Cambiare nome favorisce l’integrazione: l’albanese Erzen diventa l’italiano Emilio

Da anni è conosciuto da parenti, amici e colleghi di lavoro col nome italiano di Emilio ed il Tar Lombardia ha ratificato la sua scelta favorisce l’integrazione dell’immigrato, già cittadino italiano matrimonio , nella nostra collettività.

Negli ultimi tempi si discute molto sull’integrazione degli immigrati e sul riconoscimento della cittadinanza ius soli , arruolamento nelle forze armate . Il Tar Lombardia sez. I con la sentenza n. 2899, depositata il 20 dicembre 2013, ha trovato una soluzione al problema italianizzare il proprio nome, rectius sostituire quello straniero con uno italiano. Il caso. Erzen, albanese con cittadinanza anche italiana, avendo sposato nel 2003 un’italiana, è ormai da anni chiamato Emilio nella vita lavorativa e tramite il quale avverte felicemente la sua avvenuta integrazione nella collettività italiana . Lavora in Svizzera e spesso è fermato per controlli alla frontiera apparendo non verosimile che egli sia un cittadino italiano il che si tradurrebbe in continui disagi, non esclusi i conseguenti ritardi per accedere al posto di lavoro . Il cambio del nome è quindi strettamente necessario anche per evitare pregiudizi, connessi alle sue origini albanesi, che si ripercuotono anche sulla vita e sullo sviluppo del figlio di sei anni. Il Tar, bilanciando gli interessi in gioco, ha annullato il provvedimento di diniego del Prefetto di Como, evidenziando come questa scelta favorisca la sua integrazione nel nostro paese. I pregiudizi contro il padre non ricadano sui figli. Il ricorrente rileva che, pur avendo conseguito la cittadinanza italiana, è vittima di situazioni di lacerante vergogna” nei rapporti con terzi e di gravi pregiudizi” scaturenti dall’immediata conoscenza della sua origine albanese tratta dal nome che porta, che potrebbero pregiudicare la crescita del figlio. Tutela del nome e volontà di sentirsi parte di una comunità. La scelta del nome con cui è conosciuto da tutti denota una forte volontà di ottenere un definitivo riconoscimento anche davanti alla legge, sancendo dunque in modo definitivo l’avvenuto ingresso nel nuovo Paese, che il ricorrente considera già all’evidenza come proprio . Inoltre, anche se non è un argomento preso in considerazione dal G.A., si ricordi che la nostra legge tutela il diritto al nome ed all’uso di uno pseudonimo in sua sostituzione artt. 6-9 c.c. e 22 Cost. . Questa protezione, fondata anche su ragioni familiari v. fattispecie , rientra tra i diritti alla personalità, perché strettamente connessa all’immagine ed al diritto alla vita privata e familiare articolo 8 Cedu è una sua caratteristica unica e distintiva nell’ambiente sia domestico che sociale, compreso quello lavorativo CEDU Von Hannover –Carolina di Monaco c. Germania n. 2 del 7/2/12 connotando la sua identità personale Diritto al nome ed all’identità personale nell’ordinamento europeo , a cura di Honorati, ed. Giuffrè sull’omonimo seminario presso l’Università di Milano -Bicocca del 22/5/09 Cass. civ. sez. I 17462/13, Tar Lombardia 676/13 su casi analoghi e sulla discrezionalità nella scelta del nuovo nome o cognome . Questa tutela deve essere riconosciuta anche se nella domanda presentata al Prefetto, tra le ragioni che il ricorrente deve obbligatoriamente esporre a suo suffragio, non ha riportato i disagi per i detti controlli della polizia e le ripercussioni che hanno avuto sul suo lavoro. La compenetrazione degli interessi legittima la modifica del nome. Da quanto sinora esplicato emerge chiaramente che l’interesse pubblico alla stabilità del nome, apprezzabile nei rapporti con la pubblica Amministrazione e in ogni altro rapporto giuridico e il privato interesse al detto mutamento prevalgono palesemente su quelli opposti dal Prefetto nell’esercizio dei suoi poteri ex DPR 53/12 e Circolare del Ministero dell’Interno 14/12.Infatti l'esigenza di attribuzione stabile del nome e/o del cognome risponde alla sua precisa funzione pubblicistica l'identificazione della persona.

