Personalizzazione del danno: senza adeguate prove la depressione è inglobata nel danno biologico

Il danno psichico lamentato davanti alla Suprema Corte, da parte dei genitori del danneggiato in seguito ad un sinistro stradale, è troppo generico. Confermata è la decisione di merito secondo la quale il pregiudizio esistenziale causato dalla depressione e dai disturbi psichici non è dimostrato «mediante allegazione delle pregresse abitudini di vita del danneggiato, eventualmente compromesse dal sinistro, al fine di pervenire ad una ulteriore personalizzazione del danno».

Sul punto la Cassazione con ordinanza numero 16507/18, depositata il 22 giugno. Il caso. In seguito ad un sinistro stradale il Tribunale adito dai danneggiati, i genitori di un minore coinvolto nell’incidente, condannava al risarcimento danni i convenuti in solido, ossia il guidatore del motocarro che aveva parcheggiato distrattamente provocando la caduta del minore e la compagnia assicuratrice. Nello specifico il Tribunale dichiarava il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in favore degli attori. La sentenza di primo grado veniva appellata dagli attori, i quali lamentavano l’errata valutazione dei danni da invalidità permanente e temporanea. La Corte d’Appello adita, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava gli appellati al pagamento di un ulteriore importo a titolo di risarcimento per il minore. Avverso la decisione di merito i genitori del minore danneggiato, insoddisfatti della decisione di merito, hanno proposto ricorso per cassazione con un unico motivo. Tra le varie doglianze contenute nel motivo di ricorso, relative all’errata valutazione della Corte territoriale circa la determinazione del danno da invalidità permanente e temporanea, emerge la rilevazione del ricorrente in merito alla sussistenza di un danno psichico sul presupposto che «la consapevolezza della necrosi della testa del femore provoca anche depressione e disturbi psichici che si aggiungono al pregiudizio già preso in esame dai giudici di merito». Il danno psichico. Esprimendosi sul punto la Cassazione ha ritenuto che la questione circa la depressione da consapevolezza della patologia è del tutto generica ed è correttamente già stata presa in esame dalla Corte territoriale. Osserva il Collegio che nella decisione impugnata il rilievo non è prospettato come autonoma «denominazione psichica da somatizzazione», per questo rientra nella nozione di danno biologico. Infatti la Cassazione, richiamando la costante giurisprudenza della Corte di legittimità, ha precisato che «l’effettiva consistenza delle sofferenze anche psichiche, patite dal soggetto leso rientrano nel concetto onnicomprensivo di danno non patrimoniale, in applicazione del valore tabellare del punto». Ciò in quanto il pregiudizio esistenziale lamentato non è provato dall’allegazione delle pregresse abitudini di vita del danneggiato, che potrebbero essere state compromesse dal sinistro, per la personalizzazione del danno. In conclusione la Suprema Corte, confermando in toto la decisione del Giudice di merito ha rigettato il ricorso anche in relazione alle altre doglianze.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 19 dicembre 2017 – 22 giugno 2018, numero 16507 Presidente Armano – Relatore Positano Fatto e diritto Rilevato che con atto di citazione D.C.F. e P.C. , nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore M. , evocavano in giudizio Generali Business Solutions SCPA e T.E. esponendo che, in data 13 ottobre 2001, si era verificato un sinistro in omissis nel quale erano rimasti coinvolti il ciclomotore condotto da D.C.S. e con a bordo M. ed il motocarro Piaggio di proprietà di T.E. , assicurato per la responsabilità civile con Assitalia-Assicurazioni d’Italia S.p.A., precisando che l’incidente si era verificato per colpa esclusiva del conducente del motocarro, il quale aveva parcheggiato il veicolo senza avvedersi che lo stesso non era stabilmente fermo, per cui, a causa della pendenza dell’asfalto, aveva iniziato a procedere in retromarcia senza controllo, investendo il ciclomotore e provocando la caduta rovinosa del minore sull’asfalto. Costituitasi la compagnia di Assicurazioni contestava la pretesa degli attori. Con sentenza numero 699 del 3 dicembre 2009 il Tribunale di Rossano condannava i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore dell’attore, dichiarando inammissibile la domanda di risarcimento del danno patrimoniale per la riduzione della capacità lavorativa specifica avverso tale sentenza proponeva appello D.C.M. lamentando la errata valutazione dei danni da invalidità permanente e temporanea e la compensazione delle spese di lite. Si costituiva la società consortile per azioni, Generali Business Solutions resistendo al gravame. Rigettata la richiesta di rinnovazione della consulenza medico-legale formulata dall’appellante, la Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza del 20 gennaio 2016, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condannava gli appellati in solido al pagamento dell’ulteriore importo di Euro 99.212, confermando nel resto la decisione e compensando per la metà le spese