L’occupazione abusiva di un’area di parcheggio di uso esclusivo di un’azienda esercente attività alberghiera e di ristorazione produce uno sviamento di clientela integrante un danno, consistente nel minor guadagno d’impresa, il cui ammontare può essere equitativamente determinato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia numero 16112 del 26 giugno 2013. Il caso. L’azienda affittuaria di un esercizio alberghiero e di ristorazione agisce in giudizio nei confronti di un ristorante sito di fronte nonché del titolare del medesimo, lamentando l’uso illegittimo della propria area di parcheggio da parte dei clienti del ristorante convenuto. Chiede, dunque, che l’autorità giudiziaria inibisca il parcheggio ai convenuti e condanni questi ultimi al risarcimento del danno subito. Dopo una pronuncia di rigetto da parte del giudice di primo grado, la domanda viene accolta in sede d’appello, con condanna dei convenuti a risarcire il danno da perdita della clientela. Il ristorante soccombente e il rispettivo titolare si rivolgono, quindi, alla Corte di Cassazione. L’interpretazione del contratto di affitto d’azienda. In primo luogo, i ricorrenti si dolgono dell’interpretazione fornita dai giudici di secondo grado in relazione al contratto di cessione d’azienda. Nella specie, la Corte territoriale aveva dato rilievo alla circostanza per cui l’area di parcheggio oggetto del contendere fosse di proprietà del cedente l’azienda e fosse destinata a parcheggio dei clienti dell’albergo ancor prima che l’azienda alberghiera fosse ceduta in affitto all’attrice. Da ciò ne aveva tratto il corollario che, benché la ridetta area di parcheggio non fosse espressamente contemplata nel contratto di affitto di azienda, ne facesse tuttavia certamente parte, tanto più che era stato espressamente menzionato quanto ne era escluso. Di contro, secondo la ricostruzione dei ricorrenti, l’area di parcheggio non sarebbe rientrata nell’oggetto del contratto, atteso che in materia contrattuale opererebbe il medesimo principio espresso dal brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit . Per vero, a giudizio della Suprema Corte, la lettera del contratto non avvalla né la tesi che l’area di parcheggio vi fosse inclusa come sarebbe accaduto se essa fosse stata espressamente menzionata né la tesi opposta come sarebbe avvenuto se il contratto la avesse espressamente esclusa . Sicché, in mancanza di un’espressa previsione contrattuale, soccorrono altri criteri interpretativi, quali quelli utilizzati dai giudici di merito, che, essendo privi di vizi logici, sono incensurabili in sede di legittimità. La cessione d’azienda ricomprende la successione nei rapporti contrattuali. Ulteriore profilo di censura mosso dai ricorrenti è incentrato sulla circostanza per cui, nei primi anni ’80, l’area di parcheggio in oggetto fosse stata concessa in uso al Comune come parcheggio pubblico per un decennio. Quando nel 1989 fu concluso il contratto d’affitto d’azienda il decennio non era ancora spirato, sicché – secondo quanto ritenuto dai ricorrenti – l’area destinata a parcheggio non poteva essere ricompresa nella cessione d’azienda. Invero, a giudizio della Suprema Corte, si evince dall’articolo 2558 c.c. – a norma del quale, salvo diversa pattuizione, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale – che una cessione vendita o affitto d’azienda ricomprende anche la successione nei rapporti convenzionali che concernano l’uso pur se temporaneamente precluso dei beni che la costituiscono. Sulla scorta di tale principio, ne discende che, nel caso di specie, scaduto l’accordo col Comune, così come l’area sarebbe ritornata nell’uso esclusivo del cedente l’azienda che ne era anche il proprietario , allo stesso modo tornò a poter essere in via esclusiva usata dal cessionario. Da ciò la Suprema Corte ne trae la conseguenza che, nel 2001, quando il ristorante convenuto iniziò ad operare e ad occupare illegittimamente la ridetta area , il parcheggio sarebbe stato certamente in uso esclusivo del cedente, essendolo, conseguentemente anche del cessionario dell’azienda. Liquidazione equitativa del danno da perdita della clientela. Altresì priva di fondamento si è dimostrata la censura inerente all’avvenuta liquidazione del danno in via equitativa da parte del giudice di merito, il quale – a giudizio dei ricorrenti – avrebbe omesso di procedere alla verifica della sussistenza del danno-conseguenza, ritenendolo in re ipsa nell’illecito accertato. Invero, la Suprema Corte evidenza come la Corte d’appello abbia ritenuto non già che la perdita patrimoniale da lucro cessante fosse insita nell’occupazione abusiva ma, piuttosto, che la mancanza di parcheggio inducesse i clienti dell’attore ad andare altrove. Dunque, l’occupazione abusiva condotta illecita comportava l’impossibilità del parcheggio evento di danno che produceva uno sviamento di clientela integrante un minor guadagno d’impresa conseguenza , nel suo ammontare equitativamente liquidato.