L’amministratore di condominio non può far valere in giudizio un diritto spettante in modo esclusivo a ciascun condomino

L’amministratore di condominio non è litisconsorte necessario dei singoli condomini ed è perciò sfornito di legitimatio ad causam, oltre che di legitimatio ad processum per difetto del potere di rappresentanza dei singoli condomini, quando la controversia esuli dalle attribuzioni conferitegli dall'articolo 1130 c.c.

E’ così che la domanda diretta ad ottenere la costituzione di una servitù di transito attraverso la fornice di proprietà di un terzo, comportando l’estensione del diritto dominicale di ciascun condomino, necessità del conferimento di un mandato speciale in favore dell’amministratore da parte di ogni condomino interessato ovvero di una unanime positiva deliberazione di tutti i condomini. Con la sentenza numero 12678 del 5 giugno 2014, la Corte di Cassazione si occupa della legittimazione ad agire in giudizio dell’amministratore di condominio. Il fatto. Un Condominio citava dinanzi al Tribunale la proprietaria di un immobile per l’accertamento e la dichiarazione della propria titolarità del diritto di passo pedonale e carraio attraverso la fornice del predetto edificio. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda. Interposto gravame, la Corte d’Appello, dichiarava il difetto di legittimazione ad causam del Condominio, rimettendo la causa dinanzi al Tribunale per l’integrazione del contradditorio nei confronti di altri condomini e del Comune risultato proprietario del cancello prospiciente la via dell’immobile in questione. Secondo i giudici d’appello, infatti, la carenza di legittimazione ad causam del Condominio si basava sulla natura di diritto esclusivo di ogni singolo condomino e sull’assenza di un mandato di diritto sostanziale conferito da ciascun condomino all’amministratore, dato che il titolo su cui si fondava la servitù era la proprietà esclusiva di ciascun condomino, in relazione alla quale la proprietà condominiale era solo una mera proiezione di carattere accessorio. Avverso tale decisione proporne ricorso per cassazione la proprietaria dell’edificio, alla quale replica il Condominio con controricorso. La ricorrente sostiene che vi sia stata violazione e falsa applicazione, tra l’altro, degli articolo 1130 e 1131 c.c. perché l’azione spiegata dal Condominio, finalizzata al riconoscimento di una servitù di passaggio, avrebbe introdotto una controversia avente ad oggetto l’estensione del diritto di ciascun condomino in dipendenza dei rispettivi acquisti, da qui l’assenza del potere dell’amministratore del Condominio a stare in giudizio in loro rappresentanza non rientrando nell’alveo di quanto attributogli ex articolo 1131 c.c Si duole altresì del fatto che la Corte distrettuale, pur ritenendo l’ amministratore del Condominio estraneo alla causa, ha sostenuto l’applicabilità dell’articolo 354 c.p.c. mancando la partecipazione degli altri condomini, non poteva essere disposta l’integrazione necessaria del contraddittorio, non rientrando l’amministratore del Condominio nella categoria di litisconsorte necessario rispetto ai partecipanti al Condominio medesimo. Illegittimo l’accertamento proposto dall’amministratore di condominio. La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso. Spiegano preliminarmente gli ermellini che il Condominio è privo di personalità giuridica, poiché è unicamente ente di gestione delle cose comuni, e che l’amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare a tutela della gestione delle stesse. Dalla disamina dell’articolo 1131 c.c. si evince che il potere di rappresentanza dell’amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni disciplinate all’articolo 1130 c.c., ossia alle parti e servizi comuni e alle controversie riguardanti i beni comuni. Il sistema codicistico, pertanto, distingue nettamente le situazioni condominiali da quelle di carattere individuale del singolo condomino, giacché solo per le prime ha un autonomo potere di rappresentanza. Quando invece si tratti di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può sussistere solo nel conferimento di un mandato ad hoc. Concludendo. Nel caso di specie, trattandosi di un diritto di servitù di passaggio, l’autonoma legittimazione processuale dell’amministratore non sussiste. Questo perché la domanda di accertamento dell’esistenza del diritto di servitù è funzionale ad estendere il diritto dominicale di acquisto delle singole proprietà immobiliari di ciascun condomino. Da qui la necessità di una espressa sottoscrizione di un mandato speciale in favore dell’amministratore a promuovere la causa da parte di ciascun condomino. Le azioni reali di accertamento o costitutive dirette ad individuare e/o ad estendere la sfera del diritto dominicale acquisito pro quota da ciascun condomino, infatti, sono estranei ai meccanismi deliberativi maggioritaria dell’assemblea condominiale, così come ad una autonoma rappresentanza processuale del Condominio da parte dell’amministratore. Ecco l’errore della Corte territoriale pur avendo colto che nella vicenda in esame occorreva uno specifico mandato rilasciato da ciascun condomino all’amministratore, ha configurato quest’ultimo come litisconsorte necessario, pur essendo sfornito di legittimatio ad causam oltre che di quella ad processum, esulando la controversia dai poteri attribuitigli dall’articolo 1130 c.c. in difetto di potere di rappresentanza dei singoli condomini.