Ribaltata completamente la prospettiva adottata dai giudici di merito, i quali avevano riconosciuto un risarcimento, seppur minimo, a un avvocato, il cui cognome era citato nella ‘locandina’ relativa alla notizia degli arresti per mafia. Decisiva la valutazione del contesto del piccolo paese, dove quel cognome è assai diffuso. Altrettanto rilevante il fatto che la notizia era stata già anticipata, con dettagli, da radio e televisione.
Notizia shock per un piccolo paese siciliano sette persone sono state arrestate per mafia. A colpire, però, è soprattutto il cognome che campeggia sulla ‘locandina’ di un quotidiano, affissa nelle edicole del paese e ben visibile a tutti, e che richiama alla mente la figura di un cittadino noto, un professionista – avvocato, per la precisione –, in passato impegnato anche nell’agone politico locale. Ma le ipotesi e le voci circolate in paese sono assolutamente erronee la persona arrestata e citata nella locandina è distante e distinta dal professionista conosciuto in paese. Unica cosa ad accomunarli è il cognome Evidente come la ‘locandina’ abbia dato luogo a una ‘reazione a catena’, tipica di un contesto di provincia, potenzialmente negativa per la persona immotivatamente coinvolta nella vicenda, ma ciò non può legittimare la richiesta di risarcimento avanzata dal professionista nei confronti del quotidiano Cassazione, sentenza numero 21424, sez. III Civile, depositata oggi . ‘Locandina’. A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria, ovviamente, l’orgoglio del professionista secondo quest’ultimo, difatti, la ‘locandina’ – col suo cognome in bella mostra – ha «fatto ritenere agli abitanti del proprio paese che egli era stato arrestato per attività mafiosa». Tale visione viene ritenuta legittima dai giudici di merito, che, difatti, condannano la società titolare della testata «al risarcimento dei danni» in favore del professionista, danni però «liquidati nell’importo di 6mila euro, in luogo dei 100mila euro richiesti». Ad avviso dei legali che difendono la società editoriale, però, le valutazioni compiute prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello sono erronee, e da rivedere in toto. A sostegno di questa tesi tre elementi primo, «la semplice indicazione di un cognome» non può «recare pregiudizio in un contesto territoriale in cui il cognome risulta diffuso» secondo, «la notizia dell’arresto» è stata «anticipata il giorno precedente dalla televisione, così da rendere improbabili equivoci sulla base della locandina» terzo, «lo stesso giorno della pubblicazione» i concittadini avevano potuto incontrare il professionista in paese e «constatare che non era lui l’arrestato». Errore. Tali obiezioni sono sufficienti per fare a pezzi la tesi che aveva portato a riconoscere un risarcimento – seppur contenuto – al professionista, tesi secondo cui «ciò che rende illecito il comportamento del giornale è l’attribuzione oggettiva di fatti veri alla persona sbagliata». Difatti, i giudici della Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dalla società editoriale, azzerano definitivamente ab origine la richiesta del professionista. Ciò, innanzitutto, perché «quantunque il mero cognome possa bastare talvolta ad identificare una persona si pensi ad un politico , ciò non può valere allorquando il cognome non abbia immediata attitudine individualizzante» laddove, come in questa vicenda, «il cognome» ha «ampia diffusione locale». Di conseguenza, il fatto che alcuni concittadini «abbiano potuto ipotizzare», erroneamente, che fosse proprio il professionista la persona arrestata non può condurre, automaticamente, a ritenere la ‘locandina’ mezzo sufficiente per «l’offesa della reputazione». E così vengono meno pure i presupposti per il «danno» lamentato dal professionista, anche tenendo presente che la «notizia» era stata «diffusa, da radio e televisione, il giorno precedente», con tutti i «ragguagli sulla persona effettivamente arrestata».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 luglio – 10 ottobre 2014, numero 21424 Presidente Amatucci – Relatore Sestini Svolgimento del processo L'avv. S.A.B. convenne avanti al Tribunale di Enna la Soc.Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni da subiti a seguito della pubblicazione -sulla locandina del Giornale di Sicilia del 25.7.2003 di un titolo Pietraperzia Mafia, 7 arresti. C'è anche B. che aveva fatto ritenere agli abitanti del proprio paese che egli era stato arrestato per attività mafiosa. il Tribunale condannò la società al risarcimento dei danni liquidati nell'importo di e 6.000,00, in luogo dei 100.000,00 euro richiesti . La Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza rigettando sia l'appello principale della Società che l'appello incidentale con cui il B. aveva richiesto che gli venissero risarciti anche i danni patrimoniali e che fosse liquidato un maggior importo per quelli non patrimoniali. Ricorre per cassazione la Società Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica s.p.a., affidandosi a cinque motivi erroneamente numerati fino a sei, con omissione del numero quattro resiste, a mezzo di controricorso, il B Motivi della decisione 1. Col primo motivo, viene dedotta violazione delle norme sulla competenza , assumendosi che la causa avrebbe dovuto essere proposta avanti al Tribunale di Palermo, in relazione al luogo ove aveva sede la società convenuta, che costituiva anche il forum commissi delicti giacché in quella città il quotidiano veniva stampato e, altresì, il forum destinatae solutionis quanto al pagamento del risarcimento richiesto . 1.1. Il motivo è manifestamente infondato in quanto la Corte di Appello ha deciso in conformità all' ormai consolidato orientamento di legittimità affermato da Cass. S.U. numero 21661/2009 e ribadito -con specifico riferimento alla diffamazione a mezzo di stampa tradizionale da Cass. numero 17020/2011 e da Cass. numero 10594/2012 secondo cui nel giudizio promosso per il risarcimento dei danni conseguenti al contenuto diffamatorio di una trasmissione televisiva e, più in generale, di quelli derivanti dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al forum commissi delicti di cui all'articolo 20 cod. proc. civ., nel luogo del domicilio o della sede della persona giuridica o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione consente, da un lato, di evitare un criterio ambulatorio della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall'altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come danno-evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole . 2. Col secondo motivo, viene dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'articolo 112 c.p.c. , in quanto la Corte di Appello ha del tutto omesso di pronunziarsi in relazione ala censura mossa al primo giudice per aver dichiarato la . ricorrente decaduta dai termini di cui all'articolo 183, comma 6, C.P.C. . 2.1. Il motivo è inammissibile atteso che il vizio di omessa pronuncia non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito. Infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità propria o derivata della decisione, per la violazione di norme diverse dall'articolo 112 cod. proc. civ., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte Cass. numero 7406/2014 . 3. Col terzo motivo, la ricorrente si duole in relazione ai nnumero 3 e 5 dell'articolo 360 C.P.C. che la Corte abbia ritenuto che la semplice indicazione di un cognome B. fosse idonea a recare pregiudizio a B. Salvatore, in un contesto territoriale in cui il cognome risultava diffuso e a fronte di una comunicazione quella della locandina che non conteneva indicazioni volte ad orientare univocamente il lettore verso la persona dell'odierno intimato. Col quarto motivo erroneamente indicato come quinto , si duole, inoltre, che sia stato riconosciuto un concreto pregiudizio benché la notizia dell'arresto di Raffaele B. fosse stata anticipata il giorno precedente dalla televisione così da rendere improbabili possibili equivoci sulla base della locandina e benché dalle stesse dichiarazioni rese dai testi indotti dall'attore fosse emerso che, lo stesso giorno della pubblicazione, i concittadini del B. avevano potuto incontrarlo a Pietraperzia e constatare che non era lui l'arrestato ogni possibile dubbio era stato dunque fugato nel volgere di qualche ora, oltreché -il giorno successivo a mezzo della pubblicazione della lettera di rettifica inviata al Giornale di Sicilia dal medesimo B L'ultimo motivo attiene al regolamento delle spese di lite e censura la Corte territoriale per non avere considerato che la pretesa del B. era stata accolta per un importo notevolmente inferiore a quello richiesto. 