Il processo celebrato all’estero nei confronti di imputato straniero non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti di reato commessi in tutto o in parte nel territorio dello Stato.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 29664, depositata l’8 luglio 2014. Il caso. La Corte d’Assise di Trieste dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell’imputato, cittadino della Repubblica di Montenegro, accusato dell’omicidio aggravato in danno di una connazionale nonché del connesso reato di rapina aggravata consumata in danno della stessa vittima, commessi entrambi a Gorizia. Avverso tale decisione ricorreva per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Trieste, denunziandone l’illegittimità per violazione di legge sostanziale e processuale e riportando il principio prevalente e costante in giurisprudenza secondo cui il processo celebrato all’estero nei confronti dell’imputato non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti. No al “ne bis in idem” internazionale. Nell’analizzare il ricorso, la Cassazione ribadisce il principio, già più volte affermato, secondo il quale nell’ordinamento giuridico italiano non vige il principio del ne bis in idem internazionale. L’articolo 11, comma 1, c.p. prevede, infatti, la rinnovazione del giudizio di imputato straniero già giudicato all’estero nei casi indicati dall’articolo 6 c.p., ossia quando l’azione o l’omissione che costituisce il reato è avvenuta in tutto o in parte nel territorio dello Stato Cass., Sez. VI, numero 44830/04 . Seppur si assista sempre più ad una evoluzione legislativa nel senso di riconoscere efficacia preclusiva ad una sentenza straniera che abbia irrevocabilmente giudicato di un reato commesso in Italia da un cittadino straniero, non può considerarsi il principio del ne bis in idem come un principio generale di diritto riconducibile alla categoria delle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute ex articolo 10 Cost Paesi fuori dall’UE. La Corte di legittimità fornisce, poi, un ulteriore motivo per cui si sarebbe dovuto celebrare il processo nel caso di specie. Infatti, sebbene in forza dell’articolo 54 della Convenzione applicativa dell’accordo Schengen, non si possa più procedere in Italia, anche con riguardo a reati quivi commessi, nei confronti di una persona che sia stata definitivamente condannata o assolta per lo stesso fatto in uno Stato dell’area Schengen, resta tuttavia l’irrilevanza del ne bis in idem internazionale con riguardo a sentenza penale deliberata in un paese che non è ancora membro dell’UE né contraente del Trattato di Schengen, come, appunto, il Montenegro. Un processo celebrato nei confronti di cittadino straniero in uno Stato con cui non vigono accordi idonei a derogare alla disciplina dell’articolo 11 c.p. non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti, non essendo il principio del ne bis in idem principio generale del diritto internazionale, come tale applicabile nell’ordinamento interno Cass., Sez. I, numero 20464/13 . Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 giugno – 8 luglio 2014, numero 29664 Presidente Chieffi – Relatore Cavallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 9 novembre 2012, la Corte d'Assise di Trieste dichiarava non doversi procedere nei confronti di S.S., cittadino della Repubblica di Montenegro, imputato dell'omicidio aggravato in danno della connazionale K.M.V. commesso in Gorizia il 25 giugno 1995 nonché del connesso reato di rapina aggravata consumata in danno della stessa K. nelle medesime condizioni di luogo e di tempo quanto al primo reato l'omicidio , per divieto di un secondo giudizio, essendo stato il K. già condannato dal Tribunale di Podgorica, con sentenza del 30 dicembre 2009, alla pena di anni 14 di detenzione già interamente espiata quanto ai secondo la rapina, reato che il tribunale montenegrino aveva ritenuto assorbito in quello di omicidio per finalità di guadagno , perché estinto per intervenuta prescrizione. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Trieste denunziandone l'illegittimità per violazione di legge - sostanziale articolo 3, 6 e 11 primo comma e processuale articolo 649 e 696 cod. proc. penumero - argomentando, a sostegno della richiesta di annullamento della sentenza impugnata 1 che secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità Sez. 6, numero 621 del 03/03/1993 - dep. 08/05/1993, Palazzolo, Rv. 195630 Sez. 6, numero 44830 del 22/09/2004 - dep. 18/11/2004, Cuomo ed altri, Rv. 230595 Sez. 2, numero 40553 del 21/05/2013 - dep. 01/10/2013, Tropeano, Rv. 256469 il processo celebrato all'estero nei confronti dell'imputato cittadino o straniero non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti, in quanto nell'ordinamento giuridico italiano non vige il principio del ne bis in idem internazionale , prevedendo l'articolo 11, comma primo, cod. penumero la rinnovazione del giudizio nei casi indicati dall'articolo 6 cod. penumero , cioè quando l'azione o l'omissione che costituisce il reato è avvenuta in tutto o in parte nel territorio dello Stato 2 che nel presente giudizio, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale non possono trovare applicazione né l'articolo 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea CDFUE né l'articolo 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen CAAS , essendo stata la condanna emessa in Montenegro, paese che non ha sottoscritto il trattato di adesione all'Unione Europea e che non fa parte della così detta Area Scenghen, fermo restando, ben inteso, l'obbligo di computare, ai fini delle durata della pena da eseguire dopo la rinnovazione del giudizio, il periodo di privazione della libertà sofferto all'estero, secondo quanto stabilito nel nostro ordinamento dall'articolo 138 cod. penumero e dalle citate norme sovranazionali articolo 50 CDFUE e articolo 54 CAAS . Considerato in diritto 1. L'impugnazione proposta dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Trieste è fondata per le ragioni di seguito esposte. 