Se la prima impugnazione è viziata, il termine per proporne una seconda è sempre quello breve?

Il Primo Presidente viene chiamato a valutare la possibilità di rimettere alle Sezioni Unite la soluzione del quesito giuridico relativo all’interpretazione dell’articolo 358 c.p.c. per la quale, in caso di impugnazione inammissibile o improcedibile, la nuova proposizione del gravame è soggetta al termine breve decorrente dalla data della notificazione della prima impugnazione, anche nell’ipotesi in cui l’appellante, senza sua colpa, abbia avuto consapevolezza della nullità del primo gravame dopo che il termine breve era già decorso.

E’ quanto risulta dall’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione numero 9782/15 depositata il 13 maggio. Il caso. La Corte d’appello di Brescia dichiarava inammissibile per tardività il gravame proposto da un Comune nei confronti del Fallimento di una S.r.l. avverso la sentenza definitiva con la quale il Tribunale di Cremona dichiarava la risoluzione del contratto di appalto per noleggio di apparecchiature di misurazione della velocità stipulato tra le parti e condannava il Comune al risarcimento del danno. La pronuncia di inammissibilità si fondava sull’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, essendo ampiamente decorso il termine di cui all’articolo 325 c.p.c. a seguito della notificazione di un primo atto d’appello improcedibile. Il quesito di diritto il termine per la seconda impugnazione è sempre quello breve?. Avverso tale pronuncia il Comune soccombente propone ricorso in Cassazione con un unico motivo. Sostiene il ricorrente la violazione dell’articolo 358 c.p.c. e pone ai Supremi Giudici quesito di diritto in merito all’inapplicabilità o meno della norma in caso di gravame nullo e «in caso contrario, dica la S.C. se non sia manifestamente infondata, per violazione dell’articolo 24 Cost., l’interpretazione tradizionale dell’articolo 358 c.p.c., per cui in caso di impugnazione inammissibile o improcedibile, la nuova impugnazione è soggetta al termine breve decorrente dalla data della notificazione della prima impugnazione, anche nell’ipotesi in cui l’appellante, senza sua colpa, abbia avuto consapevolezza della nullità del gravame dopo che il termine breve era già decorso». Il principio di consumazione dell’impugnazione. La norma invocata dal ricorrente prevede l’impossibilità di riproporre un appello che sia stato dichiarato inammissibile o improcedibile e ciò in base il principio di consumazione dell’impugnazione, secondo il quale è possibile proporre una seconda impugnazione finché non sia stata pronunciata definitivamente l’inammissibilità o improcedibilità del primo e sempre che non siano ancora decorsi i relativi termini. La notifica dell’impugnazione equivale a quella della sentenza? Il termine per la seconda impugnazione è costantemente individuato dalla giurisprudenza in quello breve, posta l’equipollenza della notificazione della prima impugnazione a quella della sentenza impugnata, la cui conoscenza viene ad essere surrogata dalla notificazione dell’impugnazione Cass. sent. numero 21717/12, numero 9265/10 . La dottrina ha osservato che, ove sussistano queste condizioni, è irrilevante la tipologia del vizio da cui è affetto il primo atto di gravame, potendo essere un vizio di natura strutturale, quanto funzionale come la mancata tempestiva iscrizione a ruolo. Tale orientamento è però contraddetto e criticato dalla dottrina maggioritaria secondo la quale la notificazione della sentenza, ai fini del decorso del termine per impugnarla, «non potrebbe avere equipollenti» con la conseguenza che la conoscenza della sentenza ottenuta dalla parte attraverso vie diversa dalla regolare notificazione o pubblicazione «dovrebbe rimanere irrilevante». Il “nuovo” termine lungo. La distanza tra i due orientamenti potrebbe essere colmata, afferma il Collegio, facendo leva sull’attuale formulazione dell’articolo 327 c.p.c. che fissa il termine lungo per le impugnazioni in 6 mesi, anziché in un anno come previsto precedentemente, in modo che «anche il temuto pregiudizio per la celerità dei procedimento si verrebbe sensibilmente ad attenuare». Per questi motivi, la causa viene rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili per la soluzione della questione che, come argomentato, riveste particolare importanza.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 16 aprile – 13 maggio 2015, numero 9782 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. La Corte d'appello di Brescia ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, il gravame proposto dal Comune di Scandolara Ravara d'ora in avanti solo il Comune nei confronti del Fallimento Italservizi srl avverso la sentenza definitiva pronunciata il 3 settembre 2003 dal Tribunale di Cremona dichiaratosi competente, con sentenza non definitiva del 26/7-17/8/2000 con la quale, in accoglimento della domanda proposta dalla società in bonis, era stata dichiarata la risoluzione del contratto di appalto per il noleggio di apparecchiature di misurazione della velocità e condannato il Comune al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento dei danni, oltre che alla rifusione delle spese processuali. 1.1. Per il giudice distrettuale l'inammissibilità dell'impugnazione era la conseguenza dell'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, atteso che la stessa non era stata notificata al procuratore costituito in giudizio e che il gravame era stato notificato il 3 novembre 2003, nei confronti della società in bonis, e poi il 4-10 marzo 2004, nei riguardi della Curatela. 