4. Il terzo e il quarto motivo -che si esaminano congiuntamente in quanto attengono entrambi alla possibilità di considerare integrato l'illecito diffamatorio sono fondati. Innanzi tutto non appare adeguatamente motivata la conclusione secondo cui ciò che rende illecito il comportamento del giornale è l'attribuzione oggettiva di . fatti veri alla persona sbagliata e cioè a Salvatore B. e non a Raffaele B. . L'affermazione che, peraltro, risulta alquanto ridimensionata in passaggi successivi della sentenza, laddove si dice che la locandina aveva ingenerato se non la certezza, quantomeno il forte dubbio, che l'arrestato . fosse Salvatore B. e, altresì, che l'attribuzione del fatto a B. Salvatore costituiva una ipotesi plausibile risulta giustificata dalla Corte di merito, oltreché con l'identità fra il cognome riportato in locandina e quello dell'odierno intimato, con la considerazione che il cittadino medio di Pietraperzia . conosceva il proprio concittadino, che pure aveva rivestito cariche pubbliche . Nulla di più si dice non risultano, dunque, sufficientemente spiegate le ragioni che avrebbero determinato l'oggettiva idoneità del titolo della locandina ad indirizzare inequivocabilmente il lettore verso la persona di Salvatore B Al riguardo, non può non rilevarsi che, quantunque il mero cognome possa bastare talvolta ad identificare una persona si pensi ad politico che rivesta un importante incarico pubblico, ad un campione sportivo, ad una star del cinema , ciò non può valere allorquando il cognome non abbia immediata attitudine individualizzante, come nel caso di specie, in cui è incontestato che il cognome aveva ampia diffusione locale finanche il sindaco di Pietraperzia si chiamava B. e che l'odierno intimato non rivestiva più cariche istituzionali atte a porlo in una posizione di primo piano rispetto all'opinione pubblica. Sotto diverso ma collegato profilo, va considerato -in iure che l'offesa dell'altrui reputazione necessaria ad integrare l'illecito diffamatorio presuppone necessariamente l'attitudine della comunicazione a rendere individuabile il soggetto diffamato, sulla base di elementi che, ancorché non univoci, siano oggettivamente tali da far convergere l'offesa o il fatto offensivo su un determinato soggetto va escluso, pertanto, che il mero fatto che alcun] concittadini di Salvatore B. abbiano potuto ipotizzare che fosse proprio lui il B. arrestato possa valere ad attribuire alla notizia quell'efficacia individualizzante di cui era, di per sé, oggettivamente priva. Va -infine considerato che la Corte territoriale ha ritenuto integrato un danno da diffamazione senza curarsi di verificare se il pregiudizio subito dal B. superasse il filtro della serietà del danno che la giurisprudenza di questa Corte Sez. Unumero numero 26972/2008 ha posto -in uno con quello della gravità della lesione a presidio dell'esigenza di non risarcire danni meramente bagatellari cfr., al riguardo, anche Cass. numero 16713/2014 . La Corte di merito si è limitata, invece, ad affermare l'esistenza di una lesione all'immagine del B. . rimasta confinata nei soli limiti territoriali del Comune di Pietraperzia , senza spiegare come possa essersi concretizzato un concreto pregiudizio alla reputazione in una situazione in cui per essere stata la notizia diffusa da radio e televisione il giorno precedente, per essere stati forniti tutti i ragguagli sulla persona effettivamente arrestata nelle pagine dei quotidiani del giorno in cui venne esposta la locandina e, altresì, per il fatto che nella stessa giornata i concittadini di Salvatore B. avevano potuto constatarne lo stato di libertà e per il fatto che il giorno, successivo il Giornale di Sicilia aveva pubblicato la lettera di rettifica inviata dall'odierno intimato qualunque possibilità di dubbio sul fatto che l'arrestato fosse Salvatore B. era stata pressoché immediatamente fugata. S. In accoglimento del terzo e quarto motivo e con assorbimento del quinto , la sentenza impugnata va dunque cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito col rigetto della pretesa risarcitoria, che -per quanto osservato al punto 4 è risultata priva di fondamento in ordine alla sussistenza dell'illecito diffamatorio e -comunque di un'apprezzabile lesione della reputazione. 6. Le peculiarità della vicenda giustificano la compensazione delle spese dei gradi merito in cui la necessità di ricostruire compiutamente i termini fattuali della vicenda dava adito ad obiettive ragioni di incertezza nell'inquadramento giuridico le spese del presente giudizio seguono, invece, la soccombenza. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del B. compensate le spese dei gradi di merito, condanna l'intimato al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 3.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi , oltre rimborso spese generali ed accessori di legge.