Ricostruito nei dettagli l’episodio. Non contestabile la responsabilità dell’uomo, autore dell’assurdo gesto. A suo carico, però, non il doppio reato, cioè deturpamento e vilipendio, ma solo l’offesa alla confessione religiosa pena fissata in 6 mesi di reclusione.
Blitz notturno. Obiettivo – raggiunto – è ‘ornare’ la struttura di una delle chiese della città con scritte poco spirituali Più precisamente, i muri dell’edificio vengono coperti con alcune frasi offensive nei confronti dell’allora Pontefice, Benedetto XVI. Ma il favore dell’oscurità non salva il responsabile beccato e condannato. A lui, però, è addebitabile solo il “vilipendio”, e non anche il “deturpamento”. Ricalcolata, quindi, la pena 6 mesi di reclusione Cass., sentenza numero 41821/2015, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Offese sui muri. Nessun dubbio sulla ricostruzione della vicenda. L’uomo è colpevole di avere «deturpato» una chiesa della propria città con «scritte offensive nei confronti di Papa Benedetto XVI». E a lui viene contestato, di conseguenza, sia il «deturpamento» che il «vilipendio» alla confessione religiosa cattolica. Tale visione viene criticata dal legale dell’uomo, il quale sostiene la prevalenza della ipotesi del «vilipendio». Obiettivo è ottenere un alleggerimento della pena sancita nei giudizi di merito. E, alla fine, la richiesta del legale viene ritenuta accoglibile dai giudici della Cassazione. Questi ultimi ricordano l’evoluzione della normativa sul fronte delle “Offese alla religione mediante vilipendio di cose”, sottolineando il fatto che oggi si comprende «ogni forma di offesa alla confessione che si estrinsechi sulle ‘cose di culto’ ed a danno di queste, tanto che si manifesti attraverso il vilipendio l’ingiuria verbale o gestuale , quanto a mezzo del danneggiamento delle cose medesime». Di conseguenza, l’«offesa alle confessioni religiose» può essere realizzata, chiariscono i giudici, «anche attraverso la distruzione, il deterioramento o l’imbrattamento di un edificio di culto», proprio come in questa vicenda. Tutto ciò conduce a ritenere l’uomo, autore delle «scritte offensive» nei confronti di Papa Ratzinger, colpevole esclusivamente di «offese alla confessione religiosa». Di conseguenza, la pena può essere ricalcolata, e fissata, in via definitiva, in «6 mesi di reclusione».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 settembre – 19 ottobre 2015, numero 41821 Presidente Squassoni – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6/10/2014, la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della pronuncia emessa dal locale Tribunale il 15/10/2010, assolveva C.P. dalle imputazioni di cui agli att. 81, 61, numero 5, 639, comma 1, 404, commi 1 e 2, cod. penumero relative alle condotte commesse sulla chiesa di San G.V. di Lecce, confermandola invece quanto alle medesime azioni compiute sulla chiesta di San Lazzaro, sempre nella medesima città in particolare, allo stesso era contestato di aver deturpato tale edificio di culto con scritte offensive nei confronti del Pontefice Benedetto XVI. 2. Propone ricorso per cassazione il P., a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - l'inosservanza o erronea applicazione degli articolo 15, 81, 639 cpv. cod. penumero . La Corte di appello avrebbe condannato il ricorrente ravvisando il concorso formale tra le due fattispecie contestate, laddove, per contro, avrebbe potuto al più individuare un concorso apparente di norme, risolvibile - ex articolo 15 cod. penumero - a favore dell'articolo 404 cod. penumero , quale previsione speciale. Il reato, peraltro, ormai sarebbe estinto per prescrizione. Considerato in diritto 3. II ricorso è fondato. L'articolo 404 cod. penumero Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose , nel testo antecedente alla legge 24 febbraio 2006, numero 85 Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione , stabiliva che Chiunque, in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, è punito con la reclusione da uno a tre anni comma 1 . La stessa pena si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto cattolico comma 2 . La ratio della norma - come ben si comprende sin dalla rubrica - consisteva nell'approntare una