Il sequestro preventivo per equivalente, nei confronti di persona sottoposta ad indagini per il reato di frode fiscale finalizzata all’evasione delle imposte sui redditi, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto di reato, sicché il giudice, nell’autorizzare il sequestro o riesaminare il provvedimento che lo ha autorizzato, deve determinare con esattezza l’imposta evasa – pari all’effettivo profitto conseguito dall’operazione parzialmente inesistente – non potendo il profitto coincidere con gli elementi passivi fittizi indicati, pena la violazione del principio di proporzionalità tra la misura cautelare imposta e l’entità del fatto.
Nell’ipotesi, poi, in cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 322-ter c.p.c. riguardi una pluralità di indagati, esso non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di prezzo o profitto del reato a lui attribuibile, qualora nella impostazione accusatoria tale quota sia già individuata o risulti chiaramente individuabile. Così precisando, la Corte di Cassazione, con sentenza numero 45470, depositata il 28 ottobre 2016 ha annullato l’impugnata ordinanza del Tribunale del riesame, difettando la stessa di qualsiasi valutazione sulla proporzionalità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. Il sequestro preventivo, l’istanza di riesame, l’ordinanza del Tribunale, il ricorso. La sezione III penale di Cassazione ha annullato l’ordinanza con cui era stata respinta la richiesta di riesame di un’indagata per il reato di cui all’articolo 2 d.lgs. numero 74/2000, rubricato “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, in concorso con un altro indagato, avverso un decreto di sequestro preventivo da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata segnatamente, l’accusa era stata quella di aver evaso, in qualità di legale rappresentante della Società Alfa, le imposte sui redditi ed essersi avvalso di fatture relative ad operazioni fiscali soggettivamente inesistenti. L’indagata proponeva ricorso, adducendo due motivi, in entrambi i casi per mancanza assoluta di motivazione da parte del Tribunale. Con un primo motivo, denunciava violazione di legge in merito la mancanza di profitto illecito per la ricorrente e la società della stessa amministrata e all’erronea determinazione di tale profitto in misura corrispondente all’intero importo delle fatture utilizzate anziché all’imposta evasa e anche alla insussistenza di evasione dell’iva, avendola corrisposta in sede di acquisto e poi ricevuta dai successivi acquirenti del carburante acquistato, portandola – come consentito – in compensazione. Con un secondo motivo, lamentava la mancata distinzione di posizioni con l’altro indagato, sulla base del rilievo per cui il sequestro preventivo per equivalente non poteva eccedere, per ciascun concorrente la quota del profitto a lui attribuibile. L’accoglimento da parte degli Ermellini. La S.C. ha accolto le richieste succitate, sulla base delle seguenti considerazioni. Come già affermato dalla Corte di Cassazione, il sequestro preventivo per equivalente, nei confronti di persona sottoposta ad indagini per il reato di frode fiscale finalizzata all’evasione delle imposte sui redditi, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto di reato, sicché il giudice, nell’autorizzare il sequestro o riesaminare il provvedimento che lo ha autorizzato, deve determinare con esattezza l’imposta evasa – pari all’effettivo profitto conseguito dall’operazione parzialmente inesistente – non potendo il profitto coincidere con gli elementi passivi fittizi indicati, pena la violazione del principio di proporzionalità tra la misura cautelare imposta e l’entità del fatto. Inoltre, laddove il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 322-ter c.p.c. riguardi una pluralità di indagati, esso non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di prezzo o profitto del reato a lui attribuibile, qualora nella impostazione accusatoria tale quota sia già individuata o risulti chiaramente individuabile. Tanto doverosamente premesso e ricordato, i Giudici di piazza Cavour sottolineano che «il Tribunale [del riesame], nel disattendere la richiesta di riesame della ricorrente, fondata, tra l’altro, sulla assenza di profitto per la stessa o, comunque, sulla inesatta determinazione dello stesso, per essere stato considerato l’intero imponibile delle transazioni ritenute fittizie a carico di entrambi gli indagati, pur potendo essere determinati i profitti di ciascuno di essi, in relazione alle diverse società dagli stessi amministrate, ha ribadito la legittimità del sequestro in misura corrispondente al suddetto intero imponibile, senza in alcun modo prendere in considerazione i motivi posti a fondamento della richiesta di riesame, sia quanto alla determinazione della entità del profitto, sia quanto alla individuazione della quota allo stesso attribuibile alla ricorrente». Per l’effetto, difettando qualsiasi valutazione sulla proporzionalità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, e rilevando così che il Tribunale aveva omesso di motivare in ordine alle censure sollevate dalla richiedente nella sua richiesta di riesame, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia allo stesso Tribunale.