Dato certo è la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione. L’uomo, però, punta a scontarla in Italia, e non in Spagna. Su questo punto è necessario un approfondimento, anche perché i giudici d’Appello, che hanno deciso per la consegna alla Spagna, sembrano avere sottovalutato la documentazione messa sul tavolo dall’uomo.
Mandato d’arresto europeo firmato dal Tribunale di Madrid. Destinatario un cittadino rumeno, rintracciato in Italia. Per i giudici della Penisola è scontata la consegna dell’uomo all’autorità giudiziaria spagnola. Ma tale decisione è troppo frettolosa, e poco ragionata. Evidente l’errore commesso nella sottovalutazione delle carte – buste paga, contratto di locazione immobiliare, certificati di matrimonio e di nascita dei figli – messe sul tavolo dall’uomo, a sostegno della tesi del proprio radicamento in Italia Cassazione, sentenza numero 2494, sez. VI penale, depositata oggi . Radici Diritti per la propria strada, i giudici d’appello, i quali dispongono «la consegna all’autorità giudiziaria spagnola di un cittadino rumeno» presente in Italia, a seguito del ‘Mandato d’arresto europeo’ emesso per una «sentenza di condanna definitiva, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di carte di credito». Ma il legale dell’uomo contesta la decisione della «consegna» alla Spagna, evidenziando, a suo dire, l’assurdità del non aver concesso «la possibilità di scontare la pena in territorio italiano», nonostante «fosse stato ampiamente documentato e dimostrato il radicamento» dell’uomo – della sua famiglia – in Italia. Ebbene, tale obiezione, è per i giudici della Cassazione, comprensibile e, soprattutto, corretta. Così, in premessa, viene ricordato che «la nozione di residenza non si riferisce al mero dato formale anagrafico», e poi, subito dopo, viene evidenziato il ‘peso specifico’ del materiale probatorio proposto dall’uomo, ossia «buste paga riguardanti l’attività lavorativa da lui prestata in territorio italiano nei periodi 2002-2004 e 2011-2014 contratto di locazione immobiliare a nome del coniuge certificati di matrimonio e di nascita dei figli nel 2007 e nel 2011 ». Di fronte a tali documenti pare plausibile l’ipotesi di un «radicamento stabile e non estemporaneo» dell’uomo in Italia. Eppure i giudici della Corte d’appello si sono limitati ad affermare che «non risultava, allo stato, alcuna stabile dimora dell’uomo e dei suoi familiari in Italia», ciò pur «avendone riconosciuto lo svolgimento di pregressa attività lavorativa e la disponibilità di un appartamento ove egli abitata, con la prole, fino al momento dell’arresto». È evidente, i «documenti», messi sul tavolo dall’uomo, non sono stati minimamente «presi in considerazione». E a tale dovrà, sanciscono i giudici della Cassazione, ora essere posto rimedio di conseguenza, la vicenda viene affidata nuovamente alla Corte d’Appello, laddove bisognerà valutare con grande attenzione la «documentazione» prima di decidere sulla «consegna» alla Spagna.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 – 20 gennaio 2015, numero 2494 Presidente Agrò – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 9 dicembre 2014 la Corte d'appello di Roma ha disposto la consegna all'Autorità giudiziaria spagnola del cittadino rumeno H.M.C. in relazione al m.a.e. emesso il 29 settembre 2014 dal Tribunale di Madrid, a seguito di una sentenza di condanna definitiva alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione pronunziata dalla stessa Autorità in data 23 maggio 2014 per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di carte di credito per uso fraudolento, commesso fino al 2007. 2. Avverso la su indicata sentenza della Corte d'appello ha personalmente proposto ricorso per cassazione l'interessato, deducendo la violazione dell'articolo 18, lett. r , della l. numero 69/2005 e dell'articolo 27, comma 3, Cost., per non essergli stata concessa la possibilità di scontare la pena in territorio italiano, nonostante fosse stato ampiamente documentato e dimostrato il suo radicamento in Italia sin dal 2002. 3. Con memoria depositata nella Cancelleria di questa Suprema Core in data 14 gennaio 2015, corredata di ulteriore documentazione rispetto a quella già depositata dinanzi alla Corte d'appello, il difensore, Avv. Andrea Salviati, ribadisce le ragioni già esposte nel ricorso ed insiste sul suo accoglimento, esponendo una serie di argomenti indicativi di un sufficiente grado di continuità temporale e stabilità territoriale della presenza del ricorrente e dei suoi familiari in Italia. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate. 2. Sulla base di una pacifica linea interpretativa di questa Suprema Corte, la nozione di residenza che viene in considerazione per l'applicazione del su citato articolo 18, lett. r , non si riferisce al mero dato formale anagrafico, ma va accertata tenendo conto dell'esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia, tra i cui indici concorrenti rilevano la non illegalità della presenza per il cittadino non comunitario, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità territoriale della presenza, la sede quanto meno principale - se on esclusiva - e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali, la distanza temporale tra la commissione del reato, la condanna all'estero e l'inizio della presenza in Italia. Solo per il cittadino comunitario che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente in conseguenza di un soggiorno per un periodo ininterrotto di cinque anni è possibile prescindere dalla valutazione di tali specifici elementi sintomatici da ultimo, v. Sez. 6, numero 9767 del 26/02/2014, dep. 27/02/2014, Rv. 259118 v., inoltre, Sez. 6, numero 10042 del 09/03/2010, Rv. 246507 . Ciò posto, anche in considerazione del tenore lessicale della su indicata disposizione normativa, che dopo l'intervento additivo della Corte costituzionale numero 227/2010 prevede un vero e proprio divieto di consegna, oltre che per il cittadino italiano anche per quello di altro Paese membro dell'Unione Europea residente nel territorio italiano, deve rilevarsi come, a fronte di una specifica richiesta non pretestuosa, nè apoditticamente prospettata, ma dotata degli indispensabili requisiti di serietà e già supportata dal deposito di idonea documentazione della persona interessata a scontare la pena in Italia, fosse necessario verificare e valutare funditus la rilevanza di tale specifico profilo in punto di fatto, per stabilire, anche attraverso la richiesta di eventuali informazioni integrative, se ricorressero o meno i presupposti di operatività della su menzionata disposizione normativa. Sebbene il ricorrente avesse allegato a sostegno delle sue deduzioni le buste paga riguardanti l'attività lavorativa da lui prestata in territorio italiano nei periodi 2002-2004 e 2011-2014, un contratto di locazione immobiliare a nome del coniuge e i certificati di matrimonio e di nascita dei figli nel 2007 e nel 2011 , la Corte d'Appello di Roma si è limitata ad affermare, genericamente, che non risultava, allo stato, alcuna stabile dimora dell'interessato e dei suoi familiari in Italia, pur avendone al contempo riconosciuto lo svolgimento di pregressa attività lavorativa e la disponibilità di un appartamento ove abitava con la prole fino al momento dell'arresto. Ne discende che gli elementi addotti dal ricorrente non risultano in realtà presi in adeguata considerazione dalla Corte distrettuale. Le argomentazioni già illustrate in ordine alla presenza di un radicamento stabile e non estemporaneo in Italia, unitamente alla ulteriore documentazione prodotta dalla difesa v., supra, il par. 3 , impongono una puntuale ed approfondita valutazione in ordine alla applicabilità o meno del citato articolo 18, lett. r , che non può essere effettuata in questa Sede, ma richiede, per la peculiarità del contesto fattuale, apprezzamenti di merito ed eventuali integrazioni istruttorie, la cui complessiva disamina non compete alla Corte di legittimità Sez. 6, numero 41910 del 07/10/2013, dep. 10/10/2013, Rv. 257023 . In altri termini, la previsione in questa materia del ricorso per cassazione anche per il merito attribuisce alla Suprema Corte la possibilità di verificare pure gli apprezzamenti di fatto operati dal Giudice della consegna, ma non le assegna alcun potere cognitivo di tipo sostitutivo, integrativo o, tanto meno, istruttorio da ultimo, Sez. 6, numero 48125 del 29/11/2013, dep. 03/12/2013, Rv. 258171 v., inoltre, Sez. 6, numero 19597 del 22/05/2012, Rv. 252511 Sez. 6, numero 28236 del 15/07/2010, Rv. 247830 . 3. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuova deliberazione alla Corte d'Appello di Roma, che prenderà in esame gli elementi addotti e la documentazione prodotta dal ricorrente, effettuando, se del caso, ogni utile accertamento al fine sopra indicato e uniformandosi al quadro di principii in questa Sede stabiliti. La Cancelleria curerà l'espletamento degli adempimenti di cui all'articolo 22, comma 5, della I. numero 69 del 2005. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuova deliberazione alla Corte d'Appello di Roma. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 22, comma 5, della L. numero 69 del 2005.