La Cassazione ha ribadito che con la reintroduzione del patteggiamento in appello deve ritenersi nuovamente applicabile il principio secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati con effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità.
Così l’ordinanza numero 6531/20 depositata il 19 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Bologna, accogliendo la richiesta del P.G. e dell’imputato ex articolo 599-bis c.p.p. Concordato anche con rinuncia ai motivi di appello , rideterminava la pena inflitta all’imputato dal Tribunale. Avverso la decisione l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, a mezzo del suo difensore, lamentando la violazione dell’articolo 62, numero 4, c.p. e dell’articolo 599-bis c.p.p., deducendo che la Corte d’Appello, nel giudizio di adeguatezza della pena al fatto, avrebbe dovuto considerare la l’attenuante di cui all’articolo 62, numero 4, c.p Rinuncia ai motivi di impugnazione. La Cassazione osserva che, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 599-bis c.p.p., la rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione di quello relativo alla misura della pena deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso cui l’appellante aveva richiesto il riconoscimento delle circostanze attenuanti, atteso che la rinuncia parziale ai motivi di appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata, limitatamente ai capi oggetto di rinuncia. Dunque, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si propongono censure relative ai motivi di appello rinunciati, come avvenuto nel caso di specie. I Giudici, dunque, ribadiscono che «in seguito alla reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello deve ritenersi nuovamente applicabile il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’articolo 599 c.p.p., comma 4, e successivamente abrogato dal D.L. numero 92 del 2008 - secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati con effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità». Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile
Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 17 dicembre 2019 – 19 febbraio 2020, numero 6531 Presidente Ramacci – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10/09/2019, la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento della richiesta congiunta del P.G. e dell’imputato ex articolo 599-bis c.p.p., in riforma della decisione del Tribunale di Bologna in data 13.02.2019 - che aveva dichiarato A.M. responsabile del reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, - rideterminava la pena nella misura di mesi nove di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, confermando nel resto. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo violazione dell’articolo 62 c.p., numero 4 e dell’articolo 599 bis c.p.p., lamentando che la Corte di appello, nel giudizio di adeguatezza della pena al fatto avrebbe dovuto considerare anche la ricorrenza della attenuante di cui all’articolo 62 c.p., numero 4. Considerato in diritto 1. Come già evidenziato anche dalla giurisprudenza di legittimità nella vigenza dell’articolo 599 c.p.p., comma 4, abrogato dalla L. numero 125 del 2008, le cui disposizioni sono state testualmente replicate dall’articolo 599 bis c.p.p., comma 1, introdotto dalla L. numero 103 del 2017, la rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso i quali l’appellante aveva richiesto il riconoscimento di circostanze attenuanti Sez. 1, numero 19014 del 11/04/2012, Sardelli, Rv. 252861 Sez. 2, numero 11761 del 30/01/2014, Khribech, Rv. 259825 Sez.4, numero 53340 del 24/11/2016, Rv.268696 , atteso che la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, di talché è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati - come avvenuto nella specie - nè possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi Sez.4, numero 9857 del 12/02/2015, Rv.262448 Sez.4, numero 53565 del 27/09/2017, Rv.271258 . 2. Va, quindi, ribadito che, in seguito alla reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello deve ritenersi nuovamente applicabile il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’articolo 599 c.p.p., comma 4, e successivamente abrogato dal D.L. numero 92 del 2008 - secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati con effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità cfr Sez. 4, numero 53565 del 27/09/2017, Ferro, Rv. 271258 Sez.5 numero 29243 del 04/06/2018, Rv.273194 . 3. Il ricorso, pertanto, essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’articolo 610 c.p.p., comma 5-bis, introdotto dalla L. numero 103 del 2017. 4. Essendo il ricorso inammissibile, alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in base al disposto dell’articolo 616 c.p.p., segue anche quella al pagamento della somma di Euro 4.000 in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. numero 186 del 2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro quattromila in favore della Cassa delle Ammende.