I problemi di previdenza non risparmiano nemmeno gli avvocati dell’INPS

Per determinare la base di calcolo del trattamento di quiescenza e di fine rapporto, spettante ai dipendenti degli enti c.d. parastatali, non devono considerarsi le voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive simili e devono ritenersi abrogate o illegittime o, comunque, non applicabili, le disposizioni di regolamenti che considerano ai fini del computo del trattamento di quiescenza comunque denominato le altre competenze a carattere fisso o continuativo.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 23619/2015, depositata il 18 novembre. Il trattamento di quiescenza agita gli animi. Un avvocato dell’INPS lamentava l’errata quantificazione del suo trattamento di quiescenza e di previdenza poiché nella base di calcolo non erano stati considerati gli onorari maturati nell’ultimo triennio di servizio. L’INPS si difendeva sulla base della delibera del Consiglio di Amministrazione INPS del 30 aprile 1982, che, conformandosi all’articolo 2121 c.c., affermava come gli onorari avessero la natura di provvigione in senso lato, o di partecipazioni agli utili che derivano dalla riscossione delle eventuali ed imprevedibili spese di lite liquidate nei vari giudizi. Secondo l’Istituto, gli onorari non potevano essere considerati alla stregua di voce e fissa e continuativa dello stipendio degli avvocati INPS, essendo un elemento incerto nell’ an e nel quantum . Il pasticcio di norme. Dalla legge 70/1975 sul trattamento di quiescenza e di previdenza dei dipendenti degli enti parastatali, si sono susseguite diverse norme e d altrettante delibere del Consiglio di Amministrazione dell’INPS che hanno, di volta in volta, modificato le regole di calcolo del trattamento. Negli anni Ottanta, alcune pronunce del Consiglio di Stato confermavo come gli onorari spettanti ad avvocati e procuratori che prestavano servizio alle dipendenze di enti pubblici avevano carattere di elemento integrativo dello stipendio e perciò essi dovevano essere computati per la determinazione dei trattamenti di quiescenza indennità di buonauscita e dei trattamenti di previdenza pensione del fondo speciale . Ciò in applicazione dei principi dell’articolo 2121 cod. civ. e dell’articolo 5 del Regolamento di previdenza INPS che include nel concetto di retribuzione tutti gli assegni che, a prescindere dalla loro variabilità, concorrevano a comporre la retribuzione normale della prestazione lavorativa. In direzione opposta va la delibera del Consiglio di Amministrazione INPS del 30 aprile 1982, avente ad oggetto la “computabilità degli onorari legali agli effetti dei trattamenti di previdenza e di quiescenza”. Gli onorari vanno sì considerati, ma in relazione all’importo mensile fisso percepito e comunque in rapporto alla media degli importi erogati nel triennio precedente la cessazione del servizio o la domanda di riscatto. I giudici di merito non avevano ben interpretato tale delibera, considerando in toto gli onorari percepiti e cadendo, quindi, in errore. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, l’articolo 5 del Regolamento e la delibera del 30 aprile 1982 vanno lette in combinato disposto con il risultato che le quote onorari dello «stipendio lordo calcolato per 15 mensilità annue» non possono essere considerate fisse o continuative, in quanto incerte sia nell’ an sia nel quantum , pertanto esse non possono concorrere alla determinazione della base dei trattamenti previdenziali e di quiescenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 ottobre – 18 novembre 2015, numero 23619 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 14.12.09 la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame dell'INPS contro la sentenza del 19.2.05 con cui il Tribunale capitolino aveva accolto la domanda dell'avv. P.M. , che aveva fatto parte dell'avvocatura dell'INPS fino al 1.6.99 data di cessazione dal servizio , intesa ad ottenere la rideterminazione della retribuzione utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza a carico del Fondo costituito presso l'INPS mediante inserimento, nelle relative basi di calcolo, della quota degli onorari maturati negli ultimi dodici mesi di servizio anziché nell'ultimo triennio, come invece praticatole dall'istituto previdenziale, che oggi ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi a tre