L’Avvocato Generale su diritto alla ferie e indennità sostitutiva dopo la fine del rapporto di lavoro

Nelle conclusioni dell’Avvocato Generale Yves Bot relative a due distinte cause vengono suggerite alla Corte di Giustizia alcune soluzioni in materia di diritto alle ferie anche dopo la fine del rapporto di lavoro. Nel primo caso, in relazione alla possibilità degli eredi di un lavoratore deceduto di reclamare la corresponsione dell’indennità pecuniaria per le ferie non godute e, nell’altro caso, in merito alla perdita automatica della indennità sostitutiva delle ferie retribuite non godute all’atto di interruzione del rapporto di lavoro.

Diritto all’indennità pecuniaria per le ferie non godute anche per gli eredi del lavoratore. Le prime cause riunite C-569/16 e C-570/16 ECLI EU C 2018 337 , avevano ad oggetto la richiesta delle mogli di alcuni lavoratori deceduti volta ad ottenere la corresponsione da parte degli ex datori di lavoro dell’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite non godute dai rispettivi coniugi prima del decesso. Il Giudice tedesco, adito sulla questione, ha chiesto il rinvio alla Corte di Giustizia per intrepretare l’articolo 31, paragrafo 2, della Carte dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed una direttiva in materia di lavoro 2003/88/CE , le quali sanciscono il diritto di ogni lavoratore ad un periodo di ferie retribuite, non inferiore alle 4 settimane. Secondo la Corte tedesca tale direttiva è in contrasto con le normative o prassi nazionali per effetto delle quali, in caso di decesso del lavoratore, «il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua, senza dar diritto all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute», impedendo così la corresponsione dell’indennità stessa agli eredi del de cuius. L’Avvocato Generale Yves Bot, esprimendosi sulla questione, ha suggerito alla Corte di Giustizia «di dichiarare che il diritto dell’Unione osta ad una normativa nazionale che impedisca agli eredi di un lavoratore deceduto di reclamare la corresponsione dell’indennità pecuniaria per le ferie non godute», sostenendo che «gli eredi possono invocare il diritto dell’Unione nei confronti tanto di un datore di lavoro pubblico quanto di un datore di lavoro privato». Diritto all’indennità sostitutiva delle ferie retribuite non godute all’atto di interruzione del rapporto di lavoro. Nelle conclusioni dell’Avvocato Generale relative alle cause riunite C-619/16 e C-684/16 ECLI EU C 2018 339 , concernenti nel merito le richieste di due lavoratori, rispettivamente un ex tirocinante e un ex impiegato per un’organizzazione senza scopo di lucro, volta ad ottenere l’indennità sostitutiva, si propone alla Corte di Giustizia di «dichiarare che la sola circostanza che un lavoratore non abbia chiesto di fruire delle proprie ferie retribuite non può implicare automaticamente il venir meno del diritto all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie retribuite non godute all’atto di interruzione del rapporto di lavoro». L’Avvocato Generale precisa che, tuttavia, il lavoratore non può pretendere l’indennità sostitutiva nel caso in cui «il datore di lavoro dimostri di aver posto in essere le operazioni necessarie al fine di consentire ai lavoratori di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite e che, nonostante i provvedimenti adottati, il lavoratore abbia deliberatamente rinunciato ad avvalersi di tale diritto, pur avendone avuto la possibilità nel corso del rapporto di lavoro».

Avvocato Generale CGUE, conclusione 29 maggio 2018, cause riunite C-569/16, C-570/16 * «Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Ferie annuali – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Rapporto di lavoro cessato per morte del lavoratore – Estinzione del diritto alle ferie annuali retribuite – Normativa nazionale che impedisce la corresponsione agli eredi del de cuius di un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite non godute – Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – Articolo 31, paragrafo 2 – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale – Invocabilità diretta dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali nel contesto di una controversia fra privati – Obbligo di disapplicazione di una normativa nazionale contraria» 1. Le domande di pronuncia pregiudiziale in esame vertono sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva numero 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro 2 , nonché dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea 3 . 2. Tali domande sono state presentate nel contesto di due controversie che oppongono la sig.ra Bauer e la sig.ra Broßonn agli ex datori di lavoro dei loro defunti coniugi, vale a dire, rispettivamente, la Stadt Wuppertal Comune di Wuppertal, Germania e il sig. Volker Willmeroth in qualità di titolare dell’impresa TWI Technische Wartung und Instandsetzung Volker Willmeroth e. K. in prosieguo il «sig. Willmeroth» , in merito al diniego di questi ultimi di corrispondere loro l’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute dai loro coniugi prima del decesso. 3. Il diritto del lavoro costituisce sicuramente uno dei settori principali in cui le norme emanate dall’Unione possono essere invocate nell’ambito di controversie tra privati 4 . 4. Allo stesso tempo, l’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive, risultante dalla giurisprudenza costante della Corte 5 , può sembrare tale da pregiudicare la concreta efficacia dei diritti sociali fondamentali nelle controversie sottoposte all’esame dei giudici nazionali 6 . 5. Tale difficoltà può tuttavia essere ridotta o addirittura superata, laddove una disposizione del diritto dell’Unione avente rango di diritto primario, e più precisamente una disposizione della Carta, possiede le caratteristiche necessarie per essere direttamente invocata nell’ambito di una controversia tra privati. 6. Al pari di altri diritti sociali fondamentali riconosciuti dalla Carta, il diritto di ogni lavoratore ad un periodo di ferie annuali retribuite, sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta stessa, è volto a disciplinare rapporti di lavoro che sono, in gran parte, rapporti di diritto privato. Tenuto conto, da un lato, della costante giurisprudenza della Corte, precedentemente menzionata, relativa all’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive, che sono numerose nel diritto sociale dell’Unione e, dall’altro, della più recente giurisprudenza della Corte che sembra favorevole all’invocabilità diretta, nell’ambito di controversie tra privati, delle disposizioni della Carta aventi carattere imperativo e autosufficiente 7 , non sorprende nemmeno che all’esame della Corte venga sottoposta la questione se l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta possa essere invocato direttamente in una controversia fra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali con esso incompatibili. 7. La riflessione da effettuare al riguardo deve muovere, a mio modo di vedere, dalla considerazione che, in linea di principio, i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta, per non restare lettera morta, devono poter essere tutelati ed essere, pertanto, direttamente invocabili dinanzi ai giudici nazionali. Si deve peraltro parimenti rilevare anche che non tutte le disposizioni della Carta godono della stessa tutela giurisdizionale. Pertanto, laddove la Corte sia chiamata a stabilire se una disposizione della Carta possa essere o meno invocata direttamente dinanzi a un giudice nazionale per escludere l’applicazione di disposizioni nazionali con essa incompatibili, deve tener conto del tenore letterale di tale disposizione, letta in combinato disposto con le spiegazioni ivi attinenti 8 . 8. Le cause in esame mi indurranno principalmente, negli sviluppi che seguono, ad esporre le ragioni per le quali ritengo che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta disponga della caratteristiche necessarie per essere fatto valere direttamente nel contesto di una controversia tra privati al fine di escludere l’applicazione di disposizioni nazionali contrarie. I. Contesto normativo A. Diritto dell’Unione 9. Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, «[o]gni lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite». 10. L’articolo 7 della direttiva 2003/88, intitolato «Ferie annuali», così recita «1. «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali». 2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità [pecuniaria], fuorché in caso di risoluzione del rapporto di lavoro.» 11. L’articolo 17 della direttiva medesima prevede che gli Stati membri possano derogare a talune sue disposizioni. Non è però consentita alcuna deroga per quanto riguarda l’articolo 7. B. Diritto tedesco 12. L’articolo 7, paragrafo 4, del Bundesurlaubsgesetz legge federale sulle ferie 9 , dell’8 gennaio 1963, nel testo del 7 maggio 2002 10 , così recita «Qualora le ferie non possano essere più concesse, integralmente o parzialmente, per cessazione del rapporto di lavoro, dev’essere corrisposta un’indennità sostitutiva.» 13. L’articolo 1922, paragrafo 1, del Bürgerliches Gesetzbuch codice civile 11 , sotto il titolo «Successione a titolo universale», così dispone «Il patrimonio di una persona eredità si trasferisce per effetto del decesso successione integralmente in capo a una o più persone eredi .» II. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 14. La sig.ra Bauer è erede unica del coniuge, deceduto il 20 dicembre 2010, impiegato presso la Stadt Wuppertal, un ente di diritto pubblico. Quest’ultimo respingeva la domanda della sig.ra Bauer diretta alla concessione di un’indennità di 5 857,75 EUR per 25 giorni di ferie annuali non godute di cui beneficiava il marito alla data del decesso. 15. La sig.ra Broßonn è l’unica avente causa del marito, già dipendente del sig. Willmeroth dal mese di aprile del 2003 e deceduto il 4 gennaio 2013 dopo essere divenuto, dal mese di luglio del 2012, inabile al lavoro per malattia. Il sig. Willmeroth respingeva la richiesta della sig.ra Broßonn di concessione di un’indennità di 3 702,72 EUR per 32 giorni di ferie non godute di cui il marito, titolare di 35 giorni di ferie annuali, beneficiava al momento del decesso. 16. Le sig.re Bauer e Broßonn proponevano ognuna, dinanzi all’Arbeitsgericht Tribunale del lavoro, Germania competente, una domanda diretta a ottenere il pagamento di tali indennità. Le domande venivano accolte e gli appelli interposti dalla Stadt Wuppertal e dal sig. Willmeroth avverso le sentenze di primo grado venivano successivamente respinti dal Landesarbeitsgericht Tribunale superiore del lavoro, Germania competente. Avverso tali decisioni, la Stadt Wuppertal e il sig. Willmeroth ricorrevano quindi per cassazione dinanzi al Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro, Germania . 17. Nelle ordinanze di rinvio emesse in ciascuna delle due cause, il giudice del rinvio rammenta che la Corte ha già avuto modo di dichiarare, nella sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C-118/13, in prosieguo la «sentenza Bollacke», EU C 2014 1755 , che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a normative o prassi nazionali in base alle quali, nel caso in cui il rapporto di lavoro termini per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua senza dare diritto a un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute. Il giudice medesimo si chiede, tuttavia, se ciò valga anche laddove il diritto nazionale escluda che tale compensazione economica possa confluire nella massa ereditaria. Dal combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG e dell’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB discenderebbe, infatti, che il diritto alle ferie del defunto si estinguerebbe al momento del decesso senza poter essere, pertanto, trasformato in un diritto ad un’indennità sostitutiva né confluire nella massa ereditaria. Il giudice a quo precisa, a tal riguardo, che qualsiasi altra interpretazione di tali disposizioni risulterebbe contra legem e non potrebbe essere pertanto accolta. 