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 febbraio - 5 giugno 2014, numero 12678 Presidente Triola – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 22 novembre 2000 il Condominio di via Monti Sabini numero 13 in Milano evocava, dinanzi al Tribunale di Milano, M.E. proponendo actio confessoria servitutis ex articolo 1079 c.c. per sentire accertare e dichiarare la propria titolarità del diritto di passo pedonale e carraio attraverso il fornice dell'edificio contrassegnato col civico numero 228 in via OMISSIS , di proprietà della convenuta. Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della M. , la quale eccepiva pregiudizialmente la carenza di legittimalo ad processum dell'Amministratore del Condominio, nonché quella ad causam del Condominio, il giudice adito, rigettate le eccezioni processuali, dichiarava la titolarità in capo al Condominio del diritto di passo pedonale e carraio attraverso la fornice dell'edificio contrassegnato col civico numero 228 di via OMISSIS , ponendolo a carico della servente proprietà della M. . In virtù di rituale appello interposto dalla M. , con il quale insisteva nelle eccezione di difetto di legittimazione ad processum e ad causam del Condominio, nel merito, accertata la proprietà del Comune di Milano del cancello prospiciente la via OMISSIS , dichiararsi la sua carenza di legittimazione passiva, la Corte di appello di Milano, nella resistenza dell'appellato Condominio, nonché, per quanto occorreva, personalmente dei condomini F.V. , +Altri , dichiarato il difetto di legittimazione ad causam del Condominio, rimetteva la causa avanti al giudice di primo grado per l'integrazione del contraddittorio. A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale - premesso che sussisteva la rappresentanza sostanziale in capo all'amministratore - evidenziava che l'eccezione di carenza di legittimazione ad causam del Condominio era basata sulla natura di diritto esclusivo di ogni singolo condomino servitù e sull'assenza di un mandato di diritto sostanziale conferito da ciascun condomino all'amministratore, che andava condivisa giacché il titolo su cui fondava la servitù era la proprietà esclusiva di ciascun condomino, rispetto alla quale la proprietà condominiale era una mera proiezione con carattere accessorio, da cui conseguiva la necessità di uno specifico mandato rilasciato dai singoli condomini all'amministratore per far valere propri diritti esclusivi verso terzi. Concludeva che essendo mancata partecipazione dei singoli condomini al giudizio di primo grado, andava ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli stessi, come peraltro richiesto dallo stesso Condominio, irrilevante la circostanza che gli stessi si fossero costituiti in appello trattandosi di diritto esclusivamente ed ab origine del singolo condomino. Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione la M. , articolato su tre motivi, al quale ha replicato il Condominio con controricorso, rimasti intimati i condomini. Fissata pubblica udienza al 4.6.2013, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per l'acquisizione della delibera assembleare di autorizzazione dell'Amministratore a stare in giudizio, prodotta con nota del 15.10.2013. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione L'esame delle singole censure formulate con il ricorso deve essere preceduto da quello della pregiudiziale eccezione di nullità della costituzione del Condominio, con conseguente inammissibilità del controricorso, formulata da parte ricorrente, sotto il profilo del difetto di deposito del mandato conferito all'Amministratore dall'assemblea condominiale di autorizzazione per stare in giudizio, per avere la medesima assemblea condominiale, con il verbale del 15 ottobre 2007, conferito l'incarico al difensore, Avv.to Marcello Ambrogio Meoli, è non già al soggetto legittimato a stare in giudizio ai sensi dell'articolo 75 c.p.c. per il medesimo Condominio, ossia l'Amministratore. L'eccezione è infondata alla luce del principio, convalidato dalle SS.UU. di questa Corte sentenza numero 18331 del 2010 , secondo