motivi. L'intimata resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2121, comma 2, c.c., del Regolamento di previdenza e di quiescenza del personale INPS e dell'articolo 30, comma 2, d.P.R. numero 411/76, per avere la sentenza impugnata ritenuto che l'unico criterio che si dovrebbe desumere dal Regolamento, ai fini della valorizzazione della quota onorari nei trattamenti di fine servizio, sarebbe quello di assumere a base di calcolo l'ultimo anno di servizio in proposito - obietta l'istituto ricorrente - l'opzione interpretativa accolta nella delibera 30 aprile 1982 è seguita alla sentenza del Consiglio di Stato numero 120/1980 e plurime successive sentenze del medesimo giudice amministrativo l'hanno ritenuta non in contrasto con gli articolo 24 e 34 del Regolamento pertanto - prosegue il ricorrente - la Corte territoriale ha di fatto disapplicato tale delibera destinata ad incidere sull'articolo 5 del Regolamento, ritenendo violato il criterio di sussidiarietà, ma non menzionando affatto alcun specifico riferimento alla normativa speciale che dovrebbe assumersi quale parametro per la valutazione della fattispecie e a preferenza di quella dettata dal codice civile, mentre la ricordata delibera 30 aprile 1982 si conforma al principio generale di cui all'articolo 2121 c.c. osserva, inoltre, l'istituto ricorrente la non conferenza dei richiami effettuati alla giurisprudenza di questa Corte in tema di lavoro straordinario, assumendo che la natura propria della quota onorari è quella di provvigione o, in senso lato, di partecipazione agli utili che derivano dalla riscossione delle eventuali e imprevedibili spese di lite liquidate nei vari giudizi, o comunque ad esse assimilabile, non trattandosi di una voce fissa e continuativa dello stipendio degli avvocati dell'INPS, ma di un elemento incerto nell' an e nel quantum . Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli articolo 1321, 1322 e 2123 c.c., perché, a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, il Regolamento ha perduto la propria originaria natura di atto amministrativo per assumere, ai sensi del d.Lgs. numero 165/2001, articolo 2, comma 3, la qualità di atto negoziale di natura privatistica quale contratto normativo da collocare nell'ambito degli atti di previdenza volontaria ed operando, quindi, con l'efficacia propria del contratto, al pari di ogni altro atto di gestione del rapporto di lavoro per l'effetto - prosegue il ricorso - il criterio di computo triennale a suo tempo adottato dall'istituto deve considerarsi non solo come applicazione del criterio normativamente previsto dall'articolo 2121 c.c., ma anche come atto di autonomia privata, essendo stato recepito nel contratto individuale di lavoro dei dipendenti in sostanza, la delibera INPS numero 99 del 30.4.1982, e quindi il criterio di calcolo ivi previsto, deve ritenersi recepita per relationem nei singoli contratti di lavoro ed ha assunto valore negoziale. Con il terzo motivo l'istituto ricorrente denuncia vizio di motivazione per non avere la Corte territoriale individuato la normativa di settore, da applicare alla fattispecie in luogo di quella codicistica, che renderebbe operativo il disposto dell'articolo 2129 c.c. quanto al richiamo alla giurisprudenza di legittimità in materia di valorizzazione del lavoro straordinario ai fini del trattamento di fine rapporto, esso non è conferente per le stesse ragioni già esposte nella parte finale del primo motivo di ricorso. 2 - Il primo motivo di ricorso è fondato nei sensi qui di seguito chiariti, dovendosi dare continuità alla giurisprudenza di questa S.C. già pronunciatasi a riguardo cfr. Cass. numero 7392/15 Cass. numero 7283/15 Cass. numero 7012/15 Cass. numero 6875/15 Cass. numero 3775/12 . L'esame delle disposizioni della L. numero 70 del 1975 evidenzia chiaramente che il legislatore, rispettivamente con gli articolo 13 e 14, ha valutato in maniera differente le discipline dei regolamenti dei singoli enti in materia, da un lato, di trattamento di quiescenza o fine rapporto e, dall'altro, di trattamenti integrativi di previdenza. L'articolo 14 ha infatti previsto, al comma 2, la conservazione dei fondi integrativi di previdenza in favore dei soli dipendenti già in servizio o già cessati dal servizio così infatti recita il suddetto articolo 14 nel complesso dei suoi due commi Finché non sarà provveduto con apposito