particolare tutela penale alla religione cattolica, allora religione dello Stato, sanzionando qualsiasi condotta che costituisse un'offesa allo stesso culto, un atteggiamento gravemente irriverente ed oltraggioso, manifestato attraverso il vilipendio delle cose comunque legate alla religione medesima, poiché oggetto di culto ad esempio, il Crocifisso , a questo consacrate la chiesa quale edificio o destinate per necessità all'esercizio dello stesso gli arredi . Una fattispecie, quindi, che mirava a tutelare l'essenza più profonda della religione cattolica, il suo intimo portato spirituale, qualora offesi attraverso condotte che si fossero dirette, materialmente, su specifiche cose legate al culto stesso così come il precedente articolo 403 sanzionava l'offesa alla religione mediante vilipendio delle persone che la professavano, e l'articolo 402 puniva il vilipendio di questa tout court. Proprio da tale carattere, poi, derivava che qualora l'offesa si fosse manifestata anche attraverso condotte ulteriori rispetto al vilipendio in sé verbale, gestuale , e con riguardo a questo non necessarie, quali il danneggiamento o l'imbrattamento delle cose medesime, il delitto di cui all'articolo 404 cod. penumero avrebbe concorso con l'articolo 639 cod. penumero in tema di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, attesa la diversità dell'oggetto giuridico tutelato e del fondamento della disposizione Sez. 3, numero 1637 dei 21/12/1967, Conti, Rv. 106969 . Questo contesto normativo, però, è mutato per quel che qui rileva con la I. 24 febbraio 2006, numero 85, che ha sostituito la lettera dell'articolo 404 cod. penumero con la seguente, peraltro modificandone significativamente anche la rubrica Offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio dei culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000 comma 1 . Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni comma 2 . Orbene, due elementi di novità risultano particolarmente rilevanti rispetto alla disciplina precedente 1 la tutela penale dei culto, qualora offeso attraverso l'aggressione alle cose che ad esso ineriscono, non è più limitata alla religione cattolica, ma estesa a tutte le confessioni riconosciute dallo Stato italiano ciò in esito all'accordo dei 18/2/1984 tra l'Itala e la Santa Sede - Modifiche al concordato lateranense - ratificato con la I. 25 marzo 1985, numero 121, a mente della quale si considera non più in vigore il principio richiamato dai Patti lateranensi della religione cattolica come la sola religione dello Stato italiano 2 la norma oggi comprende ogni forma di offesa alla confessione che si estrinsechi sulle cose di culto ed a danno di queste, tanto che si manifesti attraverso il vilipendio l'ingiuria verbale o gestuale , quanto a mezzo del danneggiamento delle cose medesime, come analiticamente descritto nel citato comma 2. Condotta, quest'ultima, che il legislatore ha quindi voluto spogliare della sua portata ordinariamente economica, quale delitto contro il patrimonio articolo 639 cod. penumero , individuandone la ratio sanzionatrice soltanto - e diversamente - nell'essere la stessa strumento di offesa alle confessioni religiose, che ben può esser realizzata anche attraverso la distruzione, il deterioramento o, come nel caso del P., l'imbrattamento di un edificio di culto. L'unico reato ascrivibile al ricorrente, dunque, è quello di cui al capo b della rubrica, quale norma speciale rispetto alla violazione di cui all'articolo 639, comma 2, cod. penumero , nella prima compresa con la conseguenza che la sentenza deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rideterminazione dello stesso nella misura di sei mesi di reclusione ovvero la pena individuata dalla Corte di appello in ordine al delitto in oggetto . Da ultimo, rileva il Collegio che il delitto medesimo non è estinto per prescrizione ed invero, tenuto conto della sospensione del processo dal 16/9/2013 al 6/10/2014 per astensione del difensore dalle udienze proclamata dalla categoria, il reato si prescrive - ai sensi degli articolo 157-161 cod. penumero - il 5/11/2015. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che determina in mesi sei di reclusione. Rigetta il ricorso nel resto.