Gli Ermellini hanno l’occasione di ribadire alcuni importanti principi in tema di individuazione dello scaglione di riferimento ai fini della liquidazione del compenso del difensore e onere di motivazione del giudice in caso di compensazione delle spese.
Sul tema si è pronunciata la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza numero 21243/18, depositata il 28 agosto, ha rigettato il ricorso proposto da un avvocato avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Milano accoglieva la sua istanza di liquidazione del compenso di gratuito patrocinio, liquidato in euro 3627. Liquidazione delle spese e valore della controversia. Il ricorrente deduce in primo luogo la mancata osservanza dei minimi tariffari previsti dal d.m. numero 55/2014. Sul punto il Collegio sottolinea che il valore dichiarato in citazione vale ai fini della liquidazione del compenso solo laddove la domanda venga accolta integralmente con condanna del soccombente alle spese. Nel diverso caso in cui l’azione si riveli infondata o non venga accolta, anche in parte, il valore della controversia va dimostrato in concreto. Compensazione delle spese. Con il ricorso in Cassazione viene inoltre dedotta la violazione dell’articolo 91 c.p.c. Condanna alla spese . Richiamando la costante giurisprudenza intervenuta sul tema, la Corte ricorda che l’articolo 92 c.p.c. legittima la compensazione delle spese processuali, in assenza di reciproca soccombenza, solo in presenza di gravi ed eccezioni ragionali. Si tratta di una disposizione generale ed elastica con la quale il legislatore mira ad adeguare il tema della liquidazione delle spese al contesto storico-sociale o a speciali situazioni non determinabili a priori, ma da specificare di volta in volta in via interpretativa dal giudice di merito con valutazione censurabile in sede di legittimità. Ne consegue che laddove il giudice, seppur esplicitando nella motivazione le ragioni della sua decisione, abbia fornito elementi illogici o erronei deve ritenersi sussistente una violazione di legge. Conclude infatti la Corte ribadendo che «il principio generale articolo 91 c.p.c. che il costo del processo è a carico del soccombente e che il giudice possa compensare le spese comporta che anche detto potere di compensazione impropriamente definito discrezionale debba essere adeguatamente motivato».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 aprile – 28 agosto 2018, numero 21243 Presidente D’Ascola – Relatore Correnti Fatto e diritto C.G. impugna per cassazione contro il Ministero della Giustizia, che non svolge difese in questa sede, l’ordinanza del tribunale di Milano 11.5.2017, che, decidendo sulla opposizione proposta dall’avv. C. in proprio e quale difensore, ha dichiarato inammissibile l’opposizione di P.C. e Ca.Anumero ed accolto quella di esso avv. C. all’ordinanza di inammissibilità di istanza di liquidazione del compenso di gratuito patrocinio, liquidando il compenso in Euro 3627 e compensando le spese tenuto conto che per due dei tre opponenti doveva dichiararsi l’inammissibilità, ciò che determinava una soccombenza reciproca e che, sulla questione dibattuta, esisteva contrasto giurisprudenziale. Il ricorrente denuncia 1 violazione del dm 55/2014 e del dpr 115/2002 per la liquidazione di un importo inferiore ai minimi posto che in citazione si erano chiesti Euro 1.792.532 2 violazione dell’articolo 91 cpc. Il relatore ha proposto la manifesta infondatezza del primo motivo per avere il giudice utilizzato lo scaglione di valore indeterminabile dopo aver premesso l’assoluta infondatezza dell’azione risarcitoria ostinatamente coltivata e la manifesta fondatezza del secondo motivo perché le spese seguono la soccombenza. Il collegio condivide in parte la proposta. Sul primo motivo va osservato che il valore dichiarato in citazione vale ai fini della liquidazione solo in caso di accoglimento della domanda anzi di integrale accoglimento di essa e di condanna del soccombente alle spese. Il valore della controversia va dimostrato in concreto, determinandosi in astratto un conflitto di interessi per una azione incoata per un dichiarato alto valore, ma infondata o non accolta anche in parte. Al riguardo va sottolineato che già l’articolo 6 del D.M. 24.11.1990 numero 392, attenuando la rigidità del criterio adottato dall’articolo 10 comma 1 cpc, ha stabilito, nell’ipotesi dell’accoglimento parziale, nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, nel giudizi per pagamento somme, il riferimento alla somma attribuita alla parte vincitrice, piuttosto che quella domandata - Cass. 1.3.1995 numero 2338. In caso di rigetto della domanda, il valore della controversia articolo 5 comma 1 stesso D.M. era determinato dalla somma richiesta, salvo il potere di compensazione Cass. 4.3.1998 numero 2407 , ipotesi riferita alla liquidazione a favore del convenuto vittorioso. Sul valore della controversia riferito al decisum piuttosto che al deductum si veda anche Cass. 19.2.2010 numero 3996. Sul secondo motivo vero è che l’opposizione è stata accolta. L’articolo 92, comma 2, c.p.c. legittima la compensazione delle spese processuali, ove non sussista reciproca soccombenza, solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione tale disposizione costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche cfr. Cass. numero 1222/2016 numero 2883/2014 ed ove il giudice abbia esplicitato in motivazione la ragioni della propria statuizione, è comunque necessario che non siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere in caso contrario sussistente una violazione di legge cfr. Cass. numero 12893/2011 circostanza riscontrabile nella fattispecie. Questa Corte Suprema già in precedenza Cass. numero 9262/2006 ha statuito che in materia di spese processuali, con riferimento alla compensazione delle stesse, l’orientamento secondo cui il sindacato della S.C. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio per il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, o che non siano addotte ragioni palesemente o macroscopicamente illogiche e tali da inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso procedimento formativo della volontà decisionale, ha trovato conferma nella legge 28 dicembre 2005 numero 263, il cui articolo 2 ha introdotto l’obbligo del giudice di indicare i motivi della compensazione, ma soltanto nei procedimenti instaurati dopo la sua entrata in vigore, inizialmente fissata al 1 gennaio e poi prorogata al 1 marzo 2006. Il principio generale articolo 91 c.p.c. che il costo del processo è a carico del soccombente e che il giudice possa compensare le spese comporta che anche detto potere di compensazione impropriamente definito discrezionale debba essere adeguatamente motivato articolo 111, sesto comma, Cost. . Cass. 5 maggio 1999 numero 4455 . Nella specie,come dedotto, l’opposizione è stata accolta ma non si impugna l’altra ratio decidendi sul contrasto giurisprudenziale ed il ricorso è fondato su motivazione illogica o apparente che non è tale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, dando atto dell’esistenza dei presupposti es dpr 11572002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.