Due convenuti vittoriosi difesi da un difensore: il soccombente paga l’onorario di uno solo aumentato

Molte volte la parte del dispositivo con la quale il giudice condanna la parte soccombente alla refusione delle spese legali genera dubbi interpretativi sull’effettivo ammontare delle somme dovute.

Ed è proprio questo il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 25 maggio 2018, numero 13073 con due profili operativi importanti e ricorrenti. Il primo profilo attiene alle conseguenze “patrimoniali” della scelta dei due convenuti nel processo di essere difesi dallo stesso difensore. Il secondo profilo attiene alla condanna dell’attore soccombente di rifondere le spese di lite, oltre che del convenuto vittorioso, del terzo chiamato in garanzia da quest’ultimo. Condanna alla refusione di “ciascuna delle parti”. Orbene, nel caso di specie il giudice aveva emesso un dispositivo ove aveva previsto la condanna al pagamento delle spese legali «che liquida per compensi defensionali in euro 13.650 in favore di ciascuna delle parti costituite oltre spese generali al 15%, IVA e CPA, oltre pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato». Per i convenuti vittoriosi quel dispositivo doveva essere interpretato letteralmente avendo previsto che la somma doveva essere liquidata a favore di “ciascuna” delle parti non doveva rilevare la circostanza che quelle due parti costituite erano difese da un unico difensore. Ma per la Corte non può essere questa l’interpretazione «in base al dispositivo, la parte soccombente non è stata ritenuta obbligata a corrispondere in misura doppia il compenso liquidato a favore dei convenuti costituitisi con unico difensore, oltretutto in contrasto con quanto disposto alla normativa di settore». Del resto, la norma dell’articolo 8 del d.m. 55/2014 prevede che «quando incaricati della difesa [di più soggetti aventi la stessa posizione processuale] sono più avvocati, ciascuno di essi ha diritto nei confronti del cliente ai compensi per l’opera prestata, ma nella liquidazione a carico del soccombente sono computati i compensi per un solo avvocato». Compensi che, ai sensi del precedente articolo 4, comma 2 è un compenso unico che «può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti». E le spese del terzo chiamato. Il secondo profilo attiene alla doglianza dei ricorrenti di essere stati condannati a pagare anche le spese del terzo chiamato. Anche in questo caso, però, la Corte respinge il motivo di ricorso ed infatti, per la Corte occorre ribadire il principio di diritto già affermato secondo cui «l’attore soccombente è tenuto al rimborso delle spese processuali non solo del convenuto, ma anche dei terzi da questo chiamati in causa». Peraltro, non sussiste neppure il rischio che l’attore possa essere chiamato a dover rimborsare le spese di lite «a un numero indefinito di terzi chiamati». E ciò perché la chiamata in causa del terzo è una facoltà processuale sottoposta al vaglio del giudice di prime cure che l’autorizza secondo i presupposti di legge, presupposti peraltro la cui sussistenza non era stata neppure censurata in sede di legittimità. Nessun rilievo, infine, la circostanza che le compagnie assicuratrici, in via cautelativa, avessero dedotto, in via principale, anche l’infondatezza della domanda di manleva per inoperatività della polizza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 25 gennaio – 25 maggio 2018 numero 13073 Presidente Vivaldi – Relatore Fiecconi Rilevato in fatto 1. Il presente procedimento civile si inserisce in una complessa vicenda processuale incardinata anche innanzi alla giurisdizione amministrativa e penale e che trae origine dalla mancata sottoscrizione da parte del Sindaco e dell’Assessore del Comune di Orsenigo della convenzione per la variante al piano di recupero avente ad oggetto il complesso immobiliare di omissis , sito nel Comune di Orsenigo, di proprietà di omissis s.r.l , che nel maggio 2011 ha agito per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti del sindaco e dell’assessore. Questi ultimi, costituendosi con unico difensore, chiamavano in giudizio i propri assicuratori per essere manlevati. La vicenda amministrativa e quella penale si concludeva con l’esclusione di un’ ipotesi di atto illegittimo della pubblica amministrazione o di un illecito configurante abuso d’ufficio imputabile ai due soggetti sindaco e assessore che la rappresentavano, e quindi il Tribunale di Como, con sentenza numero 1550/2013 respingeva la domanda di risarcimento del danni civili, condannando l’attore al pagamento delle spese di parte convenuta e dei terzi chiamati. 