Come ormai noto, dall’entrata in vigore del d.m. 20 luglio 2012, trovano applicazione i nuovi parametri per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non nel caso in cui il professionista abbia precedentemente concluso la propria prestazione.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 14038/17 depositata il 6 giugno. Il caso. Un avvocato ricorre per la cassazione della sentenza con cui il Tribunale di Napoli accoglieva solo in parte il suo appello avverso la pronuncia del Giudice di Pace sulla liquidazione dei propri diritti. Il Tribunale aveva ritenuto generiche le doglianze mosse dall’avvocato sulla liquidazione delle spese in misura inferiore ai minimi tariffari per non aver indicato le specifiche voci negate ed aveva inoltre ritenuto inapplicabile il d.m. numero 127/2004 sulle tariffe professionale per l’intervenuta abolizione delle tariffe ad opera del d.l. numero 223/2006 conv. in l. numero 248/2006 . Tariffe forensi. Il Collegio coglie l’occasione per precisare che, in virtù dell’articolo 2, commi 1 e 2, d.l. numero 223/2006 conv. in l. numero 248/2006 , l’abolizione dei minimi tariffari trova applicazione nei rapporti tra professionista e cliente, ma la tariffa continua ad esistere nel momento in cui il giudice debba procedere alla regolamentazione delle spese di giudizio secondo il criterio della soccombenza Cass. numero 7293/2011 , fino all’abrogazione della tariffa intervenuta, con riferimento alle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, con l’articolo 9 d.l. numero 1/2012, conv. in l. numero 27/2012, attuato dal d.m. 20 luglio 2012. Dall’entrata in vigore di quest’ultima disposizione dunque, trovano applicazione i nuovi parametri anche nel caso in cui il professionista non abbia ancora completato la prestazione professionale iniziata in un momento precedente. Nel caso di specie, però la situazione che si presentava al Tribunale era diversa, posto che le prestazioni per cui il ricorrente chiedeva la liquidazione del compenso si era concluse prime dell’entrata in vigore del d.m. numero 120/2012. Si rivela dunque erronea l’esclusione delle tariffe per la professione forense di cui al d.m. numero 127/2004. La S.C. chiarisce inoltre che, in tema di liquidazione delle spese processuali, in presenza di una specifica nota della parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti del procuratore e degli onorari dell’avvocato in misura inferiore a quella esposta, dovendo al contrario motivare adeguatamente sull’eliminazione o riduzione di alcune voci. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli in diversa persona.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 aprile – 6 giugno 2017, numero 14038 Presidente Amendola – Relatore Vincenti Fatto e diritto Ritenuto che, con ricorso affidato a due motivi, A.A. ha impugnato la sentenza del Tribunale di Napoli, del 3 aprile 2015, che accoglieva solo in parte l’appello dal medesimo proposto avverso la decisione del Giudice di pace della medesima Città, rigettando - per quanto ancora rileva in questa sede - il gravame sulla disposta liquidazione dei diritti di avvocato che resiste con controricorso la HDI Assicurazioni S.p.A., mentre non ha svolto attività difensiva l’intimato C.G. che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la controricorrente ha depositato memoria che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata. Considerato, preliminarmente, che è da disattendere l’eccezione di improcedibilità del ricorso avanzata da parte controricorrente, poiché detto atto è stato depositato il 30 marzo 2016, là dove l’ultima notifica dello stesso è avvenuta, nei confronti di C.G. , in data 14 marzo 2016, come da avviso di ricevimento in atti dovendo farsi riferimento alla data di ricevimento della notificazione stessa da parte del destinatario Cass. numero 9861/2014 che, con il primo mezzo, è dedotta, in riferimento all’articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 cod. proc. civ., per aver il Tribunale ritenuto generiche le doglianze mosse dall’appellante alla liquidazione delle spese in misura inferiore ai minimi tariffari senza indicare le specifiche voci non riconosciute, là dove, per un verso, la doglianza si riferiva alla liquidazione dei diritti avvenuta in modo globale e senza tenere conto della nota spese, che veniva allegata all’atto di appello, e, per altro verso, era estraneo alla dedotta fattispecie il riferimento all’articolo 60 del r.d.l. numero 1578/1933, concernente gli onorari e non i diritti di avvocato che, con il secondo mezzo, è dedotta, ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione della legge numero 248 del 2006 di conversione del d.l. numero 223 del 2006 e del d.m. numero 127 del 2004, per aver il Tribunale erroneamente ritenuto non applicabile, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il citato d.m., sulle tariffe professionali, in ragione della abolizione dell’obbligatorietà delle tariffe medesime ad opera della legge di conversione dell’anzidetto d.l. numero 223 che è logicamente prioritario l’esame del secondo motivo, il quale è manifestamente fondato che, a norma dell’articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, numero 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, numero 248, l’abolizione dei minimi tariffari può operare nei rapporti tra professionista e cliente, ma l’esistenza della tariffa mantiene la propria efficacia quando il giudice debba procedere alla regolamentazione delle spese di giudizio in applicazione del criterio della soccombenza Cass. numero 7293/2011 e ciò sino all’intervenuta abrogazione della tariffa medesima, disposta, con riferimento alle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, dall’articolo 9 del d.l. 24 gennaio 2012, numero 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27 Cass. numero 11232/2013 e con effetti dall’entrata in vigore del d.m. 20 luglio 2012, numero 140 che ha dato attuazione al citato articolo 9 che, pertanto, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, devono applicarsi ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata Cass., S.U., numero numero 17405/2012 che, quindi, ha errato il Tribunale ad escludere l’applicabilità delle tariffe professionali di avvocato, di cui al d.m. numero 127 del 2004, in riferimento a prestazione conclusasi prima dell’entrata in vigore del d.m. numero 120 del 2012 essendo la sentenza del Giudice di pace del gennaio/febbraio 2012 che è manifestamente fondato anche il primo motivo che va premesso, anzitutto, che contrariamente a quanto dedotto dalla parte controricorrente e dalla stessa ribadito con la memoria successivamente depositata risulta idoneamente e specificamente censurata la ratio decidendi concernente la ritenuta applicazione, da parte del giudice di appello, dell’articolo 60 del r.d.l. numero 1578 del 1933 ratio che si palesa erronea, in quanto la doglianza mossa con il gravame riguardava la liquidazione dei diritti di avvocato, mentre detta norma si riferisce agli onorari, consentendo soltanto in riferimento a quest’ultimi una liquidazione al di sotto dei minimi ove la causa sia di facile trattazione tra le altre, Cass. numero 3961/2016 che, tanto premesso, va rammentato che, in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma dell’articolo 24 della legge numero 794 del 1942 Cass. numero 21791/2015 che, pertanto, quando la sentenza di primo grado sia censurata con riguardo alle spese di giudizio, sotto il profilo della violazione dei minimi della tariffa professionale, l’onere dell’appellante di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando specificamente importi e singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, può essere assolto anche con nota allegata all’atto di appello, e in questo richiamata Cass. numero 21791/2015 e Cass. numero 2339/2017 che ha, quindi, errato il Tribunale, in presenza di nota spese allegata all’atto di appello e a fronte di censura riguardante la liquidazione dei diritti di avvocato operata in modo globale da parte del primo giudice, a ritenere generica la doglianza che il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, che, nell’esaminare l’appello dell’A. sulla liquidazione dei diritti di avvocato effettuata dal primo giudice si atterrà ai principi sopra enunciati che il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.