Il locatore si avvale della clausola risolutiva espressa … che ne è del contratto in pendenza del giudizio?

Nella pendenza del giudizio di appello relativo all’accertamento circa l’intervenuta risoluzione del contratto per clausola risolutiva espressa, il rapporto di locazione permane fino al momento della definitività della sentenza, e con esso l’obbligo del conduttore di continuare a corrispondere il canone.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 25743, depositata il 15 novembre 2013. Il caso. Una conduttrice non aveva pagato alcuni canoni per l’immobile commerciale concesso in locazione con contratto, in base al quale una simile inadempienza produceva la risoluzione di diritto del contratto. Pertanto, la locatrice aveva comunicato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa e aveva chiesto di accertare l’intervenuta risoluzione del contratto. Il Tribunale, quindi, lo aveva dichiarato risolto per inadempimento della conduttrice, condannandola al pagamento dei canoni richiesti e al rilascio. La soccombente, contro tale statuizione, aveva proposto appello. Premesso che le sentenze costitutive – come quella di risoluzione del contratto – non hanno efficacia prima della formazione del giudicato, la Corte territoriale aveva respinto il gravame, considerando che il contratto di locazione era ancora in corso nella pendenza del giudizio di appello e quindi poteva esser risolto per il nuovo inadempimento della conduttrice, la quale non era in buona fede perché comunque era obbligata a corrispondere l’indennità di occupazione nella stessa misura del canone pattuito. Avverso la sentenza, la conduttrice ha proposto ricorso per cassazione. A suo dire, la Corte non avrebbe considerato che la locatrice non aveva mai richiesto il pagamento né dei canoni né dell’indennizzo, mentre la stessa ricorrente ne aveva chiesto la quantificazione e aveva inviato quanto ritenuto dovuto, ma la locatrice lo aveva rifiutato. Per la Suprema Corte il ricorso è infondato. La locatrice non ha tollerato gli inadempimenti della conduttrice. Gli Ermellini, innanzitutto, hanno sostenuto che nelle locazioni a uso diverso dall’abitazione l’offerta o il pagamento del canone non comportano la inoperatività della clausola risolutiva espressa, posto che dalla domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione per effetto di essa non è più possibile adempiere. Secondo Piazza Cavour, la locatrice, lungi dall’aver tollerato gli inadempimenti della conduttrice, con il ricorso per convalida di sfratto per morosità aveva manifestato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa. Premesso ciò, il Collegio ha avallato la valutazione della colpa della conduttrice, effettuata dalla Corte di merito, che ha evidenziato l’aggravamento dell’inadempimento proseguito nel secondo giudizio e la mancanza di buona fede della conduttrice che non ha versato nessuna somma, neppure a titolo di indennità di occupazione, ancorché corrispondente all’importo del canone. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 aprile - 15 novembre 2013, n. 25743 Presidente Petti – Relatore Chiarini Svolgimento del processo Con ricorso del 23 febbraio 2009 ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c. la s.n.c. Re di Cremonesi Ezio e & amp C, premesso 1 in data 11 marzo 2002 con decorrenza 15 marzo 2002 aveva concesso in locazione commerciale a P O. un immobile in omissis ed il canone convenuto era pari ad Euro 21.691,08 per gli anni 2007 e 2008. da pagarsi in rate mensili anticipate, con termine ultimo al 14 di ogni mese, pari ad Euro 1.807,59 ciascuna 2 il conduttore aveva comunicato il 22 luglio 2004 la cessione dell'azienda e del contratto a L O. 3 la nuova conduttrice non aveva pagato i canoni di dicembre 2008 e gennaio 2009 per complessivi Euro 3.615,18 e per effetto della clausola n. 8 del contratto tale inadempienza produceva la risoluzione di diritto del contratto la stessa non aveva neppure pagato le spese condominiali, sollecitate il 24 dicembre 2008 4 perciò con racc. del 10 febbraio 2009 la locatrice le aveva comunicato di volersi avvalere della suddetta clausola. Pertanto chiedeva di accertare l'intervenuta risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1456 c.c La O. si è difesa deducendo a l’8 maggio 2006 la locatrice aveva comunicato che non intendeva proseguire nella locazione stipulata l’11 marzo 2002 e lo disdettava b con atto del 18 gennaio 2008 la stessa locatrice aveva intimato sfratto per morosità dei mesi di dicembre 2007 e gennaio 2008, pagati in ritardo, a fine mese, come consuetudine tra le parti c con sentenza del 16 ottobre 2008 il Tribunale di Brescia ha dichiarato risolto il contratto per inadempimento della conduttrice in mancanza di prova di deroga convenzionale agli accordi scritti e la sentenza era stata messa in esecuzione per il rilascio entro il 31 gennaio 2009 d pertanto la O. aveva risposto il 13 febbraio 2009 che essendo il contratto risolto non riteneva di dover pagare il canone, bensì l'indennizzo per occupazione, nella misura da concordare e con sentenza dell'8 aprile 2009 la Corte di appello di Brescia ha riformato la sentenza di primo grado e pertanto la conduttrice ha chiesto di ricevere il conteggio del dovuto per oneri condominiali, ed ha inviato il 21 aprile 2009 assegno in pagamento dei canoni scaduti, respinto dalla locatrice, a cui perciò li ha offerti realmente. Con sentenza del 15 luglio 2009 il Tribunale di Brescia, premesso che le sentenze costitutive, come quella di risoluzione del contratto, a differenza delle sentenze di condanna, non hanno efficacia prima della formazione del giudicato e che perciò durante il giudizio di appello il contratto di locazione era ancora in corso, lo ha dichiarato risolto per inadempimento della conduttrice all'obbligo di pagamento del canone, sanzionato con clausola risolutiva espressa, di cui la locatrice si era avvalsa, condannando la conduttrice al pagamento dei