2. Avverso la suddetta sentenza veniva interposto appello. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 6 luglio 2015, definendo il contenzioso tra omissis S.r.l., V.L. il sindaco , L.G. l’assessore , e gli assicuratori degli e omissis S.p.A., che avevano assicurato il sindaco e l’assessore per la loro responsabilità professionale collegata alle funzioni svolte nell’esercizio della loro attività, rigettava tutte le domande svolte dall’attore omissis Srl nei confronti dei convenuti sindaco e assessore, costituitisi con unico difensore, e per l’effetto, sulla base del principio della soccombenza, in base ai parametri di cui al D.M. 55/2014, tenuto conto dei valori medi e dello scaglione di valore azionato, condannava l’attore al pagamento delle spese, ivi comprese le spese sostenute dai terzi chiamati. 3. Con ricorso per cassazione notificato il 5 ottobre 2015, omissis Srl, nel frattempo chiamato a pagare la parcella da parte dei due convenuti per la misura liquidata a favore di ciascuno, impugnava il dispositivo sulle spese sulla base di quattro motivi. Nel giudizio comparivano il sindaco e l’assessore e gli assicuratori degli per chiedere il rigetto del ricorso. La controversia veniva portata in decisione per la riunione camerale del 25 gennaio 2018. I contro ricorrenti depositavano memorie ex articolo 380bis cod. proc. civ Considerato in diritto 4. Con il primo motivo, in relazione all’articolo 360 numero 3 e 4 cod.pro.civ. si deduce la violazione e falsa applicazione di legge, la violazione del principio espresso dalla Corte di cassazione della sentenza da numero 17.215 del 27 agosto 2015, e la violazione dell’articolo 8 comma 1, D. M 55-2014. La ricorrente omissis srl rileva l’erroneità della liquidazione delle spese di lite disposta per il grado di appello, che sarebbe stata liquidata in misura doppia a favore dell’una parte e dell’altra parte convenuta/appellata, nonostante il Decreto Ministeriale n 55 del 2014 disponesse che gli onorari esposti da un avvocato che assiste più soggetti aventi la medesima posizione processuale vengano esposti in un compenso unico aumentato del 20% per le parti oltre la prima, sino a un massimo di 10 soggetti. I contro-ricorrenti assumono invece che la liquidazione, da intendersi a favore dì ciascuna parte convenuta, è corretta in quanto effettuata nei limiti delle tariffe applicate. 5. Nel dispositivo della sentenza la Corte di merito ha pronunciato la condanna dell’attrice al pagamento delle spese processuali del grado che liquida per compensi defensionali in Euro 13.560 in favore di ciascuna delle parti costituite oltre spese generali al 15%, Iva e cpa, oltre pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato , in ciò includendo convenuti e terzi chiamati. 6. Osserva la Corte che la deduzione di parte ricorrente è errata, in quanto non tiene conto del fatto che il dispositivo concerne la liquidazione di un unico compenso per ogni parte processuale , ivi compresi i terzi chiamati, con tale terminologia dovendosi intendere come parte anche i singoli soggetti che si sono costituiti mediante unico difensore. Deve premettersi che in tale procedimento per cassazione non si censura la sentenza per quanto liquidato secondo le tariffe vigenti, ma per il fatto che il compenso è stato liquidato in misura doppia a favore di ciascun convenuto costituitosi con unico difensore. Tale assunto non dimostra una corretta lettura del dispositivo, poiché il compenso liquidato dalla Corte di merito è sinteticamente riferito a favore di ciascuna parte processuale, compresi i terzi chiamati, dovendosi intendere come parte anche i convenuti costituitisi con unico difensore, e non i singoli