Inizio di un’attività autonoma: disoccupato aiutato, ma non due volte

Il lavoratore in mobilità, intenzionato ad intraprendere un’attività autonoma, non può ricevere sia l’indennità di mobilità, pagata in anticipo, sia l’incentivo a fondo perduto in favore dei lavoratori socialmente utili, previsto dal d.lgs. numero 468/1997.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 4898, depositata il 3 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Genova confermava la sentenza di primo grado, che respingeva l’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso in favore dell’attore per il pagamento del contributo a fondo perduto in favore dei lavoratori socialmente utili, previsto dall’articolo 12, comma 5, d.lgs. numero 468/1997. I giudici ritenevano che, per percepire tale contributo, non era necessaria, all’epoca dei fatti, l’iscrizione alle liste di mobilità, essendo sufficiente la dimostrazione di essere stati impegnati, entro la fine del 1997, per almeno 12 mesi, in progetti di lavori socialmente utili, di avervi rinunciato e di aver avviato forme di autoimpiego o di microimprenditorialità. A tal fine, la domanda di contributo doveva essere presentata proprio con la dimostrazione dell’avvio dell’attività. Contro la sentenza ricorreva l’INPS, deducendo l’incompatibilità di questo beneficio con quello di cui all’articolo 7, comma 5, l. numero 223/1991, il quale prevede dei casi di corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità, in relazione al medesimo evento di inizio di un lavoro autonomo da parte del beneficiario. La corresponsione anticipata. Analizzando la domanda, la Corte ricordava che, ricevendo la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità, ex l. numero 223/1991, in caso di inizio di un lavoro autonomo, il lavoratore fuoriesce dall’area protetta dal beneficio previdenziale. Infatti, l’avvalersi della facoltà di percepire in un’unica soluzione l’indennità di mobilità comporta la cancellazione del lavoratore stesso dalle liste di mobilità. Questo beneficio consiste nell’anticipo facoltativo di tutte le mensilità, al fine di agevolare la creazione di opportunità di lavoro idonee a rimuovere la situazione di mancata occupazione del lavoratore. Questa è una mera facoltà, per cui, se il lavoratore non esercita questo diritto, riceve l’indennità secondo il criterio ordinato della periodicità mensile. È, quindi, solo la modalità temporale di erogazione ad essere modificata, non l’insorgenza del diritto. È solo una facoltà. Questa regola presuppone, perciò, la regola generale del perdurante diritto all’indennità di mobilità, pur in costanza dello svolgimento di lavoro autonomo. Di conseguenza, il lavoratore in mobilità che intraprende un’attività autonoma può, anche, rinunciare all’anticipazione e percepire l’indennità mensilmente. Al contrario, se il lavoratore già svolge, in costanza di lavoro subordinato, anche un lavoro autonomo e continui a svolgerlo dopo il collocamento in mobilità, non è possibile richiedere la corresponsione anticipata, ma solo ricevere l’indennità con l’ordinaria periodicità mensile. Incompatibilità. Da questi principi, la Cassazione deduceva che «il beneficio di cui al d.lgs. numero 468/1997, che a sua volta presuppone l’esistenza di un progetto di lavoro autonomo, implica pure la costanza del trattamento di mobilità che, invece, è escluso dalla corresponsione anticipata dall’indennità di mobilità. La non cumulabilità dei due benefici si spiega, infatti, con le motivazioni alla base delle due previsioni, entrambe finalizzate a favorire l’inizio di attività di lavoratori in mobilità o già inseriti in progetti per lavoratori socialmente utili. Perciò, il lavoratore, che si avvale della corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità ai sensi della l. numero 223/1991 e viene, quindi, cancellato dalle liste di mobilità, non ha diritto all’incentivo previsto dal d.lgs. numero 468/1997. Per questi motivi, la Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 30 gennaio – 3 marzo 2014, numero 4898 Presidente Curzio – Relatore Garri Fatto e diritto La Corte d'appello di Genova ha respinto il gravame proposto dall'Inps avverso la sentenza del Tribunale di Massa che aveva a sua volta respinto l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di B.F. per il pagamento del contributo a fondo perduto previsto dall'articolo 12 comma 5 lett. b d.lg. numero 468/1997 in favore dei lavoratori socialmente utili. Il giudice di appello ha evidenziato che per percepire il contributo a fondo perduto in questione non era necessario, all'epoca dei fatti, l'iscrizione nelle liste di mobilità essendo sufficiente, al contrario, la dimostrazione di essere stati impegnati entro il 31.12.1997 per almeno 12 mesi in progetti di lavori socialmente utili, di avervi rinunciato e di aver avviato forme di auto impiego o di microimprenditorialità ovvero, ancora, di aver partecipato come socio a cooperative di lavoro precisando che la domanda di contributo doveva essere presentata proprio con la dimostrazione dell'avvio dell'attività. Per la cassazione della sentenza ricorre l'Inps sulla base di un unico articolato motivo con il quale lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. numero 468 del 