L’uomo è stato beccato all’uscita dell’esercizio commerciale. Inevitabile la sua condanna per tentato furto. Respinta sia l’ipotesi dello “stato di necessità” che quella di “urgente bisogno”.
Colpo al supermercato. Beccato fuori dal supermercato con alcuni generi alimentari nascosti nei pantaloni. Valore della merce 14 euro. Nonostante questi due elementi, è inevitabile la condanna per “tentato furto”. Respinta l’ipotesi dello “stato di necessità” e della situazione di “urgente bisogno”. Cassazione, sentenza numero 10094/2018, Sezione Penale Quinta, depositata oggi . Giustificazione. Ricostruita la vicenda, svoltasi in Liguria, i giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, ufficializzano la condanna del ladro beccato subito fuori dal supermercato con «generi alimentari, del valore di 14 euro, occultati nei pantaloni». L’uomo viene ritenuto responsabile del reato di «tentato furto». E questa valutazione è condivisa ora dalla Cassazione. Respinte tutte le obiezioni proposte dal legale dell’uomo e finalizzate a ridimensionare la condotta tenuta dal suo cliente. In particolare, i giudici del ‘Palazzaccio’ spiegano che per parlare di «stato di necessità», e quindi di giustificazione per il furto provato, non è sufficiente il fatto che «i beni sottratti siano di natura alimentare», anche perché, aggiungono, si tratta di «merce dal valore non infimo». Impossibile, infine, sempre secondo i giudici, anche solo ipotizzare la necessità dell’uomo di «provvedere a un grave ed urgente bisogno», così da catalogarne la condotta come «furto lieve» su questo punto, difatti, è necessaria la prova – mancante, in questo caso – che «il bisogno non possa essere soddisfatto con mezzi leciti».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 gennaio – 6 marzo 2018, numero 10094 Presidente Bruno – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Ricorre per Cassazione Br. Ma., a mezzo del difensore, avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova, confermativa di quella del Tribunale, che lo aveva condannato - riconosciuta l'attenuante dell'articolo 62, numero 4, cod. penumero - per tentato furto di generi alimentari, del valore di Euro 14,13, sottratti dai banchi del Supermercato Conad, occultati nei pantaloni e portati fuori del negozio senza pagarne il corrispettivo. A motivi del ricorso adduce a una violazione di legge per mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di assoluzione, trattandosi di furto commesso per necessità b una mancanza di motivazione in ordine alla richiesta, formulata in appello, di derubricazione del reato in quello di cui all'articolo 626 cod. penumero . Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. 1. La Corte d'appello, dinanzi a cui è stato invocato lo stato di necessità, ha già rilevato che di esso non vi è prova, non potendo ritenersi sufficiente - per il fine anzidetto - il fatto che i beni sottratti siano di natura alimentare. Di tale rilievo il ricorrente non tiene conto, finendo col proporre un motivo privo di specificità. Per giurisprudenza costante, invero, la mancanza di specificità del motivo dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità Cass., sez. 4, numero 5191 del 29/3/2000, Rv. 216473. Da ultimo, Cass., numero 28011 del 15/2/2013 . A nulla vale, pertanto, richiamare precedenti giurisprudenziali, peraltro non pertinenti al caso di specie, trattandosi di merce dal valore non infimo, e insistere in una prospettazione priva di qualsiasi supporto probatorio. Tanto vale ad escludere anche il secondo vizio lamentato, dal momento che la Corte d'appello - argomentando intorno allo stato di necessità - ha spiegato, altresì, perché non possa ritenersi sussistente l'ipotesi del furto lieve, di cui all'articolo 626 cod. penumero , che ricorre quando il fatto sia commesso per provvedere a un grave ed urgente bisogno . Nella specie, nessun elemento si desume dalla sentenza, e nessun elemento - trascurato dal giudicante - è stato segnalato dalla difesa, a dimostrazione della sussistenza della condizione sopra menzionata, talché il ricorso si appalesa, anche sotto detto aspetto, privo di specificità. Tanto, senza considerare che l'ipotesi di furto attenuata richiede, per la sua sussistenza, la prova che il bisogno non possa essere soddisfatto con mezzi leciti del che non v'è cenno nel ricorso a questa Corte. Infine, non può mancarsi di rilevare che il motivo era stato proposto in appello in maniera assolutamente generica, senza l'indicazione dei motivi a sostegno della richiesta, talché nemmeno era sorto, per la Corte territoriale, l'obbligo di fornire una specifica motivazione. Il ricorso è pertanto inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro duemila, commisurata all'effettivo grado di colpa delio stresso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 a favore della Cassa delle ammende.