Il contratto si risolve se il fornitore non accetta di proseguire il rapporto ad un prezzo inferiore

In tema di contratti di somministrazione, una delle parti non può pretendere l’esecuzione del contratto alle condizioni da essa preventivamente stabilite e deteriori per la controparte, né tantomeno può lamentare il rifiuto giustificato di quest’ultima a fronte del di lei inadempimento. Infatti, quando uno dei contraenti impone unilateralmente delle modifiche contrattuali per sé più favorevoli, ma con ogni evidenza, peggiorative per la controparte, quest’ultima può legittimamente sospendere l’esecuzione del contratto di somministrazione che, pertanto, potrà ritenersi validamente risolto.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4557, depositata il 26 febbraio 2014. La predetta sentenza nel trattare il tema dell’eccezione di inadempimento consente la possibilità di risolvere il contratto nei casi in cui il rifiuto di adempiere della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione sia giustificato dalla circostanza che l’altra parte pretende l’esecuzione del contratto alle condizioni da essa unilateralmente stabilite e peggiorative per l’inadempiente. Il fatto. La controversia trae origine dalla domanda proposta da una società la quale chiedeva che venisse accertato l’inadempimento del contratto di somministrazione da parte di un suo fornitore con la condanna di quest’ultimo a riprendere le forniture in esecuzione del contratto. Il Tribunale rigettava la domanda attrice. L’attore, pertanto, proponeva giudizio di appello che si concludeva con la conferma della decisione resa in primo grado. Veniva, infine, proposto ricorso per Cassazione. Sospensione della fornitura. In particolare, parte ricorrente basava le proprie difese sulla scorta di 2 motivi. Con il primo denunciava insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ovvero la sospensione della fornitura da parte del convenuto quale inadempimento contrattuale. In particolare, essa rilevava che la Corte territoriale aveva respinto le sue impugnazioni sulla base di due considerazioni tra loro confliggenti e cioè, da un lato il riconoscimento dell’esistenza di un valido contratto inter partes per un dato intervallo di tempo e con possibilità di revisione del prezzo del bene somministrato di anno in anno dall’altro l’affermazione che la sospensione della fornitura non integrasse una fattispecie di inadempimento. La contraddizione, secondo la società deducente, risiederebbe nell’affermazione resa dal giudice di prime cure secondo la quale l’interruzione della fornitura non configura un inadempimento, atteso l’esplicito riconoscimento dell’esistenza di un valido vincolo obbligatorio tra le parti. Nella specie, in realtà, il fornitore, comunicava alla società ricorrente l’impossibilità della prosecuzione della fornitura ad un prezzo inferiore rispetto alle forniture precedenti, prezzo, tra l’altro, che era stato determinato discrezionalmente dal quest’ultima. Con il secondo motivo la ricorrente deduceva, altresì, falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. laddove secondo il parere della stessa, non si comprendeva perché i giudici di merito avessero valutato il suo comportamento come gravemente inadempiente – a tal punto da giustificare il successivo inadempimento del fornitore - sul mero presupposto del venir meno di un accordo sul prezzo del bene oggetto del contratto di fornitura. Gli Ermellini, esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, i due motivi di ricorso, li hanno ritenuti ambedue infondati. Ciò, in quanto, il contratto in questione prevedeva che, ferme restando tutte le altre pattuizioni, solo quella sul prezzo avrebbe potuto essere rideterminata annualmente dalle parti di comune accordo, entro una certa data e con efficacia a partire dall’anno successivo. Pertanto, in difetto di un siffatto accordo, non poteva che trovare applicazione il prezzo inizialmente convenuto, senza possibilità per nessuno dei contraenti di stabilire diverse condizioni economiche, come invece preteso dalla società ricorrente. Nella specie, infatti, i prezzi offerti con missiva da quest’ultima, essendo inferiori a quelli pattuiti nell’ultimo contratto, non erano stati accettati dal fornitore, né tantomeno, la ricorrente aveva fornito prova in sede processuale di aver mai invitato quest’ultimo ad eseguire la fornitura alle condizioni economiche originariamente pattuite o a quelle diverse, in ipotesi successivamente stabilite di comune accordo. Concludendo. Il legislatore, come deterrente all’utilizzo improprio del rimedio ex art. 1460 c.c. pone il limite di proporzionalità tra le condotte delle parti sulla scorta del quale il giudicante è tenuto ad operare una valutazione comparativa dei due comportamenti, tenendo conto oltreché di un criterio di ordine temporale, altresì, di un criterio di ordine logico, inteso a stabilire se