Il ritardo nel pagamento dei danni da infiltrazioni rileva come lucro cessante

In materia di risarcimento del danno e di rimborso delle somme necessarie a ripristinare la situazione lesiva, oltre al danno emergente può essere riconosciuto il danno da lucro cessante in relazione al nocumento finanziario subito dal danneggiato per la non tempestiva disponibilità della somma da parte del responsabile.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9484/15 depositata l’11 maggio. Il fatto. Gli acquirenti di un immobile convenivano in giudizio la società venditrice per ottenere il risarcimento dei danni dovuti alla presenza di macchie di umidità persistenti anche dopo alcuni interventi eseguiti dalla medesima venditrice. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea, riconoscendo il diritto al risarcimento dai danni subiti, con detrazione degli acconti già versati dalla convenuta. Quest’ultima impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’appello, gli acquirenti resistevano con appello incidentale per il mancato riconoscimento del danno derivante dal diminuito godimento dell’immobile. La Corte d’appello rigettava il gravame incidentale ed accoglieva quello principale relativo al riconoscimento del lucro cessante, di cui difettava la prova. Gli acquirenti dell’immobile ricorrono per la cassazione della sentenza di seconde cure, lamentando, da un lato, il mancato riconoscimento del lucro cessante, in termini di diminuito godimento dell’immobile e difetto di salubrità degli ambienti, dall’altro, il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata dal giudice di prime cure. Il danno da lucro cessante. Il primo motivo di doglianza articolato dai ricorrenti risulta privo di fondamento, avendo il giudice dell’appello adeguatamente motivato la valutazione di merito che ha portato ad escludere il danno da lucro cessante. Sulla somma determinata con CTU per le riparazioni necessarie a risolvere il problema delle infiltrazioni lamentate dai ricorrenti, il giudice ha difatti correttamente riconosciuto il diritto al risarcimento del solo danno subito per il ritardo nel versamento della somma stessa. È difatti pacifico che, in tema di risarcimento danni, è dovuto, oltre alla svalutazione sulla somma liquidata per ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato antecedente alla consumazione dell’illecito c.d. danno emergente , anche il danno da lucro cessante, in relazione al nocumento finanziario subito dal danneggiato per la mancata tempestiva disponibilità della somma stessa . Il diminuito godimento dell’immobile. Anche per quanto riguarda il danno da lucro cessante per il diminuito godimento dell’immobile, la Cassazione condivide l’argomentazione del giudice di merito, il quale ha affermato che dopo gli interventi di riparazione del danno, di natura modesta e non invasiva , l’immobile non ha subito un decremento patrimoniale, come risulta dalla CTU, aggiungendo poi che la domanda non era ammissibile poiché posta per la prima volta in sede di appello. Ad ogni modo, il riconoscimento del risarcimento del lucro cessante non è automatico, presupponendo la prova dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile. Posto che l’infondatezza del primo motivo di ricorso si estende anche alla seconda censura, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 marzo – 11 maggio 2015, n. 9484 Presidente Piccialli – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione del 29.3.1992 Ma.Gi. e M.M.P. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la s.r.l. Santa Croce per sentirla condannare al risarcimento dei danni per vizi dell'immobile alienato dalla convenuta stessa ad essi attori, vizi consistenti in macchie di umidità su alcune pareti e solai, persistenti nonostante alcuni interventi riparatori eseguiti dalla società venditrice. Quest'ultima si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale, con sentenza del 4.9.2002, espletata C.T.U., condannava la convenuta al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di Euro 4.212,22, oltre rivalutazione monetaria ed interessi dalla domanda, con detrazione dell'acconto già versato alla s.r.l. Santa Croce, pari a L. 3.156.000 e condanna alla refusione delle spese di lite. Avverso tale decisione la società Santa Croce proponeva appello cui resistevano Ma.Gi. e M.M.P. , avanzando appello incidentale per il mancato riconoscimento del danno derivante dal diminuito godimento dell'immobile. Con sentenza depositata in data 8.5.2008 la Corte di Appello di Roma rigettava il motivo di appello inerente al mancato riconoscimento del concorso del danneggiato nella causazione del danno lamentato accoglieva il