L'apposizione del contrassegno SIAE sugli strumenti multimediali CD e DVD risponde all’esigenza di tutelare non solo il diritto di autore in sé, ma anche gli operatori commerciali e gli utilizzatori finali dell’opera, esigenza tanto più avvertita a fronte dei diffusi fenomeni di “pirateria” e contraffazione. È quindi legittimo il regolamento che ne prevede l'obbligo, ma il contenuto dello stesso deve essere approvato dall'Unione europea, ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE.
Il diritto d'autore. Il diritto d'autore è la posizione giuridica soggettiva di colui il quale ha realizzato una qualsiasi opera dell'ingegno sia esso un quadro, un libro, una musica ecc. a cui i diversi ordinamenti nazionali e varie convenzioni internazionali quale ad esempio la Convenzione di Berna riconoscono la facoltà originaria esclusiva di diffusione e sfruttamento. Il diritto d'autore è una figura propria degli ordinamenti di civil law tra i quali l'Italia . Ciò in quanto nei paesi di common law , quali la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, esiste una disciplina sotto certi punti di vista diversa, che è quella del copyright . In Italia, il diritto d'autore è disciplinato sia dalla legge numero 633/1941 e successive modificazioni, e da diversi articoli del codice civile contenuti nel Libro Quinto - Titolo IX, Dei diritti sulle opere dell'ingegno e sulle invenzioni industriali articolo 2575 e seguenti. In particolare, la legge 633/1941 che istituisce la tutela delle opere si pone come fine l'affermazione di una serie di diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera diritti patrimoniali dell'autore e di diritti morali a tutela della personalità dell'autore, che complessivamente costituiscono il «diritto d'autore». Più specificatamente, secondo le note informative della stessa Società italiana autori ed editori, i diritti morali sono previsti a difesa della personalità dell’autore e si conservano anche dopo la cessione dei diritti di utilizzazione economica e non sono soggetti a termini legali di tutela. I principali diritti morali sono il diritto alla paternità dell’opera cioè il diritto di rivendicare la propria qualità di autore dell’opera il diritto all’integrità dell’opera cioè il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione o modifica dell’opera che possa danneggiare la reputazione dell’autore il diritto di pubblicazione cioè il diritto di decidere se pubblicare o meno l’opera . I diritti di utilizzazione economica dell'opera, invece, sono il diritto di riproduzione e cioè il diritto di effettuare la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo il diritto di esecuzione, rappresentazione, recitazione o lettura pubblica dell'opera, cioè il diritto di presentare l’ opera al pubblico nelle varie forme di comunicazione sopra specificate il diritto di diffusione, cioè il diritto di effettuare la diffusione dell’opera a distanza mediante radio, televisione, via satellite o via cavo, su reti telematiche, ecc. . Inoltre, tra i diritti di utilizzazione economica vanno inclusi il diritto di distribuzione, cioè il diritto di porre in commercio l’opera il diritto di elaborazione, cioè il diritto di apportare modifiche all’opera originale, di trasformarla, adattarla, ridurla ecc Tutti questi diritti permettono all’autore di autorizzare o meno l’utilizzo della sua opera e trarne i benefici economici. I diritti di utilizzazione economica durano per tutta la vita dell’autore e fino a 70 anni dopo la sua morte. Intervenuta la scadenza di questo termine l’opera cade in pubblico dominio ed è, quindi, liberamente utilizzabile. Il contrassegno SIAE. Nel 2000, il legislatore, con la legge 248 ha emanato «Nuove norme di tutela del diritto d'autore» anche per rendere attuale la disciplina ai nuovi strumenti informatici. Tra l'altro, con tale legge sono state stabilite sanzioni più pesanti per chi duplica software , fotocopia intere opere, acquista falsi, utilizza o mette in circolazione dispositivi per la “sprotezione” dei programmi o delle smart card per la decrittazione di canali televisivi Il regolamento attuativo che avrebbe dovuto prevedere le regole tecniche tendenti ad adempiere agli obblighi prescritti dalla legge 248/2000 è stato emanato con d.p.c.m. numero 331 del 21 dicembre 2001. Ma con sentenza 8 novembre 2007, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha dichiarato l'inapplicabilità di tali regole. Ciò in quanto rientrando le stesse nella