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 maggio - 26 giugno 2013, numero 16112 Presidente Berruti – Relatore Amatucci Svolgimento del processo 1.- Nel 2002, la Progast GK, affittuaria dal 1989 dell'esercizio alberghiero e di ristorazione Gasthof Weisskirche di R. G. F., corrente in Vandoies di Sopra, agì giudizialmente nei confronti del Ristorante Tilia s.numero c. di O. C. & amp C. e dello stesso O., dolendosi che l'area di parcheggio dell'albergo sita dall'altro lato della strada della omissis fosse utilizzata anche dal ristorante, che aveva iniziato ad operare nel 2001. Chiese che ai convenuti fosse inibito il parcheggio e domandò di essere risarcita del danno subito. I convenuti resistettero. Con sentenza numero 29/2006 il Tribunale di Bolzano - sezione distaccata di Bressanone, rigettò la domanda sui rilievi che non era stato provato che l'affitto dell'azienda alberghiera includesse l'area di parcheggio e che, inoltre, il parcheggio era risultato aperto al pubblico. Condannò inoltre l'attrice alla rifusione dei due terzi delle spese processuali. 2.- La decisione è stata riformata dalla Corte d'appello di Trento - sezione distaccata di Bolzano, che ha invece accolto la domanda di Progast con sentenza numero 156/2007, pronunciando l'inibitoria e liquidando in Euro 2.500, oltre agli interessi, il danno subito dall'attrice, con compensazione delle spese dei due gradi. 3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i due soccombenti Ristorante Tilia s.numero c. ed O. affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso Progast, che propone anche ricorso incidentale fondato su un unico motivo. Al ricorso incidentale resistono con controricorso i ricorrenti principali. Motivi della decisione 1.- La Corte d'appello ha rilevato che l'area di parcheggio era di proprietà del G. e che era destinata a parcheggio dei clienti dell'albergo ancor prima che l'azienda alberghiera fosse ceduta in affitto a Progast. Ha poi osservato che la disponibilità di un parcheggio è elemento essenziale per un'impresa alberghiera, soprattutto se adiacente ad un'importante strada pubblica. Ne ha tratto il corollario che, benché il parcheggio rectius l'area destinata a parcheggio non fosse espressamente contemplato nel contratto di affitto di azienda, ne faceva tuttavia certamente parte, tanto più che era stato espressamente menzionato quanto ne era escluso alcune stanze riservate al proprietario e che F. era ripetutamente intervenuto a tutela dell'affittuario, sia mediante lettere dirette al sindaco sia con l'apposizione di cartelli indicanti il divieto di parcheggio per chiunque non fosse cliente dell'albergo. Ha poi osservato che nei primi anni '80 l'area era stata bensì concessa in uso al Comune come parcheggio pubblico, ma in epoca ampiamente anteriore alla conclusione del contratto di affitto di azienda 20.6.1989 e solo per un decennio, senza rinnovazione alcuna, sicché il primo giudice aveva erroneamente ritenuto che l'accordo col Comune fosse successivo alla conclusione dell'affitto di azienda. Ne ha dedotto anche che mancava ogni titolo giuridico che giustificasse la qualificazione dell'area come parcheggio pubblico nel piano urbanistico comunale del 1995 ed ha, infine, equitativamente liquidato in Euro 2.500 il danno da perdita di clientela dell'albergo/ristorante per il periodo dal giugno del 2001 all'estate/autunno del 2003, quando parte dell'area era stata espropriata per essere destinata a parcheggio pubblico. 2.- La sentenza è infondatamente censurata dai ricorrenti principali Ristorante Tilia s.numero c. ed O. . 2.1.