Arresti domiciliari sospesi - e non revocati – se il condannato viene denunciato per essersi allontanato dal domicilio. Solo la condanna può portare alla definitiva revoca del beneficio.
La sentenza della Prima sezione Penale della Corte di Cassazione del 4 aprile 2012, numero 12747 interviene su aspetto delicato della legge di ordinamento penitenziario, da un lato, attuando un principio costituzionale di primaria importanza quale è quello che prevede la finalità rieducativa della pena di cui al terzo comma dell’articolo 27 Cost Dall’altro lato, poi, la sentenza riafferma un principio che potremmo dire trasversale e, cioè, quello giusta il quale – salvo eccezioni – ogni qualvolta in presenza di un certo presupposto è possibile o doveroso adottare un provvedimento sfavorevole l’autorità che adotta quest’ultimo non può limitarsi ad un’applicazione automatica del tipo dato “A” – il presupposto - allora segue automaticamente “B” – e, cioè, la misura sfavorevole . Ed infatti, occorre sempre una valutazione volta a verificare se nel caso di specie quel presupposto “A” è davvero idoneo a provocare “B” nel senso che è funzionale a realizzare proprio gli obiettivi che la norma intendeva perseguire. La revoca della detenzione domiciliare. Nel caso deciso dalla Suprema Corte veniva in considerazione proprio una di queste ipotesi. Ed infatti, era accaduto che un detenuto era stato ammesso alla detenzione domiciliare quale misura alternativa alla detenzione in carcere che, però, il magistrato di sorveglianza aveva «automaticamente» revocato sul presupposto che il detenuto era stato successivamente arrestato per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope. Ecco allora che il detenuto aveva proposto ricorso per cassazione avvero il provvedimento del magistrato di sorveglianza sostenendo che «il mero arresto non può giustificare un provvedimento automatico di revoca della misura alternativa, dovendosi accertare comportamenti contrari alla legge o alle prescrizioni dettate che evidenzino una prognosi personalistica incompatibile con la prosecuzione della misura». Ed infatti, il sesto comma dell’articolo 47-ter della legge di ordinamento penitenziario prevede che «la detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure». La legge esclude ogni automatismo. La tesi del ricorrente viene completamente fatta propria dalla Corte di Cassazione che, per l’effetto, accoglie il ricorso, annulla il provvedimento e dispone il rinvio al tribunale di sorveglianza per un nuovo esame del caso. E ciò perché, secondo la Suprema Corte, oltre all’interpretazione letterale della norma invocata nel provvedimento e, cioè, l’articolo 47-ter OP anche una lettura sistematica delle norme portano ad escludere ogni automatismo poiché è sempre richiesta al tribunale di sorveglianza una valutazione individuale e approfondita dei presupposti in presenza dei quali è possibile revocare la misura alternativa alla detenzione. Ne deriva che la semplice sottoposizione del condannato ad una misura cautelare come nel nostro caso l’arresto per il delitto di cui all’articolo 73 d.p.r. 309/1990 non è sufficiente all’adozione del provvedimento di revoca del beneficio previsto dalla legge di ordinamento penitenziario. E ciò perché – secondo la Corte di Cassazione – occorre «escludere qualsiasi forma di automatismo tra misura privativa della libertà personale e revoca della misura alternativa in corso di esecuzione che può conseguire soltanto ad una approfondita valutazione dell’incidenza dei diversi aspetti della condotta antigiuridica natura del reato, circostanze di tempo e di luogo di consumazione, modalità di realizzazione sulla perdurante idoneità del beneficio concesso a perseguire i fini rieducativi e preventivi ad esso connessi». In fondo – conclude la Corte – è proprio il nono comma dell’articolo 47-ter nel combinato disposto con il terzo comma dell’articolo 47-sexies dimostra proprio l’inesistenza di ogni automatismo. Ed infatti, se l’ammesso al beneficio della detenzione domiciliare viene denunciato per essersi allontanato dal domicilio la misura è – per ciò solo – sospesa e non già revocata. Sarà soltanto la condanna per quel delitto a comportare la definitiva revoca del beneficio e, non già, quindi, soltanto la denuncia.