Mediazione delegata: bene ma senza stravolgere la legge e i principi

Lo sviluppo della mediazione è un tema sempre all'ordine del giorno, perché sono oramai molti i provvedimenti giurisdizionali – in primo grado – che si pronunciano sul tema. Ma ancora più importante è il tema della mediazione delegata dal Giudice che ha formato l'oggetto principale di un incontro tenutosi il 7 luglio a Roma e organizzato dalla Camera arbitrale di Roma e dalla Scuola superiore della magistratura, sezione di Roma per la formazione decentrata.

L'occasione di confronto è stata certamente proficua perché sono state analizzate le prassi dei giudici in materia di mediazione delegata con un particolare approfondimento della prassi di Firenze presente la dott.ssa Breggia e della sez. XIII del Tribunale di Roma presente il dott. Moriconi . Mediazione delegata. Orbene, non vi è dubbio che un punto fondamentale del d.lgs. numero 28/2010 sia rappresentato dal comma 2 dell'articolo 5 secondo cui «il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione» che così diviene condizione di procedibilità. Ecco allora che l'invito alla mediazione delegata rappresenta una della modalità con le quali i giudici possono certamente favorire il ricorso alla mediazione e, soprattutto, allo sviluppo dell'istituto. Organizzare ed osservare. In questa direzione è emerso come nelle due esperienze esaminate Firenze e Roma un requisito indispensabile per poter la mediazione e più specificamente quella delegata è quello di organizzare il lavoro del giudice in modo tale da conoscere approfonditamente sia la causa sia il comportamento “tipico” delle parti in mediazione e nella gestione del contenzioso in genere . Non vi può essere spazio quindi – proprio in base alla stessa lettera della legge – ad un invito generalizzato perché probabilmente sarebbe semplicemente e probabilmente inefficace e non illegittimo a mediare qualsiasi controversia. Occorre esaminare le singole controversie come emerge dal progetto Nausica di Firenze ovvero dalla scheda di valutazione della controversia in uso presso la XIII sezione del Tribunale di Roma. Ed infatti, ogni controversia – in ragione dell'oggetto della causa e/o delle parti – necessita di valutazioni a sé stanti. Ma soprattutto, occorre valutare gli esiti delle iniziative assunte per verificare se la prassi si rileva essere una “buona” prassi da sviluppare. Con riferimento a questo aspetto, l'approccio dei giudici merita sicuro apprezzamento sia per l'impegno profuso sia per la riflessione a monte. Meglio ancora, come ha osservato il dott. Moriconi, che il sistema statistico venga modificato in maniera tale da valutare anche l'attività di conciliazione del giudice. La proposta di conciliazione del giudice. Ed ecco un altro punto molto importante e cioè il ruolo del giudice che propone una soluzione conciliativa della controversia un ruolo sempre appartenuto al giudice italiano e che sempre più viene ad essere valorizzato dalle recenti riforme processuali anche in cantiere . Vi potrebbe essere quindi spazio per una proposta conciliativa che attenzione presuppone sempre e comunque lo studio della causa sia ante che post mediazione. Ed infatti, il giudice potrebbe talvolta ritenere di emettere un'ordinanza con la quale formula una proposta e, nel caso in cui le parti non aderiscano, le invita in mediazione così ad esempio il Tribunale di Roma . Oppure può accadere che la proposta conciliativa avvenga dopo un tentativo di mediazione qui il giudice potrebbe utilizzare ciò che legittimamente emerge dalla mediazione come, ad esempio, la proposta del mediatore. Il rapporto tra processo e mediazione. Ma il favor per la mediazione – è stato opportunamente sottolineato dalla dott.ssa Breggia – non può spingersi al punto tale da alterare il rapporto tra processo e mediazione né deve essere l'espressione di una giurisprudenza difensiva. E cioè di una giurisprudenza che invita le parti in mediazione perché «il ruolo è troppo affollato». Ed ancora, osservo io, non ci si può spingere per favorire la mediazione ad annullare i pilastri dell'istituto così come disegnati dal legislatore, riservatezza in primis e, quindi, niente verbalizzazioni di quel che accade perché se il legislatore lo avesse voluto lo avrebbe previsto come, ad esempio, nelle controversie di lavoro oppure a ritenere il mediatore come un ausiliario del giudice poiché egli esercita una funzione propria senza che debba seguire le direttive del giudice neppure nella delegata . Giudice che media o giudice che decide. Da ultimo merita un cenno un ulteriore profilo che è stato approfondito, rappresentato dal confronto tra chi ritiene che il giudice che focalizza troppo la propria attività sulla conciliazione/mediazione stia in qualche modo rinunciando alla giurisdizione e chi ritiene che sulla mediazione/conciliazione appartenga al ruolo del giudice sebbene non troppo valutato ai fini della carriera . Quel che è certo, però, è che il giudice deve decidere e risolvere la controversia quando i tentativi di soluzione consensuali non sono andati a buon fine senza pensare che quel rappresenti un inutile ingolfamento della giustizia civile. Le parti non possono, in altri termini, essere a trovare un accordo perché la giurisdizione non riesce a fornire una risposta tempestiva di giustizia. Come la dottrina americana degli anni ’70 aveva già messo in luce il vero e principale aiuto che i giudici possono dare alla mediazione è quello di contribuire a rendere il più efficiente possibile la giurisdizione adottando tutti gli strumenti che il legislatore mette loro a disposizione e chiedendo a gran voce certo insieme agli avvocati come pure suggerito modifiche significative. Ma ciò che non può accadere è che il giudice voglia diminuire il contenzioso presente soltanto per decidere alcune controversie ritenute importanti poiché a quel punto la domanda che ci si pone è questa ma quali sono le cause che meritano di essere decise? E la risposta a questa domanda non può essere, come appare leggendo una recente sentenza della Corte di Cassazione e gli atti dell'Assemblea generale del 24 giugno scorso, quelle di importo non modesto poiché a questa interpretazione osta, a legislazione vigente, l'art 24 Cost Ci sono soluzioni alternative a legislazione vigente? Io direi di sì e mi limito soltanto ad un solo richiamo in materia la giurisprudenza potrebbe abbandonare un'interpretazione restrittiva dei requisiti di ammissibilità del ricorso ex articolo 669- bis favorendo per questa via ipotesi di accordo. Viceversa è sempre di questi giorni un'ordinanza con la quale è stata dichiarata inammissibile una ATP in funzione conciliativa sulla natura usuraia di un mutuo perché avrebbe significato attribuire al consulente valutazioni giuridiche riservate al giudice.