TAR Lombardia, sez. I, sentenza 18 - 20 dicembre 2013, n. 2899 Presidente/Estensore Mariuzzo Fatto e diritto Con ricorso notificato il 22.9.2009 il signor Ermen Muca di origine albanese, ma allo stato cittadino italiano a seguito di matrimonio contratto nel 2003 con la sig.ra Silvia Fichera, ha impugnato il diniego opposto dal Prefetto di Como di poter mutare il suo nome in quello di Emilio, con il quale è ormai da anni chiamato nella vita lavorativa e tramite il quale avverte felicemente la sua avvenuta integrazione nella collettività italiana. Egli assume che il ridetto mutamento sarebbe necessario, posto che, svolgendo la sua attività di lavoro nella vicina Svizzera, sarebbe non infrequentemente fermato da parte delle forze dell’ordine per controlli all’atto del passaggio quotidiano della frontiera, apparendo non verosimile che egli sia un cittadino italiano il che si tradurrebbe in continui disagi, non esclusi i conseguenti ritardi per accedere al posto di lavoro. Nella motivazione addotta a sostegno del pronunciato diniego il Prefetto di Como ha rilevato che, nella comparazione tra l’interesse pubblico alla stabilità del nome, apprezzabile nei rapporti con la pubblica Amministrazione e in ogni altro rapporto giuridico e il privato interesse al detto mutamento, sarebbe palesemente preminente il primo, non essendo tra l’altro sufficientemente provate le ragioni di fatto illustrate nella prodotta domanda. Osserva, al riguardo, il Collegio che il disagio asseritamente patito nel transito giornaliero del confine Italia - Svizzera e viceversa, nonché i ritardi causati dai richiamati controlli alla dogana non sono stati enunciati nella domanda presentata al Prefetto di Como e dunque non possono essere presi in considerazione quanto al riscontro della legittimità dell’opposto diniego. Nella domanda, la cui copia è stata prodotta in giudizio, si fa, infatti, esclusivo riferimento a situazioni di lacerante vergogna” nei rapporti con terzi e di gravi pregiudizi” scaturenti dall’immediata conoscenza della sua origine albanese tratta dal nome che porta, il che potrebbe in futuro pregiudicare la crescita di un figlio della tenera età di sei anni. Osserva, al riguardo, il Collegio che l’aspirazione del ricorrente, che ha già conseguito la cittadinanza italiana, appare degna di riconoscimento, essendo espressione della volontà di un’ancora maggiore integrazione non soltanto nell’ambiente di lavoro o nei rapporti interpersonali, ma nella stessa collettività nazionale. La circostanza, che appare peraltro attendibile, di essere già chiamato in via di mero fatto con il nome di Emilio conferma l’esistenza di questa aspirazione, che troverebbe definitivo riconoscimento anche davanti alla legge, sancendo dunque in modo definitivo l’avvenuto ingresso nel nuovo Paese, che il ricorrente considera già all’evidenza come proprio. Se, quindi, deve pur convenirsi con l’esistenza di un interesse pubblico alla stabilità del nome soprattutto nei rapporti con la pubblica Amministrazione, da un lato la situazione personale del deducente appare da un lato credibile e, dall’altro, la domanda presentata consta essere fondata su una significativa e assai apprezzabile motivazione, nei termini sopra illustrati il che consente di qualificare il relativo interesse come preminente rispetto a quello pubblico richiamato dal Prefetto di Como. Per quanto sopra esposto il ricorso deve essere accolto. Le spese di lite possono, peraltro, essere compensate tra le parti in causa, attesa la peculiarità della vicenda trattata. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione I , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.