C'è pubblicità occulta anche senza pagamento

L'intenzionalità di una pubblicità clandestina può essere provata anche in assenza di un compenso.

Con la sentenza depositata il 9 giugno, nella causa C-52/10, la Corte di Giustizia Europea ha fornito un'interpretazione rigorosa della direttiva UE che tutela i consumatori contro le pubblicità occulte, stabilendo che il pagamento di un compenso non costituisce elemento necessario per poter ritenere provato il carattere intenzionale di una pubblicità clandestina.Il caso. un'emittente televisiva greca trasmetteva un servizio su un trattamento odontoiatrico estetico che, secondo il Consiglio nazionale per la radiotelevisione greca, aveva le caratteristiche di una pubblicità clandestina. L'emittente impugnava l'ammenda conseguente, sostenendo che non era stato provato il pagamento di un corrispettivo e che, quindi, non si poteva parlare di pubblicità clandestina. La questione veniva sottoposta alla Corte di Giustizia Ue con il seguente quesito se nell'ambito della pubblicità clandestina , il versamento di un compenso o di un pagamento o corrispettivo di altro tipo costituisca elemento concettuale indispensabile dello scopo pubblicitario .La direttiva UE tutela i consumatori. La norma di riferimento è la direttiva UE 89/552, recepita anche in Italia con il regolamento del Garante per le comunicazione 538/01, che vieta la pubblicità occulta, identificata nella presentazione di prodotti o servizi, fatta intenzionalmente dall'emittente per perseguire scopi pubblicitari in modo da poter ingannare il pubblico circa la sua natura. Secondo la norma in esame si considera intenzionale la pubblicità se fatta in particolare dietro compenso o altro pagamento. Proprio la locuzione in particolare , presente solo nella versione della direttiva di alcuni Stati ma non in quella greca, ha indotto l'emittente a contestare la decisione della Commissione nazionale.Scopo della direttiva è rendere riconoscibile la pubblicità, vietando quella occulta. Con la pronuncia in esame, la Corte ha allargato la tutela per i telespettatori, fornendo un'interpretazione più rigorosa della direttiva sulla pubblicità clandestina in primo luogo, infatti, si è affermato che obiettivo della direttiva stessa è quello di fornire al consumatore una disciplina che gli consenta di comprendere quando i messaggi, trasmessi nel corso di programmi televisivi, hanno carattere pubblicitario. Tali messaggi pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili e distinti dal resto della programmazione e a questo scopo è vietata la pubblicità clandestina. Il pagamento non è necessario per provare lo spot clandestino. È vero, prosegue la Corte, che l'articolo 1 della direttiva considera intenzionale la presentazione, di un prodotto o di un servizio, quando fatta dietro compenso, ma il pagamento non è l'unico modo di dimostrare l'avvenuta pubblicità occulta lo scopo pubblicitario di un'emittente non può essere negato soltanto perché manca il relativo pagamento. Pertanto, conclude la Corte, non può essere escluso che la normativa di uno Stato membro preveda, oltre all'esistenza di un compenso o di altro pagamento, ulteriori criteri che consentano di ritenere provato il carattere intenzionale di una pubblicità clandestina .