Confisca: le promesse sono “parole, parole… soltanto parole”

Nel caso in cui il prezzo della corruzione è stato soltanto promesso ma non materialmente percepito dal pubblico ufficiale p.u. o dall’incaricato di pubblico servizio, non è possibile disporre la confisca né diretta né per equivalente sui beni nella disponibilità di tali soggetti.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 14017 del 25 marzo 2014. Il fatto. Il Tribunale di Frosinone confermava la misura del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di un appartamento, un’auto e un computer nei confronti di un p.u. accusato di concorso in corruzione continuata per l’esercizio della funzione e aggravata per atto contrario ai doveri d’ufficio. Questo perché l’imputato aveva accettato, in qualità di p.u., la promessa di un compenso corruttivo proveniente da un imprenditore infatti, ai sensi dell’articolo 322-ter, comma 1, c.p. per prezzo del reato doveva intendersi anche il compenso dato ovvero soltanto promesso. L’uomo propone ricorso per cassazione, contestando proprio tale ultima affermazione. Non c’è stato percepimento effettivo di denaro. La Suprema Corte accoglie il ricorso, notando che la corruzione non si era sostanziata in un percepimento effettivo di denaro o di altra utilità a differenza di quanto sostenuto dai giudici di merito, non si può identificare il concetto di prezzo del reato nel valore del compenso promesso al p.u. Da non dimenticare, che l’articolo 322-ter c.p. è stato introdotto dalla l. numero 300/2000 per combattere i reati contro la P.A. la confisca è, quindi, una misura deterrente volta a colpire gli arricchimenti favoriti dalla commissione di reati quando è difficile individuare con precisione nel patrimonio dell’interessato i beni frutto o prezzo del delitto. Profitto e prezzo devono essere individuabili attraverso due passaggi. Sia il profitto che il prezzo devono essere materialmente individuabili ovvero devono essere stati effettivamente conseguiti dal reato consumato in un primo momento occorre procedere all’individuazione materiale delle utilità ottenute grazie alla consumazione del reato. Nel caso in cui sia impossibile ciò, si può procedere alla sottrazione di beni di valore equivalente per evitare l’indebito arricchimento. Solo promessa? Confisca eccessivamente afflittiva. In presenza di una sola promessa, che non si è tradotta in un effettivo incasso del prezzo del reato o nell’individuazione di quest’ultimo nel patrimonio del corrotto, la confisca per equivalente non può essere disposta, traducendosi in una misura eccessivamente afflittiva. Sarebbe, in tal modo disatteso l’obiettivo per cui è stata concepita rimediare alle conseguenze di un arricchimento illegale. L’ordinanza impugnata va, quindi, annullata, con rinvio per nuovo esame, conformemente al principio secondo cui nel caso in cui il prezzo della corruzione è stato soltanto promesso ma non materialmente percepito dal pubblico ufficiale p.u. o dall’incaricato di pubblico servizio, non è possibile disporre la confisca né diretta né per equivalente sui beni nella disponibilità di tali soggetti.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio – 25 marzo 2014, numero 14017 Presidente Garribba – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Frosinone, in funzione di giudice di appello di cui all'articolo 322 bis comma 1 bis cod. proc. penumero , respingeva l'impugnazione proposta da D.F.R. avverso il rigetto dell'istanza di revoca del sequestro preventivo pronunziato dal GIP del medesimo Tribunale il 22/03/2013 e relativo a beni un personal computer, un appartamento ed un'autovettura contemplati nell'originario provvedimento cautelare del 9/12/2011. Le ipotesi di reato alla base della disposta misura cautelare del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di cui all'articolo 322 ter cod. penumero sono quelle di concorso in corruzione continuata per l'esercizio della funzione ed aggravata per atto contrario ai doveri d'ufficio articolo 81 cpv., 110, 117, 318, 319, 319 bis, 321 cod. penumero provvisoriamente contestate al D. capi C e F anche con ordinanza applicativa di misura cautelare personale. Rilevava preliminarmente il Tribunale che nella fattispecie concreta appariva incontestabile la sussistenza del fumus dei reati contestati e che la condotta in concreto ascritta all'appellante era stata quella di avere accettato, in qualità di pubblico ufficiale, la promessa di un compenso corruttivo proveniente da un imprenditore, talché essendo ai sensi dell'articolo 322 ter, comma 1 cod. penumero oggetto di confisca a carico del corrotto i beni costituenti il prezzo del reato, ne conseguiva che per prezzo doveva intendersi il compenso dato ovvero anche soltanto promesso, dovendo quindi essere disattese le doglianze difensive inerenti una pretesa sproporzione esistente tra il valore complessivo dei beni sottoposti a vincolo d'indisponibilità e valore monetario delle utilità in concreto conseguite dal D. . 