categoria delle «regole tecniche», non possano essere fatte valere nei confronti dei privati in assenza di preventiva notificazione alla Commissione. Perché in tal senso dispone la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, la quale prevede, appunto, una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione. La procedura corretta Successivamente, quindi, il Governo ha avviato la procedura corretta predisponendo un nuovo schema di decreto a modifica del precedente e adattando anche il testo alle osservazioni nel frattempo pervenute da Bruxelles D.P.C.M. numero 31 del 23 febbraio 2009 . Ed è su quest'ultimo regolamento che il Collegio si è pronunciato con la sentenza depositata il 2 febbraio scorso dichiarando la illegittimità dello stesso nella parte in cui, con l’articolo 6, co. 8, d.p.c.m. numero 31/2009, si cercava di far salvi gli introiti disponendo che «sono fatti salvi in ogni caso gli atti e i rapporti intervenuti tra la SIAE ed i soggetti indicati dall'articolo 181- bis della legge 22 aprile 1941, numero 633, a seguito dell'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000, numero 248». La dichiarata illegittimità è connessa, secondo il Collegio, al «generale principio di irretroattività, il quale prevede che non è consentito alla fonte regolamentare incidere sulla disciplina dei rapporti patrimoniali pregressi, anteriori o successivi alla citata sentenza della Corte di giustizia 8 novembre 2007 la cui definizione spetta al giudice munito di giurisdizione». Via dunque alle richieste di rimborso alla SIAE per il periodo compreso tra i due regolamenti quello adottato nel 2001 ma senza notificarne previamente i contenuti alla Commissione e, quindi, illegittimo e quello attualmente in vigore del febbraio 2009. il bollino SIAE è un tributo. A tale proposito, non è superfluo ricordare che lo scorso anno le Sezioni Unite di Cassazione, con sentenza numero 1780/2011, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del tribunale ordinario in favore del giudice tributario Commissione provinciale e regionale , in relazione al fatto che il cosiddetto bollino SIAE deve essere considerato un vero e proprio tributo.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 22 novembre 2011 – 2 febbraio 2012, numero 584 Presidente Maruotti – Relatore Garofoli Fatto Con la sentenza numero 11590 del 2009 il T.A.R. Lazio ha respinto il ricorso numero 3023 del 2009, proposto dalla società odierna appellante avverso il D.P.C.M. numero 31 del 23 febbraio 2009, recante “Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti, ai sensi dell’articolo 181-bis della legge 22 aprile 1941 numero 633”. Nel dettaglio, come ricostruito dal giudice di primo grado, la società editrice ricorrente svolge attività di distribuzione, in abbinamento editoriale a molte proprie testate, di supporti multimediali, quali CD-ROM e DVD contenenti musica, film, videogame e software . Va considerato che l’articolo 181-bis della legge sul diritto d’autore 21 aprile 1941 numero 633 ha prescritto l’apposizione, da parte della Società Italiana Autori ed Editori SIAE , di un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali, nonché su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, le cui spese ed oneri sono a carico dei richiedenti con D.P.C.M. 11 luglio 2001 numero 331 sono stati disciplinati termini e modalità e termini della relativa richiesta, del rilascio e dell’apposizione del contrassegno predetto. Con la sentenza dell’8 novembre 2007, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea richiamando la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, laddove prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione ha affermato che le disposizioni sopra citate, in quanto sussumibili nella categoria delle “regole tecniche”, non possano essere fatte valere nei confronti dei privati in assenza di preventiva notificazione alla Commissione. Successivamente alla citata sentenza della Corte di Giustizia, la società appellante – che per il passato aveva richiesto alla SIAE il rilascio del citato contrassegno apponendolo sui supporti distribuiti ha commercializzato i supporti contenenti opere dell’ingegno senza contrassegno quanto al passato, ha invece promosso azione in sede giurisdizionale volta ad ottenere la restituzione degli importi versati alla SIAE dal giugno 2004 al febbraio 2008, a fronte dei contrassegni dalla stessa SIAE rilasciati e dalla società ricorrente apposti sui supporti