vi sia una relazione causale ed una adeguatezza tra inadempimento dell’uno e precedente inadempimento dell’altro. Alla luce di tale principio, ben si comprende allora perché al fornitore che si rifiuta di proseguire il rapporto obbligatorio non può di certo essere validamente opposta l’eccezione di inadempimento, atteso che, lo si ripete, il contraente che pretendeva l’adempimento non poteva imporre unilateralmente il prezzo del nuovo accordo e con ciò esigerne l’accettazione, essendo necessario per la prosecuzione del rapporto obbligatorio un accordo delle parti su un diverso prezzo e trovando applicazione semmai, in difetto di tale accordo, l’applicazione del prezzo iniziale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 gennaio – 26 febbraio 2014, n. 4557 Presidente Russo – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. La società Negri s.r.l. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Varese il legale rappresentante pro tempore della Latteria Sociale Valtellina soc. Coop a r.l., chiedendo a che venisse accertato l'inadempimento da parte della convenuta del contratto di somministrazione di siero di latte stipulato in data 8.11.2001 e che quest'ultima venisse condannata a riprendere le forniture in esecuzione del contratto b che la Latteria fosse condannata al risarcimento dei danni. L'attrice esponeva a di aver stipulato in data 8.11.2001 un contratto di somministrazione con vincolo di esclusiva avente ad oggetto l'intera produzione di siero di latte della suddetta Latteria, dall'1 gennaio 2002 al 31 novembre 2005 b che sospesa consensualmente la fornitura dal marzo 2004, la Latteria non l'aveva ripresa nonostante i ripetuti solleciti, procedendo invece alla vendita del siero a terzi, in violazione dell'esclusiva e procurando ad essa attrice gravi danni. 2. A.R. , rappresentante pro tempore della Latteria, si costituì in proprio, assumendo di essere stato citato in giudizio personalmente ed eccepì la propria carenza di legittimazione passiva nonché l'incompetenza per territorio del Tribunale di Varese, in favore di quello di Sondrio. Nel merito chiese il rigetto della domanda. 3. La Latteria Sociale Valtellina rimase contumace. 4. La N. aderì all'eccezione preliminare di incompetenza e riassunse quindi la causa dinanzi al Tribunale di Sondrio, riproponendo le domande di merito in precedenza formulate e chiedendo, in via preliminare, che venisse dichiarato il difetto di legittimazione passiva di A.R. con conseguente estromissione dello stesso dal giudizio. 5. A.R. chiese che venisse accertato il proprio difetto di legittimazione passiva e, nel merito, il rigetto delle domande attrici. 6. La Latteria Sociale Valtellina chiese a che fosse accertata e dichiarata la risoluzione di ogni rapporto contrattuale tra essa e l'attrice, ovvero l'insussistenza di un vincolo contrattuale in ordine alla fornitura dedotta b che fosse accertata e dichiarata l'insussistenza di un obbligo in capo ad essa di cedere alla N. l’intera produzione di siero di latte c che in ogni caso fossero respinte le domande attrici. 7. Il Tribunale dichiarò la carenza di legittimazione passiva dell'A. e respinse la domanda della Negri s.r.l Avverso tale sentenza propose appello quest'ultima chiedendo a che venisse accertato e dichiarato l'inadempimento contrattuale della latteria, consistito nella interruzione delle forniture di siero, a partire dal 25 marzo 2004 e fino alla scadenza contrattuale del 31 dicembre 2005 b che la latteria fosse condannata al risarcimento dei danni subiti da essa appellante, da liquidarsi in via equitativa in misura pari al mancato guadagno sofferto dal 25 marzo 2004 al 31 dicembre 2005, quantificato in Euro 25.000,00 mensili, oltre accessori. 8. La Corte d'appello di Milano, con sentenza n. 1281/2009, ha dichiarato inammissibile l'intervento in causa di A.R. ha rigettato l'appello principale e l'appello incidentale ha condannato l'appellante a rimborsare all'appellata le spese del giudizio di secondo grado ha condannato A.R. a rimborsare alla Negri s.r.l. le spese del gravame. 9. Propone ricorso per cassazione la Negri s.r.l. con due motivi. Resiste con controricorso la Latteria Sociale Valtellina, soc. coop. Agricola che presenta memoria. Non svolge attività difensiva A.R. . Motivi della decisione 10. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. circa un punto decisivo della controversia ovvero sulla sospensione della fornitura da parte della Latteria Sociale Valtellina quale inadempimento contrattuale”. Rileva la N. che la Corte d'appello di Milano ha respinto la sua impugnazione sulla base di due considerazioni tra loro confliggenti a da un lato, il riconoscimento dell'esistenza e della validità di un contratto inter partes , avente ad oggetto la fornitura di siero di latte, prodotto dalla Latteria, a favore di essa Negri s.r.l., a partire dall'1 gennaio 2001 sino al 31 dicembre 2005, ad un prezzo variabile, con possibilità di rivedere tale prezzo di anno in anno b dall'altro l'affermazione che la sospensione della fornitura di latte da parte della stessa Latteria non integri un inadempimento. In altri termini, secondo la N. , è palese che il giudice di secondo grado è caduto in contraddizione ove ha affermato che l’interruzione della fornitura non configura un inadempimento in capo alla Latteria Sociale, mentre poco prima ha sostenuto l'esistenza di un valido vincolo obbligatorio fra le parti. Né, sempre ad avviso della N. , si può valutare il suo comportamento come indampimento di precedenti accordi, tale da giustificare l'applicazione dell'art. 1460 c.c Essa infatti afferma che, ricevuta la comunicazione della controparte nella quale si manifestava l'impossibilità della prosecuzione della fornitura ad un determinato prezzo, ha semplicemente accolto tale decisione per consentire una rideterminazione del prezzo di acquisto del siero del latte, ma non ha manifestato alcuna intenzione di non saldare le successive forniture, oppure di non acquistare più il prodotto della Latteria Sociale Valtellina né ha imposto l'esecuzione del contratto di somministrazione alle condizioni da essa unilateralmente stabilite e deteriori per la stessa Latteria”. 11. Con il secondo motivo si denuncia falsa applicazione dell'art. 1460 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.”. Sostiene parte ricorrente che il legislatore, affinché un contraente non utilizzi impropriamente l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. per sottrarsi ai propri obblighi contrattuali, ha posto un limite di proporzionalità fra le condotte delle due parti. In concreto pertanto il giudice deve operare una valutazione dei due comportamenti, tenendo conto non solo di un criterio di ordine temporale, ma anche di un criterio di ordine logico, inteso a stabilire se vi sia una relazione causale ed una adeguatezza tra inadempimento dell'uno e precedente inadempimento dell'altro. Nel caso di specie, secondo parte ricorrente, non si comprende come il venir meno di un accordo sul prezzo della fornitura possa essere stato valutato dal Giudice come comportamento inadempiente da parte della Negri s.r.l. di gravità tale da giustificare il successivo inadempimento della Latteria Sociale Valtellina, in applicazione dell'art. 1460 c.c Secondo la N. , nel caso in esame, la Corte d'appello ha dunque applicato in modo del tutto erroneo l'art. 1460 c.c., giungendo a giudicare, senza alcuna motivazione, che la condotta tenuta dalla Latteria Sociale Valtellina, non costituisce inadempimento. 12. I due motivi, per la loro stretta connessione, devono essere congiuntamente esaminati rilevando preliminarmente che il secondo motivo è inammissibile in quanto privo del quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame la sentenza è stata pubblicata il 18 maggio 2009 . I due motivi sono comunque infondati. Il contratto inter partes infatti, secondo quanto emerge dall'impugnata sentenza, prevedeva che, ferme tutte le altre pattuizioni, il prezzo del siero avrebbe potuto essere rivisto di comune accordo ogni anno, prima del 31 dicembre ed a valere per l'anno successivo. In difetto di tale accordo doveva trovare applicazione il prezzo del siero inizialmente convenuto, senza che alcuna delle parti potesse imporre unilateralmente diverse condizioni economiche, come invece preteso dalla N. . I prezzi offerti da quest'ultima con la missiva del 20 marzo 2004, inferiori a quelli pattuiti nel contratto dell'8 novembre 2011, non sono stati accettati dalla Latteria. Né risulta che la stessa N. abbia invitato quest'ultima ad eseguire la fornitura alle condizioni economiche originariamente pattuite od a quelle diverse, in ipotesi successivamente concordate fra le parti. Al contrario, la documentazione in atti, secondo l'impugnata sentenza, dimostra che l'attuale ricorrente pretendeva l'esecuzione del contratto di somministrazione alle condizioni da essa unilateralmente stabilite e deteriori per la Latteria, lamentandosi a torto, di fronte al rifiuto giustificato di quest'ultima, del di lei inadempimento. Deve dunque ritenersi che, esattamente, la sospensione della prestazione di somministrazione da parte della Latteria Sociale Valtellina è stata inquadrata dalla Corte d'appello nell'ambito dell'art. 1460 c.c., a fronte di una richiesta unilaterale della società Negri di praticare un prezzo più basso di quello iniziale. In altri termini, il ricorrente non poteva imporre unilateralmente tale prezzo per proseguire il rapporto, occorrendo invece un accordo delle parti su un diverso prezzo, e trovando applicazione, in assenza di tale accordo, l'applicazione del prezzo iniziale. 13. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dunque rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1800,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.