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 marzo – 4 aprile 2012, numero 12747 Presidente Giordano – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Il 9 marzo 2011 il Tribunale di sorveglianza di Salerno revocava nei confronti di A P. la misura della detenzione domiciliare - in precedenza concessa con provvedimento del 15 dicembre 2010, di cui era stata disposta la provvisoria sospensione, ai sensi dell'articolo 51 ter l. numero 354 del 1975, dal Magistrato di sorveglianza di Salerno provvedimento in data 10 febbraio 2011 - in base al rilievo che P. era stato arrestato l’8 febbraio 2011 per il delitto di cui all'articolo 73 d.P.R. numero 309 del 1990. 2. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione personalmente P. , il quale lamenta violazione ed erronea applicazione dell'articolo 47-ter, comma 6, l. numero 354 del 1975, in quanto il mero arresto non può giustificare un provvedimento automatico di revoca della misura alternativa, dovendosi accertare comportamenti contrari alla legge o alle prescrizioni dettate che evidenzino una prognosi personologica incompatibile con la prosecuzione della misura. Osserva in diritto Il ricorso è fondato. L'articolo 47-ter l. numero 354 del 1975 e successive modifiche, condiziona la revoca della detenzione domiciliare, all'accertamento di un comportamento del condannato contrario alla legge o alle prescrizioni dettate che appaia incompatibile con la prosecuzione della misura. Il dato letterale della disposizione in esame rende, quindi, evidente che revoca della detenzione domiciliare non può conseguire automaticamente dal semplice fatto che il soggetto ammesso al beneficio venga successivamente sottoposto ad una misura cautelare, e che s'impone piuttosto la concreta verifica se il comportamento tenuto dal soggetto e che ha portato al suo arresto sia o meno sintomatico del fallimento dell'esperimento rieducativo intrapreso con l'applicazione della misura alternativa ovvero di un concreto pericolo di commissione di altri reati Sez. 1, Sentenza numero 16441 del 10/02/2010 Cc. È, pertanto, da escludere qualsiasi forma di automatismo tra misura privativa della libertà personale e revoca della misura alternativa in corso di esecuzione che può conseguire soltanto ad un'approfondita vantazione dell'incidenza dei diversi aspetti della condotta antigiuridica natura del reato, circostanze di tempo e di luogo di consumazione, modalità di realizzazione sulla perdurante idoneità del beneficio concesso a perseguire i fini rieducativi e preventivi ad esso connessi. Una conclusione del genere è suffragata dall'interpretazione logico-sistematica dell'intero articolo 47-ter l. numero 354 del 1975, da cui si evince che la denuncia per il delitto di evasione importa la sospensione del beneficio e che soltanto la condanna ne comporta la revoca comma 9 , nonché dalla lettura coordinata della suddetta disposizione e dell'articolo 47 - sexies, comma 3, legge numero 354 del 1975, a mente del quale la revoca automatica della misura alternativa è prevista soltanto per la condanna e non per la sola contestazione, sia pure mediante provvedimento restrittivo in relazione al delitto di evasione articolo 47 - sexies, comma 3, legge numero 354 del 1975 . È, quindi, evidente la volontà del legislatore di escludere ogni forma di automatismo, al di fuori della ipotesi di condanna per evasione, tra adozione di un provvedimento limitativo della libertà personale e revoca del beneficio, essendo riservato al motivato apprezzamento del Tribunale di sorveglianza il giudizio in ordine alla compatibilità tra la condotta posta in essere dal condannato e la prosecuzione dell'esecuzione della misura alternativa Sez. I, 10 febbraio 2010, numero 16441 Sez. 1, 10 maggio 2002, numero 23190 . Il provvedimento impugnato non ha fatto corretta applicazione di questi principi, in quanto ha fondato la revoca della detenzione domiciliare, in precedenza concessa a P. , sul mero dato obiettivo dell'intervenuto arresto per il delitto di cui all’articolo 73 d.P.R. numero 309 del 1990. Per tutte queste ragioni s'impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Salerno. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Salerno.