18. Inoltre, avendo la Corte ha ammesso che il diritto alle ferie annuali retribuite può estinguersi decorsi 15 mesi dalla fine dell’anno di maturazione, non potendo più essere soddisfatta la ratio di tale diritto, vale a dire consentire al lavoratore di beneficiare di un periodo di riposo, di distensione e di ricreazione 12 , e che tale ratio non sembra poter essere più conseguita una volta deceduto l’interessato, il giudice del rinvio si chiede se l’estinzione del diritto alle ferie o all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute sia veramente esclusa o se si debba ritenere che il periodo minimo di ferie annuali retribuite garantito dalla direttiva 2003/88 e dalla Carta sia parimenti volto a garantire una tutela agli eredi del lavoratore deceduto. 19. In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta possano, di per sé, avere l’effetto di obbligare il datore di lavoro a corrispondere un’indennità sostitutiva agli eredi del lavoratore. A fronte del rilievo che causa Willmeroth C-570/16 oppone due privati, il giudice medesimo si chiede, inoltre, se l’eventuale effetto diretto di dette disposizioni presenti anche carattere orizzontale. 20. È in tale contesto che il Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali La prima questione è formulata in termini identici, nell’ambito delle cause Bauer C-569/16 e Willmeroth C-570/16 , mentre la seconda è stata sollevata solo nell’ambito della causa Willmeroth C-570/16 «1 Se l’articolo 7 della direttiva [2003/88/CE] o l’articolo 31, paragrafo 2, della [Carta] riconosca all’erede di un lavoratore deceduto in pendenza del rapporto di lavoro un diritto a un’indennità pecuniaria per il periodo minimo di ferie annuali spettanti al lavoratore medesimo prima del decesso, contrariamente a quanto previsto nell’articolo 7, paragrafo 4, del [BUrlG] in combinato disposto con l’articolo 1922, paragrafo 1, del [BGB]. 2 In caso di risposta affermativa alla prima questione, se ciò valga anche nel caso in cui il rapporto di lavoro intercorreva fra due privati.» III. Analisi 21. Con la prima questione, formulata in termini identici nelle due cause riunite Bauer C-569/16 e Willmeroth C-570/16 , il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osti a legislazioni o prassi nazionali, come quelle oggetto del procedimento principale, per effetto delle quali, laddove il rapporto di lavoro sia terminato per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute, impedendo, in tal modo, la corresponsione dell’indennità medesima agli eredi del de cuius. 22. In caso di risposta affermativa alla prima questione, il giudice del rinvio chiede poi se l’erede del lavoratore defunto possa far valere direttamente l’articolo 7 della direttiva 2003/88 o l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta nei confronti del datore di lavoro, sia esso una persona di diritto pubblico o di diritto privato, al fine di ottenere la corresponsione di un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute. 23. Ricordo che, nella sentenza Bollacke, la Corte ha già avuto modo di dichiarare, a proposito delle medesime disposizioni del diritto tedesco, che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a legislazioni o prassi nazionali, come quelle oggetto del procedimento principale, per effetto delle quali il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, nel caso in cui il rapporto di lavoro termini per decesso del lavoratore. 24. Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, che la Corte non si sia pronunciata sulla questione se il diritto a una compensazione finanziaria confluisca nella massa ereditaria anche quando il diritto successorio nazionale lo escluda. Secondo l’interpretazione accolta dal giudice del rinvio, dalla normativa tedesca risulta che il diritto alle ferie del de cuius si estingue alla sua morte e non può essere quindi convertito in un diritto ad un’indennità sostitutiva ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG successivamente al decesso, non potendo diritto ad un’indennità sostitutiva per ferie annuali retribuite e non godute, non potendo così confluire nella massa ereditaria ai sensi dell’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB. L’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG, letto in combinato disposto con l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB, non potrebbe essere quindi interpretato nel senso che il diritto alle ferie di un lavoratore deceduto mentre era in attività vengano trasmessi agli eredi. Si precisa che si tratta dello stato del diritto tedesco quale risultante dalla giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro , come dimostra il richiamo da parte di tale giudice delle proprie sentenze 13 . 25. Inoltre, il giudice medesimo non esclude che la giurisprudenza della Corte relativa al diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute in caso di decesso del lavoratore possa evolversi sulla base dell’idea che il beneficio di tale indennità in favore dell’erede del lavoratore possa non corrispondere alla ratio che la Corte ha riconosciuto al diritto alle ferie annuali retribuite 14 . 26. A mio parere, tali elementi non sono tali da rimettere in discussione la soluzione accolta dalla Corte nella sentenza Bollacke. 27. Al contrario, tale soluzione, salvo privarla di effetti nella sua applicazione pratica, implica necessariamente la trasmissione per successione del diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute agli eredi del lavoratore deceduto. In altri termini, avendo la Corte dichiarato che il diritto alle ferie annuali e quello alla corresponsione di un’indennità a tal titolo costituiscono due aspetti di un unico diritto 15 , che l’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute è diretta a compensare l’impossibilità per il lavoratore di beneficiare effettivamente del diritto alle ferie annuali retribuite 16 ed è indispensabile per garantire l’effetto utile di quest’ultimo 17 , e che, di conseguenza, il diritto alle ferie annuali retribuite non si estingue a causa del decesso del lavoratore 18 , occorre necessariamente dedurne che gli eredi di quest’ultimo devono poter far valere il diritto alle ferie annuali retribuite di cui disponeva il lavoratore stesso, e ciò sotto forma di una compensazione pecuniaria. Una soluzione contraria condurrebbe a privare retroattivamente il lavoratore deceduto del proprio diritto alle ferie annuali retribuite, e ciò a causa di «un avvenimento fortuito, che esula dal controllo sia del lavoratore che del datore di lavoro» 19 . 28. D’altronde, numerosi elementi suggeriscono che nella sentenza Bollacke la Corte ha preso in considerazione la dimensione ereditaria della soluzione da essa elaborata. 29. Si deve quindi rilevare che tanto l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG che l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB sono menzionati nella parte della sentenza Bollacke relativa al diritto tedesco. Le legislazioni nazionali cui si fa riferimento nel dispositivo di tale sentenza si riferiscono pertanto a queste due disposizioni 20 . 30. Inoltre, dalla descrizione dei fatti contenuta nella sentenza Bollacke emerge che la Corte era ben consapevole del fatto che la controversia principale si basava sul rigetto, da parte del datore di lavoro, della domanda presentata dalla sig.ra Bollacke diretta ad ottenere un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute dal marito, atteso che il datore di lavoro medesimo dubitava del fatto che si trattasse di un diritto trasmissibile per via successoria 21 . 31. Inoltre, all’epoca della sentenza Bollacke era già chiaro che era in discussione la giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro secondo cui il diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute alla fine del rapporto di lavoro non sorgerebbe nel caso in cui tale rapporto termini per decesso del lavoratore. Pertanto, il Landesarbeitsgericht Hamm Tribunale superiore di Hamm, Germania dubitava sulla fondatezza di detta giurisprudenza nazionale alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 7 della direttiva 2003/88 22 . 32. Infine, il problema se il diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute sia collegato alla persona del lavoratore, in modo che tale diritto spetti solo a quest’ultimo, affinché egli possa realizzare, anche in un momento successivo, gli obiettivi di riposo e ricreazione connessi con la concessione delle ferie annuali retribuite, risultava espressamente dalla formulazione della seconda questione sollevata dal Landesarbeitsgericht Hamm Tribunale superiore del lavoro di Hamm . 33. Da tali considerazioni deduco che gli interrogativi da cui sono scaturiti i rinvii pregiudiziali in esame sussistevano già nella causa sfociata nella sentenza Bollacke. È quindi tenendo conto della dimensione successoria di tale causa, che la Corte ha pronunciato la propria decisione. 34. Occorre pertanto confermare l’interpretazione accolta dalla Corte nella sentenza Bollacke, vale a dire che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a legislazioni o prassi nazionali, come quelle di cui al procedimento principale, per effetto delle quali, laddove il rapporto di lavoro termini per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, impedendo in tal modo la corresponsione dell’indennità stessa agli eredi del de cuius. 35. Occorre ora determinare quali siano le conseguenze che il giudice del rinvio dovrà trarre da tale constatazione di incompatibilità tra l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e il diritto nazionale in questione nell’ambito delle controversie sottoposte al suo esame. 36. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obbligo del giudice nazionale di adoperarsi per un’«interpretazione conciliativa», ricorrendo all’interpretazione conforme al fine di «disinnescare l’incompatibilità» constatata 23 , occorre prendere atto della posizione espressa dal Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro , secondo cui essa si troverebbe nell’impossibilità di interpretare l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG e l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB in modo conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte. Il giudice del rinvio ritiene, pertanto, di trovarsi dinanzi ai limiti dell’interpretazione conforme, costituito dall’interpretazione contra legem, al termine di una valutazione che, ricorda, spetta unicamente ai giudici nazionali 24 . 37. A questo proposito, si deve ricordare che la Corte ha ripetutamente dichiarato che «l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato previsto da quest’ultima così come il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo s’impongono a tutte le autorità degli Stati membri, comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali» 25 . 38. Secondo la Corte, «[n]e consegue che, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali chiamati a interpretarlo sono tenuti a prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo per quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui trattasi, onde conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE» 26 . 39. Certamente, la Corte ha dichiarato che «il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale conosce limiti. In tal senso, l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al diritto dell’Unione nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale» 27 . 40. Tuttavia, in tale contesto, la Corte ha chiaramente precisato che «l’esigenza di un’interpretazione conforme include l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva» 28 . 41. Pertanto, secondo la Corte, un giudice nazionale non può, nell’ambito del procedimento principale, validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il sol fatto di aver costantemente interpretato detta disposizione in un senso incompatibile con il diritto dell’Unione stesso 29 . 42. Alla luce della richiamata giurisprudenza della Corte, spetta al giudice del rinvio verificare se le disposizioni nazionali oggetto del procedimento principale, ossia l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG, e l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB, si prestino ad un’interpretazione conforme alla direttiva 2003/88. A tal proposito, il giudice medesimo dovrebbe tenere conto del fatto che, da un lato, dette disposizioni nazionali sono formulate in modo relativamente ampio e generico 30 e, dall’altro, del fatto che sembra emergere dalle medesime ordinanze di rinvio che l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione si basa sull’interpretazione delle predette disposizioni adottata dal Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro 31 . Sembra, pertanto, che sia a causa dell’interpretazione delle norme nazionali di cui trattasi nella causa principale adottata dal Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro che il lavoratore risulti privato, a causa del decesso, del diritto alle ferie annuali retribuite, sotto il profilo pecuniario diretto a compensare l’impossibilità per il lavoratore medesimo di aver potuto effettivamente godere di tale diritto prima della cessazione del rapporto di lavoro. 43. In secondo luogo, nell’ipotesi in cui tale giudice continuasse a ritenere di trovarsi effettivamente nell’impossibilità di procedere a un’interpretazione del diritto nazionale conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, occorre esaminare se tale articolo possieda effetti diretti e, se del caso, se le signore Bauer e Broßonn possano farlo valere nei confronti dei rispettivi datori di lavoro dei coniugi defunti. 44. A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza della Corte, «in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia recepita in modo non corretto» 32 . 45. Nella sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez 33 , la Corte ha dichiarato che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 risponde a tali criteri, «giacché pone a carico degli Stati membri, in termini non equivoci, un obbligo di risultato preciso e assolutamente incondizionato quanto all’applicazione della regola da esso enunciata, che consiste nella previsione per ogni lavoratore di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane» 34 . Inoltre, secondo la Corte, in questa stessa sentenza, «[s]ebbene l’articolo 7 della direttiva 2003/88 lasci agli Stati membri un certo margine di discrezionalità allorché adottano le condizioni di ottenimento e di concessione del diritto alle ferie annuali retribuite che esso sancisce, tale circostanza tuttavia non incide sul carattere preciso e incondizionato dell’obbligo previsto da tale articolo». La Corte ha rileva, a tal riguardo, che «l’articolo 7 della direttiva 2003/88 non rientra tra le disposizioni di detta direttiva a cui il suo articolo 17 consente di derogare». È quindi possibile, secondo la Corte, «determinare la tutela minima che deve in ogni caso essere apprestata dagli Stati membri in forza di detto articolo 7» 35 . Al punto 36 della sentenza del 24 gennaio 2012 Dominguez 36 , la Corte rileva pertanto che «l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 soddisfa le condizioni richieste per produrre un effetto diretto». 46. Per quanto riguarda, più in particolare, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, il riconoscimento del suo effetto diretto sembra derivare, a mio avviso, dalla sentenza Bollacke, in cui la Corte ha osservato che tale disposizione «non assoggetta il diritto ad un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte [le] ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato» 37 . Inoltre, secondo la Corte, nella stessa sentenza, il diritto ad un’indennità finanziaria previsto all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 «è conferito direttamente da [tale] direttiva» 38 47. Occorre ora esaminare se, in ciascuna delle cause riunite in esame, l’erede del lavoratore defunto possa far valere direttamente l’articolo 7 della direttiva 2003/88 nei confronti del datore di lavoro, sia esso un soggetto di diritto pubblico o di diritto privato, al fine di ottenere la corresponsione di un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, vale a dire il godimento dell’aspetto economico del diritto alle ferie annuali retribuite. 48. Alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte che nega alle direttive un effetti diretti orizzontali 39 , le sig.re Bauer e Broßonn non si trovano nella stessa posizione sotto il profilo della garanzia della tutela effettiva del diritto alle ferie annuali retribuite acquisito dal coniuge defunto. 49. Poiché il marito della sig.ra Bauer è stato dipendente della Stadt Wuppertal, che è un ente di diritto pubblico, costei potrebbe far senz’altro valere, nei confronti di detto ente, il proprio diritto all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite non godute che, ricordo, è attribuito direttamente dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88. Infatti, si deve rammentare che «gli amministrati, qualora siano in grado di far valere una direttiva non nei confronti di un singolo, ma di uno Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale questo agisce, come datore di lavoro o come pubblica autorità. In entrambi i casi è infatti opportuno evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla sua trasgressione del diritto dell’Unione» 40 . Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha riconosciuto che «disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva sono invocabili dagli amministrati non soltanto nei confronti di uno Stato membro e di tutti gli organi della sua amministrazione, quali gli enti territoriali [ ], ma anche [ ] nei confronti di organismi o enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o che dispongono di poteri che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili nei rapporti fra singoli» 41 . 50. Conseguentemente, nel contesto della causa Bauer C-569/16 , occorre rispondere al Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro che un giudice nazionale, investito di una controversia tra un privato e un ente di diritto pubblico, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai privati in forza detta disposizione e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria. 51. La fattispecie contenziosa della sig.ra Broßonn risulta invece più complessa, in quanto il coniuge è stato dipendente di un soggetto privato. Orbene, secondo costante giurisprudenza della Corte, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un privato e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti dinanzi a un giudice nazionale 42 . Pertanto, malgrado il fatto che, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, la direttiva 2003/88 debba trovare applicazione in tutti i settori di attività, pubblici e privati, la via da percorrere affinché il diritto dell’Unione assicuri direttamente alla sig.ra Broßonn la concessione dell’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute risulterà più tortuosa e non privo di ostacoli. Cercherò, tuttavia, di delinearlo in termini sufficientemente chiari affinché gli amministrati se ne possano in futuro avvalere più facilmente al fine di assicurare la tutela effettiva del diritto fondamentale costituito dal diritto alle ferie annuali retribuite. 52. A tal proposito, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, «i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione sono destinati ad essere applicati in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione» 43 . Poiché l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG costituisce attuazione della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro 44 , codificata dalla direttiva 2003/88, l’articolo 31, paragrafo 2, Carta è idoneo a trovare applicazione nel procedimento principale. 53. Alla luce di tale precisazione, ritengo che un giudice nazionale, investito di una controversia tra due privati, è tenuto, laddove non gli sia possibile interpretare il diritto nazionale vigente in termini conformi all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria. A mio parere, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dispone delle caratteristiche necessarie per poter essere invocato direttamente in una controversia fra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali che abbiano l’effetto di privare un lavoratore del diritto a un periodo annuale di ferie retribuite. Suggerisco, quindi, alla Corte di adottare una soluzione simile a quella accolta con riguardo al principio generale di non discriminazione in ragione dell’età 45 , vale a dire in relazione agli articoli 21 e 47 della Carta 46 . 54. Ricordo che, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, «[o]gni lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite». Come già rilevato dalla Corte, il diritto alle ferie annuali retribuite è espressamente sancito da tale articolo della Carta, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei Trattati 47 . 55. Dalle spiegazioni relative all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta risulta che detta norma «si basa sulla direttiva 93/104 [ ], nonché sull'articolo 2 della Carta sociale europea e sul punto 8 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori» 48 . Ricordo che la direttiva 93/104 è stata poi codificata dalla direttiva 2003/88 e che, come emerge dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 49 , disposizione alla quale tale direttiva non consente di derogare, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Come la Corte ha più volte avuto modo di dichiarare, tale diritto alle ferie annuali retribuite dev’essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 stessa 50 . 56. Dal corpus normativo così descritto discende che il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio del diritto sociale dell’Unione che riveste un’importanza particolare, oramai sancita dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta ed espresso concretamente dalla direttiva 2003/88. 57. Le cause in esame offrono alla Corte l’opportunità, con una giurisprudenza basata sulla necessità di garantire l’efficacia dei diritti sociali fondamentali, di poter qualificare il diritto alle ferie annuali retribuite non più soltanto quale principio del diritto sociale dell’Unione che presenta un’importanza particolare, ma anche e soprattutto quale diritto sociale fondamentale a pieno titolo 51 . Invito pertanto la Corte a rafforzare l’invocabilità dei diritti sociali fondamentali che hanno le caratteristiche per essere fatti direttamente valere nel contesto di controversie tra privati. 58. Sulla base struttura esegetica elaborata dalla Corte nella sentenza Association de médiation sociale , mi sembra giuridicamente fondato riconoscere all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta la diretta invocabilità nel contesto di controversie tra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali aventi per effetto di privare i lavoratori del diritto a un periodo annuale di ferie retribuite. 59. In tale sentenza, la Corte ha ribadito il rifiuto di riconoscere effetti diretti orizzontali alle direttive, ricordando la propria costante giurisprudenza secondo cui anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai singoli non può essere applicata in quanto tale nell’ambito di una controversia intercorrente esclusivamente tra privati 52 . 60. Il giudice del rinvio aveva rilevato di trovarsi nell’impossibilità di rimediare all’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive tramite un’interpretazione del diritto nazionale conforme alla direttiva de qua. La Corte doveva, pertanto, verificare se, in analogia con quanto già affermato nella sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci 53 , l’articolo 27 della Carta 54 , da solo o in combinato disposto con le disposizioni della direttiva 2002/14/CE 55 , potesse essere invocato in una controversia tra privati al fine di disapplicare, se del caso, la norma nazionale non conforme alla direttiva medesima. 61. Dopo aver rilevato che l’articolo 27 della Carta era applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, la Corte ha posto l’accento sul fatto che, come risulta chiaramente dal tenore letterale di detto articolo, esso, per produrre pienamente i suoi effetti, dev’essere precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale 56 . 62. La Corte ha affermato, al riguardo, che «il divieto, previsto all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2002/14, e indirizzato agli Stati membri, di escludere dal calcolo degli effettivi di un’impresa una determinata categoria di lavoratori rientranti inizialmente nella cerchia delle persone da prendere in considerazione ai fini di tale calcolo, non può essere desunto, quale norma giuridica direttamente applicabile, né dal tenore letterale dell’articolo 27 della Carta né dai chiarimenti relativi a tale articolo» 57 . 63. Ciò le ha consentito di osservare che «le circostanze del procedimento principale si differenzi[a]no da quelle all’origine della [ ] sentenza [del 19 gennaio 2010 Kücükdeveci C-555/07, EU C 2010 21 ], nella misura in cui il principio di non discriminazione in base all’età, in esame in quella causa, sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, è di per sé sufficiente per conferire ai singoli un diritto soggettivo invocabile in quanto tale» 58 . 64. La Corte ne ha dedotto che «l’articolo 27 della Carta non può, in quanto tale, essere invocato in una controversia, come quella oggetto del procedimento principale, al fine di concludere che la norma nazionale non conforme alla direttiva 2002/14 dev’essere disapplicata» 59 . 65. La Corte ha precisato che «[t]ale constatazione non può essere infirmata da una lettura dell’articolo 27 della Carta in combinazione con le norme della direttiva 2002/14, posto che, non essendo detto articolo di per sé sufficiente per conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale, a diverso risultato non porterebbe neppure una sua lettura in combinato disposto con le norme della direttiva sopra citata» 60 . 66. La parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione deve quindi accontentarsi del rimedio di «far valere la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a. C-6/90 e C-9/90, EU C 1991 428 , per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subito» 61 . 67. Nella sentenza Association de médiation sociale, la Corte ha quindi segnalato che tutte le disposizioni della Carta che figurano nel titolo IV, rubricato «Solidarietà», non sono idonee ad essere invocate direttamente nel contesto di controversie tra privati. La Corte ha potuto in tal modo calmare talune preoccupazioni sulla sua presunta tendenza a riconoscere ampiamente l’invocabilità diretta nelle controversie tra privati dei diritti sociali fondamentali riconosciuti dalla Carta. 68. È stato sottolineato che la soluzione accolta dalla Corte in tale sentenza non è priva di inconvenienti per la protezione effettiva dei diritti sociali fondamentali 62 . È inoltre lecito ritenere che l’articolo 52, paragrafo 5, della Carta non solo non escluda, bensì autorizzi espressamente che una disposizione della Carta affermativa di un «principio» possa essere direttamente invocata dinanzi ai giudici nazionali, al fine di controllare la legittimità di strumenti legislativi nazionali di attuazione del diritto dell’Unione. 69. Tuttavia, è altresì comprensibile che la Corte, nella propria veste di interprete della Carta e nel pieno rispetto del principio della separazione dei poteri, si ritenga vincolata dal tenore letterale delle disposizioni della Carta, in particolare qualora queste ultime riconoscono un diritto o un principio facendo riferimento, come fa l’articolo 27 della Carta, ai «casi e alle condizioni previsti dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali». 70. Secondo tale logica, si può ritenere che, con la sentenza Association de médiation sociale, la Corte abbia rispettato, senza esprimersi chiaramente in tal senso, la summa divisio tra i principi proclamati dalla Carta, che sarebbero dotati di una tutela giurisdizionale limitata e indiretta, e i diritti riconosciuti dalla Carta, che, dal canto loro, possono avvalersi di una tutela giurisdizionale piena e diretta. 71. In ogni caso, non affronterò il dibattito sui rispettivi effetti dei diritti e dei principi riconosciuti dalla Carta e sul loro rispettivo grado di tutela giurisdizionale, giacché ritengo incontestabile, alla luce della lettera stessa dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, che un periodo annuale di ferie retribuite è un diritto dei lavoratori 63 . 72. Preferisco concentrarmi su quanto emerge espressamente dalla sentenza Association de médiation sociale, ossia che né la direttiva 2002/14 né l’articolo 27 della Carta, siano essi considerati isolatamente o in combinato disposto, possono conferire ai privati un diritto direttamente invocabile in quanto tale nel contesto di una controversia orizzontale. 73. In altre parole, la giustapposizione alla corrispondente disposizione della Carta di una norma di diritto derivato dell’Unione destinata a precisarla non è tale da consentire l’invocabilità diretta di tale disposizione 64 . Al tempo stesso, dalla motivazione della Corte nella sentenza Association de médiation sociale risulta che l’invocabilità diretta di disposizioni della Carta nel contesto di controversie orizzontali non è del tutto esclusa. Tale invocabilità è possibile quando l’articolo della Carta di cui trattasi è di per sé sufficiente a conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale 65 . Secondo la Corte, non è questo il caso dell’articolo 27 della Carta che, come risulta dalla sua formulazione, dev’essere «precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale» 66 per produrre pienamente i suoi effetti. 74. La logica inerente al ragionamento svolto dalla Corte nella sentenza Association de médiation sociale sembra quindi poggiare sull’idea secondo cui una direttiva che esprima concretamente un diritto fondamentale riconosciuto da una disposizione della Carta non può conferire a tale disposizione le caratteristiche necessarie per essere invocata direttamente nel contesto di una controversia fra privati qualora risulti che a detta disposizione, né alla luce del suo tenore letterale né alla luce delle spiegazioni ad essa attinenti, tali caratteristiche non possano essere di per sé riconosciute. Infatti, in base a tale logica, è impossibile che una direttiva priva di effetti diretti orizzontali trasmetta tale natura ad una disposizione della Carta. 75. La sentenza Association de médiation sociale ha pertanto messo fine all’ambiguità che poteva discendere dalla formulazione che figura nella sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci 67 , che evoca l’invocabilità del «principio di non discriminazione in base all’età, quale espresso concretamente nella direttiva 2000/78[/CE 68 ]» 69 . Occorre chiedersi se con tale formulazione non venga rimessa in discussione la consolidata giurisprudenza sull’assenza di effetti diretti delle direttive o persino la gerarchia delle norme 70 .A tal riguardo, dalla sentenza Association de médiation sociale emerge chiaramente che la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci 71 , viene confermata e che è soltanto la norma dotata del rango di diritto primario che può, se del caso, essere invocata nel contesto di una controversia tra privati 72 . Tale sentenza, laddove riconosce l’invocabilità diretta potenziale di disposizioni della Carta nel contesto di controversie orizzontali, può essere pertanto intesa nel senso dell’esistenza di un ulteriore rimedio all’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive 73 . 76. La Corte ha ulteriormente elaborato tale orientamento giurisprudenziale nella sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger 74 , riconoscendo l’invocabilità diretta, in una controversia tra soggetti privati, dell’articolo 21 della Carta, nella parte in cui vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla religione o le convinzioni personali 75 , nonché dell’articolo 47 della Carta, relativo al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva 76 . 77. Contrariamente a quanto è stato talora affermato, il riconoscimento dell’invocabilità diretta potenziale di disposizioni della Carta nell’ambito di controversie orizzontali, che costituisce, a mio avviso, il contributo più importante della sentenza Association de médiation sociale, non è in contrasto con l’articolo 51 della Carta, in quanto tale riconoscimento è diretto a far rispettare dagli Stati membri, destinatari delle disposizioni della Carta stessa, nell’attuazione del diritto dell’Unione i diritti fondamentali ivi sanciti La circostanza che tali diritti sono fatti valere nel contesto di una controversia orizzontale non è, sotto questo profilo, determinante e non può in ogni caso consentire agli Stati membri di sottrarsi ad una constatazione di violazione della Carta nell’attuazione del diritto dell’Unione 77 . 78. Pertanto, è opportuno rimuovere definitivamente l’ostacolo che l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta potrebbe costituire all’invocabilità diretta delle sue disposizioni nel contesto di controversie tra privati. Tale articolo, sebbene preveda che le disposizioni della Carta «si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione [ ], come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione», non esclude espressamente qualsivoglia effetto della Carta nei rapporti fra privati 78 . Occorre aggiungere che la Corte ha riconosciuto efficacia diretta orizzontale a varie disposizioni del diritto primario dell’Unione, sebbene queste abbiano per destinatari, alla luce della loro formulazione, gli Stati membri 79 . 79. Alla luce dei suesposti rilievi risulta che, con la sentenza Association de médiation sociale, la Corte ha introdotto una serie di criteri per comprendere l’articolazione della tutela offerta dalle direttive e dalle norme poste a protezione dei diritti fondamentali 80 . Le cause qui in esame offrono alla Corte l’occasione di integrare e precisare tali criteri, questa volta con riguardo ad un articolo della Carta, l’articolo 31, paragrafo 2, di quest’ultima, che, contrariamente al precedente articolo 27, presenta, a mio parere, le caratteristiche necessarie per poter essere invocato direttamente in una controversia fra privati al fine di escludere, se del caso, l’applicazione di una normativa nazionale contraria. 80. Per beneficiare dell’invocabilità diretta, la pertinente disposizione della Carta deve possedere, alla luce della sua intrinseca natura, quale risultante dalla sua formulazione, carattere imperativo ed essere autosufficiente 81 . 81. Il diritto fondamentale a un periodo annuale di ferie retribuite, quale formulato all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, gode senza dubbio di carattere imperativo. La Corte ha costantemente sottolineato, nella propria giurisprudenza, l’importanza e il carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite, precisando che si tratta di un «principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare» 82 . Tale diritto è quindi intangibile non solo non solo nei confronti della pubblica amministrazione, bensì parimenti nell’ambito dei rapporti di lavoro intercorrenti tra privati. Si tratta di un criterio accolto dalla Corte sin dalla sentenza dell’8 aprile 1976, Defrenne 43/75, EU C 1976 56 83 . 82. Inoltre, la disposizione della Carta in questione dev’essere, come già precedentemente rilevato, autosufficiente 84 , il che significa che non dev’essere indispensabile l’adozione di una norma integrativa di diritto dell’Unione o di diritto nazionale per rendere operativo il diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta 85 . In altri termini, la disposizione della Carta in questione non richiede l’adozione di alcun atto integrativo per produrre direttamente effetti nei confronti dei singoli. 83. Più precisamente, ritengo che, alla luce della sua formulazione, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non richieda l’adozione di alcun atto integrativo per produrre direttamente effetti nei confronti dei singoli. Nel contesto di una tale concezione, l’adozione di un atto di diritto derivato dell’Unione e/o di misure di attuazione da parte degli Stati membri potrebbe certamente essere utile per consentire ai singoli di godere concretamente del diritto fondamentale di cui trattasi. Tuttavia, l’adozione di tali misure, che non è richiesta dal testo della disposizione della Carta in questione, non è necessaria affinché quest’ultima possa spiegare direttamente i propri effetti nel contesto delle controversie che i giudici nazionali devono risolvere 86 . 84. Dalle suesposte considerazioni emerge che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, laddove riconosce il diritto di ogni lavoratore a un periodo annuale di ferie retribuite, dispone delle caratteristiche necessarie per poter essere invocato direttamente in una controversia fra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali che producano l’effetto di privare un lavoratore di un tale diritto. Orbene, come ho già rilevato, ciò è quanto avviene nel caso di normative o prassi nazionali per effetto delle quali, quando il rapporto di lavoro termina per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, impedendo in tal modo la corresponsione dell’indennità stessa agli eredi del de cuius. Infatti, come la Corte ha sostanzialmente dichiarato nella sentenza Bollacke, tali normative o prassi nazionali producono l’effetto di determinare «retroattivamente la perdita totale del diritto alle ferie annuali retribuite stesso» 87 . 85. Di conseguenza, suggerisco alla Corte, nel contesto della causa Willmeroth C-570/16 , di rispondere al Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro che un giudice nazionale, investito di una controversia tra due privati, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 31, paragrafo 2, e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria. 86. Completerò il mio intervento precisando che l’affermazione che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta è di per sé sufficiente, laddove sancisce il diritto di ogni lavoratore ad un periodo annuale di ferie retribuite, ad attribuire ai privati un diritto invocabile, nel contesto di una controversia fra essi insorta, in un settore disciplinato dal diritto dell’Unione, non esaurisce la questione relativa alla determinazione del contenuto normativo di tale disposizione. 87. A tal proposito, osservo che uno degli insegnamenti da trarre dalla sentenza Association de médiation sociale è che i chiarimenti relativi alla Carta devono essere presi in considerazione al fine di determinare se una disposizione di quest’ultima possa essere invocata direttamente nel contesto di una controversia fra privati 88 . Tali chiarimenti devono, a mio parere, essere prese in considerazione al fine di determinare il contenuto normativo della regola di diritto direttamente applicabile contenuta nell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta. La rilevanza dei chiarimenti relativi alla Carta è dettata peraltro dall’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE, ai sensi del quale «[i] diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni». A norma dell’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, «[i] giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della presente Carta» 89 . 88. Orbene, dalle spiegazioni relative all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta risulta che la direttiva 93/104 costituisce uno dei pilastri su cui i redattori di quest’ultima si sono basati per redigere tale disposizione. Infatti, ricordo che, ai sensi di tali spiegazioni, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta «si basa sulla direttiva 93/104 [ ]». La direttiva 93/104 è stata poi codificata dalla direttiva 2003/88 e, come emerge dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 90 , disposizione alla quale tale direttiva non consente di derogare, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Si trova così all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta il nucleo essenziale della direttiva 93/104, in quanto tale articolo sancisce e consolida ciò che sembra l’elemento fondamentale di tale direttiva 91 . 89. Deduco da tale connessione fra le norme, che si riflette nella giurisprudenza recente della Corte 92 , che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta garantisce ad ogni lavoratore un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane 93 . In altre parole, per individuare il contenuto normativo dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e determinare gli obblighi risultanti da tale disposizione, non si può, a mio parere, non considerare l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e la giurisprudenza della Corte che, su tale fondamento e nella successione delle cause via via sottoposte al suo esame, ha precisato il contenuto e la portata del «principio del diritto sociale dell’Unione che riveste un’importanza particolare» 94 costituito dal diritto a ferie annuali retribuite 95 . 90. È anche a causa di questo intreccio fra norme che il diritto all’indennità pecuniaria spettante ad ogni lavoratore che non sia in grado, per ragioni indipendenti dalla propria volontà, di avvalersi del suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della fine del rapporto di lavoro, quale risultante dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 e come è stato riconosciuto e precisato dalla Corte 96 , dev’essere considerato come un diritto tutelato dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta 97 . 91. La recente giurisprudenza della Corte mi sembra del resto deporre nel senso della rilevanza della norma di concretizzazione del diritto fondamentale de quo al fine di determinare gli obblighi derivanti dalla Carta 98 . 92. In conclusione, rilevo che, nella sentenza Association de médiation sociale, la Corte sembra aver tratto la conclusione che la Carta contenga disposizioni non tutte munite della stessa idoneità a essere fatte valere direttamente nel contesto di controversie tra privati. Laddove risulti che una disposizione della Carta sia munita di scarsa intensità normativa, la tutela del diritto fondamentale ivi riconosciuto richiederà l’intervento del legislatore dell’Unione e/o dei legislatori nazionali, ragion per cui essa non può produrre di per sé effetti giuridici direttamente operativi nel contesto di una controversia nazionale. In tale situazione, la Corte deve quindi necessariamente tenere conto della volontà espressa dagli autori della Carta di affidare al legislatore dell’Unione e/o ai legislatori nazionali il compito di determinare il contenuto e le condizioni di attuazione dei diritti fondamentali ivi riconosciuti. 93. Tale posizione della Corte, se è comprensibile, in particolare alla luce del principio della separazione dei poteri, dev’essere tuttavia controbilanciata, a mio avviso, da un approccio più flessibile per quanto riguarda disposizioni quali l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, che riconoscono un diritto senza rinviare espressamente all’adozione di norme del diritto dell’Unione o del diritto nazionale. 94. Non è neppure da sottovalutare la potenzialità di altri strumenti di tutala dei diritti fondamentali quali, ad esempio, la Carta sociale europea, nel senso che i giudici nazionali possano loro riconoscere effetti diretti. A tal riguardo, il diniego della Corte di riconoscere un effetto diretto all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta mi sembrerebbe essere in contrasto con la constatata tendenza dei giudici nazionali ad essere più aperti al riconoscimento di effetti diretti della Carta sociale europea 99 . 95. Suggerisco pertanto la Corte a non applicare, con riferimento all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, un approccio eccessivamente restrittivo, adottando una giurisprudenza equilibrata in virtù della quale, sebbene non tutte le disposizioni della Carta che riconoscono diritti sociali fondamentali dispongano delle caratteristiche necessarie per vedersi riconoscere un effetti diretti orizzontali, ciò invece deve ritenersi per le disposizioni che possiedono natura imperativa e autosufficiente. In sintesi, le cause in esame offrono alla Corte l’opportunità di fare in modo che il riconoscimento di diritti sociali fondamentali non rientri nel campo del «semplice incantesimo» 100 . IV. Conclusione 96. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro, Germania nelle cause riunite Bauer C-569/16 e Willmeroth C-570/16 nei termini seguenti 1 L’articolo 7 della direttiva 2003/88 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che osta a normative o prassi nazionali, come quelle oggetto del procedimento principale, per effetto delle quali, in caso di cessazione del rapporto di lavoro per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute impedendo, in tal modo, la corresponsione dell’indennità medesima agli eredi del de cuius. 2 Inoltre, nel contesto della causa Bauer C-569/16 , suggerisco di rispondere al Bundesarbeitsgericht Corte federale del lavoro nei seguenti termini Un giudice nazionale, investito di una controversia tra un privato e un ente di diritto pubblico, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza di tale articolo e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria. 3 Infine, nel contesto della causa Willmeroth C-570/16 , propongo alla Corte di dichiarare che Un giudice nazionale, investito di una controversia tra due privati, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e a garantirne la piena efficacia, disapplicando all’occorrenza qualsiasi disposizione nazionale contraria. * Fonte curia.europea.eu

Avvocato Generale CGUE, conclusioni 29 maggio 2018, cause riunite C-619/16, C-684/16 * «Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Diritto alle ferie annuali retribuite – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7, paragrafo 2 – Indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al momento dell’interruzione del rapporto di lavoro – Perdita del diritto a tale indennità qualora il lavoratore non presenti alcuna domanda di concessione delle ferie annuali retribuite senza non dimostrare di non aver potuto usufruire delle ferie per ragioni indipendenti dalla propria volontà» 1. La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro 2 . 2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra il sig. Sebastian W. Kreuziger e il suo ex datore di lavoro, il Land Berlin Land di Berlino, Germania , a seguito del diniego di quest’ultimo di corrispondere al sig. Kreuziger un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute prima dell’interruzione del rapporto di lavoro. 3. La causa in esame offre alla Corte l’occasione per precisare cui è subordinata la corresponsione di tale indennità, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, in caso di cessazione del rapporto di lavoro. 4. Nelle presenti conclusioni esporrò le ragioni per cui ritengo che l’articolo 7, paragrafo 2, di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che dà diritto al riconoscimento dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro qualora un lavoratore non abbia potuto usufruire di tutte le ferie annuali retribuite spettantigli nel corso del rapporto di lavoro medesimo. 5. Illustrerò parimenti i motivi per i quali ritengo che la stessa disposizione debba essere interpretata nel senso che osti a disposizioni o prassi nazionali per effetto delle quali il diritto di un lavoratore al riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro viene meno qualora il lavoratore medesimo, da un lato, non abbia presentato, in pendenza del rapporto di lavoro, alcuna domanda di concessione delle ferie e, dall’altro, non dimostri di non aver potuto usufruire di dette ferie per ragioni indipendenti dalla propria volontà, senza una verifica preliminare relativa alla questione se il lavoratore sia stato effettivamente posto, dal proprio datore di lavoro, in condizioni di avvalersi delle ferie annuali retribuite. 6. Preciserò, infine, che un giudice nazionale, laddove sia chiamato a pronunciarsi su una controversia relativa al diritto di un lavoratore all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro, è tenuto a verificare se il datore di lavoro dimostri di aver adottato i provvedimenti idonei a consentire al lavoratore di far effettivamente valere, nel corso del rapporto di lavoro, il proprio diritto alle ferie annuali retribuite. Nel caso in cui il datore di lavoro dimostri di aver agito con la necessaria diligenza e che, nonostante i provvedimenti adottati, il lavoratore abbia rinunciato deliberatamente e consapevolmente ad avvalersi delle proprie ferie annuali retribuite pur avendone avuto la possibilità nel corso del rapporto di lavoro, il lavoratore medesimo non potrà esigere, richiamandosi all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, la corresponsione di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. I. Contesto normativo A. Diritto dell'Unione 7. Ai sensi del considerando 4 della direttiva 2003/88 «Il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico». 8. L’articolo 1, paragrafo 3, primo comma, di tale direttiva prevede che «La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 89/391/CEE[ 3 ], fermi restando gli articoli 14, 17, 18 e 19 della presente direttiva». 9. Il successivo articolo 7 così dispone «1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. 2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro». 10. L’articolo 17 della direttiva medesima prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. Tuttavia, nessuna deroga è ammessa per quanto riguarda l’articolo 7 della stessa. 11. L’articolo 2 della direttiva 89/391 così recita «1. La presente direttiva concerne tutti i settori d'attività privati o pubblici attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative, ecc. . 2. La presente direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo. » B. Diritto tedesco 12. Ai sensi dell’articolo 9 della Verordnung über den Erholungsurlaub der Beamten und Richter regolamento relativo al congedo per ferie dei funzionari pubblici e dei magistrati, in prosieguo l’«EUrlVO» 4 , del 26 aprile 1988 «1. Il funzionario prende, nei limiti del possibile in una sola soluzione, il congedo di riposo cui ha diritto. Su richiesta dell’interessato, il congedo è concesso in modo frazionato. Occorre tuttavia evitare, in linea generale, un frazionamento su più di due periodi. In caso di frazionamento, il congedo è concesso al funzionario per almeno due settimane consecutive. 2. Il congedo dev’essere preso, di regola, nel corso dell’anno di riferimento. Il diritto al congedo non fruito entro un termine di dodici mesi successivi alla fine dell’anno di riferimento decade ». 13. L’EUrlVO non contiene alcuna disposizione che preveda la concessione di una compensazione pecuniaria per ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. II. Fatti all’origine della controversia e questioni pregiudiziali 14. Dal 13 maggio 2008 al 28 maggio 2010, il sig. Kreuziger svolgeva, in qualità di Rechtsreferendar tirocinante in materie giuridiche , il proprio tirocinio preparatorio alle professioni legali presso il Land di Berlino, nell’ambito di un rapporto di formazione di diritto pubblico, ma al di fuori dello statuto di funzionario. Con il superamento, in data 28 maggio 2010, della prova orale del secondo esame di Stato da parte del sig. Kreuziger, terminava il rapporto di formazione e di tirocinio presso il Land medesimo. 15. Nel periodo compreso fra il 1° gennaio 2010 e la data dell’interruzione del rapporto di formazione, il sig. Kreuziger decideva di non usufruire di ferie annuali retribuite. Il 18 dicembre 2010 chiedeva il riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute. La richiesta veniva, inizialmente, respinta con decisione del presidente del Kammergericht tribunale superiore del Land, Germania del 7 gennaio 2011 e, successivamente, su reclamo, con decisione del 4 maggio 2011 del Gemeinsame Juristische Prüfungsamt der Länder Berlin und Brandenburg Commissione d’esame giuridico comune dei Länder di Berlino e di Brandeburgo, Germania , in base al rilievo che l’EUrlVO non prevedrebbe tale diritto all’indennità e che, a sua volta, la direttiva 2003/88 si applicherebbe unicamente ai lavoratori e il suo articolo 7 presupporrebbe, ad ogni modo, che l’interessato non abbia potuto usufruire delle proprie ferie a causa di ragioni al medesimo non imputabili. 16. Avverso tali decisioni il sig. Kreuziger presentava quindi ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Berlin tribunale amministrativo di Berlino, Germania , il quale veniva respinto con sentenza del 3 maggio 2013. Nella sentenza, detto giudice rilevava, da un lato, che l’EUrlVO non prevede alcun diritto all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute e, dall’altro, che l’articolo 9 dell’EUrlVO obbliga il lavoratore ad usufruire delle proprie ferie e a farne richiesta. Orbene, poiché il sig. Kreuziger ha volontariamente omesso di presentare detta richiesta, pur sapendo che il suo rapporto di lavoro si sarebbe concluso il 28 maggio 2010 e che il suo diritto alle ferie annuali retribuite sarebbe decaduto a tale data. 17. Il giudice medesimo riteneva che il sig. Kreuziger non potesse ricavare il diritto all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali neppure dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88. Dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe, infatti, che il diritto alle ferie retribuite garantito dall’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva può venire meno, in forza del diritto nazionale, laddove il lavoratore abbia avuto la possibilità di usufruire delle proprie ferie, ma non l’abbia fatto. In una siffatta ipotesi non potrebbe sussistere neppure il diritto derivato all’indennità sostitutiva. 18. Avendo il sig. Kreuziger impugnato tale sentenza dinanzi all’Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg tribunale amministrativo superiore di Berlino-Brandeburgo, Germania , giudice del rinvio, quest’ultimo rileva, da parte sua, che l’EUrlVO non contiene alcuna regola sulla quale al sig. Kreuziger possa fondare il diritto alla compensazione pecuniaria, cosicché, in assenza di recepimento dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nell’ordinamento nazionale, un siffatto eventuale diritto potrebbe derivare unicamente dall’effetto diretto di tale disposizione. 19. Al riguardo, il giudice del rinvio osserva, anzitutto, che il sig. Kreuziger ricade effettivamente nell’ambito di applicazione ratione personae della direttiva. Considerato che i funzionari rientrano nella sua sfera di applicazione, ciò non può non valere, secondo tale giudice, anche per i tirocinanti nell’ambito di un rapporto di formazione di diritto pubblico, tenuto conto, in particolare, dell’articolo 1, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2003/88 che precisa che la direttiva stessa si applica ai settori di attività privati e pubblici ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391 e, quindi, in particolare, alle attività «educative» di cui a tale ultima disposizione. 20. Inoltre, il sig. Kreuziger risponderebbe alle condizioni espressamente enunciate all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, non avendo usufruito delle ferie annuali retribuite cui aveva diritto ed essendosi il rapporto di lavoro interrotto. 21. Infine, il giudice del rinvio dichiara di nutrire, tuttavia, diversi dubbi sulla questione se, al di là di tali due condizioni esplicite, il diritto al riconoscimento dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute possa essere escluso qualora il lavoratore, prima dell’interruzione del rapporto di lavoro, non abbia presentato, pur avendone avuto la possibilità, alcuna domanda di concessione delle proprie ferie e se tale diritto presupponga, più in generale, che il lavoratore non abbia potuto far valere, prima dell’interruzione del rapporto di lavoro, il proprio diritto alle ferie annuali retribuite per ragioni indipendenti dalla propria volontà. 22. Ciò considerato, l’Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg tribunale amministrativo superiore di Berlino-Brandeburgo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali «1 Se l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che osti a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali il diritto al riconoscimento di un’indennità pecuniaria all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro sia escluso qualora il lavoratore, pur potendo, non abbia presentato alcuna domanda di concessione di ferie annuali retribuite. 2 Se l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che osti a disposizioni o prassi nazionali per effetto delle quali il diritto al riconoscimento di un’indennità pecuniaria all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro presupponga che il lavoratore non abbia potuto far valere, prima dell’interruzione, il proprio diritto alle ferie annuali retribuite per ragioni indipendenti dalla propria volontà». III. Analisi 23. Con le due questioni pregiudiziali, che, a mio parere, è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osti a disposizioni o prassi nazionali per effetto delle quali il diritto di un lavoratore al riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro venga meno qualora il lavoratore stesso, da un lato, non abbia presentato, in pendenza del rapporto di lavoro, alcuna domanda di concessione delle ferie e, dall’altro, non dimostri di non averne potuto usufruire per ragioni indipendenti dalla propria volontà. 24. In limine, si deve osservare che, sebbene diverse parti interessate, fra cui il Land di Berlino, abbiano presentato osservazioni relative alla natura del rapporto intercorrente tra il Land stesso e il sig. Kreuziger nella sua qualità di Rechtsreferendar tirocinante in materia giuridiche e, in particolare, alla questione se tale rapporto ricadesse nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88, occorre rilevare che il giudice del rinvio ha ritenuto che il sig. Kreuziger rientrasse effettivamente nella sua sfera di applicazione non avendo, infatti, formulato alcun quesito su tale aspetto. Con riferimento a tale profilo, mi basterà pertanto rilevare che l’articolo 1, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2003/88 prevede che quest’ultima si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e in particolare alle attività «educative». Dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’ambito di applicazione della direttiva 2003/88 dev’essere inteso in modo ampio 5 . Rinvio, peraltro, alla definizione della nozione di «lavoratore», ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea 6 , che la Corte ha adottato nella propria giurisprudenza 7 . In linea con la Commissione europea, sono incline a ritenere che la preparazione alle professioni giuridiche costituisca un’attività educativa che, nel caso di specie, presenta oltretutto le caratteristiche generali di un rapporto di lavoro. Il diritto alle ferie annuali retribuite che è conferito ad ogni tirocinante nell’ambito del regime nazionale applicabile ai funzionari e ai giudici dev’essere quindi esercitato, a mio modo di vedere, conformemente all’articolo 7 della direttiva stessa ed all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta. 25. Rilevo peraltro che, in assenza, nell’ambito della pertinente normativa tedesca, di disposizioni che prevedano la corresponsione di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro, il diritto a detta indennità discenda direttamente dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 8 . 26. Al fine di rispondere ai quesiti del giudice del rinvio, occorre rammentare che, come emerge dalla stessa formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, disposizione alla quale la direttiva stessa non consente di derogare, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Come affermato più volte dalla Corte, «tale diritto alle ferie annuali retribuite dev’essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 stessa» 9 . 27. Peraltro, dal tenore della direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte emerge che, «se è vero che spetta agli Stati membri definire le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essi devono, però, astenersi dal condizionare la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva» 10 . 28. La Corte ha già avuto più volte modo di pronunciarsi su questioni inerenti al mancato esercizio del diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite, prima dell’interruzione del rapporto di lavoro, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, sia a causa di malattia 11 sia a causa del diniego, da parte del datore di lavoro, di retribuire le ferie 12 . 29. In tale contesto, la Corte ha sancito il principio secondo cui «la direttiva 2003/88 non permette agli Stati membri né di precludere la nascita del diritto alle ferie annuali retribuite, né di prevedere che tale diritto di un lavoratore al quale è stato impedito di esercitarlo si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale» 13 . 30. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che «un lavoratore che non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, ha diritto a un’indennità finanziaria ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88. L’importo dell’indennità in parola deve essere calcolato in modo da porre tale lavoratore in una situazione analoga a quella in cui si sarebbe trovato se avesse esercitato tale diritto nel corso del rapporto di lavoro» 14 . 31. Secondo la Corte, la regola sancita dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta è pertanto che «un diritto alle ferie annuali retribuite non può estendersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non ha potuto beneficiare delle sue ferie» 15 . 32. La ratio sottostante a tale regola è che, se è pur vero che gli Stati membri possono prevedere modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite, che comprendano finanche la decadenza di tale diritto allo scadere di un periodo di riferimento o di un periodo di riporto, occorre tuttavia che il lavoratore il cui diritto alle ferie annuali retribuite sia venuto meno abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare il diritto attribuitogli dalla direttiva de qua 16 . 33. Dalla normativa nazionale in esame, come interpretata da taluni giudici nazionali, sembra emergere che il diritto alle ferie annuali retribuite debba estinguersi alla fine del periodo di riferimento laddove il lavoratore non abbia presentato alcuna domanda diretta ad avvalersi di tale diritto nel corso di tale periodo. Tale estinzione del diritto alle ferie annuali retribuite per il cui godimento non sia stata presentata domanda da parte del lavoratore implica la perdita del diritto all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. 34. Una normativa nazionale di tal genere, così interpretata, mi sembra contraria all’articolo 7 della direttiva 2003/88, in quanto dall’assenza di richiesta da parte del lavoratore di usufruire delle proprie ferie durante il periodo di riferimento fa derivare automaticamente, alla fine del periodo de quo, la perdita delle ferie, senza una verifica preliminare relativa alla questione se il lavoratore sia stato effettivamente posto in condizioni di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite, conformemente a quanto postulato dalla giurisprudenza della Corte. 35. Orbene, tenuto conto della finalità che la direttiva 2003/88 riconosce al diritto alle ferie annuali retribuite, vale a dire quella di assicurare che il lavoratore benefici di un riposo effettivo, per tutelare in modo efficace la sua sicurezza e la sua salute, spetta al datore di lavoro adottare i provvedimenti idonei a consentire al lavoratore di fruire effettivamente del proprio diritto alle ferie annuali retribuite e, in caso di contestazione, dimostrare di aver adottato provvedimenti di tal genere. 36. Rammento, al riguardo, che la direttiva 2003/88 «sancisc[e] la regola secondo cui il lavoratore deve di norma potere beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute» 17 . La finalità del diritto alle ferie annuali retribuite consiste nel «consentire al lavoratore di riposarsi e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione» 18 . 37. Il datore di lavoro ha una particolare responsabilità affinché i lavoratori posti sotto la sua direzione facciano effettivamente valere il loro diritto alle ferie annuali retribuite. 38. Come già dichiarato dalla Corte, «il lavoratore dev’essere considerato come la parte debole nel contratto di lavoro, cosicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti» 19 . Secondo la Corte, infatti, «tenuto conto di tale situazione di debolezza, un simile lavoratore può essere dissuaso dal far valere espressamente i suoi diritti nei confronti del suo datore di lavoro, dal momento che la loro rivendicazione potrebbe esporlo a misure adottate da quest’ultimo in grado di incidere sul rapporto di lavoro in danno di detto lavoratore» 20 . Pertanto, «ogni azione o omissione di un datore di lavoro, avente un effetto potenzialmente dissuasivo sulla richiesta di ferie annuali da parte del lavoratore, è altresì incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite» 21 . 39. Tenuto conto di tale squilibrio insito nel rapporto di lavoro, spetta al datore di lavoro adottare i provvedimenti idonei a consentire ai lavoratori di avvalersi delle proprie ferie annuali retribuite. Mi sembra inoltre che, nel ritenere che «il datore di lavoro che impedisca a un lavoratore di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite deve assumerne le conseguenze» 22 , la Corte abbia messo in evidenza un obbligo incombente al datore di lavoro rispetto alla fruizione effettiva, da parte dei lavoratori, delle loro ferie. 40. L’esistenza di un obbligo di tal genere risulta avvalorata dalla direttiva 89/391, che resta applicabile, come indicato dal considerando 3 e dall’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2003/88 23 . L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/391 dispone infatti che «[i]l datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro». Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che «[n]el quadro delle proprie responsabilità il datore di lavoro prende le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori». 41. Ai fini dell’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, si deve quindi tenere conto dell’obbligo che la direttiva 89/391 impone ai datori di lavoratori. 42. Rilevo peraltro che la Repubblica federale di Germania ha riconosciuto, all’udienza, che, in forza del principio di sollecitudine, il datore di lavoro è obbligato, in generale, a garantire il benessere dei propri lavoratori e che in tale dovere di sollecitudine rientra altresì la necessità di porre il lavoratore in condizione di poter far valere i propri diritti. 43. Tale obbligo deve tradursi, in materia d’organizzazione dell’orario di lavoro, nell’adozione da parte del datore di lavoro di misure organizzative concrete idonee a consentire ai lavoratori di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite, nonché nell’informare in modo preciso e in tempo utile che, qualora i lavoratori non usufruiscano effettivamente delle proprie ferie, queste rischiano di venire meno alla fine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Il datore di lavoro deve inoltre informare i lavoratori della circostanza che se essi non usufruiscono delle loro ferie nel corso del rapporto di lavoro, pur avendone la possibilità effettiva, essi non potranno rivendicare il diritto ad un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. Tuttavia, l’obbligo incombente sul datore di lavoro non si spinge «fino al punto di obbligare il datore di lavoro ad imporre ai suoi dipendenti di avvalersi effettivamente dei periodi di riposo cui hanno diritto» 24 . Con questa riserva, l’obbligo imposto al datore di lavoro deve tradursi, a mio parere, in un regime probatorio in forza del quale, in caso di contestazione, spetta al datore di lavoro dimostrare di aver adottato i provvedimenti idonei a consentire a un lavoratore di far effettivamente valere tale diritto. 44. Tenuto conto dell’obbligo incombente al datore di lavoro di consentire effettivamente ai propri lavoratori di far valere il loro diritto alle ferie annuali retribuite, una normativa o una prassi nazionale che abbia l’effetto di accollare unicamente ai lavoratori la responsabilità dell’esercizio di tale diritto, senza una verifica preliminare relativa alla questione se il datore di lavoro abbia rispettato il proprio obbligo, è contraria all’articolo 7 della direttiva 2003/88. Infatti, ammettere che una normativa o una prassi nazionale possa prevedere l’estinzione del diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite, senza che il lavoratore abbia avuto la possibilità effettiva di far valere tale diritto, significherebbe accettare una violazione sostanziale del diritto sociale direttamente conferito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 ad ogni lavoratore 25 . Dai suesposti rilievi discende che la circostanza che un lavoratore non abbia chiesto di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite nel corso del periodo di riferimento non può implicare ipso facto l’estinzione di tale diritto allo scadere di tale periodo e, correlativamente, il venire meno del diritto all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. Sembra, inoltre, che la giurisprudenza della Corte consideri irrilevante accertare se un lavoratore abbia o meno presentato domande per ferie annuali retribuite 26 . 45. Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce della finalità che la direttiva 2003/88 riconosce al diritto alle ferie annuali retribuite, se il datore di lavoro dimostri di aver adottato i provvedimenti idonei a consentire al lavoratore di far effettivamente valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite adoperando, a tal fine, la diligenza al medesimo incombente. Qualora il datore di lavoro dimostri di aver agito con la necessaria diligenza e che, nonostante i provvedimenti dal medesimo adottati, il lavoratore abbia rinunciato deliberatamente a far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite pur avendone avuto la possibilità nel corso del rapporto di lavoro, il lavoratore non potrà esigere, ex articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, il pagamento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. In tal il lavoratore è stato infatti posto in condizioni di poter far valere il proprio diritto. Egli vi ha rinunciato in modo consapevole, edotto circa gli effetti giuridici che potrebbero derivarne a suo carico all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. 46. È pur vero che talune considerazioni formulate dalla Corte possono dare l’impressione di un’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nel senso di conferire direttamente e automaticamente ai lavoratori un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute in caso di interruzione del rapporto di lavoro. Par quanto attiene ai requisiti per il riconoscimento di una tale indennità, la Corte ha così sottolineato che «nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro e non è più pertanto possibile l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite, per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare del diritto alle ferie annuali retribuite, neppure in forma pecuniaria, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 riconosce al lavoratore il diritto ad un’indennità» 27 . La Corte ha altresì dichiarato che «[c]on l’intento di garantire l’osservanza di tale diritto fondamentale del lavoratore sancito dal diritto dell’Unione, [essa] non può fornire una interpretazione restrittiva dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, a scapito dei diritti che il lavoratore trae da questa» 28 . Inoltre, la Corte ha statuito che «l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte, non assoggetta il diritto ad un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato» 29 . 47. Ciò detto, occorre sottolineare che tali considerazioni sono strettamente connesse ai contesti di fatto nei quali esse sono state svolte, vale a dire fattispecie nelle quali ad un lavoratore era stato impedito di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite a causa di malattia o di sua morte. 48. Peraltro, e in ogni caso, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non può essere interpretato nel senso che un lavoratore che abbia volontariamente e consapevolmente rinunciato ad usufruire delle proprie ferie annuali retribuite possa rivendicare il diritto alla corresponsione dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro, laddove il datore di lavoro fornisca la prova di aver effettivamente posto il lavoratore stesso nelle condizioni di poter usufruire delle proprie ferie nel corso del rapporto di lavoro. 49. Un’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 in favore di una corresponsione automatica al lavoratore dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro, senza esaminare i comportamenti tenuti, rispettivamente, dal datore di lavoro e dal lavoratore stesso, contrasterebbe, infatti, sia con il tenore della disposizione de qua sia con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite, come evidenziato e ricordato dalla Corte nella sua giurisprudenza consolidata. Orbene, l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato alla luce del suo tenore nonché dell’obiettivo che esso persegue 30 . 50. Con riferimento, in primo luogo, al tenore dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, da essa emerge che la corresponsione di un’indennità pecuniaria avente ad oggetto la sostituzione del periodo minimo di ferie annuali retribuite è possibile solo in caso di interruzione del rapporto di lavoro. L’effettiva fruizione delle ferie costituisce quindi la regola, mentre l’indennità pecuniaria l’eccezione. Inoltre, anche in caso d’interruzione del rapporto di lavoro, la formulazione di tale disposizione non esprime l’idea che di tale indennità si possa beneficiare automaticamente in caso di interruzione del rapporto di lavoro, bensì solo l’idea di una possibilità. 51. Con riferimento, in secondo luogo, alla finalità del diritto alle ferie annuali retribuite, essa consiste, lo ricordo, nel «consentire al lavoratore di riposarsi e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione» 31 . Peraltro, occorre nuovamente menzionare la regola secondo cui il lavoratore deve, di norma, poter beneficiare di un effettivo riposo. 52. Interpretare l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nel senso conferire direttamente e automaticamente al lavoratore un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute in caso di interruzione del rapporto di lavoro contrasterebbe con tale finalità e con l’esigenza di un riposo effettivo del lavoratore, elementi, questi, che presuppongono che il godimento del diritto alle ferie annuali retribuite debba, in linea di principio, effettuarsi in natura. 53. Un’interpretazione di tal genere potrebbe, infatti, incentivare i lavoratori che già sanno - essendo , ad esempio, in formazione o in essendo assunti con contratto a tempo determinato - che il loro rapporto di lavoro potrebbe risolversi nel prossimo futuro a non fruire delle ferie al fine di incrementare la propria retribuzione grazie alla corresponsione, all’atto di interruzione di tale rapporto, dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute. Orbene, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che occorre evitare di adottare un’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 che costituisca «un incentivo, incompatibile con gli obiettivi di [tale] direttiva, a rinunciare alle ferie come periodo di riposo ovvero a sollecitare i lavoratori a rinunciarvi» 32 . Al fine di rispettare la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite, si deve pertanto fare in modo che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non possa essere utilizzato come strumento idoneo a monetizzare giorni di ferie annuali retribuite al fine di ottenerne la remunerazione all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro 33 . 54. Aggiungo che la tutela della sicurezza e della salute del lavoratore non rientra solo nell’interesse individuale di quest’ultimo, bensì anche in quello del datore di lavoro nonché nell’interesse generale 34 . 55. Alla luce di tali elementi, occorre pertanto relativizzare il passaggio della sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke 35 , nel quale la Corte ha rilevato che «l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte, non assoggetta il diritto ad un’indennità pecuniaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato» 36 . Per essere conforme alla duplice finalità del diritto alle ferie annuali retribuite, vale a dire consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi e, dall’altro, di beneficare di un periodo di distensione e di ricreazione, nonché alla regola secondo cui il lavoratore deve, di norma, poter beneficiare di un riposo effettivo, la seconda condizione prevista dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, vale a dire «[i]l mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui [il suo rapporto di lavoro] è cessato» 37 , deve necessariamente essere intesa nel senso che il lavoratore «non [è] stato posto in grado di usufruire di tutte le [sue] ferie [annuali] retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro» 38 . Solo se la prima condizione, vale a dire la cessazione del rapporto di lavoro, e la seconda condizione, così intese, sono soddisfatte, allora il lavoratore il cui rapporto di lavoro è cessato ha diritto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, ad un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute. 56. Così interpretato, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 consente dunque di garantire un giusto equilibrio fra la necessaria compensazione finanziaria di un diritto alle ferie annuali retribuite la cui effettiva fruizione durante il rapporto di lavoro non sia stata possibile e il rispetto della finalità di tale diritto che, in linea di principio, esige la fruizione effettiva delle ferie. 57. In sintesi, propongo alla Corte di respingere la tesi secondo cui la corresponsione dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro sia subordinata alla duplice condizione che, da un lato, il lavoratore abbia personalmente richiesto la concessione delle ferie controverse al proprio datore di lavoro e, dall’altro, che il lavoratore medesimo dimostri di non essere stato in condizioni di poter far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite per cause a lui non imputabili. 58. Suggerisco alla Corte di seguire un’altra logica fondata sulla regola secondo cui occorre che venga privilegiata la fruizione effettiva delle ferie nonché sul ruolo che il datore di lavoro deve assumere al riguardo. In tale prospettiva, è escluso che si faccia gravare sui soli lavoratori la responsabilità di fare in modo di usufruire effettivamente delle loro ferie, a pena di perderne il beneficio. Una soluzione di tal genere mal si concilia infatti con la realtà delle relazioni di lavoro che si traduce in un disequilibrio fra il datore di lavoro e il lavoratore, in quanto quest’ultimo può essere incentivato, sotto vari aspetti, a lavorare di più, in particolare laddove speri in un rinnovo del proprio contratto. Per ovviare a tale rischio nonché alla propensione dei lavoratori a trasformare le loro ferie in un supplemento della retribuzione, occorre imporre al datore di lavoro l’obbligo di adottare i provvedimenti idonei a consentire al lavoratore di usufruire in modo effettivo del proprio diritto alle ferie annuali retribuite. Qualora il datore di lavoro dimostri di aver posto il lavoratore in condizioni di poter far valere tale diritto, il lavoratore stesso non potrà allora esigere, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, la corresponsione dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. 59. Di conseguenza, propongo alla Corte di rispondere al giudice del rinvio che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che dà diritto al riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro laddove il lavoratore non abbia potuto prendere tutte le ferie annuali retribuite al medesimo spettanti nel corso di tale rapporto. 60. Tale stessa disposizione deve, a mio parere, essere interpretata nel senso che osta a disposizioni o prassi nazionali per effetto delle quali il diritto del lavoratore al riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro viene meno qualora il lavoratore stesso, da un lato, non abbia presentato, in pendenza del rapporto di lavoro, alcuna domanda di concessione di tali ferie e, dall’altro, non dimostri di non aver potuto usufruire di tali ferie per ragioni indipendenti dalla propria volontà, senza una verifica preliminare relativa alla questione se il lavoratore sia stato effettivamente posto in condizioni, dal proprio datore di lavoro, di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite. 61. Spetta al giudice nazionale, cui sia stata sottoposta una controversia relativa al diritto di un lavoratore all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro, verificare se il datore di lavoro dimostri di aver adottato i provvedimenti idonei a consentire a tale lavoratore di far effettivamente valere, nel corso di tale rapporto, il proprio diritto alle ferie annuali retribuite. Qualora il datore di lavoro dimostri di aver agito con la necessaria diligenza e che, nonostante i provvedimenti adottati, il lavoratore abbia deliberatamente e consapevolmente rinunciato a far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite, pur avendone avuto la possibilità nel corso del rapporto di lavoro, il lavoratore medesimo non può esigere, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, la corresponsione di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. 62. Nella specie, qualora dalle verifiche effettuate dal giudice del rinvio dovesse risultare che il Land di Berlino, nella sua qualità di datore di lavoro del sig. Kreuziger, ha posto il medesimo in condizioni di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite e che, ciononostante, il sig. Kreuziger non abbia inteso usufruire delle proprie ferie prima del superamento della prova orale del secondo esame di Stato, il diniego di corresponsione dell’indennità potrà ritenersi legittimo. IV. Conclusione 63. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dall’Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg tribunale amministrativo superiore di Berlino-Brandeburgo, Germania nei termini seguenti 1 L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che dà diritto al riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro nel caso in cui un lavoratore non abbia potuto usufruire di tutte le ferie annuali retribuite al medesimo spettanti nel corso di tale rapporto. 2 L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o prassi nazionali per effetto delle quali il diritto di un lavoratore al riconoscimento di un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro viene meno qualora tale lavoratore, da un lato, non abbia presentato, in pendenza del rapporto di lavoro, alcuna domanda di concessione delle ferie e, dall’altro, non dimostri di non aver potuto usufruire di tali ferie per ragioni indipendenti dalla propria volontà, senza una verifica preliminare relativa alla questione se il lavoratore medesimo sia stato effettivamente posto, dal proprio datore di lavoro, in condizioni di far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite. 3 Spetta al giudice nazionale, cui sia stata sottoposta una controversia relativa al diritto di un lavoratore all’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro, verificare se il datore di lavoro dimostri di aver adottato i provvedimenti idonei a consentire a tale lavoratore di far effettivamente valere, nel corso di tale rapporto, il proprio diritto alle ferie annuali retribuite. Qualora il datore di lavoro dimostri di aver agito con la necessaria diligenza e che, nonostante i provvedimenti adottati, il lavoratore abbia deliberatamente consapevolmente rinunciato a far valere il proprio diritto alle ferie annuali retribuite pur avendone avuto la possibilità nel corso del suo rapporto di lavoro, il lavoratore medesimo non può esigere, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, la corresponsione dell’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro. * Fonte curia.europea.eu