Sì all’ulteriore termine per la notifica agli eredi, anche se il destinatario è deceduto molti anni prima del termine originario

Qualora in sede di notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio risulti il decesso del destinatario, e la parte che debba procedere alla detta integrazione, pur avendo tempestivamente espletato l’adempimento posto a suo carico, veda non conseguito il perfezionamento della notificazione, deve essere assegnato un termine ulteriore perentorio per procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della parte defunta.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17473, depositata il 17 luglio 2013. Morte del destinatario della notifica dell’atto di integrazione anteriore all’inizio della pendenza del termine. Un attore aveva convenuto in giudizio un suo debitore e i figli di quest’ultimo, chiedendo che fosse dichiarata la simulazione assoluta di tre atti di compravendita compiuti dai convenuti. Il tribunale aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli acquirenti dei beni alienati, ma non essendosi perfezionata nei confronti di uno dei litisconsorti – risultato deceduto -, aveva concesso un nuovo termine per effettuare la notifica agli eventuali eredi. Il giudice di primo grado aveva dichiarato l’estinzione del giudizio, ritenendo che fosse stato erroneamente concesso un nuovo termine per la notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio agli eredi del defunto e che, quindi, dovesse aversi per inottemperato l’ordine di integrazione antecedentemente disposto. In seguito, in sede d’appello, tale decisione era stata dichiarata nulla, ritenendo che l’estinzione fosse stata erroneamente disposta, in quanto il nuovo termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi era stato ritualmente assegnato all’udienza successiva alla scadenza del termine originariamente concesso. Estinzione o termine per integrare? Avverso tale sentenza, il convenuto originario ha presentato ricorso, lamentando che la Corte territoriale ha ritenuto valida l’assegnazione di un secondo termine per l’integrazione del contraddittorio. Secondo la Suprema Corte, la censura è infondata. Per gli Ermellini, questa è la ragione su cui si basa la sentenza impugnata l’assegnazione di un secondo termine perentorio per integrare il contraddittorio, successivamente alla scadenza del primo, era rituale perché il mancato rispetto del termine originariamente assegnato era dipeso dalla morte della parte destinataria della notificazione dell’atto di integrazione, anche se tale evento, risultante dalla relazione dell’ufficiale giudiziario, era anteriore all’inizio della pendenza del termine stesso. Assegnazione di un termine ulteriore per l’integrazione nei confronti degli eventuali eredi del defunto. Piazza Cavour, superando un precedente orientamento, ha ritenuto corretta l’argomentazione della Corte territoriale, sostenendo che qualora in sede di notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio risulti il decesso del destinatario, e la parte che debba procede all’integrazione, pur avendo tempestivamente consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario, veda non perfezionata nel termine la notificazione nei confronti del destinatario dell’atto, a causa di un evento – il decesso – che essa non era tenuta a conoscere e di cui venga informata soltanto attraverso la relazione di notifica, deve essere assegnato un termine ulteriore per procedere all’integrazione nei confronti degli eventuali eredi del defunto. I giudici di legittimità, inoltre, hanno specificato che la contraria interpretazione porterebbe a equiparare situazioni processuali diverse ponendo sullo stesso piano l’inerzia rispetto all’ordine di integrazione e la tempestiva esecuzione di questo, non completata per cause indipendenti dalla volontà della parte procedente e non rientranti nella normale prevedibilità , e inoltre, essa si risolverebbe in una non ragionevole compressione del diritto di difesa. Infine, relativamente all’ulteriore quesito del ricorrente - ossia se, in presenza di eccezione di estinzione del giudizio, il giudice possa accoglierla per motivi diversi da quelli prospettati dalla parte eccipiente -, il S.C. ha ribadito il proprio costante orientamento. In base a questo, il giudice non è vincolato ad attenersi alle ragioni addotte dalla parte a fondamento dell’eccezione e può rilevare un fatto estintivo non dedotto ovvero sostituire una causa estintiva valida a quella non idonea dedotta dalla parte