del giudizio e ponendo la restante parte a carico degli appellati in solido avverso tale decisione propone ricorso per cassazione D.C.M. sulla base di un motivo che illustra con memorie ex articolo 380 bis c.p.c Considerato che con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione degli articoli 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c, ai sensi dell’articolo 360, numero 3 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360, numero 5 c.p.c. rilevando che l’incidenza sull’invalidità dell’attore della necrosi dell’osso su cui vengono applicate periodicamente le protesi e la necessità dei conseguenti interventi chirurgici non sarebbe stata valutata unitamente alla incidenza di tale patologia anche sul piano psicologico e per le conseguenze della scoliosi secondaria del rachide e la cronica lombalgia. La Corte d’Appello si sarebbe appiattita sulle valutazioni operate dal secondo consulente, dottor C. , senza avvedersi del fenomeno della necrosi della testa del femore, che necessita di periodica amputazione per consentire l’applicazione di nuove protesi. La motivazione adottata dai giudici di appello sarebbe contraddittoria e illogica nella parte in cui, da un lato da atto che il consulente avrebbe valutato la malformazione ingravescente, quale profilo insito nell’involuzione della malattia, mentre dall’altro, aggiunge il periodo di invalidità temporanea assoluta conseguente al ricovero verificatosi dopo l’esame del consulente la Corte territoriale ha ritenuto ricompresa nella valutazione operata dal consulente anche la conseguenza dei successivi interventi chirurgici, cui dovrà sottoporsi sulla base della considerazione secondo cui la coxartrosi sarebbe una patologia degenerativa. Ma oltre a tale elemento tecnico la Corte non avrebbe considerato, secondo il ricorrente, che la necrosi asettica della testa del femore richiederà periodiche sostituzioni. Inoltre le stesse tabelle medico-legali richiamate dalla Corte non attribuiscono la percentuali invalidanti riconosciute dal consulente e fatte proprie dal giudice di appello, ma una maggiore e più grave. Inoltre la Corte territoriale non approfondisce la distinzione tra le due forme di coxartrosi e la circostanza che la protesi applicata è del tipo non cementata, che pertanto richiede un maggior numero di sostituzioni con conseguente maggior pregiudizio sia a medio che a lungo termine. Quanto al danno psichico il ricorrente rileva che la consapevolezza della necrosi della testa del femore provoca anche depressione e disturbi psichici che si aggiungono al pregiudizio già preso in esame dai giudici di merito il ricorso presenta profili di inammissibilità per difetto di autosufficienza Sez. 1, Sentenza numero 11482 del 03/06/2016, Rv. 639844 - 01 in quanto il nucleo centrale delle doglianze attiene al lamentato profilo dell’insufficienza argomentativa della motivazione della Corte territoriale in quanto la sentenza avrebbe recepito le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiara di condividere il merito. In tal caso è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice a quo , ma soprattutto ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità. Sez. 1, Sentenza numero 11482 del 03/06/2016, Rv. 639844 - 01 . A tal fine deve ritenersi insufficiente il sintetico richiamo contenuto a pagina 13 del ricorso alle note critiche alla consulenza depositata il 16 settembre 2008, sia per quanto detto in premessa, sia perché tali deduzioni non prendono in esame buona parte dei rilievi contenuti in ricorso che attengono alle fasi successive esami e interventi successivi all’anno 2008 . Questo con specifico riferimento alle caratteristiche dell’intervento del 2014 descritto il ricorso, alla tipologia della protesi che si assume applicata, ai differenti effetti di tale protesi rispetto alle altre, sia in termini di maggiore usura, che di necessità di nuove e reiterate sostituzioni nello stesso modo difetta di autosufficienza la deduzione secondo cui la bareme medico-legale richiamata dalla Corte territoriale per la patologia in oggetto attribuirebbe una percentuale invalidante diversa e superiore. Analoghe considerazioni riguardano le tipologie di coxartrosi esistenti in letteratura medica, come pure il tipo di protesi d’anca cementata e non cementata e gli effetti a medio e lungo termine ma oltre a tali valutazioni, le censure sono,comunque, infondate poiché le argomentazioni poste a sostegno del ricorso sono state adeguatamente valutate e superate dalla Corte territoriale, con motivazione congrua, con riferimento ai tre elementi centrali dedotti in ricorso, relativi alla omessa valutazione della necrosi asettica e successivi interventi pagg. 11-12 della decisione impugnata e disturbo psichico pag. 13 e seguenti . In particolare, nel valutare la complessiva adeguatezza della relazione del secondo consulente d’ufficio, il dottor C.E.A. , la Corte territoriale ha evidenziato che il professionista ha specificamente tenuto conto della giovanissima età del danneggiato e dei riflessi subiti dal medesimo sul piano psichico e fisico pagina 9 della sentenza puntualizzando la limitazione funzionale dell’anca sinistra