2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso l'appellante per violazione di legge e carenza di motivazione in relazione agli articolo 125, 321 e 325 cod. proc. penumero ed all'articolo 322 ter cod. penumero , deducendo a che già nel provvedimento genetico di applicazione della misura cautelare reale il giudice aveva effettuato un giudizio di proporzione tra beni e valori assoggettati a sequestro e prezzo della corruzione, che si assumeva già versato, del valore di Euro 100.000,00 b che ingiustificatamente non si era, dunque, tenuto conto degli ulteriori sviluppi investigativi inerenti la restituzione, da parte di uno dei coindagati, dell'assegno recante detto importo all'Ufficio del PM c che la confisca per equivalente di cui all'articolo 322 ter, comma 1 cod. penumero può essere disposta in relazione al reato di cui all'articolo 319 cod. penumero unicamente nei limiti del valore corrispondente al prezzo illecitamente e concretamente conseguito dal colpevole d che pertanto illegittimamente il Tribunale aveva ritenuto di identificare il concetto di prezzo del reato nel valore del compenso promesso al pubblico ufficiale. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato. A dispetto della sua formale articolazione in distinti motivi, il ricorrente si duole essenzialmente della statuizione del Tribunale di Frosinone in base alla quale - secondo una linea argomentativa in realtà non condivisa neppure nell'ordinanza cautelare reale genetica - per prezzo del contestato reato di corruzione deve intendersi il valore del compenso anche solo promesso al pubblico ufficiale. Rinviando, infatti, al contenuto dell'ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma pronunziatosi sulla corrispondente misura cautelare personale applicata al D. , i giudici hanno osservato che nell'ambito dell'articolata condotta in contestazione, era contemplata anche l'accettazione della promessa della somma di 200.000,00 Euro intesa quale compenso per favorire una società la Security Trust nell'aggiudicazione della gara per la realizzazione e la gestione delle zone a traffico limitato ZTL nella città di Frosinone. Richiamando, inoltre, da un lato gli approdi interpretativi raggiunti dalla giurisprudenza di questa Corte sul concetto di prezzo del reato di cui all'articolo 240, comma 2 numero 1 cod. penumero , inteso come compenso dato o promesso ad una determinata persona come corrispettivo dell'esecuzione dell'illecito Cass. Sez. U numero 1811 del 24/02/1993, Bissoli Sez. U numero 9149 del 17/10/ 1996, Chabin Samir ovvero come fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato Cass. Sez. U numero 9149/96 cit. e Sez. U numero 38691/09 e dall'altro sullo stretto collegamento tra l'ipotesi dell'articolo 322 ter, comma 2 cod. penumero concernente il corruttore e quella del comma 1 della stessa previsione concernenti tra gli altri il corrotto , il Tribunale ciociaro sostiene la tesi che si può procedere al sequestro a fini di confisca del ritenuto prezzo o profitto del reato, anche ove questo non sia affatto o sia transitato in minima parte nel patrimonio di uno dei concorrenti nel reato corrotto o corruttore e sia stato, invece, materialmente appreso da altri, residuando in tal caso solo un problema di misura della quota di prezzo attribuibile al singolo concorrente. Ritiene questo Collegio di non poter condividere simile ricostruzione dell'istituto della confisca per equivalente e del sequestro preventivo propedeutico alla sua adozione a motivo delle ragioni che hanno determinato la sua introduzione nell'ordinamento e della funzione propria che essa è deputata a svolgere. È noto, infatti, che l'articolo 322 ter cod. penumero è stato introdotto nel sistema, in adeguamento a regole fissate da convenzioni e trattati internazionali attuati con la legge numero 300 del 2000 al fine di contrastare specificamente il fenomeno della corruzione, dotando l'ordinamento di strumenti atti ad aggredire il patrimonio dell'autore di reati contro la pubblica amministrazione e riconoscendo la possibilità della confisca di beni nella disponibilità del reo di valore pari al profitto o al prezzo di tali illeciti, laddove l'ablazione diretta di tali profitto o prezzo non sia stata possibile. Esso rappresenta, dunque, un deterrente che si aggiunge alle previsioni codicistiche che contemplano i singoli reati, volto a scongiurare gli arricchimenti derivanti dalla consumazione degli illeciti ove favoriti dalla difficoltà di individuare con precisione nel patrimonio del reo i beni che ne costituiscono il prezzo quanto dato o promesso per indurre, istigare o determinare il pubblico agente a commettere il reato ovvero il profitto i beni che ne rappresentano la conseguenza economica diretta ed immediata , consentendo la confisca anche di quelle utilità che l'agente abbia acquisito come conseguenza indiretta e mediata dell'iniziativa criminosa, ad esempio laddove tale utilità rappresenti la trasformazione od il frutto dell'investimento dei beni acquisiti per effetto diretto del reato forma di prelievo pubblico a compensazione di illeciti prelievi definisce detta confisca Cass. sez. U numero 41936 del 25.10.05 . Con riferimento al reato di corruzione, tipico reato bilaterale a concorso necessario, l'articolo 322 ter cod. penumero opera una distinzione a seconda che si faccia riferimento alla posizione passiva del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio corrotto oppure a quella attiva del soggetto corruttore, dato che il comma 1 è applicabile tra gli altri ai reati di cui agli articolo 318, 