1997, articolo 12, comma 5, lett. b e del D.M. Lavoro 21 maggio 1998, articolo 3, commi 4 e 5, con riferimento alla L. 23 luglio 1991, numero 223, articolo 7, comma 5, e articolo 9, comma 6 lett. b in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3. In particolare il ricorrente deduce l'incompatibilità, o comunque la non cumulabilità del beneficio previsto dal D.Lgs. numero 468 del 1997, articolo 12, comma 5, lett. b con quello di cui della L. 223 del 1991, articolo 7, comma 5 in relazione al medesimo evento dell'intrapresa di un lavoro autonomo da parte del beneficiario. I contro ricorrenti si sono costituiti per resistere al ricorso. L'Inps ha depositato anche memoria. Tanto premesso si osserva che questa Corte già con la sentenza numero 21820 del 2011 ha affermato che agli effetti del beneficio della corresponsione anticipata dell'indennità di mobilità nelle misure indicate dal primo e secondo comma della L. numero 223 del 1991, articolo 7, vanno detratte il numero di mensilità già godute. Inoltre si è precisato che in tal modo il lavoratore fuoriesce dall'area protetta dal beneficio previdenziale perché l'avvalersi della facoltà di percepire in un'unica soluzione l'indennità di mobilità comporta la cancellazione del lavoratore stesso dalle liste di mobilità articolo 9, comma 9, lett. b della Legge citata . Il beneficio, secondo la formulazione testuale della disposizione, consiste nell'anticipo facoltativo di tutte le mensilità dell'indennità di mobilità al fine di agevolare, ed incentivare, la creazione di opportunità di lavoro idonee a rimuovere la situazione di mancata occupazione del lavoratore in mobilità. La corresponsione anticipata prevista come mera facoltà implica che, ove il lavoratore tale facoltà non eserciti non avanzando la relativa richiesta, la corresponsione non sia più anticipata ed operi invece il criterio ordinario della periodicità mensile per i mesi previsti dal primo e dal comma 2, articolo 7. E la modalità temporale di erogazione della prestazione previdenziale ad essere modificata dalla richiesta del lavoratore e non già l'insorgenza del diritto. Anche la norma regolamentare, cui l'articolo 7 cit., comma 5 rinvia per la determinazione delle modalità e delle condizioni di tale corresponsione anticipata della prestazione, prevede che l'INPS dispone il pagamento in favore dell'interessato della somma dovuta sulla base dell'importo mensile dell'indennità spettante D.M. 17 febbraio 1993, numero 142, articolo 2, comma 3 non è quindi la spettanza dell'indennità ad essere in gioco, ma lo è solo la modalità temporale della sua erogazione. Questa regola particolare, posta dall'articolo 7, comma 5 presuppone quindi la regola generale del perdurante diritto all'indennità di mobilità pur in costanza della svolgimento di lavoro autonomo sicché il lavoratore in mobilità che intraprende un'attività di lavoro autonomo può rinunciare al beneficio dell'anticipazione e percepire l'indennità mensilmente, come di norma. A contrario deve affermarsi che, nell'ipotesi in cui il lavoratore in mobilità già svolgesse, in costanza di lavoro subordinato, anche lavoro autonomo e continui a svolgerlo dopo il collocamento in mobilità, non scatta il beneficio della facoltà di richiedere la corresponsione anticipata il lavoratore ha diritto all'indennità di mobilità erogata con l'ordinaria periodicità mensile e non può chiedere l'erogazione anticipata di tutte le mensilità spettante gli cfr già Cass. 1 aprile 2004 numero 6463 . Da tale principio si deduce che il beneficio di cui al D.Lgs. numero 468 del 1997, articolo 12, comma 5, lett. b , che a sua volta presuppone l'esistenza di un progetto di lavoro autonomo, implica pure la costanza del trattamento di mobilità che invece è escluso, per quanto sopra detto, dalla corresponsione anticipata dell'indennità di mobilità. D'altra parte la non cumulabilità dei due benefici è coerente con la ratio delle due previsioni entrambe finalizzate a favorire l'intrapresa di attività autonome da parte di lavoratori in mobilità o già inseriti in progetti per lavoratori socialmente utili. Sulla base delle esposte considerazioni è stato, pertanto, affermato il principio di diritto in base al quale il lavoratore che si avvale della corresponsione anticipata dell'indennità di mobilità ai sensi della L. numero 223 del 1991, articolo 7, comma 5, e viene conseguentemente cancellato dalle liste di mobilità ai sensi dell'articolo 9, comma 9, lett. b della citata Legge, non ha diritto all'incentivo una tantum di cui al D.Lgs. numero 468 del 1997, articolo 12, comma 5, lett. b . cfr. Cass. 4.10.2012 numero 16930 . In conclusione, poiché si intende dare continuità a questo orientamento il ricorso dell'Inps va accolto. La sentenza cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito e le domande proposte con i ricorsi per decreto ingiuntivo dagli odierni controricorrenti devono essere rigettate. Le spese dell'intero processo vanno compensate tra le parti poiché i ricorsi sono stati proposti prima della pronuncia resa in sede di legittimità. P.Q.M. LA CORTE accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta le domande proposte dagli odierni contro ricorrenti. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.