provvedimento di legge al riordinamento con criteri unitari del trattamento pensionistico del personale degli enti contemplati nella presente legge, il trattamento stesso è disciplinato dalla legge sull'assicurazione obbligatoria o dalle speciali disposizioni di legge che prevedono trattamenti pensionistici sostitutivi o che comportano l'esclusione o l'esonero, dall'assicurazione stessa. I fondi integrativi di previdenza previsti dai regolamenti di taluni enti sono conservati limitatamente al personale in servizio o già cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della presente legge . L'articolo 13 ha invece previsto l'indennità di anzianità nella misura specificata nel comma 1 All'atto della cessazione dal servizio spetta al personale una indennità di anzianità, a totale carico dell'ente, pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento, qualunque sia il numero di mensilità in cui esso è ripartito, quanti sono gli anni di servizio prestato . Con sentenza numero 7158/2010 conf. Cass. numero 4749/2011 , resa a composizione del contrasto insorto nella giurisprudenza della Sezione Lavoro, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio In tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, la L. 20 marzo 1975, numero 70, articolo 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 cod. civ. , non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un'indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all'autonomia regolamentare dei singoli enti solo l'eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari .e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti, come quello dell'Inail, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo . Tale principio, applicabile per identità dei presupposti, anche al Regolamento dell'INPS, impone di riconoscere l'insussistenza - siccome abrogata in parte qua - della normativa regolamentare in particolare l'articolo 5 del Regolamento, nel testo conseguente alla sentenza del Consiglio di Stato numero 120/80 , sulla base della quale, in combinato disposto con l'articolo 34 del medesimo Regolamento, l'odierna controricorrente ha fondato la domanda di riliquidazione dell'indennità di buonuscita. Per ciò che invece attiene alla pensione integrativa, pure disciplinata dal medesimo Regolamento, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza numero 7154/2010, hanno enunciato i seguenti principi In tema di base di calcolo della pensione integrativa dei dipendenti dell'Inps, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza dell'ente, adottato con delibera del 12 giugno 1970 e successivamente modificato con deliberazione del 30 aprile 1982, ai fini della computabilità nella pensione integrativa già erogata dal fondo istituito dall'ente e ancora transitoriamente prevista a favore dei soggetti già iscritti al fondo, nei limiti dettati dalla L. 17 maggio 1999, numero 144, articolo 64 è sufficiente che le voci retributive siano fisse e continuative, dovendosi escludere la necessità di una apposita deliberazione che ne disponga l'espressa inclusione non osta che l'elemento retributivo sia attribuito in relazione allo svolgimento di determinate funzioni o mansioni, anche se queste, e la relativa indennità, possano in futuro venire meno, mentre non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui erogazione sia collegata ad eventi specifici di durata predeterminata oppure sia condizionata al raggiungimento di taluni risultati e quindi sia intrinsecamente incerto . Da quanto precede discende quindi la non praticabilità d'una riliquidazione dell'indennità di fine rapporto. Lo stesso dicasi per la riliquidazione della pensione integrativa. La quota onorari è stata riconosciuta ai funzionari INPS del ruolo professionale, effettivamente svolgenti attività legale, con l'articolo 30 dell'accordo collettivo approvato con D.P.R. 26 maggio 1976, numero 411, giusta la previsione normativa di cui alla L. numero 70 del 1975, articolo 26, comma 4 - Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente Gli accordi sindacali prevederanno la misura percentuale della partecipazione degli appartenenti al ruolo professionale, per l'attività da essi svolta, alle competenze e agli onorari giudizialmente liquidati a favore dell'ente . L'articolo 5 del Regolamento deliberazioni del 12.6.1970 e del 18.3.1971 , prevedeva che Agli effetti