319, 320 e 322 bis, comma 1, cod. penumero , mentre il comma 2 è riferibile esclusivamente alla corruzione attiva, sanzionata dall'articolo 321 cod. penumero Nel comma 1 il riferimento è al profitto o al prezzo immediati del reato nonché a beni di valore ad essi corrispondente dopo la novella di cui alla legge numero 190 del 2012 in caso di impossibile individuazione nel comma 2 il riferimento è evidentemente al profitto del corruttore o a beni di valore corrispondente, in caso di impossibile individuazione di esso nel patrimonio del reo. Nell'uno come nell'altro caso, tuttavia, non par dubbio che sia profitto che prezzo debbano essere materialmente individuabili si pensi al prezzo della corruzione rinvenuto nelle mani del corruttore che venga sorpreso nell'imminenza dell'incontro con il pubblico agente ovvero siano stati effettivamente conseguiti dal reato consumato. La logica della previsione dell'articolo 322 ter cod. penumero è, infatti, per così dire bifasica in un primo tempo occorre procedere all'individuazione materiale delle utilità conseguite grazie alla consumazione del reato in un secondo tempo ed una volta preso atto dell'impossibilità di procedere a detta individuazione si pensi ai casi di consumazione, cessione ed occultamento dei beni si può procedere all'apprensione di quelli di valore equivalente al fine di raggiungere comunque l'intento perseguito dal legislatore di privare il reo dell'indebito arricchimento derivante dal reato. Quando, invece e come nella fattispecie, il prezzo della corruzione è stato soltanto promesso ma non materialmente percepito dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, né sia materialmente individuabile nel loro patrimonio, non è possibile disporre la confisca per equivalente di altri beni nella disponibilità di tali soggetti, atteso che diversamente essa esplicherebbe un effetto afflittivo non voluto dal legislatore, che l'ha immaginata come sanzione ripristinatoria dell'indebito arricchimento e non anche ablatoria delle utilità solo potenzialmente ricavabili dall'illecito in senso sostanzialmente conforme Cass. sez. 6 numero 4179 del 27/11/ 2012, Mazzoni, Rv. 254242 . Per completare la ricostruzione del sistema interno dell'articolo 322 ter cod. penumero si deve, infine, necessariamente accennare alla previsione della parte finale del comma 2, che stabilisce come la confisca per equivalente venga disposta su beni di valore corrispondente al profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio. Orbene, posto che la previsione concerne comunque le utilità conseguite dal corruttore e non dal corrotto comma 1 , essa sta solo a significare che la legge presume che il profitto da confiscare, o in via diretta o per valore equivalente, non possa essere inferiore al prezzo dato o promesso al corrotto, in conformità all'elementare logica economica che sta alla base di ogni condotta corruttiva attiva secondo cui deve esservi comunque un margine di guadagno tra le indebite utilità promesse o fornite e quelle sperate o conseguite e giammai una perdita. È consapevole, peraltro, questo Collegio del diverso approdo interpretativo raggiunto da altra pronunzia di questa stessa sezione secondo cui, nel delitto di corruzione, sarebbe assoggettabile a confisca obbligatoria ex articolo 322 ter, comma 1, cod. penumero , quale prezzo del reato, l'utilità materialmente corrisposta al corrotto o, alternativamente, quella promessa, se la dazione non ha luogo, talché quanto effettivamente consegnato determinerebbe solamente il limite di valore confiscabile in questo senso Cass. sez. 6 numero 30966 del 14/06/2007, Puliga, Rv. 236983 e sostanzialmente conforme Cass. sez. 6 numero 31691 del 05/06/2007, Becagli, Rv. 237623 . La critica di tale argomento discende dalla superiore premessa così opinando, infatti, in caso di confisca per equivalente si arriverebbe irragionevolmente a sanzionare in maniera più severa la condotta del pubblico agente che abbia solo accettato la promessa di denaro o di altra utilità, rispetto a quella di chi abbia materialmente percepito solo una parte del prezzo promesso. Può, del resto, richiamarsi anche un precedente giurisprudenziale emerso nella giurisprudenza di questa Corte e di questa sezione del tutto in linea con le statuizioni oggi assunte Cass. sez. 6 numero 4297 del 10/01/2013, PM e Orsi, Rv. 254484, con cui è stato annullato il decreto di sequestro preventivo disposto nell'ambito di un procedimento per corruzione connessa all'aggiudicazione di pubblici appalti, alla quale non era però seguito l'effettivo affidamento o svolgimento di lavori da parte del corruttore . 4. L'erroneità argomentativa del provvedimento impugnato ne impone l'annullamento con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Frosinone, il quale dovrà calibrare il vincolo cautelare sulle utilità, già individuate, effettivamente percepite dal ricorrente, nel rispetto del principio di diritto secondo cui nel caso in cui il prezzo della corruzione è stato soltanto promesso ma non materialmente percepito dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, non è possibile disporre la confisca né diretta né per equivalente sui beni nella disponibilità di tali soggetti. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Frosinone.