cui, nell'offrire la corretta esegesi della norma contenuta nell'articolo 1131 c.c., comma 2 - a mente del quale l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio - raccordandola con il principio dell'attribuzione in capo all'assemblea di condominio del potere gestorio, ha affermato che l'amministratore di condominio può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole, anche senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione. Nella specie, a seguito della rimessione in termini disposta con ordinanza interlocutoria di questa Corte, il controricorrente Condominio ha depositato in data 15 ottobre 2013 copia del verbale dell'assemblea condominiale, relativa al conferimento del mandato al difensore Avv. Meoli per la costituzione nel presente giudizio, ricorrendo peraltro il caso affatto diverso di autorizzazione sussistente fin dal principio - per essere la delibera del 15.10.2007 - di cui è stata data tardivamente solo la prova in giudizio. In questa ipotesi, a norma dell'articolo 182 c.p.c., il giudice è tenuto - ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore - a provvedere alla sanatoria di tale vizio, dovendosi equiparare la nullità della procura ad litem al difetto di rappresentanza processuale in tal senso Cass. SS.UU. numero 28337 del 2011 , senza alcun effetto preclusivo. Al riguardo, inoltre, non appaiono condivisibili i dubbi esposti dalla ricorrente in ordine alla validità del predetto verbale di assemblea del 15 ottobre 2007 a conferire all'Amministratore i necessari poteri per nominare quale difensore l'Avv. Meoli. Quanto al tenore della delibera - che ad avviso della ricorrente conterrebbe un mandato o rappresentanza processuale direttamente al professionista e non già all'amministratore - basti osservare come l'autorizzazione dell'assemblea a resistere in sostanza non è che un mandato all'amministratore a conferire la procura ad litem al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in definitiva, l'amministratore non svolge che una funzione di mero nuncius v. Cass. sentt. numero 22294 del 2004 e numero 1422 del 2006 per un orientamento difforme, v. le risalenti sentenze numero 1337 del 1983, numero 5203 e numero 7256 del 1986 , per cui esprimere la volontà di 'dare mandato all'Avv. Marcello Meoli a rappresentare e difendere il condominio nel giudizio pendente costituisce valida delega, essendo stata poi in concreto la procura speciale alla lite, in calce al controricorso, sottoscritta dall'Amministratore, rag. R.D. , nel pieno rispetto dell'articolo 75 c.p.c Venendo all'esame del ricorso, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 75, 77 e 100 c.p.c., nonché degli articolo 1130 e 1131 c.c., oltre a nullità della sentenza impugnata, per non essere condivisibili le affermazioni della corte di merito in ordine all'interpretazione della delibera condominiale del 22.6.1998 non supportata da alcun dato letterale, pacifico sia il senso delle parole usate sia l'inesistenza di qualsivoglia riferimento all'amministratore del Condominio. In altri termini, l'azione spiegata dal Condominio, volta a vedere riconosciuta una servitù di passaggio, ha introdotto una controversia concernente l'estensione del diritto di ciascun condomino in dipendenza dei rispettivi acquisti, per tale ragione non poteva riconoscersi la legittimatio ad processum, cioè il potere dell'amministratore del Condominio a stare in giudizio in rappresentanza del condomino esulando la controversia de qua dalla sfera di rappresentanza attribuita all'amministratore dall'articolo 1131 c.c. Aggiunge la ricorrente che non esiste in atti la prova che il Rag. R.P. fosse l'amministratore del Condominio allorquando conferì il mandato al suo difensore nel giudizio di primo grado, amministratore all'epoca della delibera era il Rag. R.D. . Il motivo conclude ponendo il seguente quesito di diritto giudichi la Suprema Corte se l'amministratore del Condominio di via OMISSIS fosse dotato della legittimatio ad processum avendo promosso un giudizio relativo al diritto di servitù di passaggio su un fondo limitrofo di proprietà della ricorrente M.E. diritto di natura esclusiva del singolo condomino che esula dalle attribuzioni conferitegli dall'articolo 1130 c.c. e dalla sfera di rappresentanza attribuitagli dall'articolo 1131 c.c. e senza avere provato nel corso del giudizio di primo grado il suo rapporto di rappresentanza con l'ente rappresentato ex articolo 75 e 77 c.p.c. . Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli articolo 1130 e 1131 c.c. e degli articolo 102 e 354 c.p.c., nonché nullità della sentenza impugnata, in quanto pur avendo affermato la corte ambrosiana che l'amministratore del Condominio è estraneo alla causa, ha ritenuto applicabile alla specie l'articolo 354 c.p.c Infatti mancando la partecipazione dei singoli condomini, non poteva essere disposta l'integrazione necessaria del contraddittorio, non rientrando l'amministratore del condominio nella categoria di un litisconsorte necessario rispetto ai partecipanti al Condominio stesso. Il motivo culmina nel seguente quesito di diritto Giudichi la Suprema Corte se il Condominio attore nel giudizio di primo grado fosse da ritenere ex articolo 102 c.p.c. litisconsorte necessario dei condomini non essendo in detto giudizio costituito alcuno di essi e se in grado di appello fosse applicabile l'articolo 354 c.p.c. che postula l'esistenza di un litisconsorzio necessario di natura sostanziale . Le censure, per la loro stretta connessione argomentativa, vanno esaminate congiuntamente. Esse sono fondate e pertanto meritano accoglimento. Con le doglianze, come sopra illustrate, la ricorrente ha inteso sostenere che l'amministratore del Condominio non ha legittimazione a far valere un diritto spettante in modo esclusivo ai singoli condomini, riguardando il preteso diritto di servitù di passaggio, con accesso attraverso il fornice esistente nell'edificio della medesima M. , l'estensione del diritto di ciascuno dei condomini in virtù dei rispettivi acquisti, che resta nell'esclusiva disponibilità dei titolari, giacché incide nella sfera dei diritti e degli interessi individuali. Ai fini della trattazione dell'argomento proposto occorre esaminare la natura giuridica dell'organo cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa e cioè dell'amministratore, e le funzioni allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di cui sono rispettivamente titolari l'ente condominiale e i singoli condomini. Partendo dal presupposto che il Condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l'amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il fondamento normativo del potere di rappresentanza ed i suoi limiti. Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli articolo 1130 e 1131 c.c., che, rispettivamente, disciplinano, il primo, le attribuzioni dell'amministratore e il secondo, in forma specifica, la rappresentanza del Condominio da parte dell'amministratore. Dall'articolo 1131 c.c., si deduce che il potere di rappresentanza dell'amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'articolo 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni, nonché alle controversie riguardanti i beni comuni. All'amministratore del Condominio compete l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea, nonché, in genere, tutta l'attività di ordinaria amministrazione giusta l'elenco analitico di attribuzioni previsto dall'articolo 1130 c.c. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, egli ha la rappresentanza dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri articolo 1131, commi 1 e 2, c.c. . Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l'amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un intervento dell'amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purché colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai compiti ed ai poteri, stabiliti dall'articolo 1130 c.c Ove si tratti invece di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione dell'equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condomini cfr. Cass. 3 marzo 1984 numero 4623 Cass. 29 febbraio 1988 numero 2129 Cass. 11 marzo 1988 numero 2401 Cass. 3 aprile 2003 numero 5147 . Invero il potere di estendere - come nella specie con la domanda di accertamento dell'esistenza del diritto di servitù di transito - il dominio acquisito con gli atti di acquisto delle singole proprietà immobiliari è un potere estraneo al meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale e può essere conferito all'amministratore solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condomini interessati. L'assemblea, infatti come affermato da Cass. 29 agosto 1997 numero 8246 , può deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell'edificio o il Condominio nel suo complesso, oppure sulle liti attive e passive che, esorbitando dalle attribuzioni istituzionali dell'amministratore, riguardino pur sempre la tutela dei diritti dei condomini su tali parti, ma non anche sulle questioni concernenti l'esistenza, il contenuto o l'estensione dei diritti spettanti ai condomini in virtù dei rispettivi acquisti, diritti che restano nell'esclusiva disponibilità dei titolari v. Cass. 8 agosto 1979 numero 4637 . In questa seconda ipotesi non possono non rientrare, ad avviso del Collegio, i casi delle azioni reali di accertamento o costitutive dirette ad individuare ed/od ad estendere la sfera del dominio acquisito pro quota da ciascun condomino con gli atti d'acquisto delle singole unità immobiliari condominiali, ossia all'atto