convenuti. Certamente, in base al dispositivo, la parte soccombente non è stata ritenuta obbligata a corrispondere in misura doppia il compenso liquidato a favore dei convenuti costituitisi con unico difensore, oltretutto in contrasto con quanto disposto dalla normativa di settore. Pertanto deve dichiararsi l’inammissibilità del motivo dedotto in quanto non conferente con la corretta interpretazione da darsi al dispositivo sulle spese di lite, e dunque con la ratio decidendi adottata dalla Corte di merito sulla ripartizione delle spese di lite. 7. Con il secondo motivo, in relazione all’articolo 360 numero 3 e 4 cod. proc. civ. si deduce la violazione e/o la falsa applicazione di legge, l’inapplicabilità del principio espresso da Cassazione, sentenza numero 3552 del 10 novembre 2011 al caso concreto, la violazione dell’articolo 91 dell’articolo 92 cod.proc.civ., in quanto non potevano essere addossate alla ricorrente le spese processuali sostenute dalle terze chiamate. L’assunto è infondato poiché la sentenza impugnata ha fatto proprio Ì insegnamento della Corte di cassazione espresso con la sentenza numero 23.552/2011, secondo cui l’attore soccombente è tenuto al rimborso delle spese processuali non solo del convenuto, ma anche dei terzi da questo chiamati in causa. Su questo principio si fondano sia la sentenza di primo grado che quella di secondo grado impugnata. Non coglie nel segno soprattutto quanto dedotto dalla parte ricorrente in punto di non condivisibilità del principio in questione perché esso esporrebbe l’attore al rischio di dover rimborsare le spese di lite a un numero indefinito di terzi chiamati, posto che la chiamata del terzo è una facoltà processuale del convenuto sottoposta al vaglio del giudice di prime cure che l’autorizza secondo i presupposti di legge, presupposti peraltro la cui sussistenza non viene neanche censurata nel caso di specie. Non può neanche farsi correttamente riferimento al fatto che le compagnie assicuratrici, in via cautelativa, pur ritenendo infondate le domande, hanno dedotto l’infondatezza della domanda di manleva per inoperatività della polizza, essendo questo un elemento di difesa secondario e subordinato all’accoglimento delle ragioni dell’attore. Nel ricorso, infatti non si specificano neanche i motivi per cui tale tesi ultima potesse avere fondamento. Il motivo è pertanto infondato alla luce del principio affermato dalla Corte di cassazione con le pronunce numero 7431/2012 e numero 23552/2011. 8. Con il terzo e quarto motivo si deduce la violazione dell’articolo 360 numero 3 e 4 cod. proc. civ., per violazione dell’articolo 92, comma 2, cod.proc.civ., non essendo stata valutata la soccombenza reciproca sia quanto alla posizione dei convenuti, sia quanto alla posizione di Unipol, in ordine alle domande riconvenzionali e al difetto di giurisdizione dedotto, oggetto di appello incidentale da parte dei convenuti e della terza chiamata . Sotto questo profilo si deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso rivolto anche agli assicuratori che non hanno svolto appello incidentale con riguardo alla affermata giurisdizione del giudice ordinario. Per quanto riguarda i convenuti e la terza chiamata , la valutazione di soccombenza sostanziale dell’attore, in caso di parziale soccombenza reciproca su alcuni punti, non è sindacabile in sede di legittimità, posto che il principio della soccombenza è stato osservato cfr. sul punto Cass. 8532/2000 . I motivi sono pertanto inammissibili. 9. Conclusivamente il ricorso è rigettato. 10. Le spese di lite sono poste a carico della ricorrente soccombente su ogni punto e vengono liquidate in favore dei contro-ricorrenti nella misura di seguito indicata, valevole per ciascuna parte processuale rappresentata con unico difensore, oltre spese forfetarie, oneri di legge e raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. I. Rigetta il ricorso II. Pone le spese a carico della ricorrente, liquidate in Euro 7.800,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfetarie al 15% e successivi oneri di legge, a favore dei contro - ricorrenti III. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.