del presente Regolamento si intende per retribuzione la somma delle seguenti competenze lo stipendio lordo calcolato per 15 mensilità annue eventuali assegni ed altre competenze di carattere fisso e continuativo, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia, che siano riconosciuti utili ai fini del trattamento di previdenza e di quiescenza con delibera del Consiglio di amministrazione approvata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con quello del Tesoro . Con sentenza numero 120/1980 del 29.1.1980 il Consiglio di Stato aveva però annullato tale disposizione nella parte in cui subordina a delibera del c.d.a. la selezione degli elementi utili agli effetti dei trattamenti di fine rapporto i.b.u. e pensione , dichiarando che 1 L'articolo 5 del regolamento per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale dell'Inps, nella parte in cui subordina a deliberazione del consiglio di amministrazione dell'ente l'utilità degli assegni e delle altre competenze ivi indicati ai fini del trattamento anzidetto, confligge irrimediabilmente con la sostanzialità dell'indagine circa il carattere che tali competenze devono avere, ai sensi dell'articolo 2121 cod. civ. e dei principi generali della materia, i quali prevedono che l'utilità di un certo assegno o competenza ai fini del trattamento di previdenza e quiescenza derivi ex se dalle intrinseche ed obbiettive caratteristiche dell'emolumento in relazione alla normazione legislativa primaria, senza essere subordinata alla emanazione di un provvedimento dell'ente pubblico interessato 2 La quota di onorari spettanti agli avvocati e procuratori che prestano servizio alle dipendenze di enti pubblici ha carattere di elemento integrativo dello stipendio . Pertanto, in base all'articolo 5 del Regolamento, a seguito della decisione del Consiglio di Stato numero 120/80, per retribuzione si intende la somma dello stipendio lordo calcolato per 15 mensilità annue e di eventuali assegni personali ed altre competenze di carattere fisso e continuativo, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia connessi a tale previsione risultano gli articolo 27 in tema di pensione integrativa e 34 in tema di indennità di buonuscita, denominata trattamento di quiescenza , che fanno rispettivamente riferimento all'ultima retribuzione spettante e all'ultima retribuzione annua spettante. Successive pronunce del Consiglio di Stato confermarono che, secondo i principi desumibili dall'articolo 2121 c.c., la quota di onorari spettanti agli avvocati e procuratori che prestano servizio alle dipendenze di enti pubblici aveva carattere di elemento integrativo dello stipendio e che andava pertanto computata nella determinazione dei trattamenti di quiescenza indennità di buonuscita e di previdenza pensione del fondo speciale dei dipendenti INPS, in applicazione del ricordato articolo 5 del Regolamento, che include nel concetto di retribuzione tutti gli assegni che, a prescindere dalla loro variabilità, costituiscono la retribuzione normale della prestazione lavorativa cfr., exaliis, C.d.S. nnumero 531/81 78/82 . Con la ricordata sentenza numero 120/1980 il Consiglio di Stato aveva altresì indicato il metodo da seguire per il calcolo delle quote degli onorari da prendere in considerazione, facendo riferimento al criterio di cui all'articolo 2121 c.c. nel testo allora vigente e, quindi, alla media di tali emolumenti degli ultimi tre anni. Con delib. 30 aprile 1982, numero 99, avente ad oggetto la Computabilità degli onorari legali agli effetti del trattamento di previdenza e quiescenza , il Consiglio di Amministrazione dell'INPS, richiamate le ricordate sentenze amministrative, deliberò, per quanto qui specificamente rileva, che 1 . la quota di onorari corrisposta ai funzionati del ruolo professionale - ramo legale è compresa nella retribuzione di cui all'articolo 5 del vigente Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza, nel testo risultante a seguito dell'annullamento parziale disposto con la richiamata decisione numero 120 del 29 gennaio 1980 2 Ai fini dell'attuazione di quanto stabilito al precedente punto 1, per la determinazione dei trattamenti previsti dal Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza e dei valori di riscatto, la quota di onorari legali è computata sulla base dell'importo mensile ottenuto rapportando a mese la media degli