1.2. In tal modo sarebbe ampiamente decorso il termine di cui all'articolo 325 c.p.c., a seguito della notificazione del primo atto di appello, senza che la costituzione dell'appellato possa sanare il vizio atteso che la tardività del gravame comporta il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Né tale diritto vivente potrebbe dirsi in contrasto con l'articolo 24 della Costituzione, atteso che la parte avrebbe pur sempre un termine di impugnazione dopo la proposizione del primo appello. 2. Avverso tale pronuncia ricorre il Comune soccombente, con ricorso affidato a un unico mezzo. 3. La curatela fallimentare resiste con controricorso e memoria illustrativa. Motivi della decisione 1.1. Con l'unico mezzo Violazione per falsa applicazione dell'articolo 358 c.p.c., con riguardo all'asserita tardività dell'appello. Eventuale incostituzionalità, per violazione dell'articolo 24 Cost., della lettura tradizionale dell'articolo 358 c.p.c. viene posto il seguente quesito di diritto “Dica codesto S.C. se sia vero che l'articolo 358 c.p.c. non è applicabile al caso del gravame nullo in caso contrario, dica se non sia non manifestamente infondata, per violazione dell'articolo 24 Cost., l’interpretazione tradizionale dell'articolo 358 c.p.c., per cui in caso di impugnazione inammissibile o improcedibile, la nuova impugnazione è soggetta al termine breve decorrente dalla data della notificazione della prima impugnazione, anche nell'ipotesi in cui l'appellante, senza sua colpa, abbia avuto consapevolezza della nullità del gravame dopo che il termine breve era già decorso”. 1.1.1. Osserva il ricorrente che la disposizione richiamata conterrebbe la previsione di una vera e propria forma di sospensione dei termini, come sarebbe stato riconosciuto dalla stessa Corte di cassazione a proposito dell'analogo caso di cui all'articolo 1 del Decreto-Legge numero 364 del 1997, convertito nella legge numero 434 del 1997. 2. Il ricorso va rimesso all'esame del Primo Presidente della Corte di Cassazione perché valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, per la soluzione della questione di massima di particolare importanza, ai sensi dell'articolo 374, secondo comma, ult. parte, c.p.c., costituita dal ragionamento che segue. 3. Ai sensi dell'articolo 358 c.p.c. non è possibile riproporre un appello che sia stato dichiarato inammissibile o improcedibile, secondo il principio di consumazione dell'impugnazione. 3.1. Secondo tale principio, fino a quando non sia stata pronunciata, con provvedimento definitivo, l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, è proponibile una seconda impugnazione, purché non siano ancora decorsi i termini per impugnare. 3.2. Pertanto, la riproposizione dell'impugnazione inammissibile o improcedibile è consentita sino a che non sia intervenuta la pronuncia di inammissibilità o di improcedibilità Cass. nnumero 11308 del 2011 23220 del 2005 12803 del 2000 , entro il termine breve di impugnazione, visto che - secondo questa Corte - la notificazione della prima impugnazione è equipollente alla notificazione della sentenza impugnata Cass. nnumero 21717 del 2012 9265 del 2010 835 del 2006 20912 del 2005 . 3.3. Infatti, secondo la detta giurisprudenza, la conoscenza legale della sentenza che si ha con la sua notificazione verrebbe ad essere surrogata dalla notificazione dell’impugnazione. 3.4. Ha, al riguardo, osservato la dottrina che, se sussistono queste condizioni a nulla rileva la tipologia del vizio da cui è affetto il primo atto di gravame, poi sostituito potrebbe trattarsi di un vizio tanto strutturale, come la carenza di uno dei requisiti di forma-contenuto dell'atto, quanto funzionale come la mancata iscrizione a ruolo nel termine. 3.5. Ma, com'è noto, pressoché tutta la dottrina critica il suddetto per quanto consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale la notificazione dell'impugnazione inammissibile o improcedibile è equipollente alla notificazione della sentenza e la conseguenza, cui esso conduce, di fare decorrere il termine breve per l'impugnazione anche se la sentenza non sia stata notificata. 3.5.1. Si osserva al riguardo che la notificazione della sentenza, ai fini del decorso dei termini di impugnazione, non potrebbe avere equipollenti e che la conoscenza effettiva della sentenza che la parte ottenga in un modo che non sia quello della notificazione o della pubblicazione dovrebbe rimanere irrilevante. 3.6. Del resto, osserva il Collegio, che a far riconsiderare l'opportunità di una riduzione della distanza esistente nei due ragionamenti quello giurisprudenziale e quello dottrinale potrebbe militare l'attuale formulazione dell'articolo 327 c.p.c. che ha ridotto da un anno a sei mesi il c.d. termine lungo di decadenza per proporre le impugnazioni. 3.6.1. In tal modo, anche il temuto pregiudizio per la celerità dei procedimento si verrebbe sensibilmente ad attenuare poiché la parte che abbia proposto irrituale impugnazione contro una sentenza non notificata vede sensibilmente ridotto il termine per far valere le sue difese con una impugnazione correttamente proposta. P.Q.M. Rimette la causa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili per la soluzione della questione di massima di particolare importanza, ai sensi dell'articolo 374, secondo comma, ult. Parte, c.p.c