Costa caro circolare nonostante il ritiro della patente per guida in stato d'ebbrezza

La circolazione successiva alla materiale apprensione della patente effettuata dalla polizia per guida alterata dall’alcol configura una violazione più grave di chi circola con patente semplicemente ritirata. Lo ha evidenziato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 23457 del 10 novembre scorso.

La vicenda. Un conducente particolarmente negligente nello stesso giorno è stato sanzionato dalla polizia stradale per rifiuto di sottoporsi al controllo alcolico con sottrazione della patente e successivamente per circolazione con patente sospesa. Contro quest’ultima punizione l’interessato ha proposto ricorso, sia al giudice di pace che al Tribunale, ma senza risultati apprezzabili. La Corte di cassazione ha confermato questa linea interpretativa. Doppia trasgressione nello stesso giorno. Nella fattispecie è stata correttamente contestata al trasgressore, nello stesso giorno, sia la violazione dell’articolo 186 del codice della strada per il rifiuto del controllo alcolico che, successivamente, quella prevista e punita dall’articolo 218 cds per circolazione con patente sospesa di validità. Secondo la tesi della difesa del ricorrente, invece, nel caso in esame i verbalizzanti avrebbero dovuto applicare l’articolo 216 del codice, che punisce chi circola con documenti ritirati, stante la mancanza di un provvedimento di sospensione prefettizio della licenza di guida. Patente sospesa, non solo ritirata. Il Collegio ha confermato l’operato della polizia stradale. La guida successiva al materiale ritiro della patente per alterazione alcolica, «ancorché precedente l’adozione formale del provvedimento di sospensione da parte dell’autorità amministrativa al quale è funzionalmente ed inscindibilmente collegato, configura la violazione di cui all’articolo 218, comma sesto e non quella di cui all’articolo 216, comma sesto». In pratica il ritiro della patente nel caso di guida alterata attiene ad una fase propedeutica e direttamente funzionale all’applicazione della sospensione della licenza di guida. In questo caso per chi circola durante il periodo di materiale apprensione del documento scatta la punizione prevista dall’articolo 218, anche se la prefettura non ha materialmente redatto il provvedimento di sospensione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 settembre - 6 ottobre 2011, numero 36265 Presidente Mannino - Relatore Lanza Ritenuto in fatto e considerato in diritto L.A. ricorre avverso l'ordinanza 6 maggio 2011 del Tribunale del riesame di Palermo che ha rigettato il riesame del provvedimento del GIP del Tribunale di Palermo del 19 aprile 2011, con il quale è stata disposta la misura del divieto di dimora nel comune di Palermo, nonché la preclusione di accedervi salva l'autorizzazione del giudice, deducendo vizi e violazioni di legge nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati. 1. la vicenda processuale. Con l'ordinanza 19 aprile 2011 il G.I.P. di Palermo, ritenuta l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza nonché delle esigenze cautelari di cui alla lett. c dell'articolo 274 c.p.p., applicava, al L. la misura del divieto di dimora nel comune di Palermo e del divieto di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice, in ordine alla seguente imputazione provvisoria articolo 81 cpv. e 572 c.p., per avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, maltrattato la propria madre T.G. , percuotendola, ingiuriandola e minacciandola ripetutamente, cagionandole altresì in un'occasione, dopo averla afferrata per le braccia e spinta verso una parete, lesioni personali consistite in ematoma braccio ds e sx, trauma contusivo spalla sx, reazione d'ansia . In , dal omissis fino alla data odierna. Il Tribunale del riesame ha confermato la detta statuizione ribadendo, quanto alle esigenze social preventive ed alla adeguatezza e proporzione della misura, tutte le argomentazioni del primo giudice. Lo stesso Tribunale inoltre ha ritenuto non accoglibile la richiesta subordinata di applicazione dell'articolo 282-bis c.p.p., giacché le gravi condotte del L. , improntate ad escandescenze ed atti violenti, collegati anche allo stato di tossicodipendenza, appaiono tali da non potere essere ragionevolmente impedite o infrenate dai limitati e difficili controlli territoriali - in una città come, Palermo - propri della prospettata misura ad es., quelli di cui al comma 2 della norma citata. In proposito il giudice cautelare ha richiamato una decisione di questa sezione Cass., sez. VI, 20.9.1999, Ancona, r.v. 214328 la quale ha ribadito che il coefficiente di pericolosità per le condizioni di base della civile convivenza e della sicurezza collettiva, connaturale a taluni illeciti gravi come quello in esame, giustifica il non irragionevole bilanciamento, previsto dal legislatore, tra le esigenze cautelari e le contrapposte esigenze di vita costituzionalmente protette , anche i tema di difficoltà di alloggio. Per tali ragioni il Tribunale del riesame ha considerato subvalenti le esigenze, rappresentate dalla difesa, in ordine agli attuali problemi economici ed abitativi dell'indagato, nel bilanciamento con le condizioni di base della civile convivenza e della sicurezza della parte offesa peraltro, madre dell'indagato stesso. 