motivo di gravame relativo al riconoscimento del lucro cessante, per difetto di prova su tale voce di danno escludeva la rivalutazione monetaria sulla somma dovuta, ritenuto che doveva riconoscersi solo il danno per il ritardo, da quantificarsi in Euro 300,00, oltre interessi legali dal deposito della sentenza di primo grado fino al soddisfo, avvenuto il 9.5.2003 respingeva l'appello incidentale in quanto attinente a domanda nuova e condannava la società Santa Croce al pagamento di Euro 300,00 condannava gli attori appellanti alla restituzione della maggior somma versata in esecuzione della sentenza di primo grado poneva le spese processuali di primo grado a carico della convenuta soccombente e dichiarava compensate fra le parti le spese del grado. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso M.M.P. , in proprio e nella qualità di erede di Ma.Gi. , formulando due motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso la s.r.l. Santa Croce. Motivi della decisione La ricorrente deduce due motivi, corredati da quesiti di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis 1 violazione e falsa applicazione degli artt. 1494 e 1223 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte territoriale negato il danno da lucro cessante, non considerando che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., tale danno si concretava nel mancato godimento dell'immobile nella misura in cui gli acquirenti avrebbero potuto usufruirne ove il bene fosse stato immune da vizi, anche sotto il profilo del difetto di salubrità degli ambienti, danneggiati da infiltrazioni meteoriche 2 violazione e falsa applicazione degli artt. 1218-1224-1316-1317 c.c. in relazione al mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, pur trattandosi di debito di valore, tenuto conto, peraltro, che il pagamento parziale acconto versato in corso di causa non valeva ad estinguere la correlata obbligazione,insuscettibile di adempimento parziale. Il ricorso è infondato. Il quesito di diritto relativo al primo motivo non è correlato alle ragioni della decisione, avendo il giudice di appello escluso il danno da lucro cessante sulla base di una valutazione di merito sorretta da adeguata motivazione, laddove ha affermato che, sulla somma determinata dal C.T.U. rivalutata alla data del 19.6.1998 , per eseguire le riparazioni necessarie delle infiltrazioni di umidità lamentate, spettava solo il danno per il ritardo, tenuto conto che tale somma era stata corrisposta il 6.7.98 e che la domanda risaliva al 1992. Sulla base di tali circostanze il danno per il ritardo è stato determinato equitativamente in Euro 300,00, oltre agli interessi legali dal deposito della sentenza di primo grado fino al soddisfo. Tale statuizione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte che, in materia di risarcimento danni, ha affermato il principio secondo cui è dovuto,oltre alla svalutazione sulla somma liquidata per ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato antecedente alla consumazione dell'illecito c.d. danno emergente , anche il danno da lucro cessante, in relazione al nocumento finanziario subito dal danneggiato per la mancata tempestiva disponibilità della somma stessa Cass. n. 5054/2009 . La Corte di merito ha, peraltro, escluso il danno da lucro cessante per il diminuito godimento dell'immobile in quanto, evidenziando, con apprezzamento in fatto, che una volta effettuata la riparazione del danno, di natura modesta e non invasiva , non era ravvisabile, sulla base di quanto accertato dal C.T.U., un decremento patrimoniale dell’immobile/aggiungendo che, in primo grado, parte attrice aveva chiesto solo i danni per la presenza di umidità nell'immobile e non per il diminuito godimento di esso, danno che, comunque, non era stato provato da parte attrice. Orbene, la censura non investe tutte le ragioni di tale valutazione di merito e, va di conseguenza rigettata, dovendosi ribadire, peraltro, che il risarcimento del danno da lucro cessante non può essere riconosciuto automaticamente, ma esige la prova dell'esistenza di elementi oggettivi e certi da cui desumente l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile Cass. n. 11353/2010 . Quanto osservato comporta la infondatezza anche della seconda censura, avendo la sentenza impugnata dato atto della rivalutazione, fino al 19.6.1998, della somma riconosciuta per eliminare i vizi dedotti, sicché correttamente il giudice di appello ha riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva attribuito alla parte attrice una rivalutazione monetaria sulla somma già rivalutata oltre agli interessi legali. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.