1.1 Ritiene invero il Collegio che anche con riferimento al presente procedimento va ribadito il principio, già più volte affermato da questa Corte di legittimità, secondo cui il processo celebrato all'estero nei confronti del cittadino ovvero, come nel caso de quo, di imputato straniero, «non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti, in quanto nell'ordinamento giuridico italiano non vige il principio del ne bis in idem internazionale, prevedendo l'articolo 11 cod. penumero , comma primo, la rinnovazione dei giudizio nei casi indicati dall'articolo 6 cod. penumero , cioè quando l'azione o l'omissione che costituisce il reato è avvenuta in tutto o in parte nel territorio dello Stato in termini, ex multis, Cass., Sez. 6, 22/09/2004, numero 44830 . In particolare, se pure deve riconoscersi, come diffusamente argomentato dalla Corte territoriale, che il principio dei ne bis in idem costituisce in effetti «un principio tendenziale cui si ispira oggi l'ordinamento internazionale, e risponde dei resto a evidenti ragioni di garanzia del singolo di fronte alle concorrenti potestà punitive degli Stati» in termini Corte Cost. sentenza numero 58/1997 e che si assiste effettivamente ad una evoluzione legislativa che va nel senso di riconoscere efficacia preclusiva ad una sentenza straniera che abbia irrevocabilmente giudicato di un reato commesso in Italia da un cittadino straniero processo che vede quali tappe significative, prima, la Convenzione di Bruxelles dei dei 25 maggio 1987, resa esecutiva in Italia con Legge 16 ottobre 1989, numero 350, e poi, soprattutto, la legge 30 settembre 1993, numero 388 che ha segnato il recepimento da parte dell'Italia dell'Accordo di Schengen dei 14 giugno 1985 ciò non significa ancora che per effetto di tale evoluzione normativa il principio ne bis in idem, possa considerarsi, rispetto alle sentenze straniere, come principio generale di diritto riconducibile alla categoria delle norme dei diritto internazionale generalmente riconosciuto, oggetto di ricezione automatica ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione. Ritiene in altri termini questo Collegio, in adesione all'opinione prevalente in dottrina e in giurisprudenza Sez. 1, numero 13558 del 02/12/1998 - dep. 22/12/1998, Nocera, Rv. 212060 Sez. 1, numero 28299 del 03/06/2004 - dep. 23/06/2004, Desiderio, Rv. 228779 , che se pure in forza dell'articolo 54 della Convenzione applicativa dell'accordo di Schengen, non si può più procedere in Italia, anche con riguardo a reati quivi commessi, nei confronti di una persona che sia stata definitivamente condannata o assolta per lo stesso fatto in uno Stato dell'area Schengen, resta tuttavia ferma l'irrilevanza dei bis in idem internazionale con riguardo a sentenza penale deliberata in un paese, quale il Montenegro, che non è ancora membro dell'Unione Europea né quindi contraente del Trattato di Schenghenumero Come affermato anche di recente da questa Corte, in altri termini, «un processo celebrato nei confronti di cittadino straniero in uno Stato con cui non vigono accordi idonei a derogare alla disciplina dell'articolo 11 cod. penumero non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti, non essendo il principio dei ne bis in idem principio generale del diritto internazionale, come tale applicabile nell'ordinamento interno Sez. 1, numero 20464 del 05/04/2013 - dep. 13/05/2013, N, Rv. 256162 . Se pure deve riconoscersi, quindi, come già affermato del resto dai giudici delle leggi in una pur risalente decisione la numero 48 del 1967 che «ponendosi in una prospettiva ideale, che già trova fervide iniziative e convinti sostenitori, si può auspicare per il futuro l'avvento di una forma talmente progredita di società di Stati da rendere possibile, almeno per i fondamentali rapporti della vita, una certa unità di disciplina giuridica e con essa una unità e una comune efficacia di decisioni giudiziarie», ben diversa tuttavia, pur nel suo continuo evolversi, si presenta la realtà attuale, «dove la valutazione sociale e politica dei fatti umani, in ispecie nel campo penale, si manifesta con variazioni molteplici e spesso profonde da Stato a Stato. E ciò in conformità dei diversi interessi e dei variabili effetti riflessi della condotta degli uomini in ciascuno di essi, con la conseguente tendenza a mantenere come regola, nell'autonomia dei singoli ordinamenti, il principio della territorialità». 2. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso dei Procuratore Generale presso la Corte dì appello di Trieste deve quindi essere accolto, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al delitto di omicidio volontario e va disposta la trasmissione degli atti alla Corte di Assise di Trieste per il giudizio. P.Q.M. Sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 21 maggio 2014, annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al delitto di omicidio volontario e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di Assise di Trieste per il giudizio.