. civ., numero 3, in questi termini, d’altro canto, si giustifica come riconosciuto da questa Corte di cassazione con la sentenza numero 1984 del 29.1.2014 in fattispecie accostabile alla presente sotto tale profilo ancorché sia l’articolo 643 c.p.c., sia l’articolo 153 cod. proc. civ., siano norme del procedimento, allorquando dispiegano la loro rilevanza e forza applicativa nel procedimento di emissione del decreto ingiuntivo e con riferimento a ciò che ne segue, ivi comprese le valutazioni da compiersi nel successivo giudizio di opposizione al passivo fallimentare. 5 Il decreto ingiuntivo, in altri termini, rileva in questa sede come titolo esecutivo ed, in forza del medesimo, del diritto dell’Inps di procedere all’esecuzione la norma dell’articolo 643 c.p.c. e quella complementare dell’articolo 153, vengono in rilievo come norme in forza delle quali il giudice dell’opposizione al passivo deve risolvere la quaestio iuris relativa alla sussistenza nel decreto dei caratteri del titolo esecutivo alla stregua di dette norme e della conseguente estensione della pretesa esecutiva. Dunque come norme che, ai fini del giudizio di opposizione allo stato passivo, rappresentano norme sostanziali che, in ragione del particolare oggetto del suo giudizio, quel giudice deve applicare e, dunque, quelle che disciplinano la vicenda da giudicare. 6 L’articolo 643 cod. proc. civ., dopo avere stabilito nel primo comma che l’originale del ricorso e del decreto rimane depositato in cancelleria, aggiunge nel secondo comma che Il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma degli articolo 137 e seguenti dello stesso codice. Tale notificazione, come chiarisce il terzo comma della citata norma, determina la pendenza della lite. 7 Il rilascio della copia autentica rientra tra le attribuzioni del cancelliere articolo 2714 c.c., articolo 58 e 744 c.p.c., articolo 76 disp. att. c.p.c. . Copia autentica è quella che il pubblico ufficiale dichiara essere conforme al proprio originale l’autenticazione della copia è l’attestazione che essa è conforme all’originale, rilasciata dal pubblico ufficiale autorizzato. 8 Dalla normativa suddetta non si evince in alcun modo che la mancanza della sigla abbreviata “f.to” apposta alla riproduzione del nominativo del magistrato che sottoscrive il decreto ingiuntivo si traduca in un vizio idoneo a dimostrare l’inesistenza, nell’originale del decreto, di qualsiasi sottoscrizione. È vero che l’articolo 14 della legge 4 gennaio 1968 numero 15 norma abrogata dall’articolo 77 del d.p.r. numero 445/2000 ma in vigore nel 1997, epoca di emissione del decreto ingiuntivo in esame , nel disciplinare l’autenticazione di copie così la rubrica , stabiliva nel secondo comma che Essa consiste nell’attestazione di conformità con l’originale scritta alla fine della copia, dopo le eventuali chiamate in calce, a cura del pubblico ufficiale autorizzato, il quale deve altresì indicare la data e il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la qualifica rivestita, nonché apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell’ufficio . Tale norma non prevede sanzioni di nullità e, trattandosi, nella specie, di atto del processo, essa va coordinata con il disposto dell’articolo 156 cod. proc. civ., alla stregua del quale non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge, salvo il caso in cui l’atto manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. 9 Orbene, posto che, come sopra rilevato, elemento essenziale dell’autenticazione della copia è l’attestazione della sua conformità all’originale, deve escludersi che la mancanza dell’abbreviazione “f.to” possa incidere su quell’elemento, con la conseguenza che la mancanza si traduce in una semplice irregolarità inidonea a rendere invalido l’atto, quando - come nella specie - non venga in discussione che esso fosse conforme all’originale e tale originale come è possibile evincere dagli atti prodotti anche in sede di legittimità dall’INPS contiene la sottoscrizione autografa del Pretore A. . 10 Tanto premesso va, ancora, rilevato che questa Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui in tema di prova documentale, l’apposizione della formula esecutiva sulla copia della sentenza, o in questo caso del decreto ingiuntivo, rilasciata dal cancelliere ai sensi dell’articolo 153 disp. att. cod. proc. civ. contiene necessariamente, anche implicitamente, la attestazione di conformità all’originale che ne costituisce il presupposto. Ne consegue che il rilascio di copia in cui sia apposta l’attestazione di conformità ad altra copia in forma esecutiva assume lo stesso valore della copia conforme all’originale in virtù dell’articolo 2714, secondo comma cod. civ. vd. Cass. 12241 del 2003 . 11 Tale considerazione assume valore essenziale ai fini della sussunzione della concreta fattispecie nella previsione astratta di titolo idoneo a supportare l’ammissione al passivo fallimentare. Per tale ragione nell’esposizione del fatto parte ricorrente ha riprodotto la sottoscrizione esistente sul decreto ingiuntivo in questione, assumendo che nell’originale depositato in cancelleria era apposta la firma del Pretore “A. ”. 12 Nella sentenza impugnata la Corte d’appello di Palermo ha del tutto eluso la necessità di dare rilievo preminente alla effettiva esistenza della sottoscrizione sull’originale del decreto ingiuntivo ed ha attribuito alla mera irregolarità dell’assenza dell’abbreviazione “f.to” addirittura lo stesso effetto della radicale inesistenza del decreto ingiuntivo. 13 Le complessive considerazioni svolte evidenziano il palese errore di apprezzamento in iure commesso dal Tribunale nel disconoscere l’inesistenza del decreto ingiuntivo. 14 Il ricorso deve essere, dunque, accolto e la sentenza cassata essendo necessari ulteriori accertamenti sui presupposti per l’ammissione al passivo fallimentare dell’INPS, la causa va rinviata alla corte d’appello di Palermo in diversa composizione che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del presente giudizio di legittimità.