importi erogati nel triennio precedente la cessazione del servizio o la data di domanda di riscatto . Né può essere condiviso il richiamo della L. numero 70 del 1975 Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente , nella parte in cui, sotto la rubrica Trattamenti integrativi e sostitutivi di previdenza , prevede, al comma 2, che i fondi integrativi di previdenza previsti dai regolamenti di taluni enti sono conservati limitatamente al personale in servizio o già cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della legge, per inferirne che tale disposizione avrebbe prodotto un temporaneo congelamento delle norme del fondo e la conseguente insussistenza del potere dei Consiglio di Amministrazione di adottare deliberazioni modificatrici. La previsione della conservazione dei fondi integrativi sta ad indicare che detti fondi non avrebbero potuto esser soppressi o, comunque, essere modificati in termini radicali, tali da stravolgerne il contenuto, ma non può essere letta, in difetto di una specifica disposizione in tal senso, come impeditiva di qualsivoglia intervento, modificativo o integrativo, inerente ad aspetti applicativi delle norme regolamentari già esistenti. Per completezza deve inoltre osservarsi che - La L. numero 88 del 1989, articolo 5, comma 1 Ristrutturazione dell'istituto nazionale della previdenza sociale e dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro , sotto la rubrica Competenze del Consiglio di Amministrazione , prevede che Spetta a Consiglio di Amministrazione . g deliberare i regolamenti di cui al D.L. 30 dicembre 1987, numero 536, articolo 10, convcrtito in legge, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1988, numero 48, e, con i criteri di cui all'articolo 1, comma 2, gli altri regolamenti dell'istituto compresi il regolamento organico e di fine servizio del personale e quello di amministrazione e contabilità, anche in deroga alle disposizioni della L. 20 marzo 1975, numero 70 - la deliberazione dei Consiglio di Amministrazione dell'Inps numero 99/1982 ha continuato ad essere applicata anche dopo l'emanazione della legge suddetta, con conseguente univoca conferma, da parte dell'istituto, delle disposizioni contenute nella predetta deliberazione. È pur vero che la deliberazione numero 99/1982 non era stata mai approvata dai Ministeri vigilanti come accertato in fatto dalla sentenza impugnata , benché l'articolo 51 del Regolamento avesse espressamente previsto che la propria entrata in vigore avvenisse il giorno successivo alla data del decreto interministeriale di approvazione. La suddetta delibera previde il proprio invio ai Ministeri vigilanti ai sensi del D.P.R. numero 639 del 1970, articolo 53 a termini del quale l'istituto è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che esercita le relative funzioni di concerto con il Ministero del tesoro, secondo le vigenti disposizioni legislative e nel rispetto dell'autonomia dell'istituto. L'istituto ha l'obbligo di trasmettere ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, i regolamenti e i criteri direttivi generali deliberati dal consiglio di amministrazione, che per legge, non siano soggetti ad approvazione ministeriale. Deve tuttavia rilevarsi che il predetto d.P.R. numero 639 del 1970, articolo 53 è stato sostituito dalla L. numero 88 del 1989, articolo 8, comma 1, e, nel nuovo testo, prevede, al comma 2, che i regolamenti e le delibere contenenti criteri direttivi generali adottati dal consiglio di amministrazione, nonché gli atti non espressamente soggetti per legge ad approvazione ministeriale sono immediatamente esecutivi e vengono trasmessi, ai sensi del comma primo, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale e al Ministro del tesoro , mentre il successivo comma 3 prevede espressamente l'approvazione per le delibere relative alla dotazione organica del personale o quella dei dirigenti ne discende che per i regolamenti in genere e, quindi, anche per il regolamento relativo al fondo di previdenza integrativa e, conseguentemente, per le deliberazioni modificative dei medesimi, è venuta meno, ai fini della loro esecutività, la necessità dell'approvazione ministeriale. L'esistenza giuridica delle delibere modificative o integrative del Regolamento coincide con la loro emanazione, giacché l'approvazione dell'autorità vigilante non attiene alla formazione degli