distribuiti. Nell’aprile del 2008 il Governo italiano comunicava, quindi, alla Commissione UE, in conformità a quanto previsto dalla Direttiva 83/139/CE, uno schema di regolamento destinato a sostituire il predetto D.P.C.M. del 2001, e recante una nuova disciplina dei termini e delle modalità di richiesta, rilascio ed apposizione del contrassegno SIAE. In data 23 aprile 2008 il Governo italiano notificava alla Commissione europea un ulteriore schema di regolamentazione tecnica, da emanare con D.P.C.M. modificativo delle disposizioni regolamentari all’epoca vigenti. Il successivo 25 luglio la Commissione comunicava una serie di osservazioni, alle quali il Ministero per i Beni e le Attività culturali replicava con nota del 30 settembre 2008, notificata dal Ministero dello Sviluppo economico il 2 ottobre seguente. In assenza di osservazioni di replica ad opera dell’organismo comunitario, è stato adottato il D.P.C.M. 23 febbraio 2009, numero 31, impugnato in primo grado. Avverso la sentenza con cui il giudice di primo grado ha respinto il ricorso proposto avverso il D.P.C.M. numero 31 del 23 febbraio 2009, propone appello la società Edizioni Master, sostenendone l’erroneità e chiedendone la riforma. All'odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Il ricorso va accolto nei limiti di seguito illustrati. 2. Il Collegio ritiene, invero, fondato il primo motivo di gravame nella sola parte in cui con lo stesso è dedotta l’illegittimità dell’articolo 6, co. 8, D.P.C.M. numero 31 del 23 febbraio 2009, per il quale “sono fatti salvi in ogni caso gli atti e i rapporti intervenuti tra la SIAE ed i soggetti indicati dall'articolo 181 bis della legge 22 aprile 1941, numero 633, a seguito dell'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000, numero 248”. Non vi è dubbio, invero, che, atteso il generale principio di irretroattività, non è consentito alla fonte regolamentare incidere sulla disciplina dei rapporti patrimoniali pregressi anteriori o successivi alla citata sentenza della Corte di giustizia 8 novembre 2007 , la cui definizione spetta al giudice munito di giurisdizione. 3. Il primo motivo di gravame non merita, viceversa, accoglimento laddove è con lo stesso censurato l’articolo 1, co. 2, dello stesso D.P.C.M. numero 31 del 23 febbraio 2009, per il quale “sono legittimamente circolanti, ai sensi del citato articolo 181-bis della legge 22 aprile 1941, numero 633, i supporti prodotti entro la data di entrata in vigore della legge 18 agosto 2000, numero 248, purché conformi alla legislazione previgente in materia di contrassegno e di tutela del diritto d'autore, nonché i supporti prodotti dopo l'entrata in vigore della medesima legge numero 248/2000 e conformi alle disposizioni regolamentari di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 luglio 2001, numero 338, come modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 ottobre 2002, numero 296”. Va considerato, al riguardo, che la previsione riportata attiene al solo regime di circolazione dei supporti prodotti entro la data di entrata in vigore della legge 18 agosto 2000, numero 248, senza in alcun modo disciplinare i profili di tipo patrimoniali di quella circolazione, sicché difetta ogni interesse della società appellante. 4. Vanno, inoltre, disattesi tutti gli altri motivi di gravame. Ritiene, in primo luogo, il Collegio di disattendere la censura relativa all’omessa comunicazione alla Commissione europea del decreto impugnato in primo grado. Va dato atto, al riguardo, dell’intervenuta comunicazione, con nota del 20 marzo 2008, dell’atto di avvio del procedimento di modifica della regolamentazione in contestazione, della mancata formulazione, ad opera della Commissione, di formali obiezioni, dell’ulteriore trasmissione, con nota del Ministero per lo Sviluppo Economico in data 29 aprile 2009, dello schema definitivo di regolamento la cui bozza era stata allo stesso organismo in precedenza comunicata, con indicazione dei punti oggetto di successiva modificazione. A ciò si aggiunga che, come correttamente rimarcato dal giudice di primo grado, le modificazioni introdotte nella versione finale del decreto hanno riguardato i commi 4 e 5 dell’articolo 7, con l’individuazione di fattispecie di favore recanti l’esenzione dall’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE e di dichiarazione sostitutiva sicché, prima ancora all’infondatezza della censura, è consentito dubitare della relativa ammissibilità. Va parimenti disatteso