canoni richiesti e al rilascio. Con sentenza del 19 gennaio 2010 la Corte di appello di Brescia ha respinto il gravame di L O. sulle seguenti considerazioni 1 la pronuncia di risoluzione del contratto emessa dal Tribunale di Brescia il 16 ottobre 2008 non era suscettiva di immediata esecuzione, afferente soltanto alle pronunce consequenziali di condanna al pagamento dei canoni non corrisposti e di rilascio 2 pertanto il contratto di locazione era ancora in corso nella pendenza del giudizio di appello e quindi poteva esser risolto per il nuovo inadempimento della conduttrice, che non era in buona fede perché comunque era obbligata a corrispondere l’indennità di occupazione nella stessa misura del canone pattuito. Ricorre per cassazione O.L. e deposita memoria. L'intimata non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente deduce Art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. violazione o falsa applicazione di norme di diritto - art. 282 e 474 c.p.c Omessa e/o insufficiente motivazione per aver la Corte di merito disatteso la sentenza della Suprema Corte del 2007 n. 18512 secondo cui non è sostenibile che le sentenze costitutive e di mero accertamento siano prive di effetti prima del passaggio in giudicato se la legge non dispone altrimenti, e ciò in quanto la sentenza di condanna suppone quella di accertamento della pretesa sostanziale ed anche le sentenze costitutive presuppongono l'accertamento, e quindi se la condanna ha come presupposto l’accertamento ad effetto costitutivo, anche questo ha efficacia esecutiva, e poiché la condanna al rilascio dell'immobile, posta in esecuzione dalla locatrice, è un capo accessorio della risoluzione del contratto di locazione dichiarata dal Tribunale di Brescia nell'ottobre 2008, questa pronuncia estintiva del rapporto aveva efficacia esecutiva. 2.- Con il secondo motivo deduce Art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. violazione o falsa applicazione di norme di diritto - art. 282 c.p.c., art. 1362 c.c. e segg., art. 1456 e 1591 c.c. Contraddittoria e comunque omessa e/o insufficiente motivazione per non aver i giudici di merito considerato che la risoluzione pronunciata dal Tribunale di Brescia nel 2008 era di accertamento essendosi la locatrice avvalsa della clausola risolutiva espressa e dunque il contratto era risolto di diritto, a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza che lo accertava, sì che la conduttrice doveva pagare soltanto l’indennità di occupazione, il cui mancato pagamento non da luogo a risoluzione del contratto perché l'occupazione è sine titulo e quindi non è possibile avvalersi della clausola contrattuale di risoluzione che presuppone la validità del contratto. 3.- Con il terzo motivo lamenta Art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. violazione o falsa applicazione di norme di diritto - Art. 112 c.p.c. con riferimento agli artt. 1591 e 1456 c.c. Contraddittoria e comunque omessa e/o insufficiente motivazione per aver i giudici di merito pronunciato la risoluzione per il mancato pagamento dell'indennità di occupazione, che non comporta la risoluzione del contratto, e quindi la domanda della locatrice era di pagamento dell'indennità. I primi tre motivi, congiunti, sono infondati. La Corte di merito si è attenuta al fermo principio secondo il quale l'azione di risoluzione del contratto ex art. 1456 cod. civ. tende ad una pronuncia dichiarativa, perché implica l'accertamento dell'inadempienza, con la conseguenza che non ha l'idoneità, con riferimento all'art. 282 cod. proc. civ., all'efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato Cass. 7369 del 2009 . Pertanto fino al momento della definitività della sentenza di accertamento - che in quanto tale deve acquisire quel grado di stabilità che si identifica con il giudicato formale art. 324 cod. proc. civ. , in funzione di quello sostanziale art. 2909 cod. civ. - il rapporto contrattuale permane e con esso, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, l'obbligo del conduttore di continuare a corrispondere il canone. 4. - Con il quarto motivo lamenta Art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. violazione o falsa applicazione di norme di diritto - art. 1218, 1375 e 1456 c.c. contraddittoria e comunque omessa e/o insufficiente motivazione , per non aver considerato il Tribunale la colpa concreta del conduttore, pur in presenza di clausola risolutiva espressa, con riferimento al principio di buona fede e senza considerare che la locatrice non aveva mai richiesto il pagamento né dei canoni né dell'indennizzo, mentre la conduttrice ne aveva chiesto la quantificazione ed ha inviato quanto ha ritenuto dovuto, ma la locatrice l’ha rifiutato. Il motivo è infondato. Infatti, premesso che nelle locazioni ad uso diverso dall'abitazione l’offerta o il pagamento del canone non comportano la inoperatività della clausola risolutiva espressa posto che dalla domanda di accertamento dell'avvenuta risoluzione per effetto di essa non è più possibile adempiere art. 1453, terzo comma, cod. civ., Cass. 13248 del 2010 , la locatrice, lungi dall'aver tollerato gli inadempimenti della conduttrice, con il ricorso per convalida di sfratto per morosità iniziato con atto del 18 gennaio 2008 - e che è ammissibile anche per azioni di mero accertamento, come quella relativa all'avvenuta risoluzione del contratto per effetto di clausola risolutiva espressa - aveva manifestato di volersene avvalere, la valutazione della colpa della conduttrice è stata effettuata dalla Corte di merito che ha evidenziato l'aggravamento dell'inadempimento proseguito nel secondo giudizio e la mancanza di buona fede della conduttrice che non ha versato nessuna somma, neppure a titolo di indennità di occupazione, ancorché corrispondente all'importo del canone. 5.- Concludendo il ricorso va respinto. Non si deve provvedere sulle spese non avendo l'intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.