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 giugno - 17 luglio 2013, n. 17473 Presidente Carnevale – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con atto di citazione del 25.03.1991, Mu.Gi. conveniva in giudizio, dinanzi il al Tribunale di Lecce, L M. , che l'attore asseriva essere suo debitore, nonché M.G. e S. , figli del primo, chiedendo che fosse dichiarata la simulazione assoluta di tre atti di compravendita compiuti dai convenuti, i quali resistevano alla domanda. Con ordinanza del 12.01.2004 l'adito Tribunale ordinava l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli acquirenti dei beni alienati ma la notificazione dell'atto di integrazione non si perfezionava nei confronti di uno dei litisconsorti, A G. , che era risultato deceduto nel 1992. Concesso, all'udienza del 27 maggio 2004, un nuovo termine per effettuare la notifica agli eventuali eredi del G. , l'attore notificava tempestivamente l'atto di integrazione del contraddittorio ad E G. quale unico erede, ma all'udienza successiva dell'8.11.2004 veniva eccepita l'estinzione del giudizio da parte di alcuni degli originari convenuti e dei litisconsorti, col rilievo che non risultava provato che la parte alla quale era stato notificato l'atto di integrazione del contraddittorio fosse l'unico erede. Con sentenza del 28 febbraio 2005 il Tribunale di Lecce dichiarava l'estinzione del giudizio ai sensi dell'art. 307, 3 co. c.p.c., ritenendo che fosse stato erroneamente concesso, all'udienza del 27 maggio 2004, un nuovo termine per la notifica dell'atto di integrazione del contraddittorio agli eredi del defunto G.A. e che, quindi, dovesse aversi per inottemperato l'ordine di integrazione antecedentemente disposto con l'ordinanza del 12.01.2004. Il Mu. impugnava la sentenza di primo grado ed al gravame resistevano i M. ed i coniugi R.F.P. e Me.Pa. , mentre rimanevano contumaci G.E. , in proprio e quale erede di A G. , e Gr.La. in Mu. . La Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 19.07.2007 - 17.01.2008, dichiarava la nullità della sentenza del Tribunale, ritenendo che l'estinzione fosse stata erroneamente dichiarata in quanto a dalla relata di notifica del primo atto di integrazione del contraddittorio, tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario, A G. era risultato deceduto nel XXXX b il nuovo termine per l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi del G. era stato ritualmente assegnato all'udienza successiva alla scadenza del termine originariamente concesso c l'atto di integrazione del contraddittorio era stato regolarmente notificato ad E G. , unico erede di G.A. d l'eccezione di estinzione era stata sollevata intempestivamente solo all'ulteriore udienza dell'8 novembre 2004 e sulla base del rilievo della mancata prova che G.E. fosse l'unico erede, mentre il Tribunale aveva dichiarato l'estinzione con riferimento al diverso presupposto dell'irrituale assegnazione di un nuovo termine. Avverso questa sentenza L M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e notificato a Mu.Gi. , M.G. e S. , F.P R. , Me.Pa. e Gr.La. nonché il 24.02.2012, a seguito di rinnovazione della notificazione, disposta all'udienza di discussione del 22.11.2011, anche ad E G. , in proprio e quale erede di A G. . Gli intimati non hanno svolto attività difensiva Motivi della decisione A sostegno del ricorso il M. denunzia 1. Violazione dell’art. 307, 3 co., c.p.c. . Si duole che la Corte d'Appello abbia ritenuto erroneo il ragionamento del primo Giudice, il quale aveva dichiarato l'estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione, mentre la proposta eccezione era stata riferita alla esistenza di altri eredi di A G. . Formula il seguente quesito ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis se, in presenza di eccezione di estinzione del giudizio, il Giudice possa accoglierla per motivi diversi da quelli prospettati dalla parte eccipiente”. 2. Violazione sotto diverso profilo dell'art. 307, 3 co., c.p.c. e dell'art. 153 c.p.c. . Si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto valida l'assegnazione di un secondo termine per l'integrazione del contradditorio in una fattispecie in cui non veniva in considerazione la tempestività ma l'inesistenza della prima notificazione e non era stata fornita la prova della non imputabilità della mancata notifica ad A G. per essere state effettuate le dovute ricerche di procedere alla notifica stessa. Formula il seguente quesito se il termine perentorio fissato dal giudice per la notifica dell'atto di integrazione del contraddittorio possa essere prorogato senza che l'interessato abbia provato una difficoltà a lui non imputabile”. 