il motivo di appello relativo all’assunta violazione del principio di libera circolazione delle merci determinatasi in conseguenza della previsione dell’obbligo di apposizione del contrassegno. Fermo, invero, che, come condivisibilmente sostenuto nella sentenza gravata, la prescrizione dell’apposizione del contrassegno risponde all’esigenza di tutelare non solo il diritto di autore in sé, ma anche gli operatori commerciali e gli utilizzatori finali dell’opera – esigenza tanto più avvertita a fronte dei diffusi fenomeni di “pirateria” e contraffazione non può non osservarsi che l’obbligo in contestazione si estende, senza quindi che si possa dedurre vizi di “discriminazione”, tanto alle opere prodotte e diffuse sul territorio nazionale, quanto a quelle in questo non originate e che nel mercato interno abbiano diffusione. A ciò si aggiunga, comunque, che la stessa giurisprudenza comunitaria ha chiarito che “in mancanza di normative comuni, gli ostacoli per la circolazione intracomunitaria derivanti da disparità delle legislazioni nazionali relative al commercio dei prodotti di cui trattasi vanno accettati qualora tali prescrizioni, che si applicano indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati, possono ammettersi come necessarie per rispondere ad esigenze imperative attinenti, in particolare, all’efficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute, alla lealtà dei negozi commerciali ed alla difesa dei consumatori” Corte di Giustizia, sentenza 20 febbraio 1979, causa C-120/78, Rewe-Zentral c. Bundesmonopolverwaltung, § 8 . Tali esigenze imperative, nel caso di specie, ricorrono se si considera che la prescrizione dell’apposizione del contrassegno è volta anche a tutelare il consumatore, preservandolo –come affermato dal giudice di prima istanza dal rischio di acquisto di prodotti contraffatti, oltre che dalle conseguenze di carattere penale sul medesimo incombenti in ragione delle violazioni della normativa sul diritto d’autore. Va pure disatteso il motivo di appello relativo all’assunta compromissione del principio di riserva di legge posto dall’articolo 23 della Costituzione. E’ sufficiente considerare che la prestazione contestata in primo grado è prevista dall’articolo 181-bis della legge sul diritto d’autore, che già ne perimetra l’ambito di applicazione, determinando, altresì, il carattere di onerosità dell’apposizione del contrassegno. Quanto all’ambito di applicabilità, peraltro, il Collegio concorda con quanto sostenuto dal giudice di primo grado, laddove ha sostenuto che la disciplina regolamentare non amplia le previsioni contenute nella legge sul diritto d’autore, atteso che – fermo il carattere meramente solo esplicativo che il comma 1 dell’articolo 5, D.P.C.M. numero 31 del 23 febbraio 2009, assume rispetto alla locuzione “supporti contenenti programmi per elaboratore ovvero multimediali”, di cui all’articolo 181-bis della legge 633/1941 si tratta di una disciplina volta a confermare e riprodurre quanto già disposto con D.P.C.M. 338/2001, eccettuato il riferimento agli apparecchi di telefonia mobile ed ai lettori Mp3, per i quali, peraltro, l’apposizione del contrassegno riguarda i soli programmi, non già le apparecchiature. Nessuna violazione del principio di legalità dell’azione amministrativa, infine, può riconoscersi nel decreto impugnato in primo grado, recante la disciplina delle sole modalità attuative ed applicative del precetto posto dalla norma primaria. 5. Alla stregua delle esposte considerazioni, va pertanto accolto in parte l’appello, nei limiti sopra esposti al punto 2. Considerata la natura regolamentare della disposizione annullata in questa sede, ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo numero 1199 del 1971 applicabile quando in sede giurisdizionale sia annullato un atto amministrativo generale “a contenuto normativo” , va disposto che, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il dispositivo della presente sentenza sia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull’appello numero 458 del 2010, lo accoglie nei limiti indicati al punto 2 in motivazione, e annulla l’articolo 6, comma 8, del D.P.C.M., 23 febbraio 2009, numero 31, mentre lo respinge per il resto. Dispone che, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sia data pubblicità del presente dispositivo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Spese compensate dei due gradi. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.