e la evoluzione artrosica per persistente presenza di un mezzo di osteosintesi estraneo, per lungo tempo . Sulla base di tale dato centrale ha richiamato i parametri medico-legali delle bareme più accreditate guida Lovoni-Bernardi-Mangili . La Corte, quindi, ha adeguatamente verificato la circostanza che la coxartrosi presenta una evoluzione artorosica degenerativa, anche in considerazione della presenza, per lungo tempo, di un mezzo di osteosintesi estraneo. La Corte territoriale riferisce che il consulente perviene a tale valutazione esaminando oltre ai precedenti riscontri radiografici, anche il referto dell’ospedale di Conegliano del 14 novembre 2007. La Corte d’Appello esamina lo specifico motivo di doglianza, oggi riproposto dal ricorrente, relativo alla circostanza che, dopo l’espletamento della seconda consulenza tecnica, il periziando era stato sottoposto ad un nuovo ricovero in data 2 febbraio 2014 e al conseguente intervento di rimozione delle viti di osteosintesi con applicazione di una protesi d’anca non cementata. La Corte territoriale, con motivazione specifica e, comunque, adeguata, rileva che gli esiti correlati alla coxartrosi presuppongono fisiologicamente una evoluzione artrosica, con probabile modificazione in senso peggiorativo delle strutture ossee e dei legamenti pertanto, nella valutazione espressa dal consulente limitazione funzionale dell’anca e evoluzione arto rosica per persistente presenza di un mezzo di osteosintesi estraneo, per lungo tempo deve ritenersi compresa la valutazione della malformazione quale fenomeno ingravescente. In sostanza l’artrosi, nei termini in cui è stata diagnosticata, costituisce un fenomeno degenerativo che è stato necessariamente considerato dal consulente ed in questi termini valutato sulla base delle citate bareme medico-legali pagina 12 . Nello stesso modo nella valutazione operata in termini di danno non patrimoniale relativo al profilo fisico e a quello psichico, deve considerarsi ricompresa la sindrome ansioso depressiva connessa alla giovane età del danneggiato oltre a ciò occorre considerare che la pretesa contraddittorietà della motivazione pagina 7 del ricorso oltre che costituire profilo inammissibile, poiché ormai estraneo alla ipotesi prevista all’articolo 360, numero 5 c.p.c., risulta priva di fondamento in quanto le due valutazioni operate dalla Corte territoriale e ritenute dal ricorrente contraddittoria ritenere che il consulente di ufficio abbia valutato la malformazione ingravescente, inglobandovi l’involuzione tipica della coxartrosi, ma computare separatamente gli ulteriori periodi di invalidità temporanea assoluta conseguenti al ricovero relativo all’intervento dell’anno 2014 riguardano differenti finalità. È evidente che il primo profilo riguarda l’invalidità permanente e la argomentazione tende a dimostrare che la valutazione della menomazione operata dal consulente, dottor C. , riguarda anche la successiva involuzione della patologia. Il secondo profilo, invece, attiene all’invalidità temporanea a causa dell’ulteriore ricovero che, rispetto alla consulenza di ufficio, rappresenta un nuovo profilo definibile in termini di invalidità temporanea assoluta o relativa con riferimento al periodo di ricovero e alla sottoposizione ai cicli di recupero funzionale dell’arto quanto al danno psichico, come già rilevato, la questione riguarda la dedotta depressione da consapevolezza della patologia a causa anche della necrosi della testa del femore che determinerebbe depressione e disturbi psichici . Il rilievo, inammissibile per l’assoluta genericità è già stato preso in esame dalla Corte territoriale nella decisione impugnata dovendosi rilevare che lo stesso non viene prospettato come autonoma denominazione psichica da somatizzazione, per cui rientra nella nozione di danno biologico sulla quale la Corte territoriale si sofferma con motivazione adeguata, rilevando che tali esiti devono ritenersi già conglobati nella complessiva valutazione del pregiudizio alla salute come stimato, la pretesa sindrome ansioso-depressiva rapportata alla giovanissima età del soggetto danneggiato 15 anni al momento del sinistro . Sotto tale profilo la Corte pagina 16 evidenzia che l’effettiva consistenza delle sofferenze anche psichiche, patite dal soggetto leso rientrano nel concetto onnicomprensivo di danno non patrimoniale, in applicazione del valore tabellare del punto, evidenziando che la sussistenza di un pregiudizio esistenziale non è stata dimostrata mediante l’allegazione delle pregresse abitudini di vita del danneggiato, eventualmente compromesse dal sinistro, al fine di pervenire ad una ulteriore personalizzazione del danno facendo riferimento al profilo delle condizioni soggettive medie richiamato da costante giurisprudenza di questa Corte ne consegue che il ricorso deve essere rigettato nulla per le spese attesa la assenza di attività difensiva degli intimati in questa sede. Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17 Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . P.T.M. Rigetta il ricorso Nulla per le spese. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma ibis dello stesso articolo 13.