3. Violazione degli arti 153 e 154 c.p.c. . Formula il seguente quesito se il Giudice possa accordare la proroga di un termine perentorio ove la stessa sia richiesta dopo lo spirare dello stesso”. I motivi, che essendo strettamente connessi possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. La ragione fondamentale sulla quale si basa la sentenza impugnata è che, nella specie, l'assegnazione di un secondo termine perentorio per integrare il contraddittorio, successivamente alla scadenza del primo, era rituale perché il mancato rispetto del termine originariamente assegnato era dipeso dalla morte della parte destinataria della notificazione dell'atto di integrazione, anche se tale evento, risultante dalla relazione dell'ufficiale giudiziario, era anteriore all'inizio della pendenza del termine stesso. L'argomentazione della Corte territoriale è corretta perché questa Corte, superando il precedente orientamento secondo il quale la notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio, in ipotesi di morte della parte destinataria, doveva essere rinnovata nei confronti degli eredi entro il termine originariamente fissato, tranne nell'ipotesi in cui la morte fosse sopravvenuta in pendenza del termine, in cui trovavano applicazione in via analogica le disposizioni dell'art. 328 c.p.c. v. ex multis cass. n. 2778/2004 , con ordinanza delle n. 1238 del 2005 delle Sezioni Unite di questa Corte ha affermato con riferimento all'integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nell'ambito del giudizio di cassazione, ma sulla base di argomentazione estensibile a tutte le ipotesi di integrazione del contraddittorio che qualora in sede di notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio risulti il decesso del destinatario o di uno dei destinatari , e la parte che debba procedere alla detta integrazione, pur avendo tempestivamente espletato l'adempimento posto a suo carico con la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, veda non conseguito il perfezionamento della notificazione, nel termine all'uopo fissato per detta integrazione, nei confronti del destinatario dell'atto o di alcuni di essi , a causa, appunto, di un evento - il decesso del medesimo o dei medesimi - che essa non era tenuta a conoscere e di cui venga informata soltanto attraverso la relazione di notifica, deve esser assegnato un termine ulteriore di carattere perentorio per procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della parte defunta. La contraria interpretazione che comporterebbe l'estinzione del giudizio di merito o l'inammissibilità del ricorso per cassazione , infatti, contrasterebbe con gli art. 3 e 24 Cost., sia perché essa condurrebbe ad equiparare situazioni processuali del tutto diverse ponendo sullo stesso piano l'inerzia rispetto all'ordine di integrazione e la tempestiva esecuzione di questo, non completata per cause indipendenti dalla volontà della parte procedente e non rientranti nella normale prevedibilità , sia perché essa si risolverebbe in una non ragionevole compressione del diritto di difesa, atteso che la detta parte si vedrebbe addebitato l'esito parzialmente intempestivo del procedimento notificatorio per un fatto in concreto sottratto ai suoi poteri d'impulso, in quanto dalla stessa non conosciuto. Poiché la ragione indicata dalla Corte territoriale è di per sé sufficiente a giustificare la decisione è irrilevante l'erroneità dell'ulteriore motivo posto a base della decisione stessa, consistente nel rilievo che l'estinzione è stata pronunciata dal tribunale in base a una ragione diversa da quella indicate dalle parti che l'avevano eccepita, erroneità derivante dalla circostanza che, contrariamente a quanto ritenuto da una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito che qualificano l'eccezione di estinzione come eccezione processuale in senso stretto, con conseguente vincolo del giudice ad esaminare solo la causa estintiva fatta valere, il costante orientamento di questa Corte cfr Cass. n. 8988 del 2003, n. 780 del 2001, n. 5554 del 1979n. 2103 del 1972, n. 2655 del 970 cfr anche Cass. n. 26401 del 2009 è nel senso che la dichiarazione di estinzione del processo derivante da inattività delle parti è subordinata all'eccezione della parte interessata, ma il giudice non è vincolato ad attenersi alle ragioni addotte dalla parte a fondamento dell'eccezione e può rilevare un fatto estintivo non dedotto ovvero sostituire una causa estintiva valida a quella non idonea dedotta dalla parte. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità, in ragione del relativo esito e del mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.