2. i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte. Con un unico motivo di impugnazione si prospetta vizio di motivazione e violazione di legge in relazione al principio di gradualità quale stabilito dall'articolo 275 comma 2 c.p.p In particolare il ricorrente lamenta che la decisione del Tribunale del riesame non abbia tenuto conto del radicale disagio economico dell'indagato il quale, una volta precluso il suo accesso alla città di Palermo, non sarebbe più in condizione di produrre il necessario reddito, derivantegli dalla sua saltuaria attività di cuoco, sarebbe costretto a vivere separato dal suo nucleo familiare e non potrebbe più frequentare il S.E.R.T Inoltre il ricorso contesta il negativo giudizio di personalità ed i precedenti di vita del ricorrente e segnala che la massima del Supremo collegio richiamata faceva riferimento a reati di estrema gravità quali quelli di cui agli articolo 416 bis c.p. e 629 c.p Il motivo, vera tale ultima affermazione, è fondato e merita accoglimento nei termini che ora si indicheranno. Con recente decisione 231/2011 la Corte costituzionale, sul tema della custodia cautelare, ha ribadito il principio dello standard del minore sacrificio necessario evidenziando che la compressione della libertà personale deve essere contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto. Per la Corte delle leggi ciò impegna il legislatore da una parte, a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della pluralità graduata , predisponendo una gamma di misure alternative, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale dall'altra, a prefigurare, in corrispondenza, criteri per scelte individualizzanti del trattamento cautelare, coerenti e adeguate alle esigenze configurabili nei singoli casi concreti. Inoltre, a fronte della tipizzazione di un ventaglio di misure, di gravità crescente articolo 281-285 , il criterio di adeguatezza articolo 275, comma 1 - dando corpo al principio del minore sacrificio necessario - impone al giudice di scegliere la misura meno afflittiva tra quelle astrattamente idonee a tutelare le esigenze cautelari ravvisabili nel caso di specie. Orbene nella vicenda tale regola non risulta essere stata rispettata, posto che la preclusione all'accesso all'intero territorio urbano della città di Palermo è stata drasticamente formulata senza una adeguata motivazione della particolare estensione del divieto stesso, avuto riguardo alla specifica marcata afflittività della misura la quale, secondo la prospettazione difensiva, cui peraltro non è seguita congrua risposta da parte dei giudici di merito, ha determinato nel ricorrente a l'impossibilità dell'utile espletamento di una attività lavorativa b la non presentazione ed utilizzo dei servizi del S.E.R.T. c la separazione dal proprio nucleo familiare. Rileva in proposito la Corte la carenza di motivazione in punto di adeguatezza della misura, avuto riguardo all'obiettivo di proteggere l'incolumità della madre del ricorrente, la quale peraltro vive e si muove in un ambito territorialmente ristretto del comune di Palermo, con conseguente squilibrio tra totalità di estensione del divieto e contenutezza dell'area, socio-ambientale interessata ai movimenti ed alla presenza della madre del L. , persona da salvaguardare. Si impone pertanto l'annullamento con rinvio ad altro giudice, il quale, nel rispetto della regola dianzi formulata, valuti la possibilità di escludere - diversamente motivando - oppure di contenere la misura adottata, indicando un ambito territoriale del divieto, il quale contemperi le contrastanti esigenze delle parti, così assumendo una decisione sì funzionale alle esigenze di tutela della vittima, ma del pari idonea per consentire lo svolgimento, anche limitato, da parte del ricorrente, delle attività e delle relazioni familiari dianzi prospettate. La gravata ordinanza va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame che tenga conto delle regole dianzi formulate. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo per nuovo esame.