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 maggio – 28 ottobre 2016, numero 45470 Presidente Amoresano – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 9 ottobre 2015 il Tribunale di Macerata ha respinto l'istanza di riesame presentata da M.A.G., indagata per li reato di cui all'articolo 2 d.lgs. 74/2000 in concorso con N.F. per avere, quale legale rappresentante della Fiardi Trading S.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi ed avvalendosi di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, indicato nelle dichiarazioni fiscali relative all'esercizio finanziario 2013 elementi passivi fittizi per complessivi euro 200.456,00 , nel confronti dei decreto di sequestro preventivo dei 16 settembre 2015 del Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Macerata, con cui era stato disposto il sequestro preventivo della somma complessiva di euro 8.580.620,80, limitato ad euro 200.456,00 nei confronti della G. e dei F 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l'indagata, M.A.G., mediante il suo difensore, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge per la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla doglianza formulata con la richiesta di riesame, riguardo alla mancanza di profitto illecito per la ricorrente e la società dalla stessa amministrata ed all'erronea determinazione di tale profitto In misura corrispondente all'intero Importo delle fatture utilizzate anziché all'imposta evasa, ed anche alla insussistenza di evasione i.v.a., avendo corrisposto l'imposta all'acquisto alla Dragonoil ed avendola ricevuta dai successivi acquirenti dei carburante acquistato, portandola in compensazione come consentito dal sistema fiscale. 2.2. Con il secondo motivo ha denunciato analoga violazione di legge per la mancanza della motivazione in ordine alla censura sollevata a proposito della necessità di distinguere la propria posizione da quella del concorrente F., sulla base dei rilievo che il sequestro preventivo per equivalente non poteva eccedere per ciascun concorrente la quota del profitto a lui attribuibile, avendo tra l'altro evidenziato come dagli atti emergesse che alla Fiardi Trading che essa amministrava era attribuibile un profitto Illecito pari a euro 92.286,00 ed a N.F., In relazione alle fatture di acquisto della Fiardi Petroli dalla Dragonoil, pari a euro 108.170,00. 3. II Procuratore Generale ha concluso nella sua requisitoria scritta per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, rilevando che il Tribunale aveva omesso di motivare in ordine alle censure sollevate dalla richiedente nella sua istanza di riesame, in ordine alla erronea individuazione dei profitto dei reato di cui all'articolo 2 d.lgs. 74/2000, con la conseguente erronea determinazione dell'importo sottoposto a sequestro per equivalente, in quanto era stato considerato come profitto suscettibile di confisca anche per equivalente l'intero importo delle fatture ritenute soggettivamente inesistenti dell'ammontare complessivo di euro 200.456,00 e non l'imposta evasa in conseguenza della annotazione degli elementi passivi nelle dichiarazioni annuali i.v.a. e dei redditi, e per non essere comunque stato individuato il profitto riferibile alla ricorrente. Ha inoltre sottolineato che dovevano essere distinte le posizioni, e le conseguenti evasioni d'imposta e profitti Illeciti, della Fiardi Petroli e della Fiardi Trading, perché solo in relazione alla gestione di tale ultima società era stato contestato il concorso della G Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato. 2. Il Tribunale di Macerata, nel respingere l'istanza di riesame avanzata dalla ricorrente, amministratrice della S.r.l. Fiardi Trading, dopo aver ripercorso le indagini svolte dalla polizia giudiziaria e ricostruito il quadro complessivo che ne era emerso, evidenziando, in particolare, che il meccanismo