Ordini di allontanamento sempre ignorati, ipotizzabile il pericolo di fuga

In caso di espulsione di un cittadino straniero, le pregresse e reiterate violazioni di ordini di allontanamento non possono essere considerate ai fini dell’accertamento del pericolo di fuga.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 4637, depositata il 6 marzo 2015. Il caso. Il gdp di Firenze accoglieva il ricorso di un uomo di nazionalità marocchina contro il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti all’uomo non era stato concesso un termine per la partenza volontaria. In particolare, non ricorreva il pericolo di fuga, in quanto l’espressione «tentare la fuga», utilizzata nell’articolo 3 della direttiva 2008/115/CE sui rimpatri, non può essere estesa fino a ricomprendere la mera condotta pregressa di sottrazione all’esecuzione di un precedente ordine di allontanamento, né il pericolo di una sottrazione all’esecuzione di un futuro ordine di allontanamento. Il Ministero dell’Interno ricorreva in Cassazione, deducendo che il termine per il rimpatrio volontario non potesse essere concesso, in quanto l’intimato era già stato numerose volte attinto da provvedimenti di espulsione ed intimazioni di rimpatrio, mai osservate. La Corte di Cassazione ritiene illogica la tesi secondo cui le pregresse e reiterate violazioni di ordini di allontanamento non possano avere rilevanza ai fini dell’accertamento del pericolo di fuga. Definizione di rischio di fuga. Infatti, l’articolo 3, numero 7, della direttiva 2008/115/CE definisce espressamente il concetto di «rischio di fuga», da intendersi come «la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un Paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga». Inoltre, neanche la previsione, nella direttiva, di cautele volte a garantire l’esecuzione del rimpatrio anche in caso di concessione del termine per la partenza volontaria è un argomento che possa essere utilizzato per il caso diverso in cui, sussistendo un rischio di fuga, il termine non sia stato concesso. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione al gdp di Firenze.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 2 dicembre 2014 – 6 marzo 2015, numero 4637 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso 1. - II Giudice di pace di Firenze ha accolto il ricorso proposto dal sig. R.E.A., di nazionalità marocchina, avverso il decreto di espulsione ai sensi dell'articolo 13 d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286, emesso nei suoi confronti dal Prefetto della stessa città il 1 ° novembre 2013, sul rilievo che non era stato concesso all'interessato un termine per la partenza volontaria nonostante non ricorresse alcuno dei presupposti in presenza dei quali ciò è consentito dalla direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 sui rimpatri. Il giudice ha osservato che, in particolare, non ricorreva il pericolo di fuga giacché l'espressione tentare la fuga , che compare nell'articolo 3 della direttiva, non può essere estesa «sino a ricomprendere la mera condotta pregressa ancorché, nella specie, reiterata dì sottrazione all'esecuzione di un pregresso ordine di allontanamento, né tanto meno il pericolo di una sottrazione all'esecuzione di un futuro ordine di allontanamento, come si evince anche dall'articolo 7, III comma, della Direttiva, ai sensi del quale, per la durata del periodo per la partenza volontaria, possono essere imposti obblighi diretti ad evitare il rischio di fuga, come obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti e l'obbligo di dimorare in un determinato luogo», mentre «non rileva, in contrario, quanto disposto dal comma 4 bis dell'articolo 13 Digs. 286/98, introdotto dell'articolo 3, I co., lett. c , del D.L. 89/11 convertito nella L. 129/11, in quanto contrastante con il disposto del summenzionato articolo 3 della Direttiva numero 2008/115/CE del 16.2.2008, e perciò comunque da disapplicare». L'amministrazione ha proposto ricorso per cassazione con un solo motivo. L'intimato non si è difeso. Con relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. il Consigliere relatore ha proposto l'accoglimento del ricorso. La relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al P.M., i quali non hanno presentato memorie o conclusioni scritte. Considerato 2. - Con L'unico motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 13 d.lgs. numero 286, cit., in relazione alla richiamata direttiva europea, oltre a svolgere alcune considerazioni invero del tutto estranee alla ratto della decisione impugnata, si osserva comunque che il termine per il rimpatrio volontario non poteva essere concesso in quanto l'intimato era già stato numerose volte attinto da provvedimenti di espulsione e intimazioni di rimpatrio, mai osservate, ed era privo di documenti di identità. 2.1. - Premesso che il riferimento alla mancanza di documenti di identità dell'espulso è inammissibile, trattandosi di circostanza di fatto non accertata dal giudice a quo, la censura è fondata sotto il primo profilo. Non può infatti accogliersi la tesi, manifestamente illogica, del Giudice di pace secondo cui le pregresse, reiterate violazioni di ordini di allontanamento non abbiano alcuna rilevanza ai fini dell'accertamento del pericolo di fuga come configurato dalla normativa sia interna che europea. Né può accogliersi la tesi del medesimo giudice che la previsione di cui al comma 4 bis dell'articolo 13 d.lgs. numero 286 del 1998 sia da disapplicare in quanto contraria all'articolo 3 della direttiva 2008/115/CE, il quale invece contiene, al numero 7, l'espressa previsione che per rischio di fuga si debba intendere & lt da sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga». Né, infine, la previsione, nella direttiva e nella legislazione interna di recepimento della stessa , di cautele volte a garantire l'esecuzione del rimpatrio anche in caso di concessione del termine per la partenza volontaria, è argomento che possa essere speso con riguardo alla diversa ipotesi in cui, sussistendo appunto rischio di fuga, il termine non sia stato concesso. 3. -- Il ricorso va pertanto accolto e il provvedimento impugnato va cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà ai principi di diritto enunciati al capoverso che precede e provvederà anche sulle spese del giurii,7io di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Firenze in persona di altro magistrato.