- Quanto alle doglianze di cui al primo motivo violazione e falsa applicazione degli articolo 1362, 2555 e 2562 c.c. ed ogni possibile tipo di vizio della motivazione , perché l'addotta violazione degli articolo 2555 e 2562 non è in alcun modo illustrata essendo assolutamente apodittica l'affermazione di cui a pag. 18 del ricorso nel senso che sarebbe stata erroneamente interpretata la nozione di azienda quale rinvenibile dalla normativa codicistica , e perché il richiamo al criterio ermeneutico letterale di cui all'articolo 1362, primo comma, c.c. è inappropriato. I ricorrenti presuppongono una sorta di inspiegata riferibilità al contratto del brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit . La lettera del contratto non avalla, in realtà, né la tesi che l'area di parcheggio vi fosse inclusa come sarebbe accaduto se essa fosse stata espressamente menzionata né la tesi opposta come sarebbe avvenuto se il contratto la avesse, appunto, espressamente esclusa . Ma il contratto semplicemente tace, sicché la sua lettera non viene in alcun modo in considerazione. Soccorrono altri, ovvi criteri interpretativi, cui la sentenza non ha omesso di riferirsi e dei quali non è tuttavia denunciata la violazione. La motivazione della sentenza è, poi, di assoluta coerenza e cristallina chiarezza. Semplicemente fa propria una tesi diversa da quella propugnata dagli attuali ricorrenti ma tanto evidentemente non basta a renderla fondatamente censurabile in sede di legittimità, essendo le ragioni dell'operato apprezzamento dei fatti ampiamente e niente affatto contraddittoriamente enunciate. 2.2.- Ogni possibile tipo di vizio della motivazione al contempo indicata come omessa e contraddittoria è ancora prospettato col secondo motivo in relazione alla ritenuta carenza di titolo giuridico in ordine alla qualificabilità dell'area di parcheggio quale parcheggio ad uso pubblico . Il fulcro della censura sta in questo poiché risale ai primi anni '80 la concessione dell'area in uso al Comune per un decennio, quando nel 1989 fu concluso il contratto d'affitto d'azienda il decennio non era ancora spirato, sicché l'area destinata a parcheggio non poteva essere ricompresa nella cessione d'azienda. Va obiettato che una cessione vendita o affitto d'azienda ricomprende anche la successione nei rapporti convenzionali che concernano l'uso pur se temporaneamente precluso dei beni che la costituiscono, com'è dato evincere dall'articolo 2558 c.c Scaduto l'accordo col Comune, così come l'area sarebbe ritornata nell'uso esclusivo del cedente l'azienda che ne era anche il proprietario , allo stesso modo tornò a poter essere in via esclusiva usata dal cessionario. Ne consegue che dalle circostanze poste dai ricorrenti a fondamento della censura non era dato evincere alcunché in ordine all'esclusione dell'area di parcheggio dall'affitto di azienda. Discende quindi dalla legge - in relazione alle pacifiche circostanze di fatto - che nel 2001, quando cioè il ristorante Tilia iniziò ad operare, il parcheggio sarebbe stato certamente in uso esclusivo del cedente. Lo fu, dunque, anche del cessionario dell'azienda. Tanto è ampiamente sufficiente ad escludere il vizio della motivazione, che può concernere solo quaestiones facti e non iuris . 2.3.- Col terzo motivo - denunciando violazione e falsa applicazione degli articolo 2043, 1223 e 2056 c.c. - i ricorrenti si dolgono che il danno sia stato liquidato in via equitativa benché esso sia sempre conseguenza dell'illecito e mai in re ipsa , come invece ritenuto dalla Corte d'appello, che non avrebbe dunque potuto liquidarlo senza che quella conseguenza fosse puntualmente provata. La Corte d'appello ha ritenuto non già che la perdita patrimoniale da lucro cessante fosse insita nell'occupazione abusiva ma, invece, che la mancanza di parcheggio testimonialmente provata induceva i clienti ad andare altrove. Dunque, l'occupazione abusiva condotta illecita comportava l'impossibilità del parcheggio evento di danno che produceva uno sviamento di clientela integrante un minor guadagno d'impresa conseguenza , nel suo ammontare equitativamente liquidato. Questo l'inequivoco e giuridicamente corretto iter argomentativo della sentenza, sviluppato nella sua pagina 11. 3.- Col ricorso incidentale Progast GK si duole - deducendo violazione degli articolo 91 e 92 c.p.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ai ravvisati giusti motivi - della effettuata compensazione delle spese in ragione dell'incertezza in ordine al regime giuridico del parcheggio de quo , in relazione alla disciplina urbanistica del Comune di Vandoies, in parte qua all'epoca oscura. 3.1.- La censura è infondata, essendo stato l'esercizio del potere discrezionale di compensazione sufficientemente giustificato. 4.- I ricorsi riuniti vanno conclusivamente respinti. Le spese seguono la prevalente soccombenza dei ricorrenti principali, considerato il carattere secondario della censura mossa alla sentenza dalla ricorrente incidentale. P.Q.M. decidendo sui ricorsi riuniti, li rigetta condanna solidalmente i ricorrenti principali alle spese, che liquida in Euro 6.300,00, di cui 6.100,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.