attraverso cui veniva frodato l'Erario si basava su società di comodo, da interporre nella commercializzazione di prodotti petroliferi, mediante la presentazione di false dichiarazioni di intento, che consentivano di acquistare tali prodotti in regime di esenzione iva, per poi immetterli nella rete dei distributori stradali di carburanti, tramite fatture soggettivamente inesistenti emesse a prezzi altamente concorrenziali o sottocosto, ha sottolineato la partecipazione della Fiardi Trading a tale meccanismo, attraverso la ricezione di lettere di intenti risultate false e la cessione di prodotti energetici senza addebito dell'iva corrispondente, sostanzialmente quale soggetto interposto tra il deposito fornitore ed il cliente finale, e la consapevolezza di N.F. amministratore di diritto della S.r.l. Fiardi Petroli e di fatto della Fiardi Trading e della G. amministratrice della S.r.l. Fiardi Trading della pregressa evasione d'imposta. Quest'ultima è stata determinata dal Tribunale nella somma complessiva di euro 10.473.409,57, in misura pari alla stima dell'iva e della imposta sul consumo evase negli anni 2013 e 2014, confermando il sequestro per equivalente autorizzato nei confronti dei F. e della G. per un importo di euro 200.456,00, corrispondente agli elementi passivi fittizi indicati dalla Fiardi Trading e dalla Fiardi Petroli, senza altro aggiungere circa l'imposta evasa ed il profitto attribuibile a ciascuno degli indagati. 3. Risulta, pertanto, ravvisabile il denunciato vizio di violazione di legge, per l'erronea individuazione dei profitto del reato attribuibile alla ricorrente, e la, conseguente, erronea determinazione dell'importo sottoposto a sequestro per equivalente. 3.1. Come già affermato da questa Corte, il sequestro preventivo per equivalente, disposto nei confronti di persona sottoposta ad indagini per il reato di frode fiscale finalizzata all'evasione delle imposte sui redditi, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato v., ex plurimis, Sez. 3, numero 1893 del 12/10/2011, Manfellotto, Rv. 251797 , sicché il giudice, nell'autorizzare il sequestro o riesaminare il provvedimento che lo ha autorizzato, deve determinare con esattezza l'imposta evasa pari all'effettivo profitto conseguito dall'operazione parzialmente inesistente , non potendo il profitto, come nella specie, coincidere gli elementi passivi fittizi indicati, pena la violazione dei principio di proporzionalità tra la misura cautelare imposta e l'entità dei fatto Sez. 3, numero 1820 del 27/11/2013, Cleva, Rv. 257918 , dovendo essere determinati l'imposta evasa ed li profitto conseguito attraverso l'utilizzo e l'indicazione di tali elementi passivi fittizi. 3.2. Inoltre, nel caso, come quello in esame, di pluralità di indagati tra l'altro in relazione a società differenti , il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di cui all'articolo 322 ter cod. proc. penumero non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di prezzo o profitto del reato a lui attribuibile, qualora nella impostazione accusatoria tale quota sia già individuata a risulti chiaramente individuabile Sez. 6, numero 30966 del 14/06/2007, Puliga, Rv. 236982 conf. Sez. 3, numero 346 del 13/11/2007, Ortega, Rv. 238569 Sez. 6, numero 10690 dei 20/02/2009, Gialiongo, Rv. 243189 Sez. 5, numero 20101 del 12/12/2014, Gialiongo, Rv. 263835 . 4. Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale, nei disattendere la richiesta di riesame della ricorrente, fondata, tra l'altro, sulla assenza di profitto per la stessa o, comunque, sulla inesatta determinazione dello stesso, per essere stato considerato l'intero imponibile delle transazioni ritenute fittizie a carico di entrambi gli indagati, pur potendo essere determinati i profitti di ciascuno di essi, in relazione alle diverse società dagli stessi amministrate, ha ribadito la legittimità del sequestro in misura corrispondente al suddetto intero imponibile, senza in alcun modo prendere in considerazione i motivi posti a fondamento della richiesta di riesame, sia quanto alla determinazione della entità del profitto, sia quanto alla individuazione della quota dello stesso attribuibile alla ricorrente. Ne consegue la sussistenza della violazione di legge denunciata, per difetto assoluto di motivazione, difettando qualsiasi valutazione sulla proporzionalità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, che comporta l'annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Macerata, per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Macerata. Casi deciso il 5/5/2016