La mancata esibizione dei documenti per legittima causa, a seguito di invio del questionario, non preclude al contribuente di poterli esibire nel successivo giudizio.
Il principio di cui sopra è contenuto nella sent. numero 22946/2014 della Corte di Cassazione da cui emerge che l’ufficio deve fissare un termine entro cui il contribuente è tenuto a rispondere ai chiarimenti richiesti. L’articolo 32, comma 1, numero 4, d.p.r. numero 600/73 prevede che l’ufficio finanziario ai fini accertativi può inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati. Il caso. Il contribuente, di professione imprenditore, non avendo potuto esibire i documenti in via amministrativa ancora in possesso dell’INPS, ha impugnato la sentenza della CTR che aveva ribadito la legittimità del recupero a tassazione ai fini IRPEF a seguito dell’omessa trasmissione dei documenti riguardanti costi sostenuti per collaborazioni esterne. I giudici della Suprema Corte, nel precisare la corretta natura del questionario, hanno ritenuto che la sanzione per la mancata esibizione della documentazione richiesta con il questionario opera solo in presenza di un invito specifico all’esibizione purché accompagnato dalle avvertenze circa la sua mancata ottemperanza. Infatti l’invio del questionario, previsto per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per definire le reciproche posizioni ed evitare il contenzioso. La Corte ha poi precisato che se è necessario che l’Amministrazione, con l’invio del questionario, fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse, in caso di mancato rispetto di tale iter procedurale, non è invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare l’azione dell’ufficio, come previsto dagli articolo 6 e 10 dello Statuto del contribuente. Tutelare il diritto di difesa. La giurisprudenza di merito ha ritenuto, altresì, che al fine di non ledere il diritto di difesa garantito dalla Costituzione, l’articolo 32, comma 1, numero 4, d.p.r. numero 600/1973 deve essere interpretato restrittivamente per cui la inutilizzabilità in giudizio da esso comminata può riguardare unicamente i dati e le notizie non addotti, nonché gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmetti in risposta agli inviti dell’Ufficio quando specificamente indicati nella richiesta dello stesso CTR Lombardia numero 2121/2014 .
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 7 – 29 ottobre 2014, numero 22946 Presidente Virgilio – Relatore Ferro Il processo Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Lazio 28.1.2008 che, respingendo l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza C.T.P. di Roma 100/60/2006, ebbe a ribadire la illegittimità del recupero a tassazione ai fini IRPEF, ILOR e SSN, di Lit 143.350.000 effettuato a carico del contribuente G.B. per l’anno 1995, già motivato in virtù dell’omessa trasmissione della documentazione attinente ai costi dal medesimo sostenuti, nella sua attività economica, per collaborazioni esterne. Invero la C.T.R. rilevò, così confermando la sentenza impugnata, che il contribuente si era giustificatamente trovato nell’impossibilità di fornire la predetta documentazione nel contesto delle risposte ai questionari inviatigli dall’Ufficio, trattandosi di atti ritirati ed in possesso dell’INPS a seguito di verifica, ben potendo dunque, ai sensi dell’articolo 32 u.co. d.P.R. numero 600/1973, invocarsi una legittima causa di non inutilizzabilità dei documenti, con conseguente possibilità di allegazione degli stessi, come avvenuto, unitamente al ricorso introduttivo. Per la sentenza impugnata facevano pertanto difetto, nella vicenda, elementi di programmata sottrazione alla prova da parte del contribuente, dovendosi offrire una lettura della norma processuale applicata dall’Ufficio ispirata a principi di buona fede e collaborazione, così da rispettare il requisito di capacità contributiva reale quale poi emerso. Il ricorso è affidato a quattro motivi. I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la omessa motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 numero 5 cod.proc.civ., nulla avendo detto la C.T.R. in ordine alla circostanza, specificamente dedotta dall’Ufficio, per cui l’INPS, nel corso della sua verifica peraltro terminata nel 1998 e dunque prima dell’invito al questionario, del 2001 , si era limitato a prendere visione, ed allegare in copia, la documentazione fiscale, non emergendone l’asporto. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge con riguardo agli articolo 32 e 39 d.P.R. numero 600 del 1973, in relazione all’articolo 360 numero 3 cod.proc.civ., avendo mal governato la C.T.R. la regola per cui la legittimità dell’accertamento induttivo promana di per sé dall’inottemperanza del contribuente alla richiesta di esibizione di documenti, non avendo pregio la tesi per cui l’Ufficio avrebbe dovuto acquisire altra documentazione extracontabile a supporto probatorio presuntivo, avendo la rettifica avuto per oggetto solo le collaborazioni esterne non provate, né avendo rilievo la risposta parziale ai questionari da parte del contribuente. Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto il vizio di violazione di legge quanto all’articolo 32 d.P.R. numero 600 del 1973, in relazione all’articolo 360 numero 3 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. conferito portata anche processuale al più ampio principio di capacità contributiva ex articolo 53 Cost. finendo però con lo svuotare la preclusione solo processuale di cui al citato articolo 32. Con il quarto motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge quanto all’articolo 10 L numero 212/2000, in relazione all’articolo 360 numero 3 cod.proc.civ., avendo la sentenza impugnata fatto ricorso ad una norma del tutto estranea alla vicenda, non versandosi in tema di sanzioni o interessi moratori per comportamenti ispirati ad indicazioni conformi dell'Amministrazione, né di obiettive incertezze sulla norma tributaria o violazioni solo formali. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente per la posizione di pregiudizialità logica delle relative questioni, sono infondati, conseguendone altresì l’assorbimento dei restanti, per superfluità del relativo esame. Opera invero in materia il principio, anche recentemente affermato da questa Corte, per cui In tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all'Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’articolo 32 d.P.R, 29 settembre 1973 numero 600 opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all'esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall'avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica - in deroga ai principi di cui agli articolo 24 e 53 Cost. - per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con il Fisco Cass 11765/2014 . Nella fattispecie, la ricorrente non ha dedotto in ricorso così impingendo l’impugnazione in un’autonoma causa d’inammissibilità sul punto, per difetto di autosufficienza - né ha indicato di aver comunque provato - la compiutezza della propria attività contestativa, così non permettendo possa dirsi integrata la fattispecie che, sola, fonderebbe le conseguenze processuali in questa sede invocate. In tema, si osserva che l'invio, da parte dell'Amministrazione finanziaria, del questionario previsto, in sede di accertamento fiscale, dall'articolo 32, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, per fornite dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare - alla stregua dei canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria - un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni onde evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario. Ne consegue che l'omessa o intempestiva risposta - secondo un indirizzo di legittimità consolidato, cui questo Collegio aderisce - è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa, e non trova applicazione l’articolo 58, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, che consente alle parti nuove produzioni documentali nel corso del giudizio tributario di appello, rispetto a documenti su cui si è già prodotta la decadenza Cass. 10489/2014 . Se tuttavia, come questa Corte ha deciso, è necessario che l'Amministrazione, con l'invio del questionario, fissi un termine minimo per l'adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall'inottemperanza alle stesse, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull'Amministrazione , non è invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l'introduzione del processo tributano, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare - come si evince dagli articolo 6 e 10 dello Statuto del contribuente - l'azione dell'ufficio Cass. 22126/2013, oltre che Cass. 453/2013 . Si tratta, in altri termini, di una condizione di applicazione della citata preclusione processuale, da accertare in via preventiva rispetto alla sequenza invito alle risposte al questionario - risposte del contribuente con allegazioni, costituendo altrettanti limiti del ricorso impugnatorio avverso l’atto impositivo dell’Ufficio, poiché idonea ad integrare, da lato attivo del rapporto tributario, una speciale modalità di formulazione del recupero a tassazione esperito, da interpretare in senso restrittivo, versandosi, dal lato passivo del medesimo rapporto, in materia di eccezione - causa di inutilizzabilità, così denominata dal comma 4 dell’articolo 32 d.P.R. 600/1973 - al più generale diritto di difesa, consistendo invero nei limiti attinenti alle prove e documenti che, per il co. 3 articolo cit., non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Il ricorso va pertanto rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.