dell'ingresso nel Condominio. Anche in questi casi, invero, l'azione giudiziale esula dall'ambito della mera tutela di una già acquisita proprietà comune, per incidere nella sfera dei diritti e degli interessi individuali ogni acquisto od estensione della proprietà comune, se da un lato comporta un proporzionale accrescimento dell'oggetto del diritto di comproprietà di ciascun condomino, implica, dall'altro, la corrispondente, proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri tutti correlati all'acquisto concorso alle spese di acquisizione del bene, di conservazione dello stesso, ecc. . E tanto basta ad escludere che la proposizione di un'azione volta - come la domanda di accertamento della servitù di transito attraverso la fornice di proprietà di un terzo ma anche di un condomino - a conseguire una simile estensione, possa considerarsi rientrante nei poteri deliberativi dell'assemblea condominiale e che la rappresentanza processuale del Condominio possa essere, nella stessa ipotesi, affidata all'amministratore. Con riferimento al caso di specie, la proposizione della domanda diretta non alla difesa della proprietà comune come erroneamente sostiene il controricorrente ma ad ottenere come rilevato dalla ricorrente la declaratoria di esistenza del preteso diritto reale in favore del Condominio di via OMISSIS , deve, in difetto di un'unanime positiva deliberazione di tutti i condomini, ritenersi esorbitante dai poteri deliberativi dell'assemblea condominiale, da un lato, e da quelli di rappresentanza processuale del Condominio da parte dell'amministratore, dall'altro. In altri termini, pur avendo la corte territoriale correttamente enunciato il principio che basandosi la richiesta sul riconoscimento di un diritto di natura esclusiva del singolo condomino, per cui occorreva una specifico mandato rilasciato da ciascun condomino all'amministratore, ha errato nel fare conseguire dalla statuizione l'obbligo della integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini. L'amministratore, infatti, non è da ritenere litisconsorte necessario dei singoli condomini, per essere sfornito di legitimatio ad causam, oltre che di legitimatio ad processum, per difetto di potere di rappresentanza dei singoli condomini, esulando la controversia, per quanto già detto, dalle attribuzioni conferitegli dall'articolo 1130 c.c. in termini v. Cass. 14 novembre 1989 numero 4840 . Con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli articolo 91, 92, 97, 102, 183 e 354 c.p.c., nonché nullità della sentenza per avere la corte di merito disposto la compensazione delle spese di lite del grado di appello, non avendo peraltro il Condominio chiesto né alla prima udienza di trattazione né in quelle successive la integrazione del contraddittorio e non costituiti i condomini in primo grado. A conclusione è posto il seguente quesito di diritto Giudichi la Suprema Corte se, accertata la carenza di legittimatio ad processum dell'amministratore del Condominio attore, la carenza di legittimatio ad causam del Condominio nel giudizio, l'inosservanza dell'attore nel giudizio di primo grado dell'articolo 183, V comma, c.p.c., ricorrono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti ex articolo 92 c.p.c. per il solo giudizio di appello . L'accoglimento delle censure relative al difetto di legittimazione e all'estensione dei poteri dell'amministratore, comporta l'assorbimento dell'ulteriore doglianza contenuta nel terzo motivo, con cui la ricorrente lamenta la pronuncia sulle spese processuali. Per effetto dell'accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata, ma non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 382, ult. parte, c.p.c., dichiarando inammissibile la domanda di accertamento della servitù, non ricorrendo le ipotesi dell'articolo 102 c.p.c. concernente la necessità di integrazione del contraddittorio in primo grado, né dell'articolo 354 c.p.c. riguardante la rimessione della causa da parte del giudice di appello al primo giudice, ove questi non abbia provveduto alla detta integrazione, che si riferiscono all'ipotesi di litisconsorzio necessario di natura sostanziale e postulano che almeno uno dei soggetti legittimati sia stato evocato in giudizio. In ordine alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità, in considerazione della incertezza esistente nella meno recente giurisprudenza di questa Corte in ordine ai rapporti tra azioni conservative di cui all'articolo 1130 c.c., numero 4 e azioni di carattere reale in senso stretto, ritiene il Collegio di compensare le spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile la domanda di accertamento del diritto di servitù proposta dall'Amministratore del Condominio attore dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.