atti, ma costituisce un requisito di esecutorietà, che opera ex tunc , rendendo cioè l'atto produttivo di effetti sin dalla data della sua emanazione. Ne consegue che, una volta venuta meno la necessità della loro approvazione -eliminato cioè l'elemento che ne condizionava l'efficacia -, non vi è più nulla che impedisca il pieno dispiegarsi di tutti i loro effetti fin dal momento dell'emanazione nel caso che ne occupa, peraltro, con rilievo assorbente di ogni considerazione in ordine alla decorrenza dell'efficacia della delib. numero 99 del 1982, sta il dato di fatto che il collocamento a riposo della controricorrente è avvenuto il 1.6.99, più tardi, quindi, dell'entrata in vigore della legge che ha sancito il venir meno della necessità dell'approvazione da parte delle autorità vigilanti. Ne discende l'irrilevanza, ai fini del decidere, della mancata approvazione ministeriale di tale delibera. In conclusione, legittimamente l'INPS ha tenuto conto di quanto previsto dalla suddetta delibera, stante la sua portata integrativa delle disposizioni regolamentari, che ne restano modificate in conformità, rimanendo perciò irrilevante la pertinenza o meno all'emolumento in parola della disciplina codicistica di cui all'articolo 2121 c.c. nel testo allora vigente. Sempre per completezza di motivazione deve peraltro rilevarsi che un'ipotetica invalidità od inefficacia della delib. numero 99 del 1982 non avrebbe giovato - ove pure fosse stata ritenuta fondata - all'accoglibilità delle pretese per cui è causa, posto che è proprio grazie all'avvenuta emanazione di tate delibera, per quanto modificativa del Regolamento, che l'INPS ha potuto tener conto, ai fini della liquidazione della pensione integrativa, della quota onorari. Infatti tale emolumento ha sicuramente natura retributiva essendo la sua corresponsione sinallagmatica alla prestazione di una specifica mansione lavorativa e può anche essere ritenuto di carattere continuativo essendo notorio che, in concreto, l'INPS, a fronte del vastissimo contenzioso di cui è parte, di fatto beneficia ogni anno di importi a titolo di rifusione di competenze ed onorari, costituenti la base di calcolo dell'emolumento stesso non può invece essere anche ritenuto un emolumento fisso come pure è richiesto ai fini de quibus , predeterminato cioè nel suo ammontare rispetto al tipo e alla quantità delle prestazione rese ovvero al numero delle frazioni temporali di messa a disposizione delle energie lavorative sicché, a quest'ultimo riguardo, deve ritenersi non conferente il richiamo alla disciplina del lavoro straordinario, per il quale il compenso è invece fisso in relazione alla singola unità di tempo di lavoro prestato oltre l'orario normale e ciò che varia è soltanto il numero di tali frazione temporali , posto che ciò che è variabile, senza effettiva possibilità di predeterminazione, è proprio l'ammontare annuo dei cespiti costituenti la base di calcolo delle quote spettanti e, quindi, l'importo stesso di queste ultime. Da ciò consegue che, sulla base del solo disposto dell'articolo 5 del Regolamento, ove cioè non integrato da quanto previsto dalla ridetta Delib. numero 99 del 1982, non facendo parte le quote onorali dello stipendio lordo calcolato per 15 mensilità annue , né potendo essere considerate, per le ragioni indicate, quali eventuali assegni personali ed altre competenze di carattere fisso e continuativo , e potendo bensì attribuirsi alle pronunce giudiziarie amministrative intervenute al riguardo valenza caducatoria con efficacia erga omnes delle disposizioni ritenute illegittime, ma non, con la stessa efficacia, portata integrativa e modificativa delle clausole regolamentari in ordine alla tipologia degli emolumenti da prendere in considerazione ai fini de quibus , non avrebbe dovuto tenersi conto della quota onorari per il calcolo della pensione integrativa e, a fortiori , per la riliquidazione di quella già conseguita. 3- L'accoglimento del primo motivo di ricorso nei sensi di cui sopra assorbe l'esame delle restanti censure, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto delle domande svolte. La mancanza di precedenti specifici di legittimità all'epoca della proposizione del controricorso in oggetto e la